Note di Toponomastica

Note di toponomastica per una introduzione alla Toponomastica Italiana © Massimo Ghirardi, 2020 Indice dei Contenuti di questa sezione Preludio
  1. Toponomastica Generale e Toponomastica Italiana
  2. Introduzione
  3. Periodo Pre-Romano
  4. Periodo Romano
  5. Periodo Medioevale
  6. Periodo Moderno
  1. Categorie Toponomastiche  
1. Antroponimi, nomi presi da persone e Prediali
  • Fitotoponimi o Fitonimi, cioè nomi presi da piante.
  • Oronimi, nomi presi da montagne o rilievi.
  • Idronimi, d’acqua e simili.
  • Zoonimi
  • Teonimi e Agionimi
  • Nomi augurali
  • Condizioni del territorio di insediamento
  • Architetture. Case, castelli, fortificazioni, strade e ponti
  • Paraetimologie
  1.  Mutamenti toponomastici
  1. Mutamenti antichi
  2. Specificativi o Determinativi
  3. Dopo l’Unità d’Italia
  4. Omaggi a casa Savoja
  5. Altri omaggi
  6. Tanto nome, tanto onore!
  7. La creatività Mussoliniana
  8. Quando proprio non piace…
  9. È sempre stato così, perché cambiarlo?
  10. Irriconoscibili…
  11. Idee poco chiare…
  12. Curiosità: Località e Lucuzioni
Appendici A1. Le nuove province A2. Toponomastica Ferroviaria A3. Toponomastica Postale A4. Toponomastica reggiana. Bibliografia Preludio… Questa sintesi è nata dall’analisi e dallo studio delle figurazioni degli stemmi degli Enti Territoriali italiani condotta dal e per conto del Gruppo Italiano di Araldica Civica (www.araldicacivica.it), associazione informale di appassionati di araldica e di storia, che ci è sembrato interessante raccogliere per fornire qualche indicazione di toponomastica ai visitatori del sito: soprattutto perché molti Comuni del nostro Paese hanno adottato emblemi che fanno direttamente riferimento al “nome” proprio della località alla quale è intestato il Comune, quelli che in gergo araldico si chiamano stemmi “parlanti”, vale a dire uno stemma che, attraverso gli smalti o alle figure, allude al nome della famiglia o della città che le usa. Oppure vi allude giocando sull’assonanza o sulla similitudine con il nome, anche con solo alcuni elementi e dettagli, formando come un gioco di parole o stabilendo una relazione paraetimologica o semplicemente fonetica con il possessore. In sostanza si tratta di emblemi “basati sulla parola” e illustrano come nei rebus il nome del titolare, magari in forma variata (un albero di bosso per Busseto, un albero di leccio sopra un colle per Montalcino, un colle sovrastato da una croce per Montesanto, un pesce per Pescia, et cetera). Tra le più celebri armi personali ricordiamo quella della famiglia dei Colleoni: che aveva come simbolo principale delle coppie di testicoli di leone (“collioni”: coglioni, testicoli a dire che il capostipite, il capitano di ventura Bartolomeo, aveva gli attributi come quelli de’ leoni e ad indicare la forza animalesca e aggressiva del celebre condottiero bergamasco); o quella degli Orinali che mostravano nel loro emblema dei vasi da notte (alludendo al gesto spregiativo di versarli in capo ai nemici): o ancora i Peruzzi di Firenze, che hanno nesso delle pere (d’oro) nel loro blasone. Di per sé la Toponomastica, intesa come “scienza che studia i nomi dei luoghi” rappresenta anche una gustosa curiosità che, in Italia come nel mondo, è condita con aneddoti spesso bizzarri e talvolta decisamente divertenti (in una prossima sezione proveremo a dare una rassegna degli esempi più originali). Va da sé che, come per gli stemmi, il materiale disponibile è vasto quanto l’Orbe Terracqueo; e volendo limitarci anche solo al territorio della felicemente vigente Repubblica Italiana rimane in ogni caso assai vasto. Non solo ci auguriamo ma, anzi, auspichiamo contributi da parte di tutti i lettori per emendare le imprecisioni, completare o colmare le lacune che, si renderanno evidenti nella lettura. È da dire comunque che la letteratura del tema non è copiosa: in italiano esistono poche opere di divulgazione (delle quali proviamo a fornire una bibliografia in calce), al contrario di altri Paesi, quindi non ci dispiace proporci anche come riferimento per una prima informazione per chi fosse interessato a questo argomento, in modo sufficientemente scientifico (siamo partiti, dalla consultazione di documenti, ove possibile), rinviando altresì ad altre sedi anche più appropriate.
  1. Toponomastica Generale e Toponomastica Italiana
  2. Introduzione
Nonostante il titolo pretenziosamente accademico diciamo subito che la questione toponomastica (cioè relativa allo studio dei nomi propri dei luoghi) è cosa alquanto complessa, evitando accuratamente di addentrarci nelle pieghe di in una delle scienze cosiddette “ancillari” della Storia, ci limitiamo a dare una serie di “note” sparse per comprendere alcuni elementi di base, conditi con notizie curiose raccolte in questi anni durante le ricerche sui blasoni degli stemmi degli Enti Territoriali italiani. I nomi dei luoghi sono un aspetto affascinante per una ricerca o anche solo per un viaggiatore attento: testimoniano spesso delle vicende storiche, a volte epiche a volte neglette o solo intricate e sanguinarie; talvolta sembrano delle banali constatazioni paesaggistiche dei “fondatori” sul luogo dove un insediamento viene stabilito Per tutte le civiltà il nome del luogo dove si vive è importante, è sempre stato così (e, forse, sarà: a giudicare dalle lotte campanilistiche che ancora oggi scoppiano in relazione a variazioni o istituzioni toponomastiche), in antico la denominazione di un luogo aveva implicazioni religiose. Come dice il temine stesso la toponomastica è quel ramo dell’Onomastica che studia i nomi di luogo, è composta delle parole greche “topos” (luogo) e “onomastiké [tékne]” (arte del nominare). Topònimi sono i nomi dei luoghi in generale: ma si parla più propriamente di Corònimi se si riferiscono ad intere regioni e di Poleònimi se riferiti a nomi di città o di centri abitati, una distinzione squisitamente tecnica che riportiamo come curiosità, d’ora innanzi si utilizzerà principalmente “toponimo” decisamente più conosciuto e usato anche nel linguaggio corrente. In Italia si può, dal punto di vista storico, dividere l’insieme degli oltre cinque milioni di “nomi di luoghi” (fonte: Tavole dell’Istituto Geografico Militare) in quattro grandi periodi:
  • Pre-Romano
  • Romano
  • Medioevale
  • Moderno
Per il campo che più ci interessa ci limiteremo (principalmente) alle denominazioni degli attuali Comuni della Repubblica Italiana 7904 (all’aprile 2020) e di alcune località minori, in questa parte ci limitiamo ad una citazione di alcuni esempi, rinviando alle schede dei singoli Comuni che vanno aggiornandosi giorno dopo giorno con il contributo di numerosi collaboratori nel sito del Gruppo.
  •  Periodo Pre-Romano
I toponimi dell’epoca preromana hanno, per la maggior parte, origine dal ceppo delle lingue indoeuropee (lo stesso del latino) delle quali poco si conosce: e quel poco è veicolato spesso da fonti latine. Nonché dalle lingue non indo-europee delle quali si conosce ancor meno. In Italia si riscontrano soprattutto le seguenti:
  • Celtico (lingue delle popolazioni provenienti dall’Europa nord-occidentale)
  • Etrusco (popolazione di probabile origine mediorientale diffusa nell’area della Toscana, dell’Umbria, del Lazio Settentrionale e della Valle Padana meridionale)
  • Greco
  • Illirico (dell’Illiria: dei territori del versante Adriatico della penisola Balcanica)
  • Ligure (relativa ad una popolazione diffusa tra Francia e Italia del Nord, sottomessa dai Romani nel 14 a.C.)
  • Messapico (dei Messapi, antichi abitanti della Puglia)
  • Osco (denominazione di una popolazione diffusa nell’area dell’attuale Campania)
  • Retico (della Retia: zona delle Alpi Centrali)
  • Sabino e Sabellico (popolazioni del Lazio del nord e dell’Italia Centrale in generale)
  • Umbro (estesa popolazione che abitava ampie zone tra Adriatico e Tevere: deriva da “umbra” cioè regione ombrosa)
  • Veneto (o “venetico”, dell’area dell’Italia nord-orientale)
tipici di questo periodo sono, grossomodo, tutti i nomi di fiumi (“idronimi”) e i nomi che si riferiscono ad aspetti naturali, di laghi (“limnonimi”) e catene montuose (“oronimi”) e hanno originato i nomi di moltissimi insediamenti poi sviluppatisi in piccoli borghi, paesi e città. Un esempio emblematico: otto antichi villaggi sardi distrutti si riunirono e diedero origine a Octerios, da cui Ozieri (SS) che divenne anche sede della Dioecesis Octeriensis dal 1503, poi soppressa e ripristinata nel 1803. Un classico esempio di insediamento ex novo. La serie di esempi più nota è quella delle località il cui nome deriva dagli insediamenti dei clan celtici, detti anche “galli” o “gallici” (della Gallia, l’antica Francia). Anche se tradotti in latino sappiamo: che il nome Mediolanium è un toponimo indicante un centro religioso druidico che stava “al centro” di diversi insediamenti, e che ha dato origine a Saintes (Mediolanum Santonum: “in mezzo agli insediamenti dei Santonii”); Evreux (Mediolanum Aulercorum) fondata dai Galli Aulerci, gli stessi che più tardi fonderanno Milano (Mediolanium, poi Mediolanum) dopo l’invasione della Pianura Padana. Quando i Celti (o anche Galli Transalpini, o Galati) giunsero in Italia Nord Occidentale (scontrandosi ma anche integrandosi con le popolazioni residenti dei Liguri, Umbri ed Etruschi) la vasta regione sotto il loro controllo venne denominata (dai Romani) Gallia Cisalpina. Dei tanti gruppi citiamo: le tribù degli Insubri e i Cenomani che si stabilirono a nord del Po. I primi nella Padania Occidentale suddivisi in Aulerci, Tauri o Taurini, Leponti, Orobii, Vertamorcori, Libui, Lævi, Marici, Comensi. I secondi nella Padania Centrale (con capoluogo Brescia): con i sottogruppi dei Lebeci (o Libui, o Lai) che fondarono Vercelli, i Vertamorcori (provenienti dall’odierna Vercors che furono all’origine di Novara), e i Salassi (in val Susa: Ulkos, un re dei Salassi ha dato il nome a Ulces, nel 880 Ulcium, oggi dopo un infelice transizione per Ulzio, divenuto Oulx in provincia di Torino). I Boi nell’Emilia Centrale (sono ricordati come fondatori di Bologna, ma anche di Laus poi Lodi: che diverrà la Laus Pompeia dei Romani); il loro sottogruppo dei Lingoni specificamente nelle Romagne e nel Ferrarese; mentre gli Anari (o Anamari, o Anani) sull’Appennino Ligure e in Emilia occidentale; i Senoni (originari dello Champagne) nelle Marche: la loro fondazione principale: Sena Gallica, è oggi conosciuta come Senigallia e venne così denominata per distinguerla dall’altra Sena, quella etrusca (Siena). E ancora: Edui, Carnuti, Ambarri, Biturigi, Arverni (dall’Alvenia/Auvergne)… Tra i luoghi di origine celtica: Torino (Taurasion, Taurasia, poi Augusta Taurinorum, fondata dai Tauri); Bergamo (Berg-hem: “città in montagna”, poi Bergomum); Como (Comum ovvero la città dei Comensi); Parigi (Parisii, poi Lutetia per i romani che si riferivano ai Galli Lutetii, quindi Paris); Amiens (Ambiani); Poitiers e la regione francese del Poitou (Pictones, dalla tribù dei Pictonii); Bourges e Berry (Biturigi); Angers e la regione dell’Anjou (Andes); Beauvais (Bellovaci); Reims (Remi); Langres (Lingoni, che occuparono le Romagne); Vercors (Vertamorcori); Le Mans (dagli Aulerci Cenomani che origineranno Brixia =  Brescia la loro capitale in Padania); la Baviera e la Boemia, che insieme formavano l’antica Boiohaenum, prendono nome dai Galli Boi delle quali erano originari: questa tribù si insediò in Emilia Romagna fino a che non furono costretti a tornarsene oltralpe dai Romani. Forse anche Parma è di origine boica: il loro scudo rotondo aveva, infatti, questo nome (poi adottato anche dai Romani). Ma prima degli insediamenti celtici risiedevano in Italia già altre popolazioni; delle tante ricordiamo le principali:
  • i Liguri al Nord (un’etnia assai affine a quella celtica: essi stessi si definivano “Ambrones”, cioè Ambroni nota alle cronache come una tribù celtica) si suddividevano in vari gruppi, tra cui i Friniati (Friniates) il cui nome è rimasto nell’attuale territorio del Frignano, gli Odiates, gli Ingauni ad Ingaunum o Albingaunm (il loro capoluogo, che è l’odierna Albenga); gli Intemelii ad Albom-Intemeliom (“albom” capoluogo + degli “Itemelii” poi Albintimiliom, Vintimilium, Vigintimilium e Vintimilia) ovverossia Ventimiglia [Beatrice contessa di Ventimiglia sposando Giovanni del Carretto darà il nome a Ventimiglia di Sicilia (PA)]. Mentre il gruppo dei Salluvii è all’origine di Saluzzo (CN).
  • i Camuni (nella Val-camonica); il nome della valle nonché Cividate Camuno (BS) ne tramandano ai posteri il ricordo.
  • i Veneti; Ateste (anticamente sull’ Athesis, l’Adige) una loro fondazione è oggi Este (PD), culla della famiglia di origine longobarda che si impadronirà della signoria di Ferrara.
  • i Reti ed Elveti (Alpi Lombarde), gli Anauni (in Val di Non), i Leponti che fondarono quella che Augusto chiamerà Oscela Lepontinorum, poi Domus Oxulae (“Domus” principale centro amministrativo longobardo con la sede della chiesa matrice o “pieve”) oggi Domodossola (VB).
  • gli Etruschi o Tirreni, che arrivavano fino in Val Padana, Felsina era una città etrusca (oggi Bologna), come pure Mantova (Manto), Imola, Marzabotto, Modena (Mutina), Spina.
  • gli Umbri (che, oltre all’attuale Umbria, abitavano estese zone appenniniche fino all’attuale Liguria)
  • i Tiburtini;
  • i Sabini (che condivideranno poco amabilmente con i Latini l’attuale Lazio)
  • i Piceni o Picentes nell’Italia centrale adriatica; riscontrabile a Montesanto che preferirà il più altisonante Potenza Picena (MC) nel 1862, e nel capoluogo di Potenza (Picentia, poi Potentia) che ricorda un gruppo di profughi piceni rifugiati il Lucania.
  • i Sanniti intorno ad Isernia (già Aesernia, dei Sanniti Pentri); e i Sanniti Frentani a Campobasso;
  • i Cumani che rifondarono la greca Parthenope dei coloni rodesi (detta “Palepoli”: “città vecchia”) in “Neapoli” (“città nuova”, oggi Napoli);
  • i Lestini nell’Aquilano;
  • gli Enotri nella zona di Cosenza, con capoluogo Ninaea oggi San Donato di Ninea (CS) che spartivano il territorio coi Brutii localizzati a San Marco Argentano (CS) antica Argentanum.
  • i Latini, genericamente “Romani”, poi fondatori degli importanti avamposti di Cremona, Placentia e Adria (sarà quest’ultima città, oggi in provincia di Rovigo, a dare probabilmente il nome al mare Adriatico).
  • gli Aurunci fondatori si Aurunca e Vescia, poi Suessa, oggi Sessa Aurunca (CE).
