Paolo V – Borghese


Paolo V – Borghese

Camillo Borghese nacque a Roma il 17 settembre 1552 da Marcantonio e da Flaminia Astalli. I Borghese, residenti a Siena, assumono un ruolo storico solo con il trasferimento a Roma e con lo stabilirsi presso la Curia. Fu Marcantonio Borghese (1505-1574) a porre le basi per il nuovo status della famiglia ormai pluricentenaria. Stabilitosi in Roma almeno a partire dal 1537, proprio da qui cercò di mediare nell’accesa battaglia per Siena fra popolari e patrizi e fra le loro potenze protettrici Francia e Spagna, e riuscì ad assicurarsi, grazie a questa attività, i favori di entrambi i sovrani, ma in primo luogo quelli del nuovo signore di Siena, il duca Cosimo de’ Medici.

Dei due figli di Marcantonio, Camillo ed Orazio fu il più giovane a dimostrarsi il più dinamico e di successo.

Le sorti della famiglia si vennero a trovare in grandissimo pericolo quando Orazio morì improvvisamente il 3 ottobre 1590. Si profilava minacciosa la perdita degli investimenti e con ciò la rovina del ramo romano dei Borghese. Ma questa eventualità venne evitata ancora una volta grazie al fondo di riserva costituito dai buoni rapporti con potenti e personalità influenti: il neoeletto Gregorio XIV Sfondrati, padrino di Camillo, confermò a quest’ultimo il conferimento della carica dell’Auditorato. Consacrato prete nel 1577, Camillo percorse, partendo da questo grado più basso, tutti i normali passaggi del “cursus honorum” della Curia. Come vice-legato a Bologna si trovò a mediare fra interessi diametralmente opposti, bolognesi e romani, ma soprattutto fra pretese divergenti: i ceti poveri chiedevano un prezzo del pane più accessibile come dovere politico-sacrale del sovrano, mentre l’élite dei proprietari terrieri cercava di trarre profitto dalla crescita dei prezzi delle granaglie. Camillo si trovò costretto a prendere posizione confiscando le scorte private di grano. I rapporti di Camillo con le più importanti famiglie di Bologna non dovettero essere stati così ostili visto che il prelato creò nella città sul Reno una serie di rapporti clientelari che durarono tutta la vita. Tornato nuovamente a Roma, a partire dalla primavera del 1591, Camillo ottenne anche i favori del nuovo papa Clemente VIII, che lo inviò, nell’autunno del 1593, come nunzio particolare alla corte di Filippo II di Spagna per spingerlo a partecipare attivamente alla guerra contro i Turchi. La quasi-aspettativa di un cardinalato, collegata con l’Auditorato di Camera, venne soddisfatta dopo la scadenza del termine normale, il 22 maggio 1596, con il conferimento a Camillo del cappello purpureo. L’incarico di cardinale vicario, che rappresentava il papa come vescovo di Roma, e quello di capo dell’Inquisizione romana, sempre nel nome del sovrano, furono i più importanti e costituirono nello stesso tempo l’esercizio e l’ampliamento del patronage.

