Clemente IX – Rospigliosi


Clemente IX – Rospigliosi

Giulio Rospigliosi nacque a Pistoia il 27 gennaio 1600 da Girolamo e Maria Caterina Rospigliosi.

I Rospigliosi erano originari di Milano da dove s’erano mossi per sfuggire alle persecuzioni di Federico Barbarossa e si erano stabiliti in Toscana, a Lamporecchio, tra Pistoia ed Empoli, alle pendici del monte Albano sul versante prospiciente la Val di Nievole, dove acquistarono poderi e boschi e costruirono una casa di campagna. L’attività agricola fu ben presto affiancata dall’esercizio del commercio e dell’industria della lana, panni, spezie, appalti di tasse comunali e furono proprio queste ultime arti a dare loro fama, ricchezze e prestigio.

Dopo aver fatto i primi studi a Pistoia e ricevuto la tonsura e i due primi ordini minori (1609-1610), il 16 marzo 16144 il Rospigliosi partì per Roma. Fu affidato ai padri gesuiti del Seminario romano per la sua prima formazione letteraria e filosofica.

Nel 1618, o l’anno successivo, si portò a Pisa per completare gli studi di filosofia e per quelli di teologia e diritto. Nel 1623 ebbe l’incarico di lettore straordinario di filosofia; l’anno successivo si laureò in “filosofia sacra” e in teologia.

Conclusa l’esperienza pisana, il Rospigliosi ritornò a Roma per intraprendere la carriera ecclesiastica.

I Rospigliosi si affidarono ai Barberini e collocarono il giovane Giulio alla corte del cardinale Antonio Barberini.

Ben presto però il Rospigliosi seppe conquistarsi la fiducia dell’intera famiglia Barberini e la simpatia del pontefice che ne apprezzò la sensibilità artistica e lesse con interesse i suoi primi componimenti poetici.

Alla fine del 1630 il cardinale di S. Onofrio gli fece sapere che stava trattando per lui la segreteria della Congregazione dei Riti un modo di ottenere l’ingresso in prelatura. I suoi familiari videro i vantaggi dell’ingresso in quella carriera e lo aiutarono.

Nell’estate del 1635 fu nominato segretario dei Brevi ai principi, uno dei più considerevoli impieghi che potesse ottenere un prelato a Roma per la dimestichezza che portava con il papa e per le prospettive che apriva negli sviluppi della carriera.

Nella primavera del 1644 ottenne la nunziatura di Madrid. Le dure controversie che avevano caratterizzato i rapporti tra Roma e Madrid rendevano la nunziatura nella capitale spagnola un impiego adatto ad un abile diplomatico o ad un carattere deciso.

Il 25 marzo 1644 celebrò e il 29 marzo fu consacrato vescovo e gli fu assegnata la sede titolare di Tarso. Lasciò Roma alla fine di aprile, si imbarcò a Civitavecchia, intorno al 20 luglio raggiunse Madrid di dove il 24 luglio del 1644 iniziò a scrivere sia ai suoi familiari sia alla segreteria di Stato. Il 29 luglio, a Roma, spirava Urbano VIII e per la Curia romana e i Barberini iniziava un periodo di rivolgimenti profondi, che dovevano produrre conseguenze anche per molti dei loro amici e protetti.

Urbano VIII aveva fatto il possibile per mantenersi neutrale nel conflitto tra Spagna e Francia. Ora però il papa lavorava attivamente per procurare la pace e la sua opera, pur se non agevolata, non era nemmeno pregiudizialmente ostacolata.

Il Rospigliosi si sforza di favorire in ogni modo gli sforzi di Innocenzo X e del nuovo segretario di Stato, Giovanni Giacomo Panciroli, per il raggiungimento della pace. A Madrid accanto al Rospigliosi, a sostenere la causa della pace, vi erano gli ambasciatori di Venezia per organizzare, un fronte comune contro il pericolo turco nel Mediterraneo e ancor più nei Balcani.

La fiducia del pontefice e l’apprezzamento del re per la sua missione non furono sufficienti però a produrre risultati apprezzabili per un miglioramento delle relazioni tra Roma e Madrid.

Ai primi di gennaio 1653 il Rospigliosi lasciò Madrid, ripartendo per Roma.

Di ritorno dalla Spagna, il Rospigliosi conservava quelli di sigillatore nella Penitenzieria e di canonico di S. Maria Maggiore che non gli assicuravano un reddito sufficiente a far fronte al tenore di vita che il suo rango ormai gli imponeva. Pensava seriamente di ritirarsi a vivere a Pistoia quando l’aggravarsi delle condizioni di salute di Innocenzo X lo consigliò a trattenersi a Roma ancora per qualche mese. L’indomani della morte del papa, i cardinali lo nominarono governatore di Roma.

La nomina di Fabio Chigi al pontificato, con il nome di Alessandro VII, avvenuta il 7 aprile 1655, segnò una nuova svolta decisiva nella vita del Rospigliosi. Tra i primi provvedimenti presi dal papa ci fu quello di nominarlo segretario di Stato e la scelta fu salutata favorevolmente dalla gran parte del Collegio cardinalizio.