Ricordiamo che fino al II sec. a.C. (allorché i Romani sconfissero definitivamente i Galli alleati dei Cartaginesi) la nostra penisola era denominata Italia solo per la parte dagli Appennini alla Calabria, mentre la Val Padana era Gallia: Gallia Cisalpina, per l’esattezza (Transalpina quella “oltre le Alpi”). Nel 189 a.C. Felsina diventerà romana anche nel nome: Bononia (oggi Bologna). I Greci sono all’origine di moltissime località della cosiddetta Magna Grecia (“grande” Grecia) cioè delle colonie nel meridione d’Italia. Siracusa è la versione odierna di Syràcusai. Akragas venne fondata da un gruppo elleno proveniente da Gela, che i latini chiameranno Agrigentum e gli arabi Girgent, da cui deriva Girgenti mantenuto fino al 1928 quando divenne Agrigento. Nissa diventerà Qal’at an-Nissa per gli arabi (“castello di Nissa”), nel Medioevo Caltanixetta o Caltaniscetta, e oggi Caltanissetta. Catania nasce Katàne come fondazione dei greci calcidiesi di Nasso, conquistata da Gerone I di Siracusa nel 476 a.C. prende il nome di Etna fino al 461 a.C., poi Catina e Catana, e per gli arabi Qatanyah. In un’insenatura a forma di “falce” viene fondata dai fenici Zancle (nel loro idioma “falce” appunto) che diventa Messanion e, passando per Messana, Messina. In greco “falce” si dice “drepanon” e Drepanon è il nome che diedero alla città che corrisponde all’attuale Trapani, stabilita in una posizione simile a quella del capoluogo dello Stretto. I fenici avevano chiamato un’altra loro città nella fiorita Conca d’Oro come Ziz (”fiore”); arrivati i greci notarono la facilità di approdo e la definirono “tutto porto”: Pan-ormos, oggi la conosciamo come Palermo. La fertilità di Ragusa portò ad indicarla inizialmente come un “granaio”: “Rhogos” dell’isola di Sicilia; ma il centro principale era l’odierno quartiere di Ibla, già Hybla Heraia. Anche Ancona è stata fonda da greci inviati da Dionigi di Siracusa in un “gomito” (“ankòn”) della costa presso il Monte Conero (“Kepha Oron”: monte a forma di testa). È pure “greca” (ma nel senso di “bizantina” quindi successiva) Catanzaro: già Katanzarìos, poi Catanciarium. Venezia è una denominazione connessa ai Veneti: fino all’800 indicava l’intero territorio dell’Italia Nord Orientale, quindi si propose di distinguere tre “Venezie”: la Venezia Tridentina, la Venezia Giulia e la Venezia Euganea (o Venezia vera e propria). Oggi Venezia è il capoluogo della Regione del Veneto ma all’epoca della sua fondazione da parte dei profughi costieri era Rivoalti o Civitas Rivoalti (“rivo alto” forse: “posto alto sul canale” o “canale alto = canal-grande!); la Venezia Giulia (per gli Austriaci Künstenland) è stata unita al Friuli e, dal 1920, comprende alcuni territori della Carniola (oggi per la maggior restante parte sloveni: Kranjska). Anche altri popoli hanno trovato da noi un buon asilo. Dalla regione della Sarmatia, a nord del Mar Nero provenivano i Sarmati, alcuni paesi ne portano ancora il nome: Sarmato (PC) e Sarmede (TV) si chiamavano già Sarmatae, come pure Salmour (CN): già Vicus Sarmatorum. Essi vennero su invito di Costantino (o forse il successore Costanzo) per presidiare militarmente il territorio (come già per i Dalmati a Torino e i Germani sui passi alpini) difficilmente controllabile da Bisanzio, la “Nuova Roma” capitale imperiale. Altre località nate come insediamento di sarmati: Sarmatorio, Sarmazia, Sarmacie, Sarnaceto, Salmorenc, Sarmazza, Salmacetta. 3. Periodo Romano I latini “romani” hanno caratterizzato i nomi dei luoghi italiani, spesso limitandosi pragmaticamente a “tradurre” o ad “adattare” alla loro lingua toponimi preesistenti. La maggior parte dei toponimi latini sono “prediali”. Il fisco Romano, soprattutto dell’età imperiale, denominava i fondi agricoli (fundi) con il nome aggettivato del proprietario, si riconoscono oggi per il suffisso in “-ano” e “-ana” (quest’ultimo soprattutto in Toscana): come Mariano (da “Marianus Fundus” ossia il terreno di tale Marius), Tizzano (da Tito), Corniglio (da Cornelio), Gabbiana (da Gabio, o Gabalo), et cetera… [vedi oltre]. Sono legati alla suddivisione territoriale di appezzamenti di terreno affidato a ex combattenti e a coloni. Tipico di questo periodo è anche l’uso di denominazioni che richiamano divinità (Fanum Fortunae, ‘tempio della Fortuna’ è oggi Fano), a misure agrarie e a distanze stradali. Compare in questo periodo il toponimo Villa, che per i latini indicava la “residenza di campagna” o la “fattoria” (che via via acquista il significato di “agglomerato di poche case” e più avanti “frazione importante del Comune”) in opposizione a Civitas che, nel periodo Medioevale, caratterizzerà gli insediamenti urbani sedi vescovili. Un gruppo di case in latino era un “vicus” un borgo cioè che prendeva nome dal principale proprietario terriero. Tale Ferdulfo potrebbe essere stato un ricco proprietario della zona di Vicofertile (PR) già “Vicus Ferdulfi” sul quale ha poi dominato la forma più beneaugurante riferibile alla “fertilità” di quella zona pianeggiante. Caso analogo per Vico Ausserissola (da Auxerio) che nel 1330 diventa Vicopisano, oggi scandito in Vico Pisano (PI). Una località dove si teneva mercato era, per i latini, un Forum (analogamente alla piazza principale delle città), erano centri importanti, e si possono riconoscere nell’odierna Forlì, già Forum Livii (della tribù Livia), oppure Forum Novani (di Novanio e della sua gente) per Fornovo di Taro (PR), diversamente da Forum Novum che è oggi Fornovo San Giovanni (BG), Forum Popilii per Forlimpopoli, Forum Sempronii (dal tribuno Caio Sempronio Gracco) per Fossombrone (PS). Forum Julii ha dato nome ad un’intera regione: il Friuli e lo specificativo a Civitate Forum Julii: Cividale del Friuli (UD), Forum Cornelii però (di Cornelio Silla, che lo fondò nell’82 a.C.) è diventato Imola. Ai Romani dobbiamo anche la nascita delle Regioni, Regio, da regionem (direzione, linea di confine: territorio compreso tra diverse linee di demarcazione), a sua volta da “regere” (dirigere, reggere). Quelle che i Bizantini chiameranno Diocesi.
  • Periodo Medioevale
Periodo che, nonostante la convezione di farlo iniziare alla caduta dell’Impero Romano (esattamente dal 476, allorché Odoacre re della stirpe germanica degli Eruli depose l’ultimo imperatore Romolo Augustolo), si sovrappone per almeno quattro secoli a quello precedente. Quindi l’uso di denominare secondo la tradizione latina partendo da nomi personali (dal 1000 anche alle primitive forme di “cognome” o clan famigliare) permane, affiancandosi a quello di denominazioni di origine botanica, zoologica, da elementi urbanistici e soprattutto dal nuovo culto cristiano. Le invasioni “barbariche” portarono soprattutto morte e desolazione ad un territorio già in declino. Odoacre, conquistato il trono, riconobbe la supremazia dell’Imperatore di Costantinopoli Zenone, il quale gli concesse il titolo di “patrizio” (Odoacre era regolarmente arruolato nell’esercito Romano fino a raggiungere il grado di generale) che il re cercò di utilizzare per acquisire anche legalmente il trono imperiale. Fu sconfitto da Teoderico (Dietrich Von Bern), re degli Ostrogoti cresciuto presso la corte bizantina (e da questa istigato), il quale lo uccise a tradimento dopo averlo invitato ad un banchetto pacificatore nel 493 a Ravenna, capitale imperiale occidentale. Gli Ostrogoti (o Goti dell’Est, tribù di un grosso ceppo che comprendeva anche i Visigoti, o Goti dell’Ovest) governarono il nostro Paese dal 493 al 526. Con l’arrivo dei germani Longobardi (“dalla lunga barba”) guidati nel 568 attraverso le Alpi dal re Alboino, tutti i territori italiani a loro soggetti vennero denominati dai bizantini “Longobardia” nel complesso, denominazione oggi riservata alla regione amministrativa (quasi) omonima, e stabilirono la loro capitale a Pavia nel 572, adottando come simbolo regale la famosa Corona che si credeva ricavata da un chiodo della croce di Cristo, detta per questo “Ferrea” (e conservata oggi nella cattedrale di Monza). I territori ancora dipendenti da Bisanzio, detti impropriamente “Romani” (ovvero appartenenti all’Impero Romano d’Oriente, che era il legale erede dell’Impero Romano) erano detti anche Terra Romania da cui il coronimo della Romagna (fino all’800 nota plurale: Le Romagne). Il territorio della Longobardia era amministrato ricalcando le antiche Ville dei Romani che assunsero l’identità di “Curtis”: vale a dire un centro fortificato con chiesa e residenza del signore detto “Duca”: Il determinante di Massa Lombarda si riferisce proprio a quell’antica etnia: Massa (tipico toponimo longobardo) era l’ultima località prima del confine con i vicini territori dell’Esarcato bizantino di Ravenna. I confini terrieri erano segnati anche sugli alberi, detti “segnates”, che si ritrovano nel toponimo mantovano di San Giacomo delle Segnate. Il toponimo “Sala”, ovvero “bel luogo/residenza del signore” è assai diffuso, come pure San Michele, che consideravano il loro santo protettore e identificato con il dio germanico Thor). Un “terreno riservato” o “luogo di commercio” era un “Sunder”: da cui Sundrium, oggi Sondrio. San Giorgio della Richinvelda (PN) condivide con Campagna della Richinvelda (PN) l’origine dal personale Arichis + Wald (o Feld): “bosco (o campo) di Arichis” . Anche San Giovanni in Galdo (CB) richiama il “wald” (bosco); mentre San Martino Siccomario (PV) ricorda il possidente Sichmar o Sichemari. Con i Longobardi arrivarono anche i Bulgari, loro alleati anti-bizantini, che si stabiliranno in Italia centro-meridionale, che ritroviamo in alcuni toponimi come Bulgarograsso (CO). Il periodo Longobardo, periodo “barbarico” profondamente integrato con la cultura romana, è tra quelli che hanno lasciato maggiori tracce nella toponomastica, compare anche Massa che, in latino, identifica la “tenuta” di grande estensione formata da numerosi fundi (poderi) coltivati dai coloni (da cui anche Masseria). Nel X sec. si trasformano in “feudi” e il centro maggiore si fortifica e accoglie la residenza del signore “feudale”. Ecco alcuni esempi:
  • Massa capoluogo dell’omonima provincia;
  • Massa d’Albé (AQ) dal 1863 col determinativo preso da una frazione; Massa e Cozzile (PT); Massa Fertana (AP);
  • Massa Fiscaglia (FE) sorta a 10 km da Fiscaglia (“sottoposto a tributi”) vecchio centro decaduto; Massafra (TA) cioè “Massa di Afro”;
  • Massa Lombarda (RA) ovvero “dei longobardi” o “della Lombardia” (come scritto in passato) significa che non era soggetta all’Esarcato di Ravenna (o Romània);
  • Massa Lubrense (NA) “de lubrum” (tempio): dal tempio di Minerva che sorgeva nel luogo dell’attuale chiesa cittadina di Santa Maria della Lobra;
  • Massa Marittima (GR): cioè di Maremma;
  • Massa Martana (PG): anticamente Vicus ad Martis, dal 1863 con lo specificativo riferito ai Monti Martani;
  • Massarosa (LU) ovvero “Massa Grausa”: di Grauso; Massignano (AP) vale a dire: “Massa appartenente a Massinio”;
  • Massino Visconti (NO): da Massa e dal nome della famiglia ducale di Milano, originaria del luogo (i “vice conti”: vicari del conte e più tardi del vescovo-conte di Milano).
I Longobardi vennero sconfitti una prima volta dai Franchi guidati dal re Pipino il Breve e definitivamente sgominati da Carlo “Magno”, che catturò il re Desiderio e si impadronì della Corona Ferrea, unendo per il futuro nella “persona” dell’imperatore il regno di Germania con quello d’Italia. Si istituirono le Pievi: distretti amministrativi rurali derivati dal Diritto Franco, corrispondenti alle antiche Circoscrizioni Romane, facenti capo ad una chiesa “madre” o “matrice” (detta anche “battesimale”: perché sede della vasca per il rito del battesimo) retta da un “pievano” (o arciprete) che curava un collegio di chierici ai quali erano affidate delle cappelle minori (da cui il nome di “cappellani” e “cappellanie” per i loro territori). Il nome deriva latino plebs, plebis (‘pieve, popolo’) che nell’era cristiana assumerà il significato specifico di “parrocchia di campagna”. Il nome rimane, ad esempio in: Pieve di Cadore (BL), Pieve Modolena (RE), Pievepelago (MO), Città della Pieve (PG), Pieve di Gusaliggio e Pieve Cusignano (PR), Pieve San Giacomo (CR), Pieve Rossa (RE). Gli Albanesi sono testimoniati dal XV e XVI secolo in poi, soprattutto in Calabria e Sicilia; sono detti impropriamente “greci” (con questo termine si sono definiti nel tempo sia i greci propriamente detti, sia gli orientali in genere, oppure le popolazioni di religione ortodossa o i cittadini dell’Impero Romano d’Oriente!). Caterina Cardona, contessa di Chiusa, fonda un villaggio con coloni Arbëreshë  (lett. “albanesi d’Italia”) provenienti dall’Albania, che prenderà poi il nome di Contessa e dal 1875 Contessa Entellina (PA): da Entella, antica città degli Elimi (che sorgeva presso l’attuale Rocca d’Entella). Ancora oggi gli abitanti parlano il loro dialetto albanese (e nella loro lingua il paese si chiama Hora). Similmente a Piana degli Albanesi (PA) sede della diocesi di rito greco-albanese, già Piana dei Greci fino al 1941. Lungro (CS) (Őnger), altra sede di diocesi in rito greco-albanese che deriva il nome da Ungri, un cognome diffuso derivato dall’etnico Ungari. Altre località albanesi: San Cosmo Albanese (CS) (Shë Kosmë); San Giorgio Albanese (CS) (Mbuzat); San Costantino Albanese (CS) (Shë Kostantìnë); San Demetrio Corone (CS) (Shën Mitër Coron): “Coron” è “Corune” cioè un “cerchio [di monti]”; San Giorgio Jonico (TA) già S. Giorgio Sotto Taranto dal 1862 al 1926 e San Giorgio Lucano (MT) fondata nel XVI sec. (Ricordano entrambi il condottiero albanese Giorgio Castriota “Skanderberg”) ; Santa Cristina Gela (PA) (Shën Kristina Ğğèla) fondata nei pressi di Gela nel 1691; San Paolo Albanese (PZ) già Casalnuovo fino al 1863, dal 1936 al 1962 Casalnuovo Lucano; San Martino di Finita (CS) (Shë Mertí); San Nicola dell’Alto (CZ) (Shën Kog-i); Santa Caterina Albanese (CS) (Picelji), Ururi (Rùri), Campomarino (Këmarini), Portocannone (Portkanuni), Montecilfone (Munxhufuni). Gli Slavi o Schiavoni  (perché provenienti dalla regione della Schiavònia) erano provenienti dalla Croazia e dalla Slovenia, il loro nome rimane in San Giacomo degli Schiavoni (CB) fondata nel 1564; in Schiavonia (PD); in San Pietro al Natisone già San Pietro degli Schiavoni fino al 1869 (in Sloveno: Špeter Slovenov). Gorizia deriva dallo sloveno Gorica (“collina”) e rimane nel quartiere di Montesanto chiamato Nova Gorica dal Governo di Lubiana dopo la definizione del confine orientale nel 1947. Anche i Burgondi o Burgundi, tribù di origine germanco-orientale (Burgundes), hanno toponimi che li ricordano: Sannazzaro de’ Burgondi (PV). Gli Arabi hanno lasciato importanti tracce del loro dominio, soprattutto in Sicilia, e in altre località ricordati come “Saraceni”. San Biagio Saracinisco (FR) “saracinisco” adottato nel 1864 in riferimento ad un insediamento arabo nella zona del Garigliano. San Michele in Ganzarìa (CT) prima del 1862 Ganzarìa, da “Hinzìr” = porco, quindi “porcile”… Nell’XI secolo la stragrande maggioranza dei villaggi è denominato (o ridenominato) partendo dal nome del santo patrono o dalla presenza di edifici religiosi, in relazione al fatto che la chiesa parrocchiale era anche il centro amministrativo del territorio.
