San Guido della Gherardesca
San Guido della Gherardesca
Storia e informazioni
Guido della Gherardesca, nacque a Pisa figlio di Napoleone della Gherardesca, del ramo dei conti di Donoratico, località vicino alla quale Guido si ritirò in eremitaggio in un castagneto nel XII secolo, “… per non cadere nel peccato di orgoglio”, e dove condusse una vita caratterizzata dalla preghiera, dalla meditazione, dal digiuno e vivendo di elemosine.
Secondo alcuni, in seguito, avrebbe aderito alla comunità camaldolese di San Michele in Borgo di Pisa. In ogni caso, nella solitudine di Donoratico costruì un oratorio che dedicò a santa Maria della Gloria dove morì il 20 maggio 1140.
Alla sua morte si sviluppò una grande venerazione. Nel 1212 fu concesso il trasferimento del corpo dall’oratorio di Castagneto, ormai troppo angusto, alla chiesa parrocchiale di Donoratico. Del corpo si perse ogni traccia, ma fu rinvenuto miracolosamente allorché le milizie fiorentine rasero al suolo il paese alla metà del XV secolo: era pieno inverno (più precisamente il giorno dell’Epifania) e una pianta di erica fiorì in un punto della chiesa distrutta, sotto la quale giaceva, in profondità, il corpo del santo. Parte delle reliquie furono trasportate nella vicina chiesa di Castagneto, ma la maggior parte, con breve di papa Callisto III (1455-1458) indirizzato all’arcivescovo di Pisa Giuliano Ricci, fu traslata nel capoluogo pisano venerdì 16 giugno 1459.
Della famiglia Della Gherardesca numerosi membri si sono distinti per virtù e impegno cristiani, lo stesso fratello di Guido, Pietro Della Gherardesca venne creato cardinale da papa Pasquale II (1099-1118).
Si ebbe nel secolo successivo, a quello in cui visse Guido, la pronipote Gherardesca della Gherardesca che nacque a Pisa intorno nel 1212. Intorno al 1231 fu costretta a sposare il nobile Alferio di Bandino, ma il loro matrimonio rimase senza figli e i due coniugi decisero di separarsi e abbracciare la vita religiosa: Alferio entrò tra i camaldolesi del monastero di San Savino di Pisa, e Gherardesca si recluse in una cella accanto a quello stesso monastero, aderì poi all’Ordine come oblata camaldolese.
La tradizione le attribuisce visioni, estasi e poteri taumaturgici; a causa di ciò fu denunciata dai sospettosi monaci di San Savino all’abate generale dei camaldolesi, quindi venne accusata di eresia e possessione diabolica ma, difesa dal suo confessore, fu alla fine assolta.
Dopo la morte, intorno al 1270, il suo corpo fu sepolto nella chiesa del monastero di San Savino, ma se ne persero le tracce.
Papa Pio IX, con decreto del 29 maggio 1856, ne confermò il culto con il titolo di beata.
Il suo elogio si legge nel Martyrologium Romanum al 29 maggio e la commemora quale “beata”, mentre il Menologio Camaldolese la considera “santa” con festa il 9 giugno.
© Massimo Ghirardi, 2024
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