Nei conclavi del 1605 si fronteggiavano cinque raggruppamenti, quello dei cosiddetti zelanti, che privilegiavano gli interessi della Chiesa, i cardinali in obbligo verso la Spagna oppure la Francia, e, numericamente più consistenti, i sostenitori riuniti intorno ai cardinali nipoti delle famiglie Peretti e Aldobrandini. Camillo veniva considerato papabile, però questa valutazione valeva per non meno di un terzo dei sessantuno cardinali riuniti. Nel primo conclave, che si concluse con l’elezione di Leone XI, discendente di un ramo secondario della famiglia dei Medici, Camillo non svolse un ruolo importante. Anche nel secondo conclave, resosi necessario al termine del pontificato del neoeletto papa, durato solo quattro settimane l’attenzione si concentrò all’inizio su altri candidati. L’ora del Borghese giunse significativamente solo quando si arrivò ad una situazione di stallo ed egli dovette ottenere la preferenza soprattutto grazie ai suoi rapporti clientelari ad ampio raggio, che gli consentirono di evitare inimicizie. In realtà sussistevano in sfavore di Camillo soltanto due considerazioni: la sua giovane età di cinquantadue anni (fino ad oggi nei tempi moderni solo Clemente XI è stato eletto papa più giovane) e la sua buona salute. Il lungo pontificato, che tali circostanze lasciavano prevedere, poteva causare problemi sociali, culturali ed anche economici, soprattutto a causa del blocco dei processi di ricambio e delle carriere e per gli eccessivi privilegi a favore dei parenti del papa. Il nepotismo del papa Borghese, eletto il 16 maggio 1605, e che, per rispetto nei confronti degli ultimi due papi che avevano sostenuto l’ascesa della sua famiglia, aveva scelto il nome di Paolo V, si distinse per uno spostamento degli equilibri del potere verso la generazione più giovane e con esso una implicita strategia in tema di ascesa sociale.

Una “raison d’être” prioritaria del cardinale nipote, Scipione Borghese, era costituita dalla funzione di arricchimento della famiglia per la quale il nipote con il rango ecclesiastico più alto agiva come una sorta di stazione di cambio finanziaria che trasformava le entrate provenienti da prebende ecclesiastiche in proprietà della famiglia. La dotazione patrimoniale di Scipione raggiunse, dopo cinque anni, circa 100.000 scudi all’anno, livelli non inusuali anche nel passato, e vide aumentare nel decennio successivo le entrate correnti fino a 180.000 scudi.

Se all’inizio le strategie matrimoniali dei Borghese si indirizzarono verso i Medici, ossia verso un obiettivo troppo elevato, l’ascesa della famiglia dal punto di vista storico-sociale si realizzò nel 1619 con il matrimonio di Marcantonio con Camilla Orsini, discendente della più antica nobiltà dei baroni romani.

Lo stato delle finanze di Scipione dimostra chiaramente che, dopo l’accumulo di beni, realizzato anche tramite l’accensione di crediti negli anni 1613 e 1614, trovarono gradualmente applicazione strategie che sembrano finalizzate a delineare un’immagine del cardinale fortemente impegnata al servizio del bene comune, ed in primo luogo della Chiesa e della religione.

Nel pontificato di Paolo V ebbe un effetto positivo un’amministrazione cauta e previdente del settore chiave dell’Annona. Per favorire la produzione domestica di pane fra la popolazione di livello medio-basso, venne aperto un magazzino presso il quale poteva essere acquistata farina a prezzo conveniente. Inoltre, con la cosiddetta tariffa paolina del 20 novembre 1606, venne eliminato un motivo di scontro continuo fra l’Annona e i fornai, disponendo che, per il futuro, i costi del grano acquistato dall’autorità addetta ai cereali dovessero trovare corrispondenza nel peso della pagnotta prescritto in quel periodo.

I tentativi del papa Borghese, intrapresi fin dall’inizio, di unificare e di portare chiarezza nell’amministrazione si estesero in primo luogo alle finanze nelle quali, a causa di rilevanti aumenti dell’indebitamento pubblico, si creò un forte bisogno di risanamento. Per realizzarli il papa impose economie mediante la diminuzione delle spese, utilizzando nuove fonti di entrate, riducendo degli oneri debitori mediante l’abbassamento dei tassi di interesse, estinguendo i debiti.

A causa del carattere ancora prevalentemente patrimoniale dell’organizzazione e della struttura degli uffici pubblici, i risparmi nel settore del personale della Curia e dello Stato pontificio si dimostrarono difficili; risultarono più facili i risparmi realizzati sulle spese ordinarie relative alla gestione della Corte papale.

La parte principale di questa spesa era costituita da somme stanziate per costruzioni all’interno dello Stato pontificio ed in particolare a Roma. L’effetto generale perseguito sembra orientato chiaramente a favore del benessere pubblico e della cura dei sudditi.

