Venerabile Luisa Guidotti Mistrali


Venerabile Luisa Guidotti Mistrali

Storia e informazioni

Luisa Guidotti Mistrali  è nata a Parma, primogenita di tre fratelli, il 17 maggio 1932, suo padre era il nobile modenese Camillo Guidotti, ingegnere capo presso l’ufficio tecnico erariale, e la madre Anna dei baroni Mistrali di Parma. Dopo la morte improvvisa della madre per leucemia, avvenuta nel 1947, insieme alla famiglia, fu accolta dalla zia materna Maria Mistrali, che in seguito adottò i nipoti e che assunsero giuridicamente anche il cognome Mistrali in ricordo della madre.

 

La sua formazione spirituale ebbe inizio all’interno dell’Azione Cattolica della parrocchia di San Domenico di Modena, frequentata per nove anni, nella quale rivestì l’incarico di dirigente della Gioventù Femminile e divenne membro del Consiglio diocesano.

 

Conseguito il diploma di maturità scientifica, decise d’iscriversi alla facoltà di Medicina dell’Università di Modena, nonostante le pressioni del padre che desiderava invece intraprendesse il corso di laurea in Matematica.

 

Affascinata dall’Associazione Femminile Medico-Missionaria (AFMM, oggi nota come Associazione Sanitaria Internazionale, ASI), istituita da Adele Pignatelli con il sostegno di monsignor Giovanni Battista Montini (futuro papa Paolo VI), nel maggio 1960, conclusi gli studi a Modena, inviò alla Pignatelli la richiesta di essere ammessa come membro ausiliare che venne prontamente accolta.

 

Per completare al più presto la sua formazione professionale, al fine di intraprendere l’attività missionaria, frequentò il reparto di Medicina dell’Ospedale di Santo Spirito in Sassia a Roma, contemporaneamente ai suoi studi per la specializzazione in radiologia che conseguì il 12 dicembre 1962.

 

Il 1º agosto 1966, ricevette il crocifisso per il compito di missionario dall’allora arcivescovo di Modena monsignor Giuseppe Amici.

 

Martedì 9 agosto 1966, poco prima di completare la sua formazione venne ricevuta in udienza da Paolo VI (eletto il 21 giugno 1963), quindi partì per Chirundu. La costruzione di un ospedale in questa località, nei pressi del fiume Zambesi (in Rhodesia), era stata voluto nel 1962 dal cardinale Montini, il quale si era personalmente rivolto alla AFMM affinché v’intraprendesse una missione.

 

Luisa Guidotti tornò in Italia nel luglio e nel settembre 1967, poi si ritirò per qualche tempo nel monastero benedettino di Metten, in Germania, divenne membro effettivo dell’Associazione AFMM.

 

Nel febbraio 1969, dopo due anni trascorsi a Salisbury, si trasferì presso l’ospedale Regina Coeli Mission, a Nyamaropa, al confine con il Mozambico.

 

Ai primi di dicembre 1969 raggiunse la All Souls Mission (fondata nel 1931 da missionari gesuiti), 100 miglia a Nord-est di Harare.

 

Grazie al suo impegno e al supporto degli amici italiani, nel 1971, il fatiscente ospedale venne rinnovato e fu in grado di accogliere oltre 5000 malati. L’attività di Luisa Guidotti si svolse in quegli anni tra l’ospedale e il lebbrosario di Mtemwa, vicino a Mutoko, dove si occupava dei malati (che definiva “i miei amici”), con l’ausilio del guardiano John Randall Bradburne, pronipote di Lord Baden-Powell e il sostegno di Padre David Gibs, cappellano di All Souls a partire dal 1975.

 

Intanto il conflitto politico e sociale in Rhodesia divenne una guerra civile armata. Giovedì 24 giugno, il giovane Antony Nodo, rimasto ferito durante uno dei consueti scontri a fuoco nei pressi della Missione, chiese soccorso in ospedale, ove la Guidotti, dopo un’accurata diagnosi, ne organizzò il trasferimento all’ospedale governativo. Questa decisione fu causa del suo arresto (28 giugno), con l’accusa di aver prestato aiuto a un presunto terrorista. Subito in sua difesa si mossero il Vaticano, la Croce Rossa, l’Ordine dei Medici e la vicenda assunse rilevanza internazionale.

 

Il 2 luglio, grazie alla difesa dell’avvocato Nicholas McNally, incaricato dal Vicario della diocesi, Luisa Guidotti riuscì a ottenere la libertà vigilata; il 24 agosto, finalmente, l’accusa venne ritirata ed ella poté tornare a occuparsi dei malati di All Souls. Nonostante i numerosi tentativi di Adele Pignatelli di farla tornare in Italia, data la sua situazione delicata nello Zimbabwe, ella insisteva caparbiamente a rimanere, per prendersi cura della “sua gente”.