  • Periodo Moderno
Tra il Rinascimento e il XX secolo la toponomastica, fattasi via via sempre più “legale” che popolare, ha privilegiato tramandare eventi o personaggi storici. Come le numerose località che ricordano i membri delle case regnanti, di patrioti e politici, o di battaglie importanti. Comunque una volta che un luogo riceve un nome è improbabile che esso rimanga inalterato nel tempo. Mutato da nuove potenze o storpiato dalle pronunce, origina spesso varianti più o meno curiose. Uno degli esempi tra i più prestigiosi è quello riferibile ad Acquisgrana, che per i tedeschi è Aachen e per i francesi Aix-la-Chapelle. Questo spesso crea confusione a chi si trova a studiare la Storia dove, a seconda del periodo al quale ci si riferisce, i luoghi compaiono con nomi differenti. In questa sede per le citazioni di città straniere propendiamo a rigore, a preferire il nome come più conosciuto piuttosto di quello utilizzato dagli odierni abitanti, anche se è la “loro” città quella della quale si parla (a volte può essere addirittura complesso individuarne la forma ufficiale: quale è “preferibile” tra Helsinki/Helsingfors o Pamplona/Iruna entrambi ufficiali? Come per Bruxelles/Brussel). Sintomatico il caso svizzero: dove ad un unico luogo corrispondono anche tre o quattro variazioni linguistiche. A partire dalla capitale: Bern/Berne/Berna, con Basel/Bâle/Basilea, Ginevra/Géneve/Genf sono tre esempi dove i vari toponimi si assomigliano: ma che dire di Chur/Coira/Cuera, Sankt Moritz/Saint Maurice/Murezzan? Oppure Disentis/Mustér, Sion/Sitten e Solothurn/Soletta? Siamo stati testimoni del sorprendente comportamento di alcuni conduttori delle Ferrovie Federali Svizzere: oltre Domodossola fino ad Iselle di Trasquera (all’imbocco della galleria del Sempione) si rivolgevano ai viaggiatori in italiano, da lì a Brig/Briga in tedesco e da Briga a Sion/Sitten in francese. Come pure sui treni che dall’aeroporto di Bruxelles-Zaventem attraversano il territorio della capitale belga e proseguono oltre: dall’aeroporto alla città i messaggi sono in francese/fiammingo/inglese, all’interno dell’aerea urbana in francese, oltre: solo in fiammingo! Frutto delle vicende storiche e culturali di questi Paesi. Talvolta il nome italiano è così familiare che suonerebbe ostentato sostituirlo con quello “corretto”. Chi riconosce nel teutonico Trier l’antica Tréviri? O Spira in Speyer? Ancora: Stettino/Szczecin, L’Aja/Den Haag, Leida/Leiden, Anversa/Antwerpen/Anvers, Malines/Mechelen, Lovanio/Leuwen/Louvain, Seghedino/Szeged, Varsavia/ Warszawa? Talvolta, di contro, la “traduzione” italiana suona alquanto cacofonica ed evitabile: Schwyz = Svitto, Solothurn = Soletta. Ulm = Ulma. Infine il nome “Friburgo” poi sta per la tedesca Freiberg (più precisamente Freiberg in Brisgau/Friburgo in Brisgovia) o per la svizzera Fribourg? Caso particolare l’Alto Adige italiano (Südtirol per i madrelingua tedeschi, che ha generato il nuovo nome ufficiale di Sudtirolo dal 2019): i toponimi riportano tutti la doppia denominazione italo/tedesca o italo/ladina (anche nel caso che le grafie siano identiche tra loro, come Gais/Gais, Lana/Lana, Plaus/Plaus), ); il capoluogo, per non far torto a nessuno le riporta in alcuni luoghi tutt’e tre: Bolzano/Bozen/Balsan. II. Categorie Toponomastiche A parte le ragioni storiche i toponimi si possono anche classificare in “categorie” che possiamo presentare brevemente.
  1. Antroponimi, nomi presi da persone e Prediali
La categoria più diffusa: il soldato romano reduce dal lungo servizio militare al servizio dell’Impero veniva compensato principalmente in terreni agrari (soprattutto nelle zone di recente acquisizione) con un “fundus” cioè che coltivava in proprio o che affidava a coloni dipendenti, che il fisco imperiale denominava col nome del proprietario principale. Da ciò “Prediale”, da “praedium” (“podere”). Il nome del proprietario ha quindi determinato il nome del luogo e spesso si riconosce dal suffisso “-anus” o dalle varianti linguistiche in “-asco” (ligure), “-ago” (celtico), “-ina” (etrusco), “-oli” (longobardo), “-engo” (ostrogoto), “-ate” (variante lombarda), “-anise” (campana) e “-adi” (calabro e lucano). Montefiorino (MO) sarà stato, quasi con certezza, una proprietà di tale Florinus. Come Montegrotto (PD) potrebbe essere appartenuta a Gòttolo, diminutivo del germanico Gottfred o Gottifredo (questà località era conosciuta come San Pietro Montagnòn fino al 1934, nel 2000 un referendum ha proposto, invano, di unirla alla contigua Abano Terme in un’unica comunità dal nome di Terme Euganee: denominazione adottata solo dalle Ferrovie, che hanno ridenominato la stazione di Montegrotto Terme in: Terme Euganee-Abano-Montegrotto). (GE) ricorda il romano Nevio come Neviano, oggi Neviano degli Arduini (PR, gli “arduini” o “Arduinici” sono i Conti della Palude o da Palù, discendenti di Arduino Della Palude, consanguineo dei Canossa). Montepulciano (da Publicius, poi Mons Politiano, Montis Policiano, Monte Polciano) è, con i precedenti un toponimo “prediale” come Luino (VA): già Luvino, diminutivo di Lupo, nome proprio di un ricco proprietario della sponda orientale del lago Verbano (qualcuno vorrebbe invece derivarlo dalla pianta del lupino…). Monticello Conte Otto (VI) si riferisce invece a tale Ottone (“Otvs”), del XIII sec.. Papasidero (CS) è di origine bizantina: da “papas Isidoros” (prete Isidoro; capo di una comunità di monaci basiliani greci residenti in quel luogo). Inoltre Lillianes (AO) cioè “podere di Lælio”; Crespellano (BO) da Crispinus, Lioni (AV) e Lonigo (VI) da Leo o Leonis, Lisignago (TN) e Lesignano de’Bagni (PR) da Licinius, Lisio (CN) da Lisius, Grizzana (BO) da Grittius (fino al 1862 Tavernola di Reno), Licciana Nardi (MS) da Licius (fino al 1933 solo Licciana, allorché assunse la specificazione in ricordo di Anacarsi Nardi che partecipò al tentativo di Rivoluzione della Calabria con i fratelli Bandiera, e fucilato a Cosenza nel 1844).
  • Fitotoponimi o Fitonimi, cioè nomi presi da piante
Testimoniano la presenza di boschi di particolari essenze e si riconoscono spesso per il suffisso “- eto” (e soprattutto “-etto” nel Mezzogiorno). Un Bosco (PR) può essere sufficiente a dare il nome ad un luogo; Lugo (RA): invece è da “lucus” = “bosco sacro”. “Campus lucus” è Cantalupo (AL) cioè “prato vicino al bosco sacro”: tale era anche il “lucus” del quale rimane poco in: Lu (AL). Se la zona era caratterizzata dalla presenza di alberi particolarmente maestosi può aver determinato il nome di Alberobello (BA). Diverso il caso dell’antico nome della Basilicata: Lucania dal dicembre 1932 al 1945 che si vorrebbe derivata dal latino “lucus” (quindi “terra di boschi”) invece probabilmente da interpretare come “terra dei Lucani” ovvero dal greco “Lucanoi” = estremità/capo, vale a dire: “terra degli abitanti dell’estremità del territorio”. Anche se non sembra Montegallo (AP) è un fitonimo: deriva da: “Wald” (bosco, in germanico). Conselve (PD) da “caput silvis” (“alla fine del bosco”). Ma se particolarmente ricco di olmi può aver originato l’odierno Ormea (CN) già Ulmeta (da “ulmus” cioè: “olmo”) o Olmeneta (CR); chiaro in Olmo Gentile (AT, dove “gentile” sta per una specificazione botanica di olmi), Pieve d’Olmi (CR). Più difficile riconoscerlo in Niscemi (CL, in arabo “nasam”: olmo) o il Pralormo (TO, nel 1224 Pratolormo: “pratum ulmum” ); Limone Pimonte (CN) e Limone del Garda (BS, dal 1863 al 1905 Limone San Giovanni) da limo o lemos, in celtico l’ “olmo”. Da Pinus: Pineto (TE), Pino d’Asti (AT), Pino Torinese (TO), Pino Sulla Sponda del Lago Maggiore (VA) con Pinerolo (TO); Pinzolo (TN, da “picea” = pino selvatico). Inoltre: Frassinoro (MO), Pianfei (CN, da Planum Faytum o Planum Fagetum) e Faicchio (CB) da “fagetulum/fagitulum”: bosco di faggi, Tiglieto (SV), Rovereto (TN), Cerreto (MI), Farneta (VT) e Farnese (VT) ovvero “bosco di farnie”, Querceta (LU), Oneta (BG) e Hône (AO) da “Alnus” : ontano, Lissone (MI) da “ilex” : leccio. Albareto (PR) oltre che dal semplice “albero” potrebbe essere nato dalla denominazione locale del pioppo: “albarél” (suffragato dall’esistenza di una contrada del paese: Mamponeto, da altro termine dialettale “mampò” = lampone); anche Popolano può essere derivato da “populus” = “pioppo”, Porpetto (UD) da “populus” (pioppo) + “-etum” (suffisso collettivo= pioppeto). L’origine è evidente nei nomi riferiti ad alberi da frutto come: Codogno (LO) da “cotonea”: cotogno. Nespolo (RI). Noceto (PR), Nocara (CS) e Nogara (VR), Nogaredo (TN), Nogarole Rocca (VR), Noci (BA); Nughedu di San Nicolò (SS), Nuxis (CA). Olivetta-San Michele (IM), in origine “Oliveta” (questo Comune è stato creato nel 1890 aggregando due frazioni di Sospello: allorché questo comune passò alla Francia, oggi Sospel). Persico (CR) o San Giovanni in Persiceto (BO) Zelo Buon Persico (LO), da “persicum”: la mala persica, la mela persiana, che è la nostra pesca. Prunetto (CN), Brugnato (SP) da “prunus”: inteso come susino o albero spinoso. Pero (MI, già Cassina del Pero fino al 1894), Piraino (ME) da “pirus”. Pomarico (MT), Pomaro Monferrato (AL) da “(hortus) pomarius”: orto da frutta. Sorbolo (PR) e Sorbara (MO) (vale a dire “bosco di sorbo”), lo stesso Piancastagnaio (SI) offre un’interpretazione chiara, come Castagneto Carducci (LI)  Castagneto Po (TO). Meno evidente in Moletolo (PR): che è la forma corrotta di Melitulo, poi Meletolum (luogo coltivato a mele), sobborgo parmigiano [nel cui (scomparso) castello nacque nel Giberto (o Ghiberto) Da Correggio, divenuto antipapa (1080-1100) col nome di Clemente III]. Prato è di palese origine, mentre lo è meno Ortisei (in tedesco Sankt Ulrich), da “urticetum” (prato di ortiche). Varano de’Melegari (PR) che qualcuno vorrebbe poeticamente derivare dai “melograni” si è avuto però attraverso in cognome di una famiglia parmense che aveva molte proprietà nella zona, i Melegari appunto (anticamente Varanus Melegariorum, poi de’Melegariis), questi ultimi potrebbero comunque aver preso il loro nome dalla melagrana.
  • Oronimi, nomi presi da montagne o rilievi
Monte Argentario (GR) è chiaro di per sé, come Montagna in Valtellina (SO), Montagna/Montan (BZ), Monte Urano (FM), ma anche Montello (BG, già Monticelli di Borgogna dal 1863 al 1962). Monticelli Terme (PR), Monticelli d’Ongina (PC). A Siccomonte (PR) d’acqua potabile dev’essercene stata ben poca, tanto che l’escavazione d’un pozzo fu considerata miracolosa! Si chiamava Montesecco anche una località in provincia di Teramo: ma ritendolo sconveniente gli abitanti lo mutarono in Montefino (il Fino è un torrente del posto). “Mons Longobardorum” era il “Monte dei Longobardi”, cioè il Passo appenninico della Cisa; ci passava la Via Francigena (“che nasce in Francia”) e lungo la via si trovava l’importante pieve di Sancta Maria ad Montis Longobardorum, poi diventata Plebis Montis Bardorum quindi Plebis Bardonum, oggi Bardone (in Comune di Terenzo, PR). Il tratto dell’antica via tra Fidenza e Luni è noto anche come Strada di Monte Bardone. Linguaglossa (CT): una “grossa lingua” di lava eruttata anteriormente al 1634 dall’Etna che ha suggerito il nome di Linguagrossa in uso fino al ‘700, poi mutato nell’attuale: una sorta di “tautologia” avendo il greco “glossa” il significato di “lingua”! Altra ripetizione in Mongibello (…) derivato da “Mons” (latino: monte) e “Jabal” (arabo: monte). Oppure in Busto Arsizio (“bustum” = bruciato + “arso”)… Collecchio (PR) da Culliculum, cioè “piccolo colle”, nell’alto medioevo conosciuto anche come Sustrina. E Caserta fu così denominata per la sua posizione impervia (Casa Hirta, poi Casamirtam). Strambino (TO) invece prende nome dal fatto di essere stato edificato sul pendio accidentato (“strambus” = storto) di un colle. Una leggenda locale vuole che, invece, sia in connessione al curioso episodio dell’architetto Carlo Emanuele Rana che, nella pianta della chiesa parrocchiale, ha riprodotto la forma dell’animale omonimo del suo casato: una “stramberia” appunto…
  • Idronimi, d’acqua e simili
Acquanegra sul Chiese (MN) dove il precedente toponimo è “rafforzato” dallo specificativo del torrente Chiese. Laigueglia (SV) da Aquilia, a sua volta da Aquicola (‘piccola acqua’) dato ad un corso d’acqua breve e di scarsa portata. Imperia (dal fiume Impero che scorre nei pressi). Coltaro (PR “caput Tari” = che si trova alla foce del Taro), come Copermio (PR “caput Parmae” = alla foce del Parma), Coenzo (PR “caput Entiae” = alla foce dell’Enza). Verbania (sul lago Verbano, ovvero il Lago Maggiore). Pordenone, già Portus Naonis cioè porto sul fiume Naone, conosciuto oggi col nome di Noncello. Mandello del Lario (il cui specificativo si riferisce al lago di Como), come per Torri del Bènaco (cioè del “Lago di Garda”) sono precisamente dei “Limnònimi” (“di lago”) come pure Bellagio, che è la forma attuale di Bislacus (poi Bislacis), che s’intende osservando come questa località si trova proprio sulla punta che separa i due bracci del Lago di Como. Lo stesso lago che pare all’origine anche del nome della Valle d’Intelvi: in antico Vallis Intellavina (XI sec.), Intellana, Antelama (dai cui il cognome Antelami) Antelavo, Telamo e Antelaco tutte corruzioni di Inter Lacos (quelli di Como e Lugano) da cui Inter Lavos e poi tutti gli altri… “Intra aquas” è, invece, all’origine di Entracque (CN) posta tra due affluenti del fiume Gesso. Tra due fiumi si trovano anche Teramo (Interamna Pretutiorum, da Inter-amnes : “tra due fiumi” e dalla popolazione dei Pretuzi) e Terni (Interamna Nahars, cioè posta tra due rami del Nera). Montechiarugolo (PR) è un ibrido: pare che “Monticuls Rivulus” indichi un “monticello vicino al ruscello”; in alcune versioni è scritto infatti “Monticulus Rivulo Zeula” (il torrentello Zola scorre in effetti vicino al paese). La forma attuale si è ottenuta attraverso Monte Clerevulo e Mons Clariculus. Una palude in latino era detta Lama, e ha generato i nomi di Lama dei Peligni (CH, i “Peligni” sono un’antica popolazione locale) e Lama Mocogno (MO, ovvero “palude di Macconio” un possidente celta). Se la palude era particolarmente estesa poteva sembrare immensa (le Valli di Comacchio o la Camargue, ne possono essere un esempio), come doveva essere la Padusia (da “Padus” = Po) che era tra l’Emilia, la Lombardia e il Veneto. Nelle lingue centro-italiche (come l’umbro protostorico, parlato anche al di fuori dell’attuale Umbria) una palude “senza fondo” era “Bonenus” da cui abbiamo avuto l’attuale Bondeno (FE) e Bondeno di Roncore (RE) dove morì la “gran contessa” Matilde di Canossa nel XII sec. Le nebbie palustri saranno anche all’origine di Novellara (RE), già Nubilaria da “nebula” o “nubila” (nuvola). Una fonte bituminosa (bituminea, bitumina, betunia) può spiegare nomi come Bedonia (PR). Una sorgente copiosa (“lata” in latino = “grande”) sta all’origine di Fontanellato (PR) già Fontana Lata. Se l’acqua “grande” in questione è una zona facilmente allagabile lungo un fiume può esser stata detta Aqua Lata, da cui Qualatula, oggi Ozzano Taro (presso Fornovo, in provincia di Parma, dove si combatté la storica battaglia del 1492).
