Quale torre per Canneto

Questa pagina speciale è riferita al Comune di Canneto sull’Oglio

Un recente commento di un appassionato di araldica civica che chiede «perché la torre sullo stemma di Canneto sull’Oglio è diversa sullo stemma e sul gonfalone?» ci consente di argomentare brevemente sulla “vexata quæstio” di quale sia il vero stemma di un Comune. Il Comune mantovano di Canneto, che con R.D. del 23 ottobre 1862 assume il determinante toponomastico sull’Oglio (trovandosi sulla sponda sinistra di quel fiume, che separa i territori storici di Mantova e di Cremona) alza oggi un emblema, con una torre e due piante di canna palustre. Queste ultime ricordano come il toponimo derivi dal latino “cannetum”, ossia luogo caratterizzato dalla presenza di canne, una delle essenze tipiche delle zone umide come questa, su un basso rilievo, protetto delle acque, dove venne fondata la città. Il castello e il borgo di Cannetum, erano esistenti nell’XI secolo, quando il vescovo-conte di Cremona Landolfo li ricevette in concessione feudale dall’imperatore, per il controllo del transito sull’Oglio e del confine tra il territorio cremonese e quello mantovano governato dai conti di Canossa. Nel XIII secolo divenne possesso dei Casaloldi, ai quali venne sottratto dal comune di Brescia. Con la signoria dei Gonzaga su Mantova, nel 1391, Canneto e il castello entrarono a far parte dei loro possedimenti. Gianfrancesco Gonzaga rinforzò il castello e fortificò ulteriormente il borgo nel 1430, mentre il duca Federico I Gonzaga lo fece restaurare e ampliare dall’architetto militare Giovanni da Padova (La sponda opposta del fiume era soggetta al ducato di Milano, temibile e ingombrante vicino dei Gonzaga, all’epoca controllato dalla Spagna). Nel 1542 l’imperatore Carlo V d’Asburgo si fermò nel castello di Canneto, con il suo generale Ferrante Gonzaga di Guastalla, il cardinale Ercole Gonzaga e Margherita Paleologa, vedova del duca Federico II Gonzaga, che in quella occasione perorò la causa di legittimazione del figlio Francesco, come erede di Mantova e del Marchesato di Monferrato, e delle sue nozze con l’arciduchessa Caterina d’Asburgo, nipote dell’imperatore (che non avranno luogo per la morte prematura del giovane duca). Con l’espulsione dei Gonzaga e il passaggio all’impero Austriaco il castello venne atterrato nel XVIII secolo, come accadde per la maggior parte dei fortilizi mantovani, perché non diventassero rifugio per eventuali ribelli. Rimase in piedi solo la torre, che assunse funzione di torre civica, ospitando l’orologio pubblico. Lo stemma civico non è stato “concesso” ex novo ma “riconosciuto”, con decreto del Capo del Governo Benito Mussolini dell’8 settembre 1942, dove si blasona: “D’azzurro, alla torre alla ghibellina, aperta e finestrata di nero, sulla campagna di verde, accompagnata da due canne fogliate di verde”.  In effetti a quella data lo stemma in quella foggia esisteva già, e solo pochi mesi prima era stato concesso il gonfalone civico, con Regio Decreto di Vittorio Emanuele III del 21 giugno del 1942. Questa “sfasatura” ha determinato delle lievi differenze formali tra l’immagine dello stemma e quella del gonfalone come appaiono sui documenti ufficiali mostrati dallo stesso Comune di Canneto sull’Oglio (fig. 1  e fig. 2).