Il primo concistoro destinato alla creazione di nuovi cardinali vide il Rospigliosi promosso col titolo di S. Sisto.

Gli storici hanno sottolineato la sua laboriosità, la condotta incensurabile, la simpatia che sapeva conquistarsi nel difficile ambiente curiale e nella composita società romana.

La morte di Alessandro VII, il 22 maggio 1667, dopo alcuni mesi di malattia, aprì un periodo di interregno assai breve che si concluse con l’elevazione del Rospigliosi al pontificato avvenuta la sera del 20 giugno.

La scelta del Rospigliosi non aveva serie alternative: erano a suo favore la Spagna e la Francia, i cardinali guidati da Antonio Barberini e molti di coloro che lo erano divenuti successivamente, perché con tutti il Rospigliosi aveva saputo stabilire una grande cordialità di rapporti e con nessuno era giunto a drammatici confronti e rotture.

La diplomazia francese ascrisse all’intervento di Luigi XIV il merito dell’elezione del Rospigliosi.

Il Rospigliosi assunse il nome di Clemente IX a significare il suo impegno per la pace nella Chiesa e per quella tra le nazioni. La sua elezione fu salutata con favore dalla Curia romana e dall’intera città che, in lui, vedevano un uomo giusto ed equilibrato. La sua incerta salute non faceva prevedere, però, un lungo pontificato e forse, proprio per questo, Clemente IX non portò grandi cambiamenti nella direzione degli uffici della Curia e nella stessa corte pontificia.

La valutazione non completamente positiva della gestione delle entrate pontificie trova conferma anche quando si consideri la grande generosità dimostrata dal papa nei confronti dei cardinali e della sua famiglia di corte, la disinvolta utilizzazione dei denari del tesoro pontificio per opere di completamento delle maggiori basiliche romane, l’assenza di un preciso indirizzo alla politica finanziaria dello Stato, la massa delle risorse impegnate a favore dei Veneziani per la difesa di Candia, in un’impresa che gravò essenzialmente sui finanziamenti pontifici quando era evidente l’interesse politico e militare esclusivo della Serenissima e delle potenze europee alle vicende del conflitto con i Turchi.

Il nome di C. IX è legato essenzialmente a due avvenimenti che lo videro assumere posizioni di grande responsabilità e importanza per la vita della Chiesa: la guerra di Candia e la “pace clementina”.

 

L’isola, ultimo grande possedimento veneziano in Oriente, era stata sottoposta ad un lunghissimo assedio da parte delle armate turche che aveva portato alla quasi completa occupazione del territorio: rimaneva ancora la città di Candia ormai devastata dai continui assalti ma ancora difesa dalle soldatesche veneziane e da mercenari provenienti da ogni parte d’Europa. Clemente IX riuscì ad ottenere l’impegno delle due potenze, dell’Impero, di alcuni Stati tedeschi e italiani, oltre che della stessa Venezia e ad organizzare due spedizioni, nella primavera-estate 1668 e in quella del 1669. Nonostante il comando dell’impresa fosse stato assunto da Vincenzo Rospigliosi, nipote del papa, le diffidenze e le aperte ostilità all’interno del corpo di spedizione impedirono che la superiorità navale delle forze cristiane producesse consistenti risultati.

Clemente IX inviò un breve ai vescovi di Alet, Pamiers, Angers e Beauvais, ribelli francesi, nel quale manifestava la benevolenza della Santa Sede nei loro confronti fondata sulla sincerità della loro obbedienza e sottomissione a Roma. Il documento, chiamato appunto la “pace clementina”, fu salutato in Francia con incredibile favore perché rispondeva al progetto della corte di ottenere un ammorbidimento da parte del papa che poteva significare una nuova manifestazione della grande influenza che Luigi XIV esercitava sulla corte pontificia e sullo stesso Clemente IX.

Le condizioni di salute di Clemente IX si aggravarono improvvisamente nell’autunno 1669. Nella notte tra il 25 e il 26 ottobre era stato colto da un attacco apoplettico ma si era prontamente ripreso. Un secondo attacco, più grave, sopravvenne nella notte tra il 28 e il 29 novembre: il leggerissimo miglioramento dei giorni successivi consentì la nomina dei nuovi cardinali, dei responsabili di alcuni uffici di Curia, delle Legazioni e di alcune sedi episcopali. Poi vi fu una nuova ricaduta e il 9 dicembre 1669 il papa morì accompagnato dalle preghiere e dal rimpianto dei suoi familiari e della sua corte. È sepolto a S. Maria Maggiore.

 

Lo stemma di Clemente IX si blasona: “Inquartato d’oro e d’azzurro, a quattro losanghe dell’uno nell’altro”.

Riprende integralmente lo stemma della famiglia Rospigliosi.

 

 

Note di Bruno Fracasso

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


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Profilo araldico


“Inquartato d’oro e d’azzurro, a quattro losanghe dell’uno nell’altro”.

Note stemma



Oggetti dello stemma:
losanga
Attributi araldici:
dell'uno nell'altro

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