Santa Caterina Benincasa (da Siena)
Santa Caterina Benincasa (da Siena)
Storia e informazioni
Presso la chiesa di San Domenico a Siena si può vedere una lapide appartenente al sepolcro del supposto padre di Santa Caterina da Siena, Jacopo Benincasa, morto nel 1368 con la legenda: S(EPULCRUM) IACOMO/ DI BENE(N)CHAS(A)/ A TENTORE/ EREDUM SUO/ RUM in caratteri gotici con uno scudo gotico contenente la figura di un drago.
La famiglia Benincasa è probabilmente originaria della Sicilia, nel 1200 si ha notizia di tale Pierleone, segretario di Federico II di Svevia, il quale risiedeva tra Palermo e Messina, al cui figlio Eustachio, fu concesso il titolo di barone di Caravacio.
Tra la fine del Duecento ed il Trecento, la famiglia si diramò in Calabria e poi in Campania, (da questo ramo ebbe origine Sant’Orsola Benincasa) e successivamente passò in alcune città del centro Italia, come a Siena, dove nacque Santa Caterina da Siena, e in altre regioni del nord.
Secondo la tradizione Caterina Benincasa, conosciuta oggi come santa Caterina da Siena, ebbe umili origini e, dopo aver vissuto la giovinezza in povertà ricevette le stimmate nel 1375. Anche se quasi analfabeta scrisse lettere (sotto dettatura celeste) ai potenti dell’epoca e contribuì a far ritornare il papa a Roma da Avignone. Il suo carisma e le sue “visioni” furono determinanti per la situazione geopolitica dell’epoca.
Nacque nel 1347 con la gemella Giovanna (che morirà pochi mesi dopo) da Jacopo Benincasa, proprietario di una tintoria, e Lapa di Puccio de’ Piacenti nella contrada di Fontebranda (oggi Contrada dell’Oca) di Siena. Fu la ventiquattresima di 25 fratelli e sorelle.
A sei anni ebbe la sua prima visione nella chiesa di San Domenico a Siena: un Cristo Pontefice accompagnato dagli apostoli Pietro e Paolo. Da quel momento decide di dedicare la sua vita a Dio, ma con difficoltà, poiché i suoi genitori ostacolavano la sua vocazione cercando di maritarla. Caterina reagisce tagliandosi completamente i capelli e chiudendosi in casa con il capo coperto da un velo; per vincere la sua ostinazione, i genitori la costringono a estenuanti lavori domestici. Un giorno il padre la sorprende in preghiera con una colomba aleggiante sul capo. Decide allora di lasciare libera la giovane di scegliere la propria strada.
Nel 1363, dopo anni di preghiere e penitenze ricevette l’abito domenicano del Terz’ordine (Mantellate, sorelle laiche). A vent’anni, detta le prime lettere e ebbe inizio la sua attività caritativa: poveri, malati, carcerati, ma veniva spesso ripagata con ingratitudine e calunnie.
Nel 1371 si uniscono a Caterina i primi discepoli, chiamati per scherno “Caterinati”.
Verso il 1372 espone al legato pontificio in Italia, Pietro d’Estraing, la necessità di riformare i costumi del clero, di trasferire la Santa Sede a Roma da Avignone dove risiedeva dal 1309 e di organizzare una crociata contro gli infedeli.
Le autorità ecclesiastiche, colpite e forse irritate, dal fatto che Caterina, analfabeta e visionaria, si rivolgesse in questi toni a personaggi di tale rango, la chiamano nel 1374 a Firenze di fronte al Capitolo generale dei Domenicani. L’Ordine ne riconosce però l’ortodossia e l’affida alla direzione di frate Raimondo delle Vigne da Capua (1330-1399 successivamente nominato lettore di teologia a Siena e biografo della santa).
Morì il 29 Aprile 1380 all’età di 33 anni e venne sepolta nella chiesa domenicana di S. Maria sopra Minerva.
Nel 1461 il senese Pio II proclamò Caterina santa (la festa ricorre oggi il 29 aprile, giorno del transito). L’8 marzo 1866 papa Pio IX proclama Caterina co-patrona di Roma. Mentre il 18 giugno 1939 Caterina da Siena assieme a Francesco d’Assisi vennero proclamati da papa Pio XII patroni primari d’Italia.
Il 4 ottobre 1970 papa Paolo VI riconobbe a Caterina il titolo di Dottore della Chiesa Universale. Infine il 1° ottobre 1999 papa Giovanni Paolo II proclama Caterina compatrona d’Europa, con san Benedetto da Norcia.
Note di Massimo Ghirardi
STEMMA RIDISEGNATO

Disegnato da: Massimo Ghirardi
STEMMA ACS

STEMMA UFFICIALE

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BLASONATURA
“D’azzurro al drago d’oro”
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