Terra d’Otranto


Informazioni

La denominazione di Terra d’Otranto corrisponde al territorio che, nella suddivisione amministrativa del Regno delle Due Sicilie, comprendeva le attuali Province di Lecce, Taranto e Brindisi fino all’unità d’Italia quando mutò denominazione in “Provincia di Lecce”. Fino al 1663 comprendeva il territorio di Matera e l’arco di costa ionico della Basilicata. Il nome deriva dalla città di Otranto che, a partire dalla dominazione bizantina e fino all’arrivo dei Normanni nel XII secolo, ne era la capitale; fino a che l’imperatore Carlo V fece di Lecce il capoluogo di tutte le Puglie.

Lo stemma rappresenta l’antica provincia omonima; si compone di tre elementi araldici: i pali d’Aragona, il delfino e il crescente di luna, che richiamano la storia e la mitologia della regione.

Per tradizione lo si ritiene adottato dopo la cruenta battaglia di Otranto dell’estate del 1480, quando le armate di Maometto II invasero Otranto e il suo circondario, uccidendo o deportando la popolazione e facendo della città una base logistica delle navi turche per compiere scorrerie lungo le coste salentine. L’anno successivo il principe Alfonso d’Aragona, duca di Calabria, figlio del Re Ferdinando I di Napoli, riconquistò la città e concesse l’emblema alla regione (1481).

 

Il delfino d’argento, che viene definito talvolta “stizzoso” (ad esempio dallo storico napoletano Scipione Mazzella), tiene in bocca una mezzaluna, pure questa d’argento, ed è verticalmente disposto sullo stemma del Regno d’Aragona (“d’oro a quattro pali di rosso”).

 

I “quattro pali vermigli in campo d’oro” costituiscono lo storico emblema della Corona d’Aragona, sono presenti anche nello stemma del Regno di Sicilia, nello stemma del Regno di Napoli (a partire proprio dall’ascesa al trono di Ferdinando I) e nello stemma della provincia di Calabria Ulteriore sarebbero stati scelti, riferisce sempre il Mazzella, come segno di gratitudine verso il sovrano per aver “discacciato” gli ottomani.

 

Come è noto l’Aragona era un Regno iberico, formato dall’unione nella persona del re, del Regno d’Aragona propriamente detto (con capitale Saragozza) e della Catalogna (Contea di Barcellona). Nel 1137 la giovanissima InfantaPeronella (o Petronilla, figlia di Ramiro e Agnes di Poitou) poi ultima regina del casato d’Aragona, sposò Ramon Berenguer Conte-Principe di Barcellona (e marchese di Provenza), da quest’unione nacque Alfonso “il Casto” che divenne re d’Aragona a conte di Barcellona e che adottò per propria l’arma del Regno d’Aragona.

Al nucleo originario si uniranno in seguito i territori ex saraceni del Regno di Valencia, quello di Maiorca, nonché la Corsica e la Sardegna (quest’ultima dopo aver sconfitto l’ultima dinastia dei Giudici di Arborea). L’arme antica del regno era il noto vessillo di San Giorgio con le teste di moro: “d’Argento alla croce piana di rosso accantonata da quattro teste di moro attorcigliate d’argento”, oggi Arma di Sardegna, secondo la tradizione concessa ai sardi come emblema dal re Giacomo I d’Aragona. Mentre l’arme moderna “d’oro a quattro pali di rosso” è quella propria del conte-re di Catalogna e Aragona e che, secondo la leggenda, sarebbe nato dal gesto compiuto dal re franco Ludovico il Pio (o Carlo il Calvo) che intinse la mano nuda nel sangue di Giuffredo il Peloso di Provenza conte di Barcellona, gravemente ferito mentre combatteva i Saraceni in Spagna, e con le dita tracciò quattro linee verticali sullo stendardo reale d’oro dicendo ai sudditi “D’ora in poi saranno queste le vostre armi” (anche se, storicamente, Ludovico era già morto prima della nascita di Goffredo).

 

La mezzaluna o crescente tenuto in bocca dal delfino simboleggia la vittoria sugli ottomani. La mezzaluna, infatti, è associata all’Islam e, quindi, all’Impero ottomano, e viene rappresentata stretta tra i denti del delfino a indicare la sconfitta patita dall’invasore a opera del Duca di Calabria.

 

Il delfino richiama la mitologia legata al territorio salentino: era uno degli emblemi connessi alla popolazione dei Messapi e, in particolare, al mito di fondazione della città di Taranto, da parte di Falanto figlio del dio Poseidone/Nettuno giunto a cavallo del cetaceo. Pausania riporta una versione del mito di fondazione di Taranto dove si racconta che l’eroe, figlio del dio del mare, prima di giungere sulle coste pugliesi fu vittima di un naufragio e venne tratto in salvo da un delfino che lo condusse sulla terraferma.

 

I salentini si ritengono i discendenti dei figli di Poseidone: Falanto, Taras e Messapo.

 

Taras, sarebbe stato il fondatore dell’antica Saturo (Leporano) e, secondo la leggenda, fu in onore di costui che i Parteni avrebbero chiamato Taras la colonia greca fondata in territorio messapico; nell’Onomastikòn, Giulio Polluce, riporta un riferimento numismatico, attribuito ad Aristotele, nel quale cui si afferma che la figura d’uomo trasportata da un delfino presente sulla moneta battuta dalla “repubblica tarentina” è Taras, figlio del dio del mare.

 

Lo stemma della Provincia di Terra d’Otranto è stato ereditato dall’odierna provincia di Lecce, ma compare anche nel terzo interzato dello stemma del 47º Reggimento addestramento volontari di Capua.

 

 

Nota di Massimo Ghirardi e Giovanni Giovinazzo

 

 

Bibliografia

 

Mazzella S. 1601 – Descrittione del Regno di Napoli, Cappello, Napoli, p.188.

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


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Profilo araldico


“D’oro, a quattro pali di rosso, al delfino stizzoso al naturale, guizzante in palo sul tutto con la coda in alto e la testa in basso, volto a destra imboccante la mezzaluna d’argento, parimenti volta a destra”.

Oggetti dello stemma:
coda, delfino, mezzaluna, testa
Pezze onorevoli dello scudo:
palo
Attributi araldici:
guizzante, imboccante, in alto, in basso, in palo, parimenti, stizzoso, sul tutto, volto a destra

LEGENDA

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