Armi

1) i denti, i becchi e gli artigli degli animali. 2) sinonimo di “stemma”. Vedi Arme.

Arciduca

in tedesco “Erzherzog”; con la regolamentazione dell’elezione imperiale da parte di Carlo IV nel 1536 con la “Bolla d’oro”, che riduceva la facoltà di eleggere il Sacro Romano Imperatore ai soli 7 Principi Elettori, gli Asburgo, nonostante il loro potere, non ebbero più nessuna influenza sull’elezione; il Duca Rodolfo IV (detto “il Fondatore”) rivendicò allora il titolo di “Arciduca d’Austria” per guadagnare una posizione che seguisse immediatamente quelle dei Principi Elettori e precedesse quella di tutti i Duchi dell’Impero. Dal XV secolo il titolo divenne ereditario sia per i maschi che per le femmine. Vedi Principe Elettore, Corona Arciducale.

Arcivescovo (anche Metropolita)

vescovo titolare di una Diocesi Metropolitana, con speciali giurisdizione sui vescovi di una Provincia Ecclesiastica. Nota: il cardinale di Venezia porta il titolo di Patriarca; il solo titolo di “arcivescovo”, senza prerogative territoriali, può essere concesso come onorificenza dal Papa ad un vescovo, nel caso questi sia anche vescovo di una Diocesi (non metropolitana) esso porterà il titolo di Arcivescovo-Vescovo. Vedi Araldica Ecclesiastica.

Arco

1) arma dell’arciere, utilizzata per scagliare dardi e frecce. 2) posizione particolare di alcune pezze disposte in semicerchio o arco di cerchio.

Arcobaleno (anche Arco Celeste)

è una fascia o una banda convessa o centrata, vale a dire posta in arco, composta abitualmente di quattro colori: oro, rosso, argento e verde. Se così non si blasona e di dice semplicemente “arcobaleno in (fascia, banda, sbarra, etc…)”.

Ardente

di figure araldiche con fiamme..

Ardito

del gallo quando ha la zampa destra alzata in atteggiamento di combattente.

Arduini (arma)

vedi Palù (da).

Aquilone

figura rappresentante l’omonimo vento freddo e impetuoso, che si raffigura in forma di viso umano con le gote gonfie e in atto di soffiare, uscente da una nube. Vedi Borea e Vento.

Aquilotto

aquila di piccole dimensioni, in numero si due o più.

Antimuro

muro basso che circonda, affianca o precede un edificio, specie i castelli.

Aragona

Regno iberico formato dall’Aragona propriamente detta, dalla Catalogna e dal territorio di Valencia. 1) arma moderna: “d’oro caricato di quattro pali di rosso”. Arma antica del Regno di Provenza poi passata al Regno iberico d’Aragona, assai diffusa in Araldica (anche Civica) e che, secondo la leggenda, sarebbe nato dal gesto compiuto dall’Imperatore Carlo Magno che intinse la mano nuda nel sangue di Giuffredo il Peloso di Provenza, caduto eroicamente mentre combatteva in Spagna e con le dita tracciò quattro linee verticali sullo stendardo reale d’oro dicendo ai sudditi “D’ora in poi saranno queste le vostre armi”. Allorché l’ Infanta Petronilla, ultima del casato d’Aragona, sposò il Conte di Barcellona, questi ultimi adottarono per propria l’arma reale. 2) Antica: “d’Argento alla croce piana di rosso accantonata da quattro teste di moro attorcigliate d’argento”, oggi Arma di Sardegna, concessa ai sardi come emblema dal re Giacomo I d’Aragona.

Aosta (Arma)

1) arma antica del Ducato e della attuale Regione della Valle d’Aosta: “di nero al leone d’argento”. 2) arma della città di Aosta: “di nero al leone d’argento armato e lampassato di rosso, al Capo di Savoia”. 3) Arma del Duca d’Aosta, cadetto della Casa di Savoia: “di rosso alla croce piana d’argento, alla bordura contrapposta d’azzurro e d’oro”.

