San Pellegrino in Alpe (Castiglione di Garfagnana)


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San Pellegrino in Alpe (Castiglione di Garfagnana)

Castiglione di Garfagnana
Informazioni

Geograficamente San Pellegrino in Alpe si trova in territorio toscano (la località era nota in antichità come Terme Saloni: ovvero “ad terminus Salonii”: letteralmente “al confine dei possedimenti di Salonio”) ma è tuttavia (in parte, ma non completamente) un’isola amministrativa del Comune reggiano di Frassinoro, aggregata alla frazione di Piandelagotti: si tratta quindi un’exclave emiliana nel territorio del Comune di Castiglione in Garfagnana.

Questa curiosa situazione amministrativa (tutt’altro che unica in Italia) ha le sue origini nella concessione che l’imperatore Federico I detto Barbarossa fece all’abate Willelmo (o Guglielmo) di Frassinoro, la cui giurisdizione comprendeva anche il versante lucchese dell’Appennino fino alla località di Chiozza (oggi frazione di Castiglione Garfagnana).

La posizione strategica del passo “di San Pellegrino” ha sempre generato aspre lotte per il possesso di esso tra le signorie locali.

Prima i vescovi di Modena, Lucca e Reggio Emilia, poi gli Estensi e la Repubblica di Lucca. Fino al XVIII secolo allorché il duca di Modena Ercole III d’Este (che aveva sposato l’ultima discendente dei Cybo-Malaspina di Massa, acquisendo parte della Versilia e l’Alta Garfagnana) non fece unire San Pellegrino alla Podesteria di Montefiorino.

La situazione è stata formalmente “risolta” nel 1890 con un compromesso tra il Comune di Frassinoro (distaccatosi nel 1860 da Montefiorino) e quello di Castiglione, descritto da uno storico locale: “…attualmente vige una soluzione di compromesso, per cui due alberghi, metà della piazza, della chiesa e del corpo stesso dei santi costituiscono un’isola amministrativa, di complessivi 1400 metri quadrati, dipendente dal Comune di Frassinoro (Modena), mentre tutto il resto del paese e i dintorni fino al crinale appartengono a quello di Castiglione Garfagnana (Lucca)”.

Nel 1826 la Parrocchia di Chiozza con San Pellegrino e l’Alta Garfagnana passarono alla nuova Diocesi (eretta per volere estense nel 1822) di Massa (allora Massa Ducale), alla quale restarono uniti fino al 1992. San Pellegrino divenne sede parrocchiale solo nel 1908.

In questa località, in una posizione magnifica sul crinale a 1525 metri in vista delle Alpi Apuane, insiste il santuario dedicato ai santi Pellegrino e Bianco, parte dell’antico Spedale per i viandanti e gli ammalati che transitavano per la Via Bibulca (cioè “Via dei buoi”: cioè adatta alla circolazione di carri trainati da animali) gestito dai Frati di San Pellegrino, una congregazione caritativa di laici (“conversi”) che seguivano la regola agostiniana. Rimasto in funzione fino al 1859, quando venne inaugurata la nuova strada del Passo delle Radici, posto in posizione più agevole a 3 chilometri di distanza verso Occidente.

L’Ospizio, sorto nel VII secolo, dipendeva direttamente alla Santa Sede e godeva perciò di ampia autonomia, pur soggetta ecclesiasticamente al vescovo di Lucca. Fu ampliato nel XII secolo e completamente ricostruito nel 1462 dal Frate Rettore Leonello dei Nobili di Dalli, che era anche abate commendatario di Frassinoro, la cui chiesa (in rovina) egli aveva ricostruito nel 1451.

L’Ospizio, come tutti gli enti consimili, aveva un suo proprio emblema (riportato nel tempietto all’interno della chiesa che conserva le mummie di San Pellegrino e San Bianco): si tratta di un disegno stilizzato che rappresenta, uniti in una sorta di “monogramma” un bordone (bastone del pellegrino terminante a “tau”) e una “scarsella” (bisaccia), entrambi simboli tradizionali del pellegrino. Insieme formano una specie di “staffa”.

Secondo la leggenda Pellegrino era figlio del re di “Scozia” (cioè della Scotia medioevale: l’Irlanda) Romanus e della regina Plantula ai quali era stato preannunciato in sogno. Protagonista di prodigi fin dall’infanzia, da adulto partì per un pellegrinaggio al Santo Sepolcro. Rimase 42 anni nel deserto, dove venne messo alla prova (inutilmente) dal demonio, quindi andò fin dal Sultano che cercò di convertire al cristianesimo.

Ritornò successivamente verso l’Italia per visitare il santuario di San Michele del Gargano e la tomba dell’apostolo Pietro. Su invito divino si recò nella “Selva Romanesca” presso l’abbazia di Frassinoro sul Monte Appennino per vivere da eremita tra le province di Romagna, Toscana e “Lombardia” (cioè la terra che fu “dei Longobardi”, più tardi denominata Emilia).

Lì a 97 anni, 9 mesi e 23 giorni morì, non prima d’aver scritto la sua vita su una corteccia ed essersi ricavato un “sepolcro” nel tronco cavo di un albero.

Gli angeli informarono quindi la devota Adelgarda Ferniai e suo marito Pietro Modico che recuperarono le spoglie dell’eremita e ne informarono il vescovo di Modena.

Sorta una disputa tra Toscani e “Lombardi” per il possesso delle reliquie, si decise di metterle su un carro tirato da due vitelli (uno toscano e uno lombardo) che si fermarono nel luogo conosciuto come Terme Saloni, dove fu costruito un primo sacello.

Ancora più oscura la storia di San Bianco, tradizionalmente ritenuto unico compagno di Pellegrino e morto pressoché contemporaneamente ad esso. La leggenda vuole che fosse un brigante, in seguito convertito dalla vita del santo, che seguì nel romitaggio dopo aver mutato nome.

I due santi, pur tutt’ora oggetto di venerazione da parte della popolazione tosco-emiliana, non sono tuttavia riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa di Roma (è però da dire che la prerogativa dell’elevazione all’onore degli altari non era riservata ai papi nel Medioevo).

Recentemente alcuni hanno proposto che il santo “Pellegrino” dell’ospizio altri non sia che il santo vescovo di Auxerre (città del Dipartimento francese dello Yonne, in Borgogna) al quale venne dedicato il primitivo Spedale (come effettivamente avvenuto per altri lungo le grandi vie di pellegrinaggio) e come un bassorilievo conservato nel Museo dell’Ospizio pare confermare.

Note di Massimo Ghirardi

Si ringraziano Lucia Piguzzi e Arturo Zannini per la preziosa collaborazione.

Bibliografia:

AA.VV. STEMMI delle Province e dei Comuni dell’ Emilia Romagna, a cura del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna. Editrice Compositori, Bologna 2003.
AA.VV. DIZIONARIO DI TOPONOMASTICA Storia e significato dei nomi geografici italiani. UTET, Torino 1997 (prima edizione 1990).

Angelini (Lorenzo) “Storia di San Pellegrino dell’Alpe”. Fazzi Editore, Lucca 1996
Lugari (Mario B.). INVITO ALLE VALLI DEL DOLO E DEL DRAGONE. Ager, Modena 1987.

Provincia di Modena LE CASE, LE PIETRE, LE STORIE. Itinerari nei comuni della Provincia di Modena, Grafiche Zanini, Modena 1992.

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