Onorio III – Savelli
Onorio III – Savelli
Storia e informazioni
L’origine familiare di Onorio III costituisce un tema complesso: se appare certa la nascita romana è insostenibile sia la tradizionale attribuzione ai Savelli sia quella ai Capocci. Il dato di maggior rilievo è di carattere negativo. Tanto i cronisti contemporanei quanto tutti gli autori che fino al XV secolo hanno fornito notizie su Onorio III mostrano di ignorarne la provenienza familiare.
Nel 1192, un venticinquennio prima della sua elezione a pontefice, nel Liber censuum, il camerario Cencio parla in tono modesto delle sue origini, tacendo ogni rapporto di parentela e affermando che dalla culla in poi era sempre stato in tutto sostenuto ed educato dalla Chiesa.
Il padre si sarebbe chiamato Almaricus, nome sconosciuto a tutte le famiglie romane di consistente livello.
Nessuno dei nipoti noti appare caratterizzato da un’ampiezza di capacità patrimoniali e politiche. Nelle fonti dei decenni successivi due nipoti, e poi i loro eredi, risultano forniti di proprietà fondiarie di un certo rilievo, e finanche di un modesto possesso signorile: una frazione del piccolo “castrum” di Sant’Onesto, ad est di Roma.
La menzione di rapporti di parentela più remoti, espressi con il generico termine di “consanguineus”, che legavano il papa al futuro cardinale Pietro Capocci e al chierico Giovanni “de Tebaldo”, riconducono all’ambiente delle famiglie romane e campanine che nella seconda metà del XII secolo trovavano nel Comune capitolino e soprattutto negli uffici di Curia un veicolo di affermazione sociale, sia pure condotta con disparità di risultati.
Quanto all’attribuzione ai Savelli, è in realtà frutto di una fortunata invenzione erudita. Nel 1553-1555, l’agostiniano Onofrio Panvinio, uno dei maggiori storici del tempo, ricevette dal cardinale Giacomo Savelli l’incarico di scrivere una storia della famiglia. Il Panvinio cercò allora di dare un solido fondamento erudito alla tendenza, episodicamente affiorata in compilazioni anteriori, ad attribuire alla famosa stirpe romana non solo Onorio III, ma anche Onorio IV.
A tal fine, lo storico pubblicò alcuni documenti autentici, ma interpolandovi espressioni e riferimenti che provassero l’appartenenza di Onorio III al casato del suo committente. Questa operazione ha avuto un successo impressionante fin quando è stato dimostrato che nei documenti originali i passi citati dal Panvinio non esistevano.
Egualmente da rifiutare anche la recente identificazione dei Capocci come famiglia di origine con argomenti debolissimi e mal posti.
La vicenda personale di Onorio III rappresenta, con la sua ascesa tutta interna agli apparati di Curia il ruolo crescente giocato, nella selezione sociale e nella creazione di élites prelatizie.
Nella breve introduzione al Liber censuum, che data al 1192, Cencio si qualifica come canonico della basilica di Santa Maria Maggiore e ricorda che egli ricopriva la carica di camerario della Chiesa già dal tempo di Clemente III, in sintonia con la prima attestazione documentaria del suo importantissimo incarico curiale, che appunto risale al 22 gennaio 1188.
Il Liber censuum Ecclesiae romanae rappresenta il primo elenco dettagliato delle entrate “regolari” della Chiesa di Roma e fu portato a termine da Cencio nel 1192 quando era pontefice Celestino III.
La sua attività di abile amministratore delle finanze papali gli valse la nomina a cardinale diacono del titolo di Santa Lucia in Orthea da parte di Celestino III e lo pose anche a capo della Cancelleria pontificia. Fu spesso impiegato come uditore del tribunale curiale e ricevette anche importanti incarichi politico-diplomatici, tra i quali, nel 1196, quello di condurre le trattative con l’imperatore Enrico VI.
Con Innocenzo III non sembrano invece esistere buoni rapporti a giudicare dalla progressiva estromissione di Cencio da ogni importante incarico curiale. La duplice carica di camerario e cancelliere fu annullata, e Cencio si dimise definitivamente dai due uffici curiali quando nella primavera del 1200 fu promosso cardinale prete del titolo dei Santi Giovanni e Paolo.
Il 16 luglio 1216 moriva a Perugia Innocenzo III ed il giorno seguente, celebrate le esequie del defunto, i cardinali si riunivano per eleggere il suo successore. Sappiamo che il conclave fu breve, finì il 18 luglio, e che i cardinali giunsero alla designazione del nuovo pontefice in relativo accordo. Il neoeletto fu consacrato nella chiesa di San Pietro di Perugia il 24 luglio.
Giacomo di Vitry, lo descrive come un buon vecchio, religioso, molto semplice e benigno, prodigo nei confronti dei poveri. Fece, quindi, ritorno a Roma il 4 settembre e fu accolto in Laterano da un tripudio di popolo.
Si trattava, semmai, di proseguire l’opera innocenziana di repressione dell’eresia, dell’organizzazione della crociata, della scelta sulla politica verso il Regno di Sicilia, dell’affermazione della superiorità feudale su molti Regni della cristianità al consolidamento delle vaste acquisizioni temporali in Italia centrale e nel Comune di Roma e, in effetti, furono le linee di fondo del pontificato di Onorio III.