  • Zoonimi
Ovvero nomi di animali (Ornitonimi se specificamente di uccelli). Tramandano la presenza numerosa di animali selvatici o l’allevamento di particolari specie: Capraia Isola (LI), Caprera (SS), Capriglio (AT e PR, dal “Locus caprileus” luogo [impervio] frequentato dalle capre), Asinara, Ardea (RM) da airone. Oppure si ricollegano alla forma del territorio che ricorda una particolare forma dell’anatomia animale: Brindisi, dal greco brentesion (‘testa di cervo’).
  • Teonimi e Agionimi
Più correttamente, se fanno riferimento alle divinità precristiane si possono definire anche Teotopònimi, mentre se derivati da nomi di santi si dicono Agiotopònimi (perché agiònimo è, letteralmente, il nome proprio del santo; da agyos: santo). È però invalso l’uso di “agionimo”. Sono stati originati, soprattutto in epoca medioevale, dalle numerose chiese e cappelle dedicate a santi particolari intorno alle quali sorgevano dei villaggi che ne prendevano poi denominazione (“villaggio presso la chiesa di San…”). Comunemente il santo riportato nel nome è il patrono principale del paese, riportiamo alcuni tra quelli che hanno subito mutazioni toponomastiche. S. Carlo Canavese (TO) già Vauda di Ciriè; S. Candido/Innichen (BZ) già India nel sec. VIII; S. Casciano dei Bagni (SI) le antiche Fontis Clusinæ dei Romani che divennero anche i Bagni di S. Casciano e pure Terme Cassianensi. S. Cristoforo (AL) già Torre del Gazolo. S. Daniele Po (CR) dal 1867 S. Daniele Ripa Po e dal 1955 col nome attuale. S. Didero (TO) già Sancti Desiderii e nel 1065 Sancto Disdèrio. Sant’Ulderico è all’origine di Sandrigo (VI) e S. Dorligo della Valle (TS) già Dolinea fino al 1923, da dolina (sloveno: “valle”). S. Felice del Molise (CB) nacque come insediamento di serbi nel XVI sec. per cui divenne S. Felice degli Slavi, dal 1929 al 1949 fu S. Felice del Littorio. S. Fratello (ME) ricorda i tre fratelli martiri Filadelfio, Alfio e Cirillo condannati sotto Valeriano. Sanfront (CN) già Sancti Fronti, Sancto Fronte, San Fronto e San Frondo: probabilmente si riferisce a san Frontone vescovo di Périgueux. S. Gillio (TO) da Sanctus Aegidius, Sant’Egidio. S. Giorgio del Sannio (BN) fino al 1929 San Giorgio la Montagna. S. Giovanni al Natisone (UD) S. Giovanni Manzano fino al 1928. S. Giovanni Suergiu (CA) dal campidanese “suergiu”: sughero. S. Ilario d’Enza (RE) già Santa Eulalia che, in effetti, ne è la santa patrona. S. Leo (PS) è l’antica Mons Feretrii o Monsferetrius (dal tempio di Giove Faretrio: “che lancia le frecce”) da cui il coronimo Montefeltro. S. Luca (RC) nel 1590 Potamìa (greco: “vicino al fiume”). S. Lucido (CS): in origine Sant’Aniceto (Anicetos, Nìceto, Lìceto, Lùcito). S. Marco d’Alunzio (ME) nel 1862 S. Marco Alfonsio, modificato nel 1867. S. Martino Sannita (BN) fino al 1872 S. Martino Avegratiaplena! S. Nicolò Gerrei (CA) il nome regionale “Gerrei” è proprio della Sardegna Sud-occidentale, fino al 1863 il Comune di denominava Pauli Gerrei. S. Pietro in Cerro (PC) già Polignano, nel 1862 diventa Polignano Piacentino, e nel 1882 venne adottato il nome odierno. S. Quirico d’Orcia (SI) nel medioevo era Plebs in Osenna (Pieve presso l’Osenna), Poi Pieve Osenna, il toponimo attuale fu adottato nel 1862 in onore dei santi patroni Quirico e Giulitta. S. Remo (IM) in realtà San Romolo (citato nel 962 come Sancti Romuli) vescovo di Genova, ritiratosi eremita nei pressi dell’attuale cittadina nel IV secolo. S. Salvatore Monferrato (AL) già Villa ad Vites, poi Villa Forte, quindi nel 1476 “Castrum quid dicitur Sancti Salvatoris”, e l’attuale dal 1911. S. Sosti (CS) da San Sostene. Santa Croce Camerina (RG) prende il nome da Giovanni Battista Celestri, marchese di Santa Croce, dal 1596. Santa Croce del Sannio (BN) già Santa Croce di Morcone fino al 1883. Santadi (CA) corruzione di Santa Agata, attraverso Sant’Ada. Santa Flavia (PA) era Sòlanto fino al 1880. Sant’Olcese (GE) da S. Ursicino. Santo Padre (FR) riferito al locale San Folco, detto devotamente “padre” per via degli innumerevoli miracoli operati per sua intercessione. Alcuni sembrano agionimi ma non lo sono. S. Casciano Val di Pesa (FI) deriva dal podere di tale Cassio: “vicus Cassianus” poi confuso con il santo anacoreta. Sanfré (CN) è da derivare piuttosto dal germanico Siegenfrind e poi accostata “para-etimologicamente” a San Iffredo (una variante locale di San Teofredo). San Donaci (BR) sarebbe in realtà Donakes (greco: “canne”, quindi un fitonimo). In provincia di Bolzano si dà Unsere Liebe Frau in Wald (lett. “Nostra Signora della Foresta”) che, più economicamente, per i Ladini è Senales. Per via del bilinguismo si scrivono entrambi i nomi nelle comunicazioni ufficiali e nella toponomastica. Senonché il Comune di Sankt Felix/San Felice si è aggregato a Senales, per cui si ha la prolissa denominazione di (Gemeinde/Comune di…) Unsere Liebe Frau in Wald-Sankt Felix/Senales-San Felice…
  • Nomi augurali
Buonborghetto, presso Udine, nel 1368 si ribellò alla dominazione veneziana: venne assediata e distrutta, il suo nome mutò in Malborghetto, oggi è ancora così con un’aggiunta distintiva che sembra attribuire ulteriore tenebra al nome malaugurante: Malborghetto Valbruna. Benevento si chiavava Maluentum o Maleventum fino al 268 a.C. Nel 300 a.C. fu conquistata dai Romani e nel 275 Mario Curio Dentato vi sconfisse Pirro (che era in alleanza con i cittadini di Taranto contro Roma) in una storica battaglia; nel 268, quando divenne ufficialmente una colonia romana, le si cambiò il nome per ricordare la battaglia e anche per allontanare il cattivo presagio. Il quale però fu dovuto ad una cattiva interpretazione del termine sannita “mal” che indica una ‘altura’. Una menzione a parte, tra i nomi “augurali” merita la toponomastica che ha avuto origine dagli insediamenti dei Cistercensi, i monaci benedettini riformati che prendono il nome dalla loro casa madre Citeaux in Borgogna, in latino Cistercium (“canneto”). Alla ricerca di insediamenti lontani dai luoghi abitati per le loro esperienze ascetiche hanno spesso usato una certa dose di religiosa ironia per denominare luoghi selvaggi, paludosi, malsani e scomodi con nomi come Chiaravalle (MI, AN, MC, PC) che ricalcava la forma francese Clairvaux della importante abbazia di san Bernardo (il quale pare che abbia personalmente fondato le abbazie di Chiaravalle Milanese e Chiaravalle della Colomba). Ancora Valserena (PR), Fontevivo (PR), Sanavalle (TV), Buonsollazzo (FI), Acquaformosa (CZ), Vallebona (ME). In un caso solo la denominazione dichiara esplicitamente una certa “fuga mundi”: Morimond in Borgogna (‘muori o mondo’ che ha avuto una filiazione nella milanese Morimondo), anche se pare accertato che si tratti di una deformazione di Miremont (“in vista dei monti”).
  • Condizioni del territorio di insediamento
La zona di insediamento può avere caratteristiche così evidenti da suggerire la denominazione. Camporosso, Locorotondo, Montalto, Sesso (da “sissum”: sedimento), Vallalta (da “valle alta” intesa come palude profonda), Palosco (da “palude”) o Bondeno (da palude profonda, come si è visto). Un terreno di forma appuntita tra i colli e foreste può aver dato ispirazione ai monaci che fondarono l’abbazia di Pontida (BG).
  • Architetture. Case, castelli, fortificazioni, strade e ponti
Una categoria diffusissima è quella che si riferisce ai nomi che richiamano direttamente le diverse costruzioni umane, comprendenti termini come: casa o casola, città o civita (da “civitas”), castello, torre, pieve o chiesa, villa, abbazia… Come pure i toponimi legati all’urbanistica, composti con le parole terziere, quartiere, sestriere, contrada, rione, bivio e quadrivio… Codroipo (UD) da quadrivium: quattro vie, incrocio. Come pure Lercara dall’arabo harah: quartiere. Castra in latino è l’accampamento militare quadrato con cintato e munito di torrette e fossato, che diventerà castrum ad indicare un luogo fortificato più in generale: rimane in Castrocaro (FC), Castro dei Volsci (FR). Il castello (diminutivo di castrum) indica, oltre alla fortificazione, anche la residenza del signore e spesso il nome è in relazione alla posizione, alla proprietà feudale, all’appartenenza politica: Castello di Serravalle (MO), Castelnovo ne’Monti (RE) si contappone a Castelnovo Sotto (RE), come Castelnovo a Mane (PR) è giustapposto a Castelnovo a Sera (PR) con in mezzo il torrente Parma; Castelnovo Fogliani (PC), Castelnuovo Rangone (MO), Castelguelfo (PR e BO). Forte è una fortificazione difensiva o di dominio che richiama ad un presidio militare come in Forte dei Marmi (…), Fortezza (BZ, Franzenfeste in tedesco: “fortezza di Franz”). Si trova molto diffuso anche il termina Borgo, dal germanico “burg” (torre, città) passato ad indicare un agglomerato di case lungo una via o una valle intorno al XIII: come in tutti i toponimi composti di Borgo, Borgo Valsugana (TN), Borgo Val di Taro (PR), Borgo San Lorenzo (FI), e in Burgos (SS), Burgio (AG) e (anche se a prima vista non sembrerebbe) in Bulgarograsso (CO) da “burgalus” o “burgulus” = piccolo borgo e “grasso” nel senso di “fertile”. Spesso, molto spesso, sono le strade, i ponti (coi fiumi vicini) a dare il nome alle località. Ecco alcuni tra i più interessanti. Vialato (RE) è una località che indica una scomparsa “via lata” (strada grande, importante). San Biagio di Callalta (TV) invece fa riferimento alla strada (“calle”) alta, storpiatura di “lata”. S. Giovanni in Croce (CR) testimonia un’importante intersezione tra due strade di grande comunicazione; mentre San Martino in Strada (MI) fa riferimento alla via che collegava Milano con Cremona. In San Nicola la Strada (CE) si ricorda la via Appia Antica che l’attraversava. Mentre in Piè di Via località presso Contignaco (PR) si testimonia una borgata sul margine della strada per Bardi. Anche la distanza da un centro importante ha dato origine a diversi nomi di paesi, soprattutto nel periodo Romano. Terzo (AL) si trova a tre miglia da Acqui Terme, Terzo di Aquileia (UD) lo dice esplicitamente: “al terzo miglio da Aquileia” (“ad tertiam lapidem ab Aquleja civitas”). Quarto (NA) detto anche Quarto Flegreo, al quarto miglio della Via Campana; Quarto di Sarsina (FC) a quattro miglia dalla città romana di Sarsina; Quarto dei Mille (GE), il cui nome originale era Quarto al Mare fino al 1911, quando venne mutato per onorare la spedizione dei “Mille” di Giuseppe Garibaldi partita da quella località nella notte tra il 5-6 maggio 1860. Alla quarta pietra miliare della Via Clodia venne edificata una pieve nel V secolo: oggi Pieve a Quarto (AR). Quartu Sant’Elena (CA)forse prende nome dalla distanza dal capoluogo, ma nel Medioevo era uno dei quattro “Quarti” nei quali era suddiviso quel territorio appartenente al Giuducato di Cagliari: Quarto Domino, Quarto Josso, Cepola e Quarto Suso (o Quartutxo da cui poi prenderà il nome l’attuale comune di Quartucciu). Quinto Vicentino (VI), Quinto Vercellese (VC) e Quinto di Treviso (TV). Sesto Calende (VA) a 6 miglia da Somma Lombardo (Kalendas perché, fin dall’antichità, vi si teneva il mercato all’inizio del mese); Sesto Campano (IS) al sesto miglio della via da Venafro a Capua; Sesto Cremonese (dal 1867 Sesto ed Uniti) a 6 miglia da Cremona; Sesto Fiorentino (6 miglia da Firenze); Sesto San Giovanni (MI). Settime (7 miglia da Asti); Settimo Milanese e Settimo Torinese, Settimo Rottaro (TO, 7 miglia da Ivrea): Pieve a Settimo (FI), frazione di Scandicci, documentata come “plebe Sancti Juiliano sito Septimo”, cioè situata al settimo miglio della Via Pisana (con le contigue località di Badia a Settimo e Torre a Settimo). Ottavo, a otto miglia da Arezzo. None (TO) come riportano i documenti antichi: “mansio ad nonum lapidem ab Augusta Taurinorum” (stazione [di posta] al nono miglio [letteralmente ‘alla nona pietra miliare’] da Torino); come Nus (AO) da “nonus milia [ab Augusta Praetoria]” anche se alcuni vorrebbero derivarlo da “nux” (noce). San Matteo della Decima (BO), si trova a dieci miglia da San Giovanni in Persiceto (l’antica Persicetum: “bosco di pesche”). Oppure misure agrarie possono aver determinato il nome della località: Quindici (AV). Trentola Ducenta (CE) formata dall’unione di due centri, i cui nomi che si pensa possano derivare  dalla quantità di jugeri (misura fondiaria romana) che costituivano un fundus: Ducenta era composta infatti da 200 iugeri, mentre Trentola da 30 iugeri. Ancora in Cento (FE), forse da Centum, una delle centurie (composta da cento jugeri di terreno): la porzione di territorio assegnato dagli agrimensori ai coloni in epoca tardo imperiale. Nonantola (MO) fu una colonia romana di novanta (nonaginta) centurie (poi Nonatula) fondata nel 182 a.C. Pontestrambo (PR) si riferisce proprio ad una passerella malferma che consentiva di superare (malagevolmente) il fiume Taro in quel tratto rupestre del territorio parmense. Ponte all’Adige (BZ) è la versione italiana di Sigmundskron. Mentre Pontelagoscuro (FE) testimonia la presenza del punto in un tratto molto stretto del fiume Po, in una zona di acque “scure” (paludose o bituminose). Pontetaro (PR) ovvio “Ponte [sul fiume] Taro”: prende il nome dal ponte fatto costruire all’inizio del 1800 dalla Duchessa di Parma, Maria Luigia d’Austria (già moglie di Napoleone Bonaparte). Ponte nelle Alpi (BL) fino al 1867 Capodiponte. Pont Saint Martin (AO) dalla vicina chiesa di San Martino di Tours. Pontecorvo (FR) l’antico Pons Curvus, cioè “arcuato”, sul fiume Liri. Ponte dell’Olio (PC) legato al commercio dell’olio d’oliva proveniente dalla Liguria che qui attraversava il corso del torrente Nure ed entrava nel territorio (fiscale) di Piacenza. Ponte di Legno (BG) deriva da Allenius, attraverso il dialettale Dalegn che la tradizione popolare ha accostato para-etimologicamente a “legno”. Pontboset (AO) in antico Pont-Boza, ponte sulla “boza” una voce dialettale che indica uno stagno. Dal 1939 al 1946 ridenominato Pian Boseto e dal 1946 al 1976 Pont Bozet.
