Sant’’Agostino


Zona Municipale

Sant’’Agostino

Terre del Reno
Informazioni

Il centro abitato venne fondato dai cugini bolognesi Francesco e Girolamo Bianchetti, con atto notarile del 12 gennaio 1507, e decretato dal cardinale legato Giovanni Stefano Ferrero, sotto il pontificato di Papa Giulio II, distaccandone il territorio da Santa Maria di Galliera.

La località era nota come La Palù prima della costituzione del paese, per via delle fonti e per la presenza di acque stagnanti, il che determinò il primitivo nome di Sant’Agostino delle Paludi.

Il centro della comunità era formato dalla chiesa parrocchiale, dalla Via Pubblica, poi divenuta Via Bassa, e dalla residenza padronale dei Bianchetti che assunsero per sé il diritto di giuspatronato, ovvero di proporre ad ogni successione dei parroci un proprio candidato al vescovo di Bologna.

Nel 1567 Margherita Bianchetti, figlia di Giovanni Battista, ultima della sua stirpe si sposò con Rinaldo Ariosti.

Con la terribile Rotta Panfilia del 1750 si ebbe il cambio di corso del fiume Reno che ricoprì di acque l’intero territorio; in quell’occasione gli abitanti decisero di trasferire la sede parrocchiale in un luogo più alto e sicuro, nella località di Ghiara di Reno, presso un oratorio, allora in costruzione, della Compagnia dei Sacchi.

Il territorio comunale appartenne, parte del contado bolognese, allo Stato Pontificio fino al 1816 allorché si distaccò dalla legazione di Poggio Renatico, divenendo Comune autonomo. Nel 1865 fu edificato anche il palazzo comunale su disegno dell’architetto Antonio Giordani di Cento.

 

Il complesso stemma dell’ex Comune di Sant’Agostino risale al 1838, è dettagliatamente blasonato nello stemmario dell’Emilia-Romagna: “Troncato: nel 1° campo di cielo, al libro dalle sacre scritture aperto d’argento con effigiato, a piena pagina di destra, un cuore infiammato di rosso (ordine Agostiniano), seguito, su quella a sinistra, da una grafia di nero; il libro è timbrato da una mitra vescovile d’oro con ricamata una croce d’argento, le infule, svolazzanti in fascia d’argento con bordi e frange d’oro, ognuna adorna, in ricamo, da una crocetta del medesimo; l’insieme è accollato da una croce processionale trifogliata posta in banda d’oro e da una pastorale in sbarra del medesimo con il ricciolo volto a sinistra, passati in croce di S. Andrea; il tutto sormonta una giogaia di montagne d’azzurro, movente dai fianchi dello scudo e dal tratto della troncatura ed attraversata, sulla destra, da 4 pioppi appressati di verde, fuoriuscenti dalla partizione; nel 2° di verde al fiume Reno in raffigurazione allegorica di un vecchio ignudo di carnagione, parzialmente coperto di un manto di rosso, caricato con il busto in maestà, le gambe allungate ed incrociate, crinito e barbuto d’argento, la testa cinta da una corona fogliata di verde, vista di prospetto ed attraversante la partizione e la giogaia di montagne; la vegliarda figura è compiuta da tre anfore di coccio caricate e versanti acque, il tutto al naturale; la prima anfora è trattenuta dalla mano destra e posata sul ginocchio destro ed imbellita da uno scudo recante l’arma gentilizia dei Lambertini (d’oro, a tre pali di rosso), la seconda anfora è riversa tra i piedi e la terza funge da appoggio all’avambraccio sinistro; al piano d’argento, carico di una stella a sei raggi d’oro”.

 

Il cuore infiammato e il libro dell’Evangelo sono il simbolo dell’Ordine Agostiniano, quindi un riferimento al santo vescovo di Ippona che ha dato nome al paese. L’altra figura principale è la personificazione del Reno, in forma di uomo barbuto, accanto a tre anfore: una rotta ai suoi piedi, che rappresenta l’alveo abbandonato del fiume dopo la “rotta” del 1750, la seconda tenuta dalla divinità fluviale con la mano destra è insignita da uno scudetto con le armi della famiglia bolognese dei Lambertini che ebbero estesi possedimenti nella zona fin dal X secolo ed è un riferimento alla regimentazione del fiume intrapresa per iniziativa di papa Benedetto XIV Lambertini  nel 1724 e completata dal successore papa Clemente XIII, la terza posta al fianco sinistro rappresenta la progettata immissione nel fiume Po, che il Reno evita con una decisa ansa verso le “valli” di Poggio Renatico a oriente per andare a sfociare autonomamente nel mare Adriatico, attraverso un canale che verrà realizzato solo in epoca napoleonica e perciò detto “Cavo Napoleonico”.

 

Il tutto in un paesaggio naturalistico con pioppo e, sullo sfondo, l’Appennino dove il fiume ha la sua sorgente, si vuole che sia la vista che si poteva effettivamente avere guardando verso sud dalla piazza del paese.

 

 

In punta è posta una stella d’oro, elemento che viene ripreso nel nuovo emblema.

 

Nota di Massimo Ghirardi

Si ringrazia Alessandro Neri per la gentile collaborazione

 

 

Bibliografia:

 

Consiglio Regionale dell’Emilia-Romagna/IBACN, 2003 – GLI STEMMI DEI COMUNI E DELLE PROVINCE DELL’EMILIA-ROMAGNA. Compositori, Bologna, pp. 353-358-451.

Stemma Ridisegnato


Stemma Ufficiale


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Profilo araldico


“Troncato: nel 1° campo di cielo, al libro dalle sacre scritture aperto d’argento con effigiato, a piena pagina di destra, un cuore infiammato di rosso (ordine Agostiniano), seguito, su quella a sinistra, da una grafia di nero; il libro è timbrato da una mitra vescovile d’oro con ricamata una croce d’argento, le infule, svolazzanti in fascia d’argento con bordi e frange d’oro, ognuna adorna, in ricamo, da una crocetta del medesimo; l’insieme è accollato da una croce processionale trifogliata posta in banda d’oro e da una pastorale in sbarra del medesimo con il ricciolo volto a sinistra, passati in croce di S. Andrea; il tutto sormonta una giogaia di montagne d’azzurro, movente dai fianchi dello scudo e dal tratto della troncatura ed attraversata, sulla destra, da 4 pioppi appressati di verde, fuoriuscenti dalla partizione; nel 2° di verde al fiume Reno in raffigurazione allegorica di un vecchio ignudo di carnagione, parzialmente coperto di un manto di rosso, caricato con il busto in mestà, le gambe allungate ed incrociate, crinito e barbuto d’argento, la testa cinta da una corona fogliata di verde, vista di prospetto ed attraversante la partizione e la giogaia di montagne; la vegliarda figura è compiuta da tre anfore di coccio caricate e versanti acque, il tutto al naturale; la prima anfora è trattenuta dalla mano destra e posata sul ginocchio destro ed imbellita da uno scudo recante l’arma gentilizia dei Lambertini (d’oro, a tre pali di rosso), la seconda anfora è riversa tra i piedi e la terza funge da appoggio all’avambraccio sinistro; al piano d’argento, carico di una stella a sei raggi d’oro”.

Tratto da “Stemmario della Regione Emilia-Romagna”

LEGENDA

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