Fig. 1 Canneto.jpg
Fig. 2  Canneto.jpg
L’anonimo osservatore rileva che sui due stemmi le torri sono differenti, lo stemma mostra la torre probabilmente di forma tonda e merlata alla guelfa (a merli “quadrati” e non “ghibellina”, a “coda di rondine”, come prescritto dal blasone), munita di basa a scarpa, marcapiano e una finestrella ad arco. Sul gonfalone la torre è evidentemente quadrata e senza scarpa alla base, ma correttamente merlata alla “ghibellina” e con una finestra tonda (“a cannoniera”). Ora, l’unico vero “errore” è proprio nella merlatura, che deve essere “a coda di rondine” (il blasone ufficiale dice espressamente “alla ghibellina”), mentre per quanto riguarda la forma architettonica sono giuste entrambe le figure: tecnicamente in Araldica una “torre” è sempre tale, dritta, strombata, con base a scarpa (anche “troncoconica”, se tonda, oppure “piramidale” se quadrata), quadrangolare o tonda è sempre una “torre”. La si può rappresentare come si vuole, l’unico vincolo è il suo colore (in questo caso “d’oro”) e, appunto, la merlatura (se, come in questa circostanza, è specificata dal blasone). Attualmente il Comune usa un’immagine fedele a quella del gonfalone, in effetti più prossima alla reale Torre Civica, ultimo elemento rimasto dell’antico castello dei Gonzaga che era diviso in diverse parti: il borgo murato, con il Palazzo Pretorio (oggi scomparso) e la Chiesa castrense di Sant’Antonio Abate; la Rocca, dove veniva alloggiata la guarnigione militare mantovana. Presso la sponda del fiume Oglio si trovava il Rivellino, un avamposto che aveva il compito di osservazione, segnalazione e difesa.  La Torre Civica è oggi l’accesso monumentale al borgo, sulla volta di ingresso è collocata una statua dell’Assunta, probabile ex-voto dopo qualche pestilenza o calamità naturale accaduta nel XVII secolo. Accanto alla Torre sorge il Palazzo Municipale, edificato su disegno dell’architetto Giovanbattista Vergani nei primi anni del XIX secolo, con accanto l’antico Monte di Pietà, che conserva tracce di affreschi del XV secolo.  Nelle stampe del XIX secolo al Comune di Canneto è attribuito uno stemma effettivamente curioso (fig. 4), dove la torre appare cimata da tre “code di rondine” vere e proprie, sormontanti la merlatura (“guelfa”). Non conosciamo l’origine di questa curiosa figurazione, in altri esempi consimili si tratta di una errata interpretazione delle “torrette” di un castello. In ogni caso testimonia l’uso da parte del Comune di uno stemma abbastanza simile a quella attuale già da tempo.
fig. 4 Canneto.jpg
L’altro elemento caratterizzante lo stemma sono le due canne palustri, con tanto di pennacchio, un richiamo fonetico (“parlante”) al nome del paese, per fortuna queste sono identiche nelle due versioni controverse, mentre in quella ottocentesca sono molto stilizzate e difficilmente identificabili come “canne”… Per completezza di informazione riportiamo anche l’immagine che abbiamo realizzato per il nostro sito (www.araldicacivica.it) che, ad un osservatore non esperto, appare come una “terza versione” dello stemma del Comune, ma che rispetta letteralmente il blasone (termine tecnico che, ricordiamo, è la “descrizione a parole” di uno stemma).
fig. 3 Canneto.jpg
Il Comune, sebbene non abbia una popolazione copiosa (non arriva a 5.000 abitanti) ha infine ottenuto il 28 maggio 2009, il titolo di “città” titolo onorifico concesso dal Capo dello Stato agli agglomerati urbani secondo norme precise, alle quali si è derogato per l’importanza storica ed economica di questo territorio (importante centro florovivaistico e naturalistico).  Attualmente infatti “il titolo di città può essere concesso ai Comuni con popolazione agglomerata al capoluogo non inferiore ai 10.000 abitanti ai quali non sia già stato riconosciuto, insigni per ricordi e monumenti storici o per attuale importanza, purché abbiano provveduto lodevolmente a tutti i pubblici servizi ed in particolar modo alla pubblica assistenza” (art. 32 del RD del 7 giugno 1943 nr. 651). Il rango di “città” è evidenziato dalla corona d’oro a cinque torri visibili (in luogo di quella d’argento e merlata… alla ghibellina, per i Comuni italiani). Congratulazioni agli amici cannetesi! © Massimo Ghirardi