  1. Paraetimologie
Insieme alle errate trascrizioni sono una categoria toponomastica molto rappresentata (“paraetimologia”: origine di un nome apparentemente corretta ma priva di fondamento). Capita che cultori di storia locale con pochi scrupoli veicolino vere e proprie “leggende” prive di alcun fondamento che, col tempo si fissano. San Martino Sinzano (provincia di Parma, già Comune autonomo fino alla fine del XIX secolo, oggi frazione di Collecchio) secondo alcuni deriverebbe da una frase del duca Don Filippo di Borbone-Parma che dopo aver visitato le località del suo dominio di Mamiano, Lemignano, Carignano, Corcagnano, Antognano, Gajano, Tortiano, si trovò a passare per San Martino ed escalmò: –Oh, finalmente un paese senz’ “ano”!-. Lo stemma attuale del Comune di Capracotta (RI) raffigura una capra che fugge da una pira, riferimento alla leggenda secondo la quale il paese fu fondato nel luogo ove avvenivano sacrifici animali in onore delle divinità Longobarde! Si vuole anche che il toponimo derivi dal nome degli accampamenti Romani, CASTRA, rafforzato con mura di laterizio o “AGER COCTUS” in posizione strategica nella valle del fiume Sangro. Recenti studi hanno messo il toponimo in relazione alla lingua indo-europea dove “CAP” starebbe per ‘luogo elevato’ e “KOTT” per ‘luogo roccioso’, caratteristiche evidenti del paese, costruito su un costone che divide le valli del Sangro e del Trigno. Secondo una leggenda riportata anche dalle guide turistiche il nome di Rottofreno (PC) deriverebbe dall’incidente avvenuto ad Annibale in quel luogo, al cavallo del quale si sarebbe “rotto il freno [morso]” (è derivato invece dal personale germanico/longobardo Hrotfrid, che significa ‘amante della Gloria’). Altri asseriscono che il nome di Tizzano Val Parma (PR) derivi dal “tizzone” acceso ritrovato durante l’escavazione delle fondamenta l’edificazione del castello. Amenità pure assunta nello stemma comunale: un braccio tenente una torcia accesa! Viene, invece, da “Titiano” o “Ticiano” dal nome del (mitico) fondatore Tito Cornelio Balbo (che avrebbe fondato anche la vicina Corniglio). Popolarmente si racconta che Bolotana (NU ) sarebbe derivato dal “volo” che due pastori avrebbero fatto da Ottana per raggiungere quella località (in sardo “bolo da Ottana”)! Secondo la tradizione Zibido San Giacomo (MI) ricorderebbe Zebedeo, padre dell’apostolo Giacomo. È invece derivato dalla tribù dei Gaepidae o Gepidi, popolo di stirpe gotica arrivato al seguito del re Longobardo Alboino, all’origine anche del nome di Zevio (VR). I Gepidi erano una popolazione che ribellatasi fu sterminata da Alboino, a quel momento drammatico è riferito il famoso episodio del re che costringe Amalasunta, figlia del vinto sovrano gepide Cunigondo, a bere da un calice ricavato dal cranio del padre di lei. III. Mutamenti toponomastici
  1. Mutamenti antichi
Anticamente non c’erano cartelli indicatori all’ingresso del paese. Inoltre le mappe riportavano numerose varianti a seconda di chi le disegnava o di chi ordinava di farlo. In genere i luoghi venivano indicati dagli abitanti stesso con semplicità, cosa che è sempre avvenuta (in antico). Le storpiature successive e recidive, dovute a pronunce strane o traslazioni linguistiche approssimative, hanno portato gli odierni toponimi ormai fissati dalla burocrazia (e dalla segnaletica stradale).
  • Specificativi o Determinativi
Sono delle aggiunte al nome di un luogo per distinguerlo da altri con la stessa denominazione. Riportiamo alcuni casi particolarmente curiosi: Casola di Terenzo (PR) era detta Casola delle Olle perché molti del luogo si dedicavano alla produzione dei testi (sorta di pietra focaia che, arroventata serviva per cuocere il pane o una particolare pasta alimentare detta “testaroli”) e scaldini da letto, in terra refrattaria fatta di argilla e polvere calcarea (industria scomparsa nel 1943). L’ex Comune di Mezzani (PR, oggi unito a Sorbolo) è formato da diversi agglomerati: Mezzano Superiore, Mezzano Inferiore, Mezzano Rondani (condiviso con Colorno), la sede municipale si trovava nella frazione di Casale Parmetta (oggi Casale di Mezzani). La stazione ferroviaria, al vero una modesta fermata presso una casa cantoniera della linea Parma- Brescia, riporta una denominazione onnicomprensiva “Mezzani Rondani” essendo prossima a Mezzano Rondani appunto (Rondani è il cognome di un’illustre casata Parmense).
  • Dopo l’Unità d’Italia
Nel 1862 il Governo del nuovo Regno d’Italia si decise a risolvere la questione delle numerose omonimie che si erano venute a creare tra le varie località con l’unità del Paese. Per evitare fraintendimenti i vari Consigli Comunali avrebbero dovuto adottare uno specificativo (o determinativo) al proprio toponimo o, in alternativa, proporre una variazione che lo distinguesse dagli altri. Per questo motivo la maggior parte della variazioni toponomastiche avvenne intorno a quegli anni. Spesso le decisioni prese risultano alquanto bizzarre: Alcuni amministratori, pressati dall’urgenza, possono trovarsi a corto di fantasia e affibbiare ad alcuni luoghi nomi decisamente scontati: come il caso di San Paolo che nel 1862 aggiunge Belsito (NA) o tutta la serie di toponimi dei lidi romagnoli: Valverde, Miramare, Marebello, Bellariva, RivabellaAzzano nel 1867 si denominò Azzano Decimo (PN) per essere stato fondato alla distanza di 10 miglia romane dall’antica Concordia che, a sua volta per distinguersi da quella “sulla Secchia” (MO), aveva adottato il nome di Concordia Sagittaria nel 1865 (ma fino al 1868 si scriveva con una sola “t”) per essere stata nell’antichità una rinomata fabbrica di frecce! Il Consiglio di Cellino, in provincia di Teramo, non riusciva a trovare un accordo sul nome da aggiungere a quello del proprio paese affinché non ci fossero confusioni, ad esempio, con Cellino in provincia di Brindisi. Gli abitanti di quest’ultimo avevano già optato per Cellino San Marco (BR), aggiungendo il nome del santo patrono del capoluogo comunale, oggi famoso per essere residenza di… Al Bano. Ma a Cellino nel Teramano (soluzione che nessuno propose) si tergiversava, tanto che intervenne il prefetto Nicola Attanasio a sollecitare la delibera sulla questione toponomastica. Il Consiglio Comunale forse si risentì delle pressioni “esterne” e il 7 novembre 1862, in mancanza di un’idea migliore, scelse di denominarsi proprio col cognome del prefetto: Cellino Attanasio (TE). Pochi mesi dopo, nel 1863, un Regio Decreto sancì questa scelta originale. Due anni dopo gli abitanti ci ripensarono e proposero di ridenominarsi Cellino del Vomano, ma questa modifica non venne accordata. Nel Casertano il paese di Schiavi di Formicola derivava il nome da “sclavi”, ossia “slavi”, come si chiamavano genericamente le popolazioni provenienti dai Balcani (come è il caso di Schiavonia (PD), o la Riva degli Schiavoni a Venezia). Gli abitanti si ritenevano però offesi dalla possibile interpretazione che poteva dare adito a supposizioni su trascorsi di servaggio. Per cui approfittò della legislazione del 1862 per adottare il nome di Liberi di Formicola, da quando Formicola (CS) si è costituita Comune autonomo, il paese si chiama semplicemente Liberi (CS). Il consiglio comunale di Sala (nel Parmense) avendo intenzione di ricercare uno specificativo originale per il proprio paese nel 1862 dapprincipio propone di celebrare un’illustre feudataria, Donella Rossi di San Secondo, figlia del grande Pier Maria III. Costui si era guastato con il di lei marito: Giberto IV Sanvitale e gli aveva mosso guerra. Gli armati rossiani attaccarono la Rocca di Sala durante l’assenza del Sanvitale ma vennero sbaragliati dal coraggio di Donella che colpì ad archibugiate il comandante Amuratte Torelli, suo parente. Gli amministratori proposero quindi Sala Donella, ma poi ripiegarono su un banale idronimo (da “idros” = acqua, propriamente “nome preso da un corso d’acqua”) col nome del torrente locale: il Baganza (dal latino “vagante” cioè instabile, con riferimento al regime torrentizio). Oggi è Sala Baganza (PR).
  • Omaggi a casa Savoja
Sempre con l’Unità d’Italia di principiò il costume di omaggiare la casa reale dei Savoja nominando i suoi membri nella toponomastica: Castelfranco, già Castel Dodi, omaggiò il primo re del nuovo Stato: Vittorio Emanuele II, cambiando il proprio nome in Castelvittorio (oggi in provincia di Imperia). Anche Pieve Emanuele (MI) si chiama così dal 1862 in onore di Vittorio Emanuele II. Saline di Barletta si denominò, nel 1879, Margherita di Savoja (FG): dal nome della prima regina d’Italia Castanìa nel 1865 decise di omaggiare il principe di Piemonte chiamandosi Castell’Umberto (ME). Come Colle diventò Colle Umberto (TV) per ricordare la visita del principe ereditario nel 1867. Fiesso è Fiesso Umbertiano (RO) dal 1867 per lo stesso motivo. Salvia decise di rendere omaggio all’intera dinastia adottando il nome di Savoja di Lucania (PZ) nel 1879. Un po’ come Sabaudia che fu chiamata così perché edificata negli anni 1933-1934. Le Venezie, nato nel 1908 dalla bonifica del Ferrarese, diventò Jolanda di Savoja (FE) nel 1911, dopo la visita di Vittorio Emanuele III: Jolanda era la primogenita del re, nata nel 1901. Mafalda (CB) era prima Ripalta di Riso, poi Ripalta sul Trigno nel 1894 e quindi col toponimo attuale dal 1903 in onore della nascita, in quell’anno, della figlia del re Vittorio Emanuele III. Milocca mutò per poco il proprio nome con quello di Littoria Nissena negli anni ’30, per poi assumere nel 1933 quello di Milena (CL) in onore di Milena del Montenegro, suocera di Vittorio Emanuele III. A volte ci si mettevano direttamente i reali a modificare i nomi, come nel caso di Roccavallescura (AQ) dove, il 20 ottobre 1860, Vittorio Emanuele II accampato nei pressi ebbe notizie della buona salute della figlia Maria Pia, quindi decise di appoggiare la decisione del paese del 1885 di affibbiare al paese il nome di Rocca Pia!
  • Altri omaggi
Il console Terenzio Varrone Murena fondò una colonia di pretoriani nel 25 a.C. e la chiamò Augusta Prætoria (oggi Aosta). Anche Druso fondò una colonia nel 14 a.C. presso il fiume Athesis, ma la dedicò a sé: Pons Drusii, poi Bauzanum, oggi Bolzano (Bozen per i tedeschi). Nel medioevo esisteva Castel delle Ripe che, nel 1277, fu distrutta da Galasso di Montefeltro; quindi ricostruita dal vescovo Guglielmo Durante, Rettore delle Romagne, che l’inaugurò ufficialmente il 1 settembre 1294 col nome di Castel Durante. Divenuta proprietà pontificia, nel 1636 il papa Urbano III (Maffeo Barberini di Firenze, papa dal 1623 al 1644) mutò il nome in Urbania (PS), le diede il titolo di città ed eresse la diocesi omonima. La città di Alessandria fu fondata con l’autorizzazione di Guglielmo il Vecchio marchese di Monferrato nel 1164 presso il castello di Rovereto (che è ricordato dalla chiesa cittadina di Santa Maria di Castello), si principiò indicandola come Civitas Nova, non troppo originale in verità. Nel 1168 si trova indicata come Alexandria in onore di Alessandro III deciso sostenitore delle libertà comunali (essendo lui di Siena, al secolo Rolando Bandinelli, papa dal 1159 al 1181, di autonimia ne sapeva) contro le mire imperialistiche di Federico I; in essa città furono inglobati gli abitanti di Gamondio (oggi Castellazzo Bormida), Marengo, Bergoglio, Solero, Villa del Foro, Oviglio e Quargnento. Altre due città traggono nome da illustri feudatari di nome ‘Alessandro’. Alessandria del Carretto (CS), già solo Alessandria fino al 1863, deve il nome ad Alessandro Pignone Del Carretto, che eresse detto centro ex novo intorno al 1640 in località precedentemente detta Torricella, popolandola con genti del circondario. Alessandria della Rocca (AG), anch’essa solo Alessandria fino al 1863, deriva dal fatto d’esser stata feudo del nobile Alessandro Presti. Per altro l’uso di denominare i nuovi insediamenti con toponimo che riprende il nome del fondatore (o ri-fondatore) è antico quanto il mondo. Ferrandina (Matera) perpetua il nome Ferrante d’Aragona, re di Napoli, su desiderio del figlio ed erede Federico d’Aragona, che la rifondò con ampi privilegi affinché prosperasse. Giulianova (Teramo), di origine antica e nota nel medioevo come Caste San Flaviano, decadde e venne ricostruita sul colle prospiciente il mare da Giulio Antonio Acquaviva d’Aragona (1428-1481), duca di Atri, che le diede il suo nome e ne volle fare un esempio di città ideale. Altro genere di omaggio è quello riservato ai fondatori di importanti centri di opifici dell’ottocento o ad importanti insediamenti industriali. Crespi d’Adda (BG) fu iniziato nel 1878 da Cristoforo Benigno Crespi con alcuni grandi edifici a tre piani per alloggiare gli operai del suo cotonificio di Capriate; si è sviluppato dal 1889 al 1894 in un intero paese di villette mono e bi-familiari sullo stile anglosassone, con Asilo Infantile, lavatoio, ambulatorio, chiesa (costruita in tre anni a partire dal 1891) ed infine la villa padronale neogotica nel 1894. Nel cimitero, in fondo alla strada che attraversa tutto il paese, dominato dalla cappella della famiglia Crespi, le tombe degli operai riportano gli strumenti del loro lavoro a testimonianza della dignità del loro ruolo di “produttori”. Larderello (PI). Località in Comune di Pomarance che prende questo nome nel 1846 da François de Larderel che, nel 1818, aveva iniziato l’estrazione dell’acido borico dai “Lagoni di Montecerboli” le paludi dove gorgogliano acque ad alta temperatura. Attraverso pozzi artesiani (detti “soffioni”) si estrae il vapore e, dal 1905, lo si utilizza per ricavarne energia elettrica. Nel 1958 l’architetto Giovanni Michelucci costruì la nuova chiesa parrocchiale per il borgo. Rosignano Solvay (PI), già Rosignano di Maremma, prende il nome attuale dalle industrie chimiche Solvay. Rosignano, come si suppone dal suffisso “-ano/-anus”, trae origine dal fondo appartenuto a Rusinus o Rasinius. Zingonia (BG) è una località divisa oggi tra diversi comuni bergamaschi, originata da un progetto urbano di città “a misura dei lavoratori” realizzato dall’architetto Franco Negri intorno al 1960, su richiest dell’imprenditore locale Renzo Zingone. Sempre nel capitolo “omaggi” annoveriamo le località che intendono onorare nel toponimo illustri figli o concittadini (anche temporanei). Mulo, che non era effettivamente un gran che, decise di onorare il martire di Belfiore: Carlo Poma e, nel 1869, divenne Villa Poma (MN). Pausula, in provincia di Macerata, nel 1931 assunse il nome di Corridonia per ricordare il sindacalista Filippo Corridoni morto eroicamente sul Carso nel 1915, prima di Pausula aveva avuto un altro nome: Mont’Olmo. Nel 1331 Castruccio Antelminelli detto “Castracani” assediò la cittadina di Coreglia che si difese strenuamente, dopo averla conquistata (in omaggio al coraggio dei difensori) non infierì sulla popolazione. Cinquecento anni dopo il Comune adottò il nome di famiglia di Castruccio come specificativo; oggi quindi Coreglia Antelminelli (LU), che riscuote una certa notorietà per essere sede di un museo delle statuine di gesso… Roccabianca (PR) fu così denominata nel 1460 da Pier Maria III Rossi di San Secondo in onore della sua favorita (leggi: amante) Bianca Pellegrini (anch’ella già sposata col conte comasco Melchiorre d’Arluno) sostituendo il precedente Rezinoldo o Arzenoldo. Bianca era detta anche “Bianchina” dà il nome alla sala che era nella Rocca del paese (Rocca-Bianca, appunto) affrescata con immagini della centesima novella del “Decamerone” del Boccaccio. Per lei Pier Maria fece edificare anche il castello di Torrechiara (PR) che, però, ha mantenuto il vecchio nome derivato da “torchiara”: luogo dove erano torchi (per le olive). Fidenza (PR) era Vicumvia per i Galli Anani. Poi (stando alla leggenda) venne rifondata da due militari romani, Valerio e Furio, che la chiamarono Valfuria. Divenuta colonia romana venne denominata Fidentia, in omaggio alla divinità gallica Fidio. Dall’ VIII sec fu chiamata Borgo San Donnino dal patrono dell’ importante pieve lungo la Via Francigena. Il 12 febbraio 1601 viene costituita la diocesi promuovendo la prevostura omonima. Negli anni ’30 del novecento riprende il nome latino (innescando con Parma una sterile diatriba per ottenere anche di esser Provincia indipendente). Nel 1590 Fabrizio Carafa marchese di Caulonia, fece edificare in località Prunara una villa patrizia intorno alla quale si è formata nel tempo Fabrizia (CZ). Ferrandina (MT) quando venne fondata, nel 1490, Federico d’Aragona la volle dedicare al padre Ferrante: a ciò si riferiscono le sei “F” del vecchio sigillo comunale (“Fridericus Ferrantis Filius Ferrandinam Fabricare Fecit”). Alcuni documenti del 1443 però testimoniano la presenza del toponimo già in quell’epoca. Filadelfia (CZ) era stata distrutta da un tremendo terremoto nel 1783, venne quindi ricostruita con gli aiuti di molti paesi, per cui si decise di rinominarla come “amore fraterno” (in greco, la Calabria era parte della Magna Grecia). Firenzuola (FI) ovvero “piccola Firenze” : fondata dai fiorentini nel 1332 in un territorio geograficamente appartenente alla Romagna. Anche Fiorenzuola d’Arda (PC) nata Florentia nel V sec. fu ridenominata presto Florentiola per distinguerla da Florentia (Firenze). Curiosamente si venne a creare una connessione col nome di San Fiorenzo vescovo d’Orange (sec. VI), adottato come protettore della città, che avrebbe (secondo la leggenda) resuscitato la figlia di un signore locale. Nel 1866 adottò il determinativo dal fiume che scorre nei pressi. Fiuggi (FR) già Anticoli, poi Anticoli di Campagna nel 1872, Fiuggi dal 1911 adottando estensivamente il nome precedentemente riferito alle sole fonti (da “fluvius”: corso d’acqua). Virgilio (MN) è il nome più recente adottato dal Comune di Quattroville, a sua volta derivato dopo la fusione di quattro villaggi: Bellaguarda, Cerese, Parenza, Pietole. Quest’ultima era Pletole dal 1015 al 1045 che aveva già sotituito Andes: tradizionalmente indicato come luogo natale di Virgilio (da cui il nome attuale del Comune). Dopo l’unione con Borgoforte, oggi il comune si denomina Borgo Virgilio (MN). Ottone (PC) presenta nello stemma civico una testa coronata, riferimento alla leggendaria fondazione da parte dell’imperatore Ottone il Grande, da cui il precedente Autoni. Dato che, dal 1992, papa Giovanni Paolo II trascorreva le vacanze estive nella piccola frazione di Les Combes il Comune d’Introd (AO) richiese nel 2001 di poter istituire il nome di Les Combes du Pape.
  • Tanto nome, tanto onore!
Nel 1867 si soppressero due piccoli Comuni della provincia di Frosinone: Roccaguglielma e San Pietro in Curolis. I territori furono accorpati e vennero a formare un unico Comune al quale bisognava dare una nuova denominazione. Nella delibera degli amministratori locali si rispolverò l’antico nome dell’Italia, Hesperia, e si denominò il Comune di Esperia (FR): “per dar prova di vero patriottismo”, come disse il sottoprefetto (vero sollecitatore di questo altisonante nome) allorché si recò in quei luoghi in occasione della formazione del nuovo territorio. Altro caso curioso è quello accaduto tra due paesi dell’Anconetano: Montalboddo e Montenovo. La tradizione vuole che, da quelle parti, sorgesse in antico la colonia romana di Ostra. Entrambi i paesi reclamavano il diritto di cambiare il proprio nome con quello dell’antica città perché si ritenevano entrambi eredi dei profughi fuggiti da Ostra (per altro mai localizzata con certezza) durante le devastazioni del V e VI sec. d.C. Nel 1881 con un colpo di mano gli abitanti di Montalboddo ottengono la variazione del toponimo in Ostra (AN) all’insaputa di quelli di Montenovo; questi ultimi, indignati, reclamano d’innanzi al Governo e (l’anno dopo) ottengono di denominarsi Ostra Vetere (AN)! In alcuni casi si è risolta la questione campanilistica in modo molto composto. Nel 1928 i due comuni baresi di Canneto e Montrone si sono uniti assumendo la denominazione grecizzante di Adelfia (BA) ad indicare la “fratellanza” tra le popolazioni dei due borghi. Novafeltria (PS) sostituisce Mercatino Marecchia dal 1941 e si ricollega al nome regionale del Montefeltro (antica denominazione di San Leo) e da cui l’omonima illustre dinastia dei duchi d’Urbino.
  • La creatività Mussoliniana
Durante il periodo fascista si ideò tutta una serie di toponimi “celebrativi”, che vennero puntualmente modificati nel dopoguerra, quali: Littoria: fondata nel 1932 (dal 1945, capoluogo di provincia col nome di Latina) e Fertilia (SS). Mussolinia: borgo sardo edificato nel 1928, capoluogo comunale dal 1930, che nel 1944 diviene Arborea (OR) riesumando il nome di uno dei quattro regni, o “Giudicati”, della Sardegna medioevale. Nulla da spartire con la famosa Eleonora d’Arborea, sorta di Matilde di Canossa isolana. Guidonia: già Montecelio, nel 1937 viene eretta in Comune con il nome di Guidonia Montecelio (Roma) in onore di Alessandro Guidoni, generale dell’Aeronautica, morto il 27 aprile 1928 precipitando durante una prova di lancio con il paracadute nei pressi dell’allora Campo d’Aviazione di Montecelio. Talvolta erano anche antichi paesi che modificavano, per piaggeria, il nome storico con denominazioni più “gradite” al regime. È il caso di Casimani che, dal 1929 si modificò in Borgo Littorio e oggi meglio noto come Borgo San Giovanni (MI). Al regime fascista non piacevano le differenze (e, soprattutto, le minoranze) linguistiche: ragione per la quale tradusse i toponimi nella lingua di Roma. Ancor’oggi in Alto Adige (che per i tedeschi è il Süd-Tirol) permangono le doppie denominazioni per via che la lingua di Goethe non è facilmente pronunciabile dagli italiani. Pensiamo a cosa si sentirebbe pronunciare da certuni a proposito di: Franzensfeste, Sterzig, Mals in Vinschgau, Sigmumdskron, Inniken, Glurns (vale a dire: Fortezza, Vipiteno, Malles Venosta, Ponte all’Adige, San Candido, Glorenza)! In Valle d’Aosta, nelle Valli del Cuneese e del Torinese il regime nel 1939 modificò tutti i nomi (compreso il capoluogo aostano) ottenendo spesso degli “equivalenti” abbastanza sconcertanti (dal punto di vista filologico): a Champorcher venne imposto un imbarazzante Campo Porcaio,  mentre Sait Oyen divenne Sant’Ogendo, Saint Pierre = San Pietro e Paolo, Lillianes = Lilliana, Challand St. Anselme = Villa Sant’Anselmo (in antico era Challant, origine dell’omonima famiglia), La Magdeleine = La Maddalena d’Aosta, La Salle = Sala Dora, La Thuile = Porta Littoria, Saint- Vincent = San Vincenzo della Fonte, Valgrisenche =Valgrisenza, Morgex = Valdigna d’Aosta, Ollomont = Ollomonte, Oyace = Oiasse, Pontboset = Pianboseto, Pré-Saint-Didier = San Desiderio Terme, Valsavarenche = Valsavara, Valtournenche = Valturnenza, Montjovet = Mongiove, Étroubles = Entroble, Doues = Dovia d’Aosta, Gaby = Gabbio, Quart = Quarto Pretoria, Rhêmes- Notre-Dame = Val di Rema, Verrès = Castelverres, Challand-Saint-Anselme insieme a Challand- Saint-Victor = Villa Sant’Anselmo. Tutti ritornarono al “pristino” nome nel 1946. Lo stesso accadde a Salice d’Ulzio (che tornò Sauce d’Oulx) e Ulzio (Oulx); Sestriere mutò solo leggermente la grafia (da Sestrières) mentre Bardonecchia rimase nella forma italiana (prima Bardonnèche). Anche alle località Sud-tirolesi (ovvero: Alto-Atesine) fu riservato lo stesso trattamento per cui: Feldthurns divenne Veturno, Freienfeld – Campo di Trens, Glurns – Glorenza, Gossensass – Colle Isarco (oggi compreso nel Comune di Brenner/Brennero), Graun in Vinschgau – Curon Venosta, Gsies – Valle di Casìes, Hafling – Avelengo, Kaltern – Caldaro (oggi Kaltern an der Weinstrasse/Caldaro sulla Strada del vino), Mühlwald – Selva dei Molini, Neumarkt – Egna, Olang– Valdaora, Pfatten – Vàdena, Pfitsch – Val di Vizze, Prad am Stilfersioch – Prato allo Stelvio, Prags – Braies, Prettau – Predoi, Rasen – Rasun (oggi Rasen Antholtz/Rasun Anterselva), Ratschings – Racines, Ritten – Renon, Rodeneck – Rodengo, Sarntal – Sarentino (da notare che, in tedesco, Sarntal indica il Comune, cioè la valle, mentre il capoluogo è detto Sarnthein), Schluderns – Sluderno, Schnals – Senales, Stilfs – Stelvio, Sankt Christina in Gröden – Santa Cristina Valgardena, Sankt Martin in Passeier – San Martino in Passiria, Sankt Martin in Thurn – San Martino in Badia, Taufers in Münstertal – Tubre, Terenten – Terento, Tramin – Termeno (oggi Tramin an der Weinstrasse/Termeno sulla Strada del Vino), Truden – Tròdena, Ulten – Ultimo, Vahrn – Varna, Villnöss – Fùnes, Vintl – Vandoies, Völs am Schlern – Fié allo Sciliar, Vöran – Verano, Waidbruck– Ponte Gardena, Welschnofen – Nova Levante, Wengen – La Valle. Plaus (BZ), restò invariato, ma è ladino. Corvara ha avuto un esito diverso: dal 1925 al 1938 era Ladinia, poi Corvara in Badia (BZ). La ragione dell’evidenza di una connessione ai “ladini” può essere spiegata per una sorta di somiglianza tra la lingua ladina e il latino dell’Impero che il Fascismo voleva emulare.
  • Quando proprio non piace…
In alcuni casi i mutamenti toponomastici risolvono questioni di “cacofonia” o di interpretazioni sconvenienti di nomi, oppure cercano di conferire prestigio alle località. Come nei seguenti interessanti casi: Nel 1547 gli abitanti di Porcile, non senza motivo, rivolsero istanza al Consiglio dei Dodici di Verona per mutare il proprio nome ritenuto disdicevole. I dotti serenissimi proposero però un toponimo che sembrava quasi un’ironia: Belfiore di Porcile! Non sembra che i “porcilesi” abbiano gradito molto, ma aspetteranno fino al 1867 per ridurlo al solo Belfiore (VR) adducendo a motivazione “il rigoglio e la bellezza dei fiori e dei frutti di quel luogo”… Mirabella Eclano (AV) già nel 1059 vendicava il nome malevolo che per anni aveva indicato il paese: Acquaputrida! E mi sembra un modo d’agire motivato: ma perché Pian del Carpine (di dove venne il famoso frà Giovanni da Pian del Carpine, tra i primi compagni di San Francesco, che andò missionario fin in Mongolia) volle diventare Magione (PG) non appare così chiaro; forse per onorare i Cavalieri di Malta che possiedono (tutt’ora) una loro “magione” nel castello del paese. Il ridente paese di Monghidoro (BO) già si chiamava Scaricalasino. Nel 1862 Fonte Greca (CE) per il nuovo nome si ispira alla qualità delle acque che sgorgano copiose dalla fonte del paese: prima era Fossaceca. Sempre tra i primi di quell’anno ricco di mutamenti Montescudolo sentendosi sminuito dal diminutivo adotta Montescudo (FO). A Pomaro dapprima s’aggiunge Piacentino nel 1862, poi ci si ripensa e nel 1877 si cambia tutto in Piozzano (PC). Nel 1863 Castel di Lucio (ME) nobilita il precedente Castelluccio. Monsano (AN) abbandona il poco onorevole Mosciano. Montesecco diventa Montefino (TE). Noja diventa “greca” con Noepli a Potenza e un’altra Noja diventa Noicattaro a Bari. Orvino (RI) sostituisce il nome, decisamente sgradevole, di Canemorto. Il nome della nota località vinicola di Santa Maria della Versa (PV) viene a spodestare quello di Soriasco sempre in quell’anno. Nel 1869 Cella Dati (CR) abbandona Pugnolo e Umana diventa Numana (AN). Pisoniano (RM) millanta origini nobili modificando Pisciano nel 1871. Mentre Porcili, “per aspera ad astra”, diventa Stella Cilento (SA). Isola Rizza (VR) è stato Isola Porcarizza fino al 1872. Nello stesso anno anche Culagna divenne Collagna (RE) e Nova Siri (MT) rimpiazzò Bollita. Nel 1873 Specchia (LE) limita l’ironia del precedente Specchiapreti. Cecina (LI) era Bibbona, poi Fitto di Bibbona dal 1873, l’attuale nome adottato nel 1891 prende dal fiume che scorre vicino al paese. Cantello (VA) era Cazzone fino al 1875, richiamava la “cazza” (mestola) per via della conformazione del luogo… Marzabotto è il nome col quale oggi conosciamo la località dell’efferato eccidio e per la necropoli etrusca di Misa, ma fino al 1882 si chiamava col nome rustico di Caprara sopra Panico! Spengù viene lasciato per San Pietro in Gù (PD) nel 1884. San Giovanni d’Argon (BG) sostituisce Buzzone nel 1887. Ziano Piacentino è rinomato oggi per i suoi prodotti vinicoli e salumieri ed è un nome interessante per essere in “z”: ma vuoi mettere col precedente esotico Vicomarino abbandonato nel 1888? Pero (MI) si scorcia da Cassina del Pero nel 1894. Forcabobolina cambia in San Giovanni Teatino (CH). Nel 1895 Calcababbio, nel Pavese, stanco di essere messo in relazione con il lombardo “babbione” (sciocco, rospo) si nobilitò in Lungavilla. Irsina (MT) adotta questo nome nel 1895 abbandonando quello di Montepeloso. Nel 1902 Veronella (VR) sostituisce Cucca. Capovalle (BS): già Hano, o addirittura Ano (da “anus”: cavità), fino al 1907. Precacore è un toponimo curioso per un villaggio, infatti si trasforma rapidamente in Crepacuore, ma nel 1911 decide il “salto di qualità” richiamando le sue lontane origine greche diventando Samo (RC)! Sempre nel 1911 Vergosa della Battaglia, in ricordo di un combattimento avvenuto il 27 maggio 1859, preferisce San Ferro della Battaglia (CO). Castelcolonna (AN) era noto come Tomba di Senigallia fino al 1921. Nel 1922 Caccavone diventa Poggio Sannita (IS). Nel 1924 San Bendedetto Val di Sambro (BO) sostituisce il precedente Pian del Voglio, già modificato nel 1862 dal precedente Piano. Sambro è il fiume locale e deriva da “Sambra”, un termine di origine celtica che indica la “sorgente”; riscontrabile anche in Zambra (FI). Nel 1927 Vico di Pantano diventa Villa Literno (CE). Ficano muta in Poggio San Vicino (MC). Monte Pagano decide di assumere il nome, più consono alla dottrina cattolica, di Roseto degli Abruzzi (TE). Nel 1928 Scrofano rinnega le sane origine porcare e si cangia in Sacrofano (RM). La rinomata località di Jesolo (VE) fino al 1930 si chiamava Cavazuccherina ! Il Comune delle Isole Tremiti (FG) si chiama così dal 1932, prima erano conosciute semplicemente come Colonia Penale ! Nel 1932 anche Vallefredda, forse per apparire meno inospitale, cangia in Vallemajo (FR). Nel 1935 Spaccaforno assume il nome di Ispica (RG). Nello stesso periodo, nella montagna bolognese, Sasso cambia il nome precedente di Praduro; dovendo specificare meglio sceglie Sasso Bolognese; infine nel 1938 decide per Sasso Marconi in omaggio al celebre scienziato. Ripa di San Marone, poi Castello di San Marone, diventa Porto Civitanova, poi Civitanova Marche (MC) dal 1938. Dallo stesso anno Scorticata è Torriana (FO). Casperia (RI) era Aspra fino al 1947. Nel 1948 si riduce Monfestino in Serra Mazzoni nel solo Serramazzoni (MO) e Monfestino diventa frazione (già sede “storica” del Comune). I Mazzoni sono una stirpe originaria della valle. Eraclea (VE) dal 1950 ha sostituito il nome del borgo che era Grisolera, e riprende quello di Eracléa, sede vescovile del VII sec. Che era stata denominata così dai bizantini in onore dell’Imperatore d’Oriente Eraclio. Ancora nel 1950 Turania (RI) sostituisce il cacofonico Petescia. Bannari d’Usellus forse non era un nome blasonato: ma quello di Villa Verde (OR) preso nel 1954 appare piuttosto banale e di chiara formazione burocratica! Paparella San Marco si modifica, nel 1958, in Valderice (TP). Cipollina è ritenuto ridicolo dai cittadini che, nel 1955, gli preferiscono un banale Santa Maria fino al 1968, allorché diventa S. Maria del Cedro (CS)! Borgorose (RI) si chiamava Borgocollefegato fino al 1960 (il “ Collefegato”, tutt’ora esistente, è un rilievo caratterizzato da rocce di colore rosso-marrone).
