Ordine dei Frati Scalzi della Beata Maria Vergine del Monte Carmelo


Ordine dei Frati Scalzi della Beata Maria Vergine del Monte Carmelo

L’Ordine dei Frati Scalzi della Beata Maria Vergine del Monte Carmelo o Carmelitani scalzi (in latino Ordo Fratrum Discalceatorum Beatae Mariae Virginis de Monte Carmelo) è un istituto religioso maschile di diritto pontificio.
L’ordine deriva dalla riforma scalza introdotta nel 1562 nel monastero femminile di San Giuseppe d’Avila da santa Teresa di Gesù ed estesa al ramo maschile dell’ordine carmelitano a opera di san Giovanni della Croce con la fondazione del conventino di Duruelo nel 1568.

Gli scalzi furono riconosciuti prima come provincia (1580) e poi come congregazione (1587) all’interno dell’ordine carmelitano, dal quale si separarono definitivamente nel 1593.

Dopo la separazione dal ramo “calzato” i religiosi si divisero in due congregazioni autonome (di San Giuseppe in Spagna e di Sant’Elia in Italia), riunite da papa Pio IX nel 1875.

L’abito dei frati è di colore bruno ed è costituito da veste talare stretta alla vita da una cintura, scapolare e cappuccio; nelle occasioni solenni si aggiungono cappa e cappuccio bianchi.

I carmelitani scalzi sono innanzitutto dediti alla vita contemplativa e, secondariamente, alle attività pastorali (direzione spirituale, predicazione) e al lavoro missionario.

 

I Carmelitani sono nati, verso la fine del XII secolo, da un gruppo indefinito e non identificato di laici, pellegrini e crociati, che stanchi della guerra o desiderosi di attendere l’ultima venuta del Signore e perciò si ritirano sulla montagna del Carmelo dove adottano uno stile di vita eremitico, comune in quei tempi, come opposizione e riforma del movimento monastico. Quei primi Carmelitani si dedicano all’orazione e alla meditazione della Parola di Dio.

Essi, ancor prima di strutturarsi in comunità – come avverrà con la Regola – furono eremiti indipendenti, alla ricerca della perfezione attraverso la solitudine e la lotta con il diavolo – caratteristica propria della spiritualità dei padri del deserto – e contro tutti i nemici dell’uomo, tra cui le passioni.

In un secondo momento, tra il 1206 e il 1214, chiedono al patriarca di Gerusalemme Alberto Avogadro, residente in San Giovanni d’Acri, una regola, una “forma di vita” per la comunità, nella quale si definisca l’ideale carmelitano come “vivere nell’ossequio di Gesù Cristo, servendolo fedelmente con cuore puro e buona coscienza”.

La mancanza di sicurezza in Terra Santa fa sì che i Carmelitani comincino ad emigrare verso l’Europa; si stabiliscano a Cipro, in Sicilia, Francia e Inghilterra. Nel 1291, con la caduta di San Giovanni d’Acri, termina la presenza dei Carmelitani sul Monte Carmelo.

La mitigazione della Regola e i suoi adattamenti alle nuove esigenze della vita religiosa volute da Innocenzo IV nel 1247, segna il passaggio dalle origini eremitiche dell’Ordine del Carmelo alla forma di vita mendicante. Si permette ai Carmelitani di fondare i conventi nelle città e dedicarsi all’apostolato come gli altri Ordini Mendicanti, anche se solo con il II° Concilio di Lione saranno ufficialmente Mendicanti insieme ai Domenicani, Francescani ed Eremiti di sant’Agostino.

Una volta stabiliti in Europa, cercano dei segni per essere riconosciuti dalla gente e sviluppano la devozione al profeta Elia, presentato nel duplice aspetto di prototipo dell’eremita dedicato interamente alla contemplazione e modello di vita attiva.