Araldica

disciplina propria dell’Araldo, che regola e governa la composizione degli stemmi gentilizi. Scienza ausiliaria della Storia che studia gli stemmi attraverso la loro descrizione (detta “blasone” o meno correttamente “blasonatura”). In generale l’Araldica sembra nascere e svilupparsi dopo la metà del XII secolo, per opera della classe nobile e guerriera dei cavalieri feudali. I simboli che adottarono non erano nuovi per quell’epoca, derivati com’erano dal passato compresa la tradizione pagana, però da quel momento tutto venne organizzato e codificato al punto di diventare una “scienza”, un sapere cioè caratteristico del tardo Medioevo ma molto meno esoterico di quello che può apparire oggi ai nostri occhi non allenati. Questi segni distintivi venivano usati in ambito guerresco e durante le manifestazioni pubbliche ed erano una sorta di attestato di diritto, legittimità, appartenenza politica o famigliare. La tradizione afferma che furono le Crociate a far “inventare” gli emblemi, ma oggi si è quasi tutti d’accordo che furono le mutate tecniche di combattimento e soprattutto i tornei: l’elmo chiuso (a “staro” o a “bigoncia”, i più antichi) non permettevano di identificare chi l’indossava e si ricorse a questo nuovo complesso di segni.

Ape

animale simbolico del lavoro sia materiale che spirituale, e della sensibilità artistica (per la regolarità delle loro “architetture”). L’alveare è anche simbolo del risparmio e del popolo perché le api lo organizzano come uno Stato (per questo spesso un alveare con o senza sciame d’api è rappresentato nell’Araldica Civica a simboleggiare la popolazione). Nella liturgia cristiana primitiva si faceva assaggiare il miele a coloro che avevano appena ricevuto il battesimo e alla fine della messa veniva offerta una bevanda di latte e miele in un calice benedetto. La dolcezza del miele rischiara simbolicamente la vista interiore e favorisce la contemplazione, in riferimento all’episodio biblico di Gionata, il figlio di Saul, che dopo essersi cibato di miele esclama -Guardate come si sono rischiarati i miei occhi perché ho gustato un poco di questo miele-. Secondo il trattato di “Iconologia” di Cesare Ripa le api sono da Eucherio ritenute simbolo dell’Adulazione “perché nella bocca portano il miele e nell’occulto tengono il pungente aculeo”. Secondo la leggenda erano simbolo dei primi re Merovingi, perché furono trovate delle api d’oro nelle loro sepolture. Si pensa che il primo simbolo dei re francesi fossero delle api, in seguito la loro forma stilizzata fu confusa con quello dei gigli (con implicazioni legate al culto di Maria) e Napoleone, forse per legittimare il suo trono, le fece riprodurre sul manto imperiale (al posto dei gigli della dinastia che aveva sostituito) e come emblema delle principali città dell’Impero (il cui stemma era caratterizzato da un capo di rosso caricato da tre api d’oro montanti poste in fascia). Vedi Napoleonico, Stato.

Araldica Ecclesiastica Anglicana

Araldica dei membri della gerarchia della Chiesa d’Inghilterra, al cui capo sta il re (o regina) di quella Nazione e che delega il governo all’Arcivescovo Anglicano di Canterbury, primate della chiesa d’Inghilterra, e all’Arcivescovo di York. Le dignità si distinguono per la presenza della mitra preziosa che timbra lo scudo e per la presenza di uno (vescovi) o due (arcivescovi e vescovi insigni) pastorali accollati dietro allo scudo stesso. La mitra e il pastorale (munito di un velo, detto sudarium) nella Chiesa Cattolica sono attualmente attributo degli abati.

Aperto

1) per gli edifici provvisti di porte che lasciano vedere il colore del campo. Cfr. Chiuso. Nota nella pratica c’è una certa ambiguità tra “aperto” e “chiuso”, se il colore delle aperture è diverso dal campo e dall’edificio, si trova anche “aperto di [smalto]” ma sarebbe meglio specificare “chiuso di [smalto]. Se il blasone non specifica la costruzione si intende priva di aperture. Cfr. Chiuso e Finestrato. 2) oggetti che lasciano vedere il contenuto (libri, frutti). 3) elmi con la visiera alzata. 4) il compasso (o sesto) e le forbici con le punte divaricate.