La cura dell’immagine di un papato in trasformazione ebbe però la sua espressione più monumentale, all’inizio del XVII secolo, nei lavori ordinati in S. Pietro. Se la nuova chiesa, concepita secondo i progetti di Michelangelo come costruzione centrale, aveva gradualmente sostituito la vecchia S. Pietro, nel 1605, peraltro, rimaneva ancora in piedi una parte considerevole della navata originale, compreso il famoso atrio. Carlo Maderno vinse il concorso bandito, al quale parteciparono architetti di fama. I lavori furono accelerati al massimo, tanto che la facciata venne completata già nel 1612 e la navata due anni più tardi. L’iscrizione, visibile da lontano, diventò oggetto di pasquinate perché poneva in secondo piano la consacrazione al principe degli apostoli ed evidenziava sulla parte frontale il nome di famiglia e il luogo di origine del papa committente dell’opera. Altrettanto costosi rispetto ai lavori relativi alla basilica risultarono i lavori concernenti il Palazzo Vaticano commissionati dal papa. La costruzione della cappella Borghese in S. Maria Maggiore, costruita per motivi dinastici, luogo di sepoltura del pontefice, del cardinale nipote e della sua famiglia completava il patrimonio immobiliare dei Borghese

Nel 1620, lo stato di salute del papa peggiorò visibilmente.

In campo ecclesiastico molti cardinali rimproverarono al papa un atteggiamento troppo tollerante verso il non rinnovamento che avrebbero voluto più radicale e ispirato al Concilio di Trento. Paolo V promosse, inoltre la canonizzazione, celebrata il 1° novembre 1610, di Carlo Borromeo quale simbolo per eccellenza della riforma cattolica, ma anche di una sintesi di santità e cardinalato che ben si adattava, perciò, a proiettare un’immagine positiva del ruolo curiale.

L’Inquisizione tenne un comportamento ampiamente moderato, molto rare le esecuzioni di eretici.

Era stata intesa soprattutto come un cordone sanitario contro la penetrazione di dogmi e di libri protestanti e dovrebbe aver agito in modo conseguente. Queste tendenze si rispecchiarono anche nel rapporto fra gli organi ecclesiastici di vigilanza e Galilei. Nel febbraio 1616, lo scienziato venne invitato ad un colloquio con il cardinale Bellarmino nel corso del quale gli vennero imposti limiti vincolanti concernenti la dottrina del sistema eliocentrico del mondo; però, sulla portata di tali limiti, i modi di concepirli e di applicarli da parte di Galilei e dell’Inquisizione furono divergenti, come sarebbe emerso nel processo del 1632. È peraltro da ricordare che in questa fase non si arrivò alla proibizione formale degli scritti galileiani, e tanto meno al loro rinnegamento o condanna; in via precauzionale Galilei si fece garantire per iscritto la suddetta situazione. Lo status e il prestigio dello scienziato, sostenuto da una adeguata protezione, trovarono al contrario riscontro nel fatto che in questa occasione Galilei venne ricevuto per un lungo colloquio da Paolo V e ricevette da quest’ultimo delle garanzie tranquillizzanti.

Muore a Roma nel 1621 e viene sepolto in Santa Maria Maggiore.

 

 

Lo stemma papale riprende integralmente quello della famiglia Borghese e si blasona: «D’azzurro, al drago spiegato d’oro, col capo del secondo caricato di un’aquila spiegata di nero, coronata d’oro».

In alcuni testi lo stemma dei Borghese è riportato come reciso, vale a dire come troncato come da un colpo d’ascia.

 

Note di Bruno Fracasso

 

liberamente tratte dal “Dizionario biografico” Treccani

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

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Profilo araldico


«D’azzurro, al drago spiegato d’oro, col capo del secondo caricato di un’aquila spiegata di nero, coronata d’oro».

Oggetti dello stemma:
aquila, drago
Attributi araldici:
caricato, coronato, spiegato

LEGENDA

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