L’Ordine dei Carmelitani Scalzi riconosce Santa Teresa come madre e fondatrice. A differenza di altri Istituti, è l’unico Ordine che ha per fondatrice una donna ed è l’unico in cui il ramo femminile ha preceduto quello maschile.

Nella Madre Teresa si “conserva la continuità del Carmelo”: la novità non è il ritorno al passato, ma il progresso, lo sguardo verso il futuro, ciò che ci permette di pensare che santa Teresa “volle che nascesse un nuovo stile di vita religiosa”, ma sempre nella fedeltà alla Chiesa e dei santi padri eremiti del Carmelo.

Nelle Costituzioni, vengono definiti: “Un’Ordine antico che unisce la fedeltà alla tradizione spirituale del Carmelo con un’aspirazione permanente di rinnovamento”. Tradizione e rinnovamento sono due atteggiamenti legati ai Carmelitani Scalzi tramite la madre e fondatrice santa Teresa. Tra la visione dell’inferno nel 1559 – che spinge Teresa a vivere con maggiore perfezione la sua consacrazione – e la visita del Generale dell’Ordine, P. Rossi, ad Avila nel 1566, passano sette anni in cui si definisce l’ideale teresiano e dove prevale l’aspetto fondazionale su quello riformatore. Infatti, anche se Teresa si è innestata nella storia dell’Ordine con la ricerca della Regola primitiva, il desiderio di ritornare alla sorgente del carisma carmelitano (i “nostri padri da cui proveniamo”), la novità in lei è “la volontà di autodeterminazione” per qualcosa che, vissuto da lei interiormente, sarà trasmesso al gruppo o alla famiglia da lei iniziata.

In santa Teresa vi è una crescita che va dal suo desiderio di riformarsi, o di riformare il suo Ordine alla preoccupazione ecclesiale per l’unità della Chiesa nella vecchia Europa, sino alla preoccupazione apostolica missionaria dei nuovi spazi che si aprono per la Chiesa in America, il nuovo mondo.

Il termine di questo processo sarà lo sviluppo delle fondazioni che riempiranno il resto della sua vita (1567-1582) e la nascita dei Carmelitani Scalzi con san Giovanni della Croce e il P. Antonio di Gesù a Duruelo il 28 Novembre 1568. Ad essi trasmette non solo il suo stile di vita, ma anche la sua passione e preoccupazione per la Chiesa e la salvezza delle anime, il suo ideale apostolico e missionario.

A partire dal 1572 si aprirono numerose case in Andalusia non autorizzate dal priore generale; inoltre, nel 1574, fu eletto superiore provinciale di Andalusia Girolamo della Madre di Dio Gracián, che aveva professato tra gli scalzi di Pastrana. Ciò creò un attrito tra gli scalzi e il resto dell’ordine.

Il capitolo generale dei carmelitani celebrato a Piacenza nel 1575 condannò gli scalzi come “disobbedienti, contumaci e ribelli” e impose loro di lasciare i conventi andalusi fondati senza il consenso del priore generale. Il nunzio apostolico in Spagna, Nicolò Ormaneto, favorevole agli scalzi, rese inefficaci le decisioni del capitolo generale, ma ciò servì solo a inasprire il conflitto con i “calzati”, tanto che nel 1577 Giovanni della Croce fu arrestato ad Avila e incarcerato a Toledo: riuscì a fuggire dal carcere conventuale solo nove mesi dopo.

Gli scalzi, inoltre, convocarono illegittimamente un capitolo ad Almodóvar del Campo ed elessero un loro provinciale: il nuovo nunzio apostolico Filippo Sega, meno favorevole agli scalzi rispetto al suo predecessore, reagì destituendo il provinciale, abrogando gli atti del capitolo e scomunicando i partecipanti. I conventi degli scalzi vennero sottomessi a due carmelitani della comune osservanza.

Ma nel 1579 il nunzio Sega, nominò per le comunità della riforma scalza un vicario generale nella persona di Angelo de Salazar, già provinciale di Castiglia al tempo della fondazione del monastero di San Giuseppe.