Appalmato

della mano se mostra il palmo.

Appannaggio

dal francese antico “apaner” (‘dare del pane’), somma di denaro spettante ai Capi di Stato e ai membri delle famiglie regnanti per il proprio mantenimento. Nella Francia medievale i principi del sangue ultrogeniti venivano compensati dell’esclusione dai diritti di successione con una rendita determinata da un feudo che veniva loro assegnato e del quale prendevano il titolo (Duca d’Anjou, Duca di Orléans…); alla morte dell’ultimo discendente senza eredi il feudo tornava alla corona.

Appio (anche Apio)

genere di piante della famiglia delle Ombrellifere, che comprende molte specie commestibili tipiche dell’orto, tra cui il sedano e il prezzemolo; secondo alcuni autori i “fioroni” delle corone nobiliari sarebbero di Apio (secondo altri di Acanto). Cfr. Acanto.

Appollaiato (e Perticato)

di uccello posato su di un albero o una pertica.

Appuntato

vedi Gotico Antico (scudo).

Aquila

antica insegna che, secondo la testimonianza di Plutarco, Caio Mario assegnò alle Legioni Romane e conservata, in tempo di pace, nel tempio di Saturno a Roma. Nera, ad ali spiegate (mono o bi-cefala), fu concessa dal Sacro Romano Imperatore alle famiglie a lui fedeli e in seguito passata ad indicare le famiglie “ghibelline”. D’oro al volo abbassato e afferrante un fascio di folgori fu emblema imperiale di Napoleone I. Vedi Ghibellino.

Aquila Araldica

rappresentata frontalmente con le ali spiegate, ma con la testa volta verso il fianco destro dello scudo (altrimenti si dice “rivoltata” o “rivolta”), col rostro (becco) incurvato e la lingua sporgente, con le zampe e gli artigli (armi) aperti, la coda increspata. Nell’araldica Italiana è quasi sempre completamente nera, compresi artigli, becco e spesso anche l’eventuale corona (tecnicamente è Cucita). Per cui “aquila di nero”: intende che tutte le sue parti sono di quello smalto. Se il blasone non lo specifica si intende sempre col volo spiegato.

Aquila Bicipite

“con due teste”, delle quali una volta a destra e l’altra a sinistra. La tradizione vuole che sia stata istituita da Costantino I nel 330, quando trasferì la sede imperiale a Costantinopoli, a significare “che egli teneva sotto la stessa corona un unico Impero con due capitali” (P. Guelfi Camajani). Si ritiene che l’aquila bicipite d’oro in campo rosso rappresenti l’Impero d’Oriente, mentre quella nera in campo d’oro quello d’Occidente (attualmente l’aquila bicipite in campo oro è anche l’emblema della Chiesa Ortodossa e del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli). Sebbene la tradizione affermi che sia stata adottata da Federico II quale emblema imperiale, alcuni pensano che fu invece adottata da Ludovico il Bavaro nel 1345. Oggi molti ritengono che sia stata istituita dall’Imperatore Sigismondo, salito al trono imperiale nel 1410. Caduto l’Impero Bizantino della dinastia dei Paleologi nel 1453, l’aquila imperiale fu adottata dallo zar Pietro I nel 1721, quale pretendente al trono di Costantinopoli.

Aquila di S. Giovanni

denominazione dell’aquila nera o al naturale nimbata e tenente, talvolta, un libro; associata alla figura dell’evangelista Giovanni nel Tetramorfo (vedi questa voce).