 

Nel frattempo la situazione degenerò rapidamente: il 6 febbraio 1977 sette missionari vennero uccisi a colpi di fucile nei pressi di Mutoko; il 13 maggio l’ospedale venne gravemente danneggiato durante un conflitto a fuoco, ma la Guidotti non abbandonò la sua missione, nonostante la condizione di pericolo per la sua vita e le continue pressioni delle forze dell’ordine governative, le quali disapprovavano apertamente il suo operato e la sollecitavano con intimidazioni e continui ammonimenti a denunciare eventuali terroristi.

 

Nel 1978 la dottoressa curò la grave crisi ipertensiva della madre di Robert Mugabe, poi presidente dello Zimbabwe dal 1987 al 2017, ma ai tempi definito “comunista estremista a capo dei guerriglieri”.

 

Il 6 luglio 1979, all’alba, accompagnò sulla sua Land-Rover una partoriente all’ospedale di Nyadiri. Famosa la risposta data al segretario dell’ospedale di All Souls, Victor Kuona, che le chiese di portare con sé un’infermiera:

 

«Victor, siamo in guerra! È meglio che io sia sola; è meglio che muoia solo io e le infermiere possano continuare a soccorrere i malati. Non so se tornerò, abbiate cura dell’ospedale».

 

Sulla strada del ritorno, nei pressi di Lot, verso le dieci del mattino, Luisa Guidotti venne colpita da quattro colpi d’arma da fuoco, sparati da due soldati a un posto di blocco. Le circostanze della sua morte restano tuttora avvolte nel mistero: molte versioni contraddittorie e molte incongruenze rendono difficile ricostruire la realtà dei fatti.

 

Il 12 luglio del 1979 la messa di requiem venne celebrata nella cattedrale cattolica di Salisbury dall’arcivescovo mons. Patrick Chakaipa: in questa occasione, un rappresentante del governo italiano scoprì una lapide su cui era scritto: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” tratta dal Vangelo di Giovanni (15,13).

 

A partire dal 23 ottobre 1988, per volere dell’arcivescovo di Modena-Nonantola Santo Bartolomeo Quadri, le sue spoglie riposano nel Duomo di Modena.

 

Il processo di beatificazione di Luisa Guidotti, iniziato il 20 ottobre 1996 a Modena, su richiesta dell’arcidiocesi di Harare, ha concluso la fase diocesana nella chiesa di San Domenico, sempre a Modena il 23 novembre 2013, alla presenza dell’arcivescovo Antonio Lanfranchi. Il 17 dicembre 2022 papa Francesco ha riconosciuto le virtù eroiche della serva di Dio, dichiarandola venerabile.

 

Nel 1983 le è stato intitolato l’Ospedale “All Souls”, nello Zimbabwe, dove ha prestato servizio.

 

Sebbene Maria Luisa non abbia mai adottato uno stemma personale avrebbe potuto prendere, nel caso, quello del padre che si blasona: “d’azzurro a sei stelle (8) d’oro, poste 3,2,1. Capo d’oro a tre gigli d’azzurro posti in fascia” il capo “farnesiano” testimonia l’origine parmense della famiglia, anche se si tratta di un ramo di quella bolognese che aveva lo stemma pressoché identico ma col capo d’Angiò.

Inoltre, giuridicamente, essendo stata adottata dalla zia, appartenente alla famiglia Mistrali, assunta nel XVIII secolo alla nobiltà di Parma, avrebbe potuto partirlo con quello proprio di quella stirpe: “d’azzurro, alla gru tenente la zampa destra alzata con la sua vigilanza al naturale”.

 

 

© 2024. Massimo Ghirardi

 

 

 

Bibliografia:

 

 

 

De Meo M. Le antiche famiglie nobili e notabili di Parma e i loro stemmi. Vol. II D-M. Palatina Editrice, Parma, 2002, p. 124.

Disegnato da: Massimo Ghirardi

BLASONATURA

d’azzurro a sei stelle (8) d’oro, poste 3,2,1. Capo d’oro a tre gigli d’azzurro posti in fascia

NOTE

Stemma della famiglia Guidotti.

ATTRIBUTI
SMALTI
OGGETTI
ALTRE IMMAGINI

Stemma della famiglia Mistrali

d’azzurro, alla gru tenente la zampa destra alzata con la sua vigilanza al naturale”.

LEGENDA

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