  • È sempre stato così, perché cambiarlo?
Altre località non hanno mai rinnegato il proprio nome, di per sé curioso come: Acquamorta (NA), Bar Cenisio (TO), Femminamorta (PT), Fighetto (AL), Fognano (frazione del Comune di Parma), Fallo (CH), Cazzano (VR), Culaccio (LU), Longobucco (CS), (GE), Malocchio (PT), Orgia (SI), Forotondo (AL), Chiappa (GE), Gnocca (RO), Sega (VE, VI, VR), La Sega (TN), Seghe (VI), Le Seghe (TN), e ancora Ruffa, Pidocchio, Puzzola, Pisceto, Bastardo, Cacabotte. L’esistenza di Paperino (presso Prato) spiega anche il titolo d’un vecchio film dei “Giancattivi” (il gruppo comico formato da Alessandro Benvenuti, Francesco Nuti e Athina Cenci): “Ad ovest di Paperino”. Bee (NO) è forse il plurale di “beta” cioè la barbabietola? Piùbega invece parrebbe derivare da “publica via”. Caraffa esagerò forse un poco quando, nel 1864, aggiunse uno specificativo ottenendo Caraffa del Bianco (CZ) al nome antico.. Poggio Rusco (BO) che richiama l’emiliano “rusco” (spazzatura) si chiamava semplicemente Poggio fino al 1867, forse indica il luogo: geomorficamente scassato o “ruspi” (lombardo per “ruvido”).
  1. Irriconoscibili…
In provincia di Viterbo si dava Stabia, un Comune omonimo della più famosa città campana, per evitare fraintendimenti dal 1874 si chiama Faleria (VT). Vernazza (SP) anticamente era Vernaccia, luogo d’origine dell’omonimo vitigno che dà uva bianca, ora coltivata anche altrove, da cui si ricavano pregiati vini tra i quali, famose, quelle di San Gimignano e Oristano (esiste anche una Vernaccia Rossa, ma proviene dalla zona di Macerata).
  1. Idee poco chiare…
Enna è conosciuta in questa forma da poco, in luogo del poco prestigioso Castrogiovanni. Venne fondata dai greci come Henna, poi latinizzata in Castrum Hennae, quindi araba come Qasr Yannah (“fortezza di Enna”), quindi nuovamente latinizzata (e male interpretata) come Castrum Iohannis; da cui Castrogiovanni mantenuto fino al 1927, allorché riprese il nome classico in occasione della formazione della Provincia (prima era sottoposta a Catania). Castelsardo nel medioevo era Castelgenovese perché appartenente alla “Superba”, nel 1448 passò alla Spagna e divenne Castell’Aragonese, poi venne in possesso della Francia è mutò in Castel Franzese, dal 1767 possiede il nome vigente. Ma nel dialetto locale si è sempre detto semplicemente “Casteddu” (cioè: “castello”); un esempio che dimostra come gli abitanti abbiano cercato una forma “invariabile” per indicare un posto nella lingua parlata, al contrario del nome ufficiale dato dai dominatori per indicare la loro potestà su quel luogo: Massa nel 1863 diventa Massa-Carrara allorché i due territori si unirono in un’unica Provincia amministrativa. Nel 1868 ritorna ad essere solo Massa. Nel 1938 viene unita ancora a Carrara e Montignoso nella novella Apuania. Nel 1946 di nuovo ritorna Massa. Nel 1992 di nuovo Massa- Carrara! Fortezza/Franzenfeste (BZ) era già Mezzaselva all’Isarco/Mittelwald am Eisack nel 1923, poi solo Mezzaselva e nel 1942 assunse il nome attuale che traduce letteralmente il “festen” tedesco (“fortezza [dell’imperatore] Francesco”). Pieveottoville (PR) deriva da Altavilla (ci fu un Consorzio di agricoltori nel XIV sec con quel nome): durante la dominazione francese fu “tradotto” in Hauteville che, ritornata l’amministrazione borbonica fu poco diligentemente italianizzato in Ottoville! Episodio molto simile quello che riguarda Golfo Aranci (SS) che deriva da un’incomprensione dei cartografi piemontesi inviati dai Savoia nel XVIII sec. per redigere la cartografia del Regno da poco acquisito (avevano scambiato la Sicilia, troppo lontana, con la Sardegna): essi interpretarono il toponimo locale “di li ranci” (“dei granchi”) come riferito ai profumati agrumi affatto presenti in Sardegna. A Trefiumi (PR), di fiumi, ce ne sono solo due. Ma il nome è una versione italianizzata del locale “Terfùmna” che riprende il latino “Inter Flumina” proprio “tra due fiumi”… Osmate (VA) era Lentate fino al 1863, poi diventa Lentate Verbano, nel 1892 si trasforma ancora in Osmate Lentate e, nel 1970, solo Osmate (da “terreni di Ocimos” o “Auximus”). San Polo d’Enza (RE) era Caviano nel Medioevo, poi San Polo dal patrono (San Paolo apostolo); nel 1862 assume San Polo in Caviano, che cambierà nel 1879 in San Polo d’Enza in Caviano; semplificato nel toponimo attuale nel 1904. Olgiate, nel 1863 Olgiate Molgora (CO), nel 1928 Olgiate Calco in seguito all’aggregazione del Comune di Calco. Dato che nel 1953 Calco è tornata sede Comunale è stato ripristinato lo specificativo Molgora
  1. Curiosità: Località e Lucuzioni
Il campo dei “modi di dire” legati a particolari località è esteso quanto il Mondo. Ci limitiamo a segnalare alcuni esempi tra i tanti. Si vorrebbe che “Andare a ramengo”, dovrebbe essere “andare ad Aramengo”. Sul quale si è innestata la forma veneta “’ndar ramèngo” (“andare ramingo, randagio”) è un modo di dire per imprese fallite. Deriverebbe dal borgo di Aramengo (TO), luogo di confino per i bancarottieri del Ducato di Savoia, che venivano rinchiusi in celle anguste; questa era l’unica località che aveva “forca fissa” oltre alla capitale Torino. Probabilmente il nome della località deriva da “eremo”, vale a dire: “luogo isolato”. Anticamente si definivano “di Candia” una serie di prodotti provenienti dall’Oriente, soprattutto vini e prodotti a base di zucchero. Non tutti provenivano dall’isola di Creta, conosciuta col nome di Candia datole dai dominatori veneziani. [“Qandi” in arabo è lo “zucchero”, e tutt’ora un tipo particolarmente raffinato è detto “Candi” (da cui l’aggettivo “candito”)]. Anche l’India, fino a pochi secoli fa, era una concezione molto vaga: tutta colpa di Colombo che si era convinto d’esser arrivato nell’India propriamente detta. Sicché abbiamo gli “indiani dell’india” e quelli “d’America” (poi Colombo di corresse, denominando Nuovo Mondo le Americhe). Colà trovarono tra le tante cose oggi familiari anche il mais (che per noi è il grano “turco”) e il tacchino o “Dindio” che, oggi, gli americani chiamano “Turkey” cioè: turco! Appendici A1. Le nuove province Il territorio di Savona comprendeva l’attuale provincia di Imperia, ottenuta fondendo due borghi separati Oneglia e Porto Maurizio nel 1923, il nome riprende il vicino torrente Impero che si chiama così perché nel XVI secolo segnava il confine tra il feudo imperiale di Oneglia, affidato ai Doria, e lo scalo di Porto Maurizio, della Repubblica di Genova. Il 6 dicembre 1926 Modica, già capoluogo del Circondario e della contea, con gran scorno dei modicani dovette cedere sull’assegnazione della nuova sede Provinciale (smembrata da Siracusa) alla meno blsonata Ragusa, che aveva “migliori appoggi” presso il Capo del Governo Mussolini, con il proto fascista Filippo Pennavaria. Da questo nacque il motto di dileggio “Raùsa è Provincia e Muòrica ‘sta minchia”. Con la riforma amministrativa dei Borboni di Napoli del 1817 si erano create le sette province “storiche” (dette Circondarii) della Sicilia, corrispondenti alle sette valli principali dell’Isola: Palermo, Trapani (già Distretto di Mazara), Catania (già Distretto di Val Demone), Siracusa (comprendente il Distretto di Noto), Messina, Agrigento, Modica. Il 2 gennaio 1927, si ebbe un incremento del novero dei capoluoghi provinciali: Su pressione di Gabriele D’Annunzio e col il sostegno del ministro abruzzese Giacomo Acerbo, venne ritagliato un territorio dalla provincia di Chieti, si fusero i centri di Castellamare Adriatico (della provincia di Teramo) e Pescara (già Piscaria un piccolo centro, dove era nato D’annunzio nel 1863, che prendeva il nome dal fiume omonimo, già Aterno, che ricordava il latino Piscarius medieoevale, evidentemente “pescoso” per assumere quel nome) e si ebbe il nuovo capoluogo Pescara. Venne istituita ufficialmente la Provincia di Rieti, già definita l’anno precedente, delimitando l’antico territorio della Sabina con qualche integrazione. Il Dipartimento era già stato progettato dalla suddivisione amministrativa di Gioacchino Murat nel 1811. Venne separato dalla Regione Umbria e aggregato al Lazio. Si istituì anche la Provincia di Nuoro, preferendo quest’ultima a Lanusei (già sede del Circondario). Dalla quale nel 1974 verrà ritagliata la Provincia di Oristano. Si eresse la provincia di Enna, con il circondario di Nicosia già parte della Provincia di Catania e di Caltanissetta. Il 18 dicembre 1932 il Duce inaugurò Littoria, la cui costruzione era stata iniziata promossa al centro del territorio ricavato dalla Bonifica dell’Agro Pontino, nel 1934 venne promossa a Capoluogo di Provincia e, dopo la caduta del Fascismo nel 1945, mutò denominazione il Latina. Un grande gruppo di nuovi territori amministrativi è stato ottenuto nel 1992 ritagliandoli dalle province esistenti. Per i Galli Libui, che soppiantarono i Liguri Salluvii, il verbo “kwel” significava “abitazione”, “kelo” quindi era “abitato”; “ver” stava per “superiore/maggiore” (nel senso di importanza) e “bu” nel suo opposto. Per cui avremo Verkelo (“luogo abitato più importante”) poi Vercellae o Vercellum, oggi Vercelli; e Bukelo (“luogo abitato più piccolo/abitato dai sottomessi”) poi Budacelium e Bucellae oggi Biella, capoluogo della provincia staccatasi proprio da Vercelli nel 1992. La sigla di Biella è BI. L’antica Kroton greca diventò Croton e, dal medioevo fino al 1929 Cotrone, quindi Crotone. Già territorio di Catanzaro ha dovuto adottare la sigla “KR” (riprendendola dal nome greco) perché tutte le combinazioni tra l’iniziale e le altre lettere del toponimo avrebbe originato sigle già in uso: CR Cremona, CO Como, CT Catania, CN Cuneo, CE Caserta). Lodi (sigla LO) era già un importante centro della Provincia di Milano, allorché si è istituita la Provincia è stato indetto un referendum tra i Comuni interessati ad entrare nel nuovo territorio amministrativo. San Colombano al Lambro ha rifiutato: quindi oggi, pur essendo ancora soggetto a Milano, è territorialmente separato dal resto della Provincia milanese. Prato (PO, già provincia di Firenze) dal 1863 al 1931 Prato di Toscana, fondato da una fazione opposta ai conti Guidi in un’area aperta. Rimini (RN). La disputa tra Rimini e Forlì per la sede provinciale è ormai storica: è stata scomposta nel 1992. Forse a risarcimento per la dolorosa amputazione è stato concesso al territorio superstite della provincia di Forlì di ridenominarsi Provincia di Forlì-Cesena (nuova sigla FC, già FO), dando un contentino ai cesenati che avevano chiesto anch’essi di essere elevati di rango. Di quest’ultima opportunità ha profittato anche la provincia di Pesaro (oggi Pesaro-Urbino, sigla PU già PS); mentre la provincia di Massa-Carrara ha dovuto mantenere la vecchia sigla MS, essendo MC la sigla della Provincia di Macerata! Verbania (sigla VB), già dipendente da Novara è ufficialmente denominata “Provincia del Verbano, del Cusio, e dell’Ossola”. La sede provinciale è nella località ottenuta fondendo e ridenominando i paesi di Intra e Pallanza. Vibo Valentia. Riedificata col nome di Monteleone nel 1235 da Matteo Marcofaba, segretario dell’Imperatore Federico II. Nel 1863 adottò il nome di Monteleone di Calabria. Nel 1923 riprese il nome di origine pre-greca Vibo, che significava “cavallo” (poi “vhipo” e quindi “hipponium” nell’epoca classica): forma richiamata dall’attuale borgata di Bivona. Valentia è un nome augurale tipico delle fondazioni (o rifondazioni) romane. Dopo una sperimentazione come Vibo Valenzia, nel 1992 diventa capoluogo della nuova provincia (sigla VV) col nome latino, distaccandosi dal territorio di Catanzaro. La Sardegna è la regione con la maggiore instabilità delle sue circoscrizioni provinciali. Le 4 province che fino al 2001 riproponevano all’incirca gli antichi Giudicati di origine catalana (Castello per Cagliari, Arborea per Oristano, Gallura per Nuoro e Torres per Sassari) sono stati “raddoppiati” in quell’anno in 8: Cagliari, Nuoro, Oristano, Sassari, Olbia-Tempio, Ogliastra, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano. Nel 2016, con l’istituzione della città metropolitana di Cagliari, vennero soppresse: oggi rimangono le 4 “storiche” più quella del Sud-Sardegna (comprendente il Medio Campidano e Carbonia-Iglesias). All’istituzione di una nuova Provincia pugliese nel 2009, comprendente i territori di Barletta, Andria, Trani non si riuscì a trovare un accordo ne’ per la sede del capoluogo provinciale (il Consiglio è “nomade” tra le tre città) ne’sulla sigla di due lettere che l’identificasse, si decise di adottare l’acronimo BAT. L’amputazione storicamente più rilevante è stata però quella del 1940, allorché si sancì il passaggio di una larga fetta della provincia di Cuneo alla Francia (fino ad allora una delle più estese d’Italia, da cui l’appellativo di “Provincia Granda”): Briga Marittima, Tenda, San Dalmazzo, entrarono a far parte del Dipartimento delle Alpes Maritimes, capoluogo Nizza (mutando anche grafia: La Brigue, Tende, Saint Dalmas de Tende). Già precedentemente la cessione della Savoia col Trattato di Torino del 1860, con le sub-regioni della Tarantasia e della Moriana, nonché della Provincia di Nizza fu un evento di importanza assai rilevante, soprattutto per le popolazioni, che si videro ridenominare in francese i propri territori (per alcuni, però, fu semplicemente una presa d’atto); tutto mutò grafia: diventando Savoie la regione, con la Tarentasie e la Maurienne (il cui centro principale è Saint Jean de Maurienne, già San Giovanni di Moriana). Da questa situazione è tutt’ora pendente la definizione della sovranità sulla cima del Monte Bianco, nonostante il trattato di Torino fosse corredato da accurate mappe, i francesi, rifacendosi ai confini dipartimentali successivi all’invasione napoleonica del 1792, inclusero la cima della montagna entro i loro confini (dato che le mappe “piemontesi” non furono incluse nella ratifica del trattato di Parigi del 1947 e il trattato di Torino non venne mai registrato all’ONU). La questione è tutt’ora formalmente irrisoria. È interessante ricordare che l’instabilità dei confini nazionali italiani ha originato casi curiosi come quello famoso di Gorizia/Nova Gorica e quello, meno famoso (e composto nel 1974) delle due “identità” di Clavière (TO) dove anche gli edifici erano divisi tra i due Paesi confinanti (in modo analogo a Berlino, durante l’esistenza del Muro). La situazione fu soggetto per un film comico con Totò e Fernandel (“La Legge è Legge” regia di Christian Jaque, 1958) dove però il paese ha il nome fittizio di Assola (e girato a Venafro, in Molise). A2. Toponomastica Ferroviaria Attenzione se, nei Paesi Baschi, volete prendere un treno per San Sebastian: sui teleindicatori e sugli orari è riportata con il nome basco: Donostia! Ma non occorre andar tanto lontano per scoprire molte curiosità… Da un’osservazione attenta della carta d’Italia si nota come le stazioni, spesso, riportino il nome di località assai distanti dalla fermata ferroviaria. I motivi sono diversi: non ultimo il fatto che molti Comuni non hanno voluto partecipare alle spese per “avvicinare” la stazione al centro abitato; oppure per evidenti problemi morfologici del territorio; ma soprattutto per la tendenza dell’Amministrazione Centrale