Aquileia (e di San Pietro d’Aquileja), patriarcato di

unica istituzione patriarcale d’Italia dopo Roma, il cui vescovo metropolita era sovrano del Friuli e di un esteso territorio che andava dalla costa veneta all’Austria e Slovenia. Nel periodo longobardo i Patriarchi abbandonarono la decaduta città romana di Aquileia per trasferirsi a Cividale (oggi Cividale del Friuli). Nel XIII secolo le sede fu spostata nel castello di Udine che lasciarono nel 1420, dopo la conquista da parte della Repubblica di Venezia, per trasferirsi nel nuovo Palazzo Patriarcale della città. Il titolo è stato soppresso nel 1751 e oggi i territori italiani sono suddivisi tra diverse diocesi del Nord-Est (Udine è divenuta sede arcivescovile). Attualmente la dignità di “Patriarca” è concessa all’arcivescovo di Venezia. Si conoscono due armi principali: 1) “di nero alla croce tripla trifogliata d’argento”, 2) “d’azzurro all’aquila d’oro al volo abbassato”dalla quale deriva direttamente l’arma della Provincia di Udine e quella della Regione Friuli-Venenzia Giulia.

Andegavia

vedi Angiò.

Annuvolato

vedi Nebuloso.

Andorra (e Andorre, Principato) armi

“Inquartato; nel primo d’argento alla mitra vescovile al naturale; nel secondo d’oro ai tre pali di rosso; nel terzo di rosso al pastorale d’oro fustato d’argento; nel quarto d’oro alle due vacche di rosso squillate d’argento” (Santi-Mazzini). Il primo e il terzo quarto sono simbolici del vescovo di Urgel co-principe di Andorra; il secondo quarto ricorda i Conti di Foix, eredi dei Caboet primi co-signori del piccolo Stato; il quarto si riferisce all’arma del Béarn del re Enrico IV di Francia il quale ereditò dai Foix il titolo di co-principe che passò poi ai discendenti e da questi al Presidente della Repubblica Francese (confermate nel 1992).

Antica (all’)

locuzione che in Araldica si usa per indicare corone, vesti, armi, lettere d’alfabeto di foggia arcaica.

Anelletto

figura araldica in forma di piccolo cerchio, presente in due o più. Cfr. Circolo.

Anello Piscatorio

anello proprio dell’ufficio del Papa (Romano Pontefice), così detto perché porta incisa la figura dell’Apostolo Pietro che Gesù chiamò ad essere “Pescatore d’Anime”. Alla sua morte viene distrutto e al successore ne viene consento uno nuovo. Cfr. Basilica.

Anfisbena (o Anfesibena e Anfistera)

è un serpente leggendario dotato di due teste, un per ogni estremità del corpo (dal greco anphi ‘da entrambi i lati’ e banein ‘camminare’), nonché di occhi luminescenti e ali di pipistrello e zampe; secondo il mito greco, fu generata dal sangue gocciolato dalla testa di Medusa decapitata da Perseo. In Araldica di solito si rappresenta come un serpente disposto a forma di 2 o di 8, inanellato e con una seconda testa al termine della coda, che può quindi procedere sia in avanti che all’indietro. Secondo la leggenda quando una testa dorme, l’altra resta sveglia in guardia. Le due teste sono abitualmente di smalto differente: di metallo quella superiore, e di nero quella inferiore (rappresentazione simboleggiante la vittoria del Bene sul Male). Nella sua forma più completa l’anfisbena mostra la parte luminosa alata e quella oscura membrata, cioè con un paio di zampe scagliose. Quando è rappresentata con le due teste unite, queste non sono differenziate nello smalto.

Angevin (arma)

vedi Angiò (di)

Angiò (di), anche Anjou o Angevin, Andegavia e Andgavia (arma)

d’azzurro, ai tre gigli d’oro posti 2,1 al lambello di rosso attraversante. Vedi anche Capo d’Angiò.

Anglia

nome aulico dell’Inghilterra, da cui l’aggettivo Anglicano.

Anglicano

dell’Anglia (Inghilterra). Membro della Chiesa d’Inghilterra.

Angolata

di una croce quando negli angoli è accompagnata da figure (spesso in numero di quattro) allungate, che muovono in diagonale dagli angoli tra i bracci della croce verso i margini dello scudo (ad es. 4 gigli). Cfr. Accantonato.