Ordine di San Paolo primo eremita


Ordine di San Paolo primo eremita

L’Ordine di San Paolo primo eremita, o paolini (in latino Ordo Fratrum S. Pauli Primi Eremitae; in polacco Zakon Świętego Pawła Pierwszego Pustelnika, o semplicemente Ojcowie Paulini; sigla O.S.P.P.E.), è un istituto religioso maschile di diritto pontificio.

La tradizione che fa risalire l’inizio dell’ordine al IV secolo e all’azione di Paolo di Tebe è priva di fondamento storico, le origini dell’ordine, in realtà, risalgono al movimento eremitico ungherese del X secolo, ma solo nel duecento si giunse a una vita comunitaria. L’approvazione pontificia giunse nel 1309 e l’ultima approvazione delle sue costituzioni si ebbe il 26 agosto 1986.

I paolini hanno progressivamente mitigato la tendenza eremitica dando spazio alle attività pastorali; conducono una vita contemplativa e attiva, che si limita al ministero sacerdotale nelle chiese dell’ordine, secondo le necessità dei fedeli.

Attorno al 1225 il vescovo di Pécs, Bartolomeo, riunì una comunità di eremiti presso la chiesa di San Giacomo a Ürög, sui monti Mecsek, dando loro una regola basata sulla vita comune, la preghiera, il digiuno e il lavoro manuale: la comunità era sottoposta alla giurisdizione del vescovo.

Una seconda comunità di eremiti fu riunita verso il 1250 presso la chiesa di Santa Croce a Pilisszentkereszt, sui monti Pilis, da Eusebio, canonico cattedrale di Esztergom: gli eremiti adottarono la regola data del vescovo Bartolomeo alla sua comunità.

Le due comunità si riunirono in un’unica famiglia religiosa posta sotto la protezione di san Paolo.

Verso il 1262 Eusebio ottenne da Roma un’approvazione temporanea dell’ordine, ma per l’approvazione definitiva papa Urbano IV volle prima informarsi presso Paolo, vescovo di Vesprém che ampliò la regola e avvicinò lo stile di vita dei monaci a quello dei canonici capitolari mantenendoli sotto la giurisdizione dei vescovi ma dando loro la libertà di eleggersi i superiori.

Nasce così la richiesta alla Santa Sede per l’approvazione dell’ordine: il 13 dicembre 1308 il cardinale Gentile da Montefiore, legato di papa Clemente V, concesse ai monaci di adottare la regola di sant’Agostino e il 15 gennaio 1309 approvò l’ordine in nome del pontefice.

L’ordine si diffuse rapidamente in Slavonia, Dalmazia, Istria e Palestina e nelle comunità eremitiche della Germania, che si riunirono in una congregazione paolina: nel 1340 gli eremiti tedeschi si unirono all’ordine,

Il 17 ottobre 1371, con la bolla Religiosam vitam eligentibus, papa Gregorio XI concesse l’approvazione definitiva all’ordine che veniva esentato dalla giurisdizione dei vescovi e posto sotto la diretta protezione della Santa Sede e fu confermata la regola di sant’Agostino. L’ordine conobbe un rapido sviluppo e arrivò così a contare case in Ungheria, in Transilvania, in Slavonia, in Polonia, in Germania, in Portogallo, in Austria, in Dalmazia, in Istria e a Roma.

Agli inizi del Cinquecento lo sviluppo dell’ordine subì una violenta battuta di arresto dovuta al passaggio dell’Ungheria meridionale sotto il governo ottomano, nel 1526: molti monasteri, con i loro archivi e biblioteche, andarono distrutti e parecchi paolini perirono; molti migrarono in Polonia e altri in Portogallo, donde alcuni partirono per le missioni in America Latina.

Grazie allo spirito della devotio moderna, introdotto nell’ordine da Gregorio Gyöngyösi, i paolini conobbero una nuova fioritura spirituale. Il prestigio dell’ordine fu risollevato dalla nomina del cardinale paolino Giorgio Martinuzzi, reggente del regno d’Ungheria.