di attribuire nomi di località di una certa importanza alle stazioni. In linea di principio le stazioni riportano il nome dell’intestazione del Comune, ed eventualmente s’aggiunge quello della località dove effettivamente è collocata la stazione. Ad esempio la stazione di Torrile-San Polo (linea Parma-Brescia): riporta la denominazione del Comune di Torrile e quella della località sede dell’impianto San Polo di Torrile (sede anche del Municipio, ma non… dell’intestazione comunale). Lo stesso per Pioltello-Limito (fermata localizzata a Limito di Pioltello) e Monzuno-Vado (fermata di Vado per il territorio di Monzuno) o Carrara-Avenza, Panicale-Sanfatucchio. Sempre sulla linea Parma-Brescia abbiamo la stazione di Mezzani-Rondani: detta intestazione riporta quella del Comune di Mezzani (PR) denominazione plurale delle diverse frazioni, tra cui: Mezzano Superiore, Mezzano Inferiore, Mezzano Rondani (condivisa col Comune di Colorno): la sede comunale è a Casale di Mezzani già Casale Parmetta… Montepulciano ha tutt’oggi la sua stazione ferroviaria nella località di Fontago. Era collegata al centro storico con una ferrovia a scartamento ridotto, la cui stazione terminale era Montepulciano- Città. Quando la linea venne chiusa si ridenominò Fontago in Montepulciano Stazione. I turisti sprovveduti, soprattutto stranieri, che vedevano indicata “Montepulciano” nell’orario ferroviario scendevano in detta località e si trovavano di fronte all’antica città, alta sul suo colle… a 15 chilometri di distanza! È preferibile, per raggiungerla, prendere l’autobus di linea alla stazione di Chiusi (Chiusi-Chianciano Terme, già Chiusi-Bagni di Chianciano). In altri casi la denominazione ferroviaria può trarre in inganno: Tarvisio (UD) aveva due stazioni: Tarvisio Centrale e Tarvisio Città, delle quali solo la seconda serviva direttamente il centro della nota località turistica. Dal 2000, per risolvere la questione, la stazione “Centrale” è stata ridenominata Tarvisio Boscoverde e quella che serviva il centro cittadino è stata soppressa. Molte stazioni ferroviarie hanno dato origine a borghi denominati “Scalo” e riferiti alla città principale: Chieti Scalo, Latina Scalo, Orte Scalo, Revere Scalo (che però ha la sua stazione “centrale” denominata “Revere” e che oggi ha completamente sostituito la precedente, soppressa), Latina Stazione, Chieti Scalo, Chiusi Scalo (SI). Su alcune linee la stessa località può avere diverse fermate che, per evitare fraintendimenti, devono essere denominate in modo differente. Questo però non è detto che semplifichi l’individuazione della fermata più utile al viaggiatore occasionale. Ad esempio, sulla linea Pavia-Alessandria abbiamo, in successione: Sairano, Sairano-Zinasco, Zinasco Nuovo… Talvolta invece una località può venirsi a trovare ad una biforcazione di linee, per cui potrebbe avere due stazioni differenti su linee divergenti; è il caso di Cava Manara (PV) che ha una stazione con questo nome sulla linea Milano-Pavia-Voghera e un’altra sulla diramazione Pavia-Broni-Stradella con denominazione Cava-Carbonara (nella denominazione è associata la località di Carbonara al Ticino). Oppure Ronchi dei Legionari che ha una stazione Ronchi dei Legionari Nord e Ronchi dei Legionari Sud. Nel Sud e in Sardegna amministrazioni ferroviarie differenti avevano stazioni contigue una delle quali assumeva il determinante “Stato” ad indicare quella appartenente all’amministrazione statale (Es. Sanluri e Sanluri Stato). In Lombardia la “concorrente” è stata per lungo tempo la società Ferrovie Nord Milano, nel caso di due stazioni contigue quella FNM assumeva la denominazione “Nord”(Es. Busto Arsizio e Busto Arsizio Nord, anche a Novara: Novara e Novara Nord). Nel secolo scorso Lesignano Palmia (PR) era sede comunale (i Palmia erano feudatari del luogo e hanno dato il nome anche alla vicina Cella di Corte Palmia), per cui la stazione ferroviaria ad una trentina di chilometri di distanza (sulla linea Parma-Spezia) venne denominata in questo modo. Allorché la sede si trasferì a Boschi di Bardone (PR), la stazione (più assennatamente) venne ridenominata come la frazione più vicina: “Selva del Bocchetto”. Successivamente la sede municipale tornò a Lesignano, ed in seguito con decisione draconiana nel borgo di Terenzo (attuale sede e denominazione comunale), più o meno al centro del territorio amministrativo. Intanto intorno all’impianto ferroviario si era formata una piccola borgata che si cominciò a indicare come “la Stazione di Selva” da cui SelvaStazione. Oggi la ferrovia non passa nemmeno più per il paese e la stazione è stata smantellata, ma il nome è rimasto alle case ancora in piedi. Un po’ tutte le linee ferroviarie, soprattutto nei tratti montani, hanno dato origine a nuovi insediamenti. Gli abitanti dei centri preesistenti che si trovavano collocati in posizioni, forse amene, ma malagevoli si concentrarono intorno agli insediamenti ferroviari dove spesso trovavano anche lavoro gli abitanti. La denominazione delle nuove stazioni e, prima, il tracciato e la localizzazione degli impianti hanno sollevato sanguinose dispute e lotte di campanile, talvolta assai divertenti. Sempre lungo la Parma-Spezia (Spezia, senza articolo “La”,  che venne imposto solo nel 1930) si incontrano casi emblematici. Nel punto più alto della linea, all’imbocco della lunga galleria appenninica del Monte Borgallo, c’era necessità di costruire un impianto per la manovra delle locomotive che rinforzavano i convogli in salita da Pontremoli; trovandosi di fronte al paesello di Guinadi (MS) le Ferrovie decisero di denominare la stazione con quel nome. Il parroco di Grondola (MS), nel cui territorio ricadeva il fabbricato, insistette perché attribuissero il nome della sua parrocchia: si ebbe così Grondola-Guinadi, oggi soppressa (in realtà non c’è mai stato un gran movimento di passeggeri … e nemmeno una strada carrozzabile degna di questo nome che collegasse la stazione alle due località). La stazione di Berceto (PR) si trova a 18 Km (di strada di montagna) dal centro omonimo, il paese costruito ex novo insieme alla stazione accolse gli abitanti di Casacca, oggi paese fantasma sul crinale del monte soprastante, che abbandonarono quel “nido d’aquila” con tutto: comprese le campane della chiesa e le salme riesumate dei loro morti (che trovarono ospitalità nel nuovo cimitero). Il borgo prese il nome dal fatto di essere prossimo al greto del fiume Taro: Ghiare di Berceto. Da allora, e ancora oggi, una navetta bus collega il capoluogo alla “sua” stazione. La stazione di Ostia Parmense, in realtà, serve quella che fino a poco tempo fa si chiamava Ostia di Borgo Val di Taro. Essendo il semplice “Ostia” confondibile con l’omonima località laziale, le FS decisero di aggiungervi lo specificativo “Parmense”: oggi la località ha adottato il nome “ferroviario” (Tranne che nel timbro postale…). Il paese di Borghetto di Noceto (PR), sulla linea Fornovo-Fidenza, ha avuto sorte analoga: la stazione (oggi soppressa) venne denominata Borghetto Parmense. Valmozzola (PR) è la denominazione del Comune omonimo con sede a Mormorola nella valle del torrente Mozzola. La sua stazione ha originato il piccolo borgo di Valmozzola Stazione, tuttora vigente seppur la stazione di “Valmozzola”, per via della modifica del tracciato della nuova linea per La Spezia, non sia più al servizio dei viaggiatori ferroviari ma di quelli automobilistici, essendo sede di una buona trattoria. Solignano è un’altra fermata della linea transappenninica anzidetta. Prima era un villaggio posto sull’altura retrostante che assunse il nome di Solignano Castello allorché il solo “Solignano” andò ad indicare il paese sorto intorno alla stazione, dove si trasferì (mutandone il nome) anche la sede comunale di Specchio, che però aveva sede a Castel Corniglio… Alcune località di una certa importanza ottennero invece un collegamento ferroviario tra la stazione e il centro abitato, per cui abbiamo avuto Spinazzola e Spinazzola Città, Lonigo e Lonigo Città, Carrara-Avenza e Carrara San Martino. Oggi le stazioni “urbane” sono state quasi tutte soppresse. Negli anni ’80 del XX secolo le Ferrovie dello Stato, in previsione della variazione toponomastica determinata dalla proposta unione dei Comuni padovani di Abano Terme e Montegrotto Terme (in seguito abortita per l’opposizione dei cittadini) hanno ridenominato la stazione di Montegrotto Terme in Terme Euganee – Abano – Montegrotto, rendendola la stazione di riferimento per i viaggiatori destinati ai diversi stabilimenti termali (la fermata è effettivamente prossima al centro di Montegrotto) conseguentemente “riducendo” la denominazione di Abano Terme nella sola Abano (la cui stazione, pur con un illustre passato, è piuttosto lontana dalla località titolare). La stazione italiana col nome più esteso è S. Benedetto Val di Sambro – Castiglione dei Pepoli (linea Bologna Prato) mentre in un unico termine è Casalpusterlengo (Milano-Piacenza). Quella col nome più corto è Re (Domodossola-Locarno), che precede Bra e Rho. “Hône-Bard” (intestataria di due paesi, sulla Chivasso-Aosta) è l’unica italiana che inizia per “h”. Storicamente la stazione al mondo con il nome più lungo si trovava nel Galles del Nord (ma è stata chiusa nel 1972) ed era Llanfairpwllgwyngyllgogerychwirnddrobwillantysiliogogogoch che significa: “Chiesa di santa Maria presso lo stagno dei noccioli bianchi vicino al vortice furioso con la chiesa di Tysilio vicino alla grotta rossa”. A3. Toponomastica Postale Altro caso degno d’essere ricordato è quello che riguarda la denominazione degli uffici postali. Ricò è una frazione del Comune di Fornovo di Taro (PR), negli anni ’80 del novecento l’Amministrazione Comunale installò i cartelli indicatori (prima il nome era semplicemente dipinto sul fianco d’una casa del borgo) che, però, riportano Riccò, facendo riferimento forse all’omonimo spezzino di Riccò del Golfo (nel qual caso sarebbe stato logico scrivere Riccò del Taro). L’agenzia postale, ha usato il sigillo (tecnicamente detto “guller”) con indicazione Ricò fino alla soppressione dell’ufficio nel 2000. È da dire però che un ufficio postale denominato Riccò esisteva già in provincia di Modena… Nel 1992 il Comune di Ciano d’Enza, forse per poterne sfruttare la maggiore risonanza, decise di assumere il nome della sua frazione di Canossa (RE) teatro del famoso episodio della “Lotta per le investiture” che ebbe protagonisti la contessa Matilde (che, pur figlia d’un marchese, non poteva vantare quel titolo allora riservato ai maschi), Gregorio VII e Enrico IV. L’ufficio postale seguita ad usare il nome della pristina denominazione. Canossa era già stata sede comunale nel 1805, poi nel 1809 fu aggregata a Quattro Castella, quindi a San Polo d’Enza nel 1815, per pervenire a Ciano d’Enza nel 1862. L’ufficio postale con sede a Corcagnano (PR) usa timbrare col nome di Vigatto, località viciniore, perché fino al 1943 era sede dell’omonimo Municipio, poi inglobato nel territorio di Parma. Per la stessa ragione alcuni odierni quartieri urbani hanno diverse denominazioni postali rispetto alla città alla quale sono stati aggregati: San Lazzaro Parmense, San Maurizio (RE), Mancasale (RE), Albareto (MO, che ha un omonimo in provincia di Parma!). A4. Toponomastica reggiana. A Reggio Emilia, non si sa se per candore o per celia, permangono numerosi toponimi assai curiosi come: Sesso, Buco del Signore, Pappagnocca, La Vecchia, La Brugna, Busana. Nonché, tra i monumenti cittadini, la Torre dei Sessi e quella del Bordello! La “Torre del bordello” allude al lupanare, gestito dalla municipalità, che nel Medioevo aveva sede proprio sotto detta torre, la quale è ormai conosciuta in questo modo piuttosto del vecchio nome di “Guaito” o “Guaitone” (per via delle grida che le sentinelle lanciavano di lassù nelle ore di notte). Sesso si vuole derivi dal latino “sessum”, cioè “sedimento”, cosa plausibile per la natura alluvionale del territorio. Altri vorrebbe si riferisca alla distanza dal centro di Reggio Emilia di 6 miglia romane (circa 9 Km): cioè “sextus”. Comunque sia da qui prese il nome l’illustre famiglia ghibellina dei Sessi (da Sesso) che a causa di beghe politiche, fu costretta a migrare nei territori di Vicenza nel 1211 (a Vicenza e Sandrigo esistono due palazzi appartenenti a questa famiglia). Un certo sgomento coglie i forestieri che, uscendo dalla stazione ferroviaria di Reggio Emilia, vedono transitare l’autobus della linea 4 per: “Stranieri” (Piazza Sergio Stranieri, fino a qualche anno fa capolinea del bus). Oppure per un’altra enigmatica destinazione come “Ritiro”. È interessante sapere che tutte le località del comune di Reggio nell’Emilia (Reggio di Lombardia nel ‘600) avevano il nome prefissato con “Villa” che, in un eccesso di precisione, indicava i villaggi del contado non facenti parte dell’area urbana. Così Villa Bagno, Villa Fogliano, Villa Sesso, Villa Gaida, Villa Massenzatico, Villa Roncocesi, Villa San Maurizio, Villa Canali, Villa Masone… Traccia di ciò rimane nella differente denominazione della località di Cadè che, alla sua stazione ferroviaria, è ancora indicata con Villa Cadè (“Cadedeus” = Casa di Dio, origine analoga per Cadeo, in provincia di Piacenza). Anche se non effettua più servizio passeggeri. Pare che derivi dalla cartografia del periodo di dominazione francese: infatti i vari paesi del contado venivano indicati come “Village de…” e al ritorno dell’amministrazione estense si tradusse in “villa” (che, effettivamente, ha anche valore di sinonimo di “villaggio” riprendendo l’uso Romano). A conferma di ciò si riporta l’uso antico: i marchesi da Sesso, i conti da Fogliano (degno di fama il condottiero Guidoriccio da Fogliano, ritratto da Simone Martini nel 1330 nel Palazzo Pubblico di Siena nell’assedio di Montemassi). In alcuni comuni contigui la denominazione delle “Ville” è stata mantenuta: Villa Argine, Villa Seta (frazioni di Cadelbosco di Sopra), Villarotta (frazione di Luzzara). In altri è stata abbandonata di recente: Villa San Giovanni, è oggi San Giovanni della Fossa (frazione di Novellara: la “fossa” è il grande canale di bonifica, o “varana”, che scorre nelle vicinanze e che dà nome ad altre località). Nella provincia reggiana “Villa” è l’elemento che a Villa Minozzo (a volte indicato come Villaminozzo) distingue tra la sede municipale Villa Minozzo e la frazione all’origine del toponimo: Minozzo. Bibliografia Associazione Culturale Sconfinandointoscana. Topos in Fabula. Progetto didattico. Firenze 2020. AA.VV. Dizionario dei nomi geografici italiani. Tea, Torino 1992. AA.VV. Dizionario di Toponomastica, storia e significato dei nomi geografici italiani, UTET, Torino 1990. AA.VV. NOMI D’ITALIA origine e significato dei nomi geografici e di tutti i Comuni Istituto Geografico De Agostini, Novara 2009. Battaglia M. I Germani. Genesi di una cultura europea. Carocci, Roma 2013. Cappello T.-Tagliavini C. Dizionario degli etnici e dei toponimi italiani Patron, Bologna 1990 . Cason E./Vigolo M.T. (a cura di). Lingua e Toponomastica. Percorsi di toponomastica nell’arco alpino orientale. DISLL/Fondazione G. Angelini, Torino 2019. Comune di Bergamo. Regolamento per la Toponomastica. 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