Padre Giovanni Inghirami S.P.
Padre Giovanni Inghirami S.P.
Storia e informazioni
Lo stemma dell’antica famiglia volterrana degli Inghirami si blasona: “inquartato: al 1º e 4º d’oro all’aquila di nero coronata d’oro; al 2º e 3º d’azzurro a tre ruote d’oro, poste due e una” e diede al nostro Paese diversi studiosi, tra i quali si distinsero: l’umanista Tommaso (1470-1516), l’archeologo Francesco (1772-1846), fratello di Giovanni, celebre astronomo e matematico.
Padre Giovanni Inghirami nacque a Volterra il 26 aprile 1779 dal patrizio Niccolò e da Lidia Venuti, nobile cortonese. Rimasto orfano di padre a soli sette anni, entrò nel collegio delle Scuole Pie di Volterra (dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie, meglio noti come Padri Scolopi – dalla denominazione latina Scholarum Piarum – o Piaristi) e più tardi, in quello, sempre degli Scolopi, di Firenze. Presso questo collegio seguì gli studi teologici e scientifici. Tra i suoi allievi ebbe Giovanni Maria Mastai Ferretti, futuro papa Pio IX.
L’11 dicembre 1795 entrò ufficialmente nella Congregazione degli Scolopi. Rientrato a Volterra, scrisse il suo primo saggio, Principi idromeccanici (Firenze 1803), e due anni dopo, nel 1805, La statica degli edifici lavori che furono molto apprezzati dai confratelli Stanislao Canovai e Gaetano di San Vincenzo Del Ricco, che erano stati suoi insegnanti, i quali gli chiesero il ritorno a Firenze affinché potesse loro succedere in futuro nella cattedra di matematica e astronomia.
Nel 1808 ottenne l’incarico di redigere una carta militare del Regno di Etruria.
Nel novembre del 1811, deceduto padre Canovai, padre Inghirami assunse la cattedra di matematica superiore e tre anni dopo ottenne dal Magistrato Municipale di Firenze i fondi necessari per proseguire il lavoro sulla carta militare.
Nello stesso periodo assunse anche l’insegnamento dell’astronomia, sostituendo Del Ricco, ormai anziano, e proseguendo gli impegnativi rilievi geodetici sul campo di tutto il Granducato, il granduca Ferdinando III di Asburgo-Lorena gli affidò la direzione dell’Osservatorio Astronomico del Museo di Fisica e lo incluse tra i membri della Deputazione incaricata di redigere un nuovo Catasto (che gli offrì l’occasione di eseguire una triangolazione generale per una nuova carta topografica della Toscana).
L’attività di don Inghirami divenne frenetica: nel 1820 pubblicò a Firenze le Effemeridi Planetarie di Venere, Giove e Marte per uso della navigazione. Nel 1825 l’Accademia di Berlino gli propose di redigere un Atlante Celeste con stelle fino alla 10ª magnitudine e, insieme con il confratello P. Tanzini, stilò la mappa con la posizione di 3750 stelle. Al 1826 risale, invece, lo studio intitolato Metodo e tavole per costruire un’efemeride di occultazioni delle fisse sotto la luna.
Divenne membro di numerose accademie, fra cui quelle della Crusca, dei Quaranta e le accademie geografiche di Berlino e di Londra.
Nel 1827, eletto Provinciale delle Scuole Pie del Granducato, si prodigò per ampliare il Collegio di Firenze e fondare una nuova Casa di istruzione per i giovani. Introdusse un corso regolare di insegnamento della geografia e pubblicò gli Elementi di geografia ad uso delle Scuole Pie con un atlante e un trattato esemplare della sfera armillare.
Nel 1830, dopo osservazioni prolungate per 14 anni, pubblicò, sotto il patronato del granduca Ferdinando III, una Carta topografica e geometrica della Toscana in scala 1:200.000.
Gli Elementi di matematiche furono il suo ultimo lavoro prima che la vista lo abbandonasse quasi del tutto, cosa che non gli fece trascurare l’insegnamento: proseguì chiamando alla lettura e allo sviluppo dei calcoli gli allievi.
Nel 1839 i confratelli lo convinsero a sottoporsi a un intervento chirurgico di rimozione della cataratta che gli ridiede, in parte, la vista; poco dopo prese la decisione di rinnovare il gabinetto astronomico delle Scuole Pie.
Contemporaneamente si prodigò per ampliare e sistemare la cappella delle reliquie con nuove donazioni. Dopo l’elezione a Vicario Generale degli Scolopi nel 1844 fu costretto a trasferirsi a Roma, ma la lontananza dai suoi studi scientifici gli rese insopportabile la vita romana, tanto che dopo un anno chiese udienza al papa per rassegnargli le dimissioni. Il papa acconsentì che tornasse in Toscana ma volle che conservasse l’incarico fino al 1848, anno della scadenza. La decisione del pontefice non era priva di motivazioni: padre Inghirami infatti, portò avanti egregiamente il suo mandato riuscendo tra l’altro a ottenere la riapertura delle Scuole pie in Russia e in Polonia.
Non era ancora scaduto il mandato papale, che nel 1846 il granduca Leopoldo II lo chiamò a far parte della commissione incaricata del riordinamento delle Scuole Pubbliche.
Al compimento del settantesimo anno decise di lasciare ogni incarico pubblico, ma non abbandonò la Specola di Firenze, da dove osservò l’eclissi di Sole del 28 luglio 1851.
Morì a Firenze poco dopo: 15 agosto 1851.
Da lui prendono il nome una valle sulla Luna ed un cratere, il cratere Inghirami.
© 2023, Massimo Ghirardi
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Disegnato da: Massimo Ghirardi
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