La crisi politica e i disordini interni causarono un notevole rilassamento della disciplina monastica e, nel 1632, papa Urbano VIII ordinò una visita apostolica dando l’incarico a Ivan Tomko Mrnavić, vescovo di Bosnia che valutò criticamente la situazione e suggerì di unire i paolini all’ordine dei frati predicatori.

La situazione critica fu superata grazie al generalato di Niccolò Staszewski che fece redigere delle nuove costituzioni nello spirito del Concilio di Trento e ne ottenne l’approvazione da papa Urbano VIII il 7 agosto 1643.

Recuperato l’antico vigore, l’ordine poté contribuire a contrastare la diffusione delle idee protestanti in Ungheria e in Polonia.

Poiché i paolini si ergevano a baluardo dello spirito nazionale nei territori non austriaci soggetti alla casa d’Asburgo, nel 1770 l’imperatrice Maria Teresa proibì ai monaci di accettare nuovi novizi; suo figlio Giuseppe II proibì ai religiosi ogni relazione con i superiori residenti all’estero e in seguito iniziò a chiudere i monasteri finché, con editto del 7 febbraio 1786, soppresse l’intero ordine. Fuori dai domini asburgici, i monasteri paolini negli stati del re di Prussia sopravvissero fino al 1819 e quelli nell’Impero russo fino al 1864. Rimasero attivi i soli monasteri di Jasna Góra a Częstochowa e di Santo Stanislao a Cracovia.

Quando, nel 1918, la Polonia tornò indipendente, i due monasteri di Częstochowa e Cracovia si riunirono sotto il governo di un visitatore apostolico.

Tra il 1926 e il 1927 si tenne un capitolo generale in cui vennero eletti un nuovo superiore generale e il suo consiglio e vennero riviste le costituzioni, adattate al nuovo codice di diritto canonico e alle mutate condizioni storiche, che ricevettero l’approvazione di papa Pio XI nel 1930.

Con notevoli difficoltà, l’ordine riuscì a ripenetrare in Ungheria dove, nel 1934, ricevettero i monasteri di Budapest e Pécs; sempre nel 1934 i paolini riuscirono a ristabilire la procura generale a Roma inizialmente presso la chiesa di Santa Caterina della Rota, poi presso quella di Gesù Nazareno all’Argentina.

In origine l’abito dei paolini era grigio ma, attorno al 1341, fu adottato un abito interamente bianco sia per distinguersi dalle altre comunità di eremiti sia in omaggio al loro patrono san Paolo che fu visto da sant’Antonio volare in cielo avvolto in bianche vesti.

L’abito era in panno vile e costituito da una tunica lunga fino alle caviglie e stretta in vita da una cintura di lino dalla quale pendeva una corona del rosario con grani di colore nero, da uno scapolare moderatamente ampio e da un cappuccio che dietro doveva essere lungo fino alla vita; l’abito era completato da un ampio mantello bianco. Dopo il Concilio di Trento, i monaci iniziarono a indossare uno zucchetto bianco sul capo.

Lo stemma riporta, con la sua simbologia a San Paolo, considerato, erroneamente, il fondatore dell’ordine. San Paolo, nato a Tebe, forse nell’anno 230, fuggì nel deserto a soli 16 anni, durante la persecuzione di Decio ove, secondo la tradizione tramandataci da San Girolamo, visse per ben novant’anni, nutrendosi del pane che gli veniva portato da un corvo.

Alla morte di Paolo, sempre secondo la testimonianza di San Girolamo, si recò da lui Sant’Antonio abate, che ne seppellì il corpo, deponendolo in una fossa scavata, secondo la leggenda, da due leoni. Per questo motivo lo stemma dell’Ordine dei Monaci Paolini raffigura una palma, due leoni e un corvo con un pezzo di pane nel becco.

Il motto sotto lo scudo ricorda la missione eremitica dell’Ordine di San Paolo primo eremita “Solo cum Deo solo” si può tradurre “solo, solamente con Dio”.

 

Note di Bruno Fracasso

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

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