Fra le tante questioni aperte, la crociata è stata per tutto il pontificato di Onorio III la preoccupazione principale. La spedizione cristiana avrebbe dovuto muovere da Brindisi e Messina nel luglio del 1217. A livello finanziario, il papato assunse in misura importante l’iniziativa di raccogliere fondi. A livello politico, per assicurare la più ampia partecipazione alla spedizione, Onorio III si impegnò in una vasta opera di pacificazione in Italia e all’estero.
Per i restanti anni del pontificato, la storia della crociata è innanzitutto quella degli sforzi per organizzare un nuovo contingente di spedizione, e per imporre la diretta partecipazione dell’imperatore.
Il riconoscimento imperiale dell’ampia espansione dei domini papali avvenuta con Innocenzo III era oggetto di costante preoccupazione da parte della Curia e materia centrale degli incontri al vertice fra O. e l’imperatore. Nonostante Federico II avesse due volte confermato, nel 1219 e nel 1221, le anteriori donazioni di tali territori (aggiungendovi anzi, nel 1219, la zona appenninica di Massa Trabaria), il papa temeva che il ritiro svevo dall’Italia centrale fosse solo provvisorio. Di qui la continua richiesta di nuove conferme, e l’ansiosa vigilanza contro ogni intromissione imperiale. Nel complesso, va peraltro notato che la costante collaborazione con l’Impero impedì che venissero messi seriamente in discussione la superiore autorità del papa e il suo diritto a costituire, in quelle regioni dell’Italia centrale, strutture di controllo politico, fiscale e militare.
Onorio III ottenne anche che l’imperatore rinunciasse in favore della Chiesa ad ogni pretesa sui beni matildini.
Per quanto riguarda il rapporto con Roma, il pontefice non tentò mai di imporsi con eccessiva fermezza. La propensione di Onorio III verso la mediazione limitò l’entità dei contrasti, ma fece anche sì che il partito antipapale riprendesse progressivamente vigore.
Il papa, come i suoi predecessori, stabilì la sua residenza nel Palazzo del Laterano, ma, al pari di Innocenzo III, lasciò regolarmente Roma per trascorrere i mesi estivi lontani dalla calda e malsana città. I rapporti tra Onorio III e i Romani si guastarono nuovamente nei primi mesi del 1222, quando il Comune capitolino intervenne in un conflitto interno alla città di Viterbo. Dopo la battaglia di Monte Ardito, Onorio III offrì la sua mediazione per ristabilire la pace, ma il progettato intervento papale incontrò la ferma opposizione dei Romani, che insorsero e costrinsero il pontefice a rifugiarsi nel Lazio meridionale. La situazione si fece di nuovo critica nel maggio 1225. Nella primavera del 1225 Onorio III fu costretto a fuggire a Tivoli. Ai primi di febbraio del 1226, il papa poté rientrare a Roma, dove era stata ristabilita la pace.
Quanto al governo dello Stato della Chiesa, è stato notato come, nonostante l’azione del suo predecessore e le circostanze abbastanza favorevoli, nel complesso, Onorio III non riuscisse a raggiungere risultati consistenti.
Importanti furono gli interventi del pontefice sia verso i nascenti Ordini mendicanti, sia in materia di predicazione, insegnamento universitario e diritto canonico, accolse con favore la richiesta di approvazione della Regola dei Domenicani. Il papa, probabilmente su richiesta diretta di Francesco che avrebbe incontrato nel 1220 a Viterbo, nominò Ugolino cardinale protettore dei Minori e intervenne sulle strutture interne della “fraternitas” francescana, favorendone l’assimilazione agli Ordini religiosi già esistenti e sancendo, oltre al noviziato annuale, il potere coattivo dei superiori sui frati. La Regola del nuovo ordine, la cosiddetta Regula bullata, fu infine ufficialmente approvata da Onorio III il 29 dicembre 1223. Tre anni dopo, il papa approvava pure la Regola dei Carmelitani. Il cronista inglese Matteo Paris narra come, dieci giorni prima della sua morte, il pontefice, “exhaustus et semivivus”, fu fatto affacciare ad una finestra del suo Palazzo del Laterano per dimostrare come egli fosse ancora in vita al popolo romano, convinto, invece, della sua morte e pronto al tradizionale saccheggio dei beni papali. Morì il 18 marzo 1227 e le esequie si tennero, come era allora consueto, il giorno successivo. Fu sepolto nella basilica di Santa Maria Maggiore e la sua tomba divenne oggetto di devozione pubblica.
Lo stemma attribuito a Onorio III è quello della famiglia Savelli. Lo stemma, ovviamente, è tutt’altro che sicuro dato che viene messa fortemente in dubbio la sua appartenenza a quella famiglia. Lo stemma si blasona: «Bandato di rosso e d’oro, col capo d’argento caricato di due leoni affrontati tenenti una rosa su cui è posato un uccello, il tutto di rosso, e sostenuto da un filetto di verde».
Note di Bruno Fracasso
STEMMA RIDISEGNATO

Massimo Ghirardi
STEMMA ACS

STEMMA UFFICIALE

LOGO

BLASONATURA
«Bandato di rosso e d’oro, col capo d’argento caricato di due leoni affrontati tenenti una rosa su cui è posato un uccello, il tutto di rosso, e sostenuto da un filetto di verde».
ALTRE IMMAGINI
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