Su istanza di Filippo II, con il breve Pia consideratione di papa Gregorio XIII del 22 giugno 1580, gli scalzi furono separati dai carmelitani “calzati” ed eretti in provincia. Il capitolo degli scalzi celebrato ad Alcalá il 3 marzo 1581 rese esecutivo il breve papale ed elaborò un primo corpo completo di costituzioni.

Il primo provinciale fu Gerolamo della Madre di Dio Gracián: sotto il suo provincialato, gli scalzi fondarono il loro primo convento fuori dal territorio spagnolo, a Genova nel 1584

Il successore di Gracián, Nicolò di Gesù Maria Doria, fu eletto il 10 maggio 1585. Egli mise un freno all’attività missionaria degli scalzi e agli sviluppi fuori della Spagna, concentrandosi sul consolidamento della riforma: organizzò le case esistenti in distretti o province, ottenne un procuratore generale per gli scalzi a Roma, fece abbandonare agli scalzi il rito gerosolimitano in favore di quello romano e ottenne l’erezione degli scalzi in congregazione con un proprio vicario generale. Nel 1588, Doria fu eletto vicario generale e formò un governo collegiale di sei consiglieri generali e, nel 1593, ottenne dal capitolo generale dell’ordine, riunito a Cremona, la completa separazione giuridica degli scalzi dal tronco principale dei carmelitani e papa Clemente VIII ratificò il voto del capitolo con la bolla Pastoralis officii del 20 dicembre 1593.[5]

Nicolò di Gesù Maria Doria, nominato preposito generale fino alla celebrazione di un nuovo capitolo generale, morì pochi mesi dopo: nel 1594 fu eletto il primo vero generale dell’ordine, Elia di San Martino.

Il Capitolo Generale del 1985 ha fatto sua la chiamata del Papa Giovanni Paolo II a far sì che il Vangelo e, di conseguenza, i grandi maestri spirituali, siano fonte di cultura in quanto promuovono nella persona gli autentici valori di libertà, giustizia e pace.

 

Lo stemma dell’Ordine si blasona: “Di argento alla montagna tanè cimata dalla croce latina dello stesso, alle tre stelle male ordinate dell’uno nell’altro. Lo stemma timbrato da una corona a cinque fioroni chiusa da un nimbo di stelle, con un braccio destro uscente che tiene una spada fiammeggiante”.

 

Gli elementi contenuti significano:

  • la montagna stilizzata di colore tané con i lati arrotondati ricorda la cappa e il Monte Carmelo in cui è nato l’Ordine;
  • le stella bianca rappresenta i carmelitani in cammino verso la cima del monte, le due tané i carmelitani che sono giunti alla cime della santa montagna;
  • la corona rappresenta il regno di Dio;
  • il braccio con la mano che impugna una spada fiammeggiante e una striscia con una citazione tratta dalle scritture sono il simbolo di Elia e la citazione è tratta dal primo libro dei Re: ZELO ZELATUS SUM PRO DOMINO DEO EXERCITUM, cioè “Ardo di zelo per il Signore Dio degli eserciti”;
  • le 12 stelle rappresentano l’indole mariana dell’Ordine;
  • la croce è l’elemento che distingue lo stemma dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi da quello del Carmelo di antica osservanza e risale al secolo XVII.

 

Note di Bruno Fracasso

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


Logo


Altre immagini


Nessun'altra immagine presente nel database

Profilo araldico


“Di argento alla montagna tanè cimata dalla croce latina dello stesso, alle tre stelle male ordinate dell’uno nell’altro. Lo stemma timbrato da una corona a cinque fioroni chiusa da un nimbo di stelle, con un braccio destro uscente che tiene una spada fiammeggiante”.

 

Colori dello scudo:
Tané, argento
Oggetti dello stemma:
croce latina, montagna, stella
Attributi araldici:
cimato, dell'uno nell'altro, male ordinato

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune