Gregorio XIII – Boncompagni


Gregorio XIII – Boncompagni

Nacque a Bologna il 1° genn. 1501, da Cristoforo e da Angela Marescalchi. Studiò giurisprudenza a Bologna, dove conseguì il dottorato in utroque iure nel 1530 e insegnò tra il 1531 e il 1539. Il 23 febbraio e il 2 marzo 1539 ebbe rispettivamente l’ufficio di abbreviatore del parco maggiore e di sollecitatore delle lettere apostoliche, due cariche venali. Il 1° giugno successivo ricevette a Bologna la prima tonsura.

 

È probabile che alla fine del 1540 il Boncompagni si stabilisse a Roma, dove da subito esercitò l’attività nell’amministrazione della giustizia con la nomina a secondo collaterale di Campidoglio, uno dei due giudici del tribunale civile. La sua carriera progredì rapidamente grazie anche al sostegno del cardinale Pier Paolo Parisio, che consentì al Boncompagni di essere nominato, il 7 gennaio 1545, referendario utriusque signaturae. Considerato esperto eminente di diritto canonico, il Boncompagni fu coinvolto nel concilio di Trento, già dal 20 gennaio 1547, sulle capitali questioni dell’obbligo della residenza dei vescovi e della riforma disciplinare. In seguito alla decisione di spostare il concilio a Bologna (11 marzo 1547), il Boncompagni si trasferì nella sua città, da dove tornò a Roma nel marzo del 1548, in qualità di giurista del concilio, per discutere e difendere la traslazione, fortemente osteggiata da Carlo V.

 

A Bologna l’8 maggio 1548 ebbe da una donna nubile, Maddalena Fulchini, un figlio naturale, Giacomo per salvaguardare l’eredità paterna.

 

Giulio III, asceso al soglio pontificio nel 1550, non gli conferì incarichi nella seconda fase del concilio di Trento e il Boncompagni si dedicò alla sua carriera in Curia e nel governo acquistando la carica di segretario pontificio.

 

Fu con Paolo IV Carafa che il Boncompagni tornò a dedicarsi allo studio della riforma della Chiesa.

Nel gennaio 1559, il Boncompagni fu chiamato dal pontefice a far parte del Consiglio di Stato. Nominato vescovo di Vieste il 20 luglio in vista della nunziatura in Germania, il Boncompagni aveva già resignato il vescovato all’inizio del pontificato di Pio IV (26 dicembre 1559).

 

Sia il nuovo papa sia il cardinale nipote, Carlo Borromeo, gli riconobbero un ruolo decisivo nel concilio di Trento, nuovamente indetto nel 1560.

 

Rientrato a Roma, fu chiamato alle dirette dipendenze del cardinale Borromeo e il 12 marzo 1565 gli fu conferita la porpora e nel concistoro del 13 luglio Pio IV lo nominò legato a latere in Spagna.

La missione si rivelò subito complessa perché si dovette affrontare la dura posizione di Filippo II, che sin dall’inizio avanzò la pretesa di aggregare ai prelati venuti da Roma tutti i membri del Consiglio generale dell’Inquisizione spagnola.

 

Alla morte del pontefice, il Boncompagni lasciò la corte per partecipare al conclave. L’annuncio dell’elezione di Pio V, avvenuta il 7 gennaio 1566, lo doveva raggiungere sulla via del ritorno, ad Avignone.

 

Alla morte di Pio V, il 1° maggio 1572, il nome del Boncompagni figurava tra i papabili.

 

La sua candidatura non generava opposizioni dichiarate nelle corti cattoliche, né all’interno del Sacro Collegio. A suo favore giocavano la solida preparazione giuridica e la lunga esperienza maturata in Curia. Insieme col sostegno spagnolo ciò consentì la sua elezione tra il 12 e il 13 maggio 1572. Il neoeletto, elevato alla porpora il giorno di S. Gregorio Magno, scelse il nome di Gregorio XIII.

 

Con il nuovo papa la direzione della politica pontificia fu affidata al cardinale Tolomeo Gallio.

 

Non fu incline a favorire i nipoti, ma orientò la sua protezione verso il figlio per favorirne l’ascesa sociale, ma non l’inserimento nell’attività del governo. Nel maggio 1572 lo nominò castellano di Castel Sant’Angelo e il 17 aprile 1573 gonfaloniere generale di Santa Romana Chiesa, la più alta carica militare. Nel febbraio 1576 lo fece sposare con la ricca ereditiera Costanza Sforza di Santa Fiora e l’anno successivo provò ad assicurare a Giacomo, senza successo, il marchesato di Saluzzo. Nello stesso anno gli donò il marchesato di Vignola e poi il Ducato di Sora, nel Regno di Napoli e la relativa investitura fu concessa da Filippo II. A questo già considerevole patrimonio si aggiunse la contea d’Arpino.

 

Era solito seguire da vicino la trattazione delle singole questioni che usava talvolta studiare di persona, riservava a sé la decisione finale, dopo avere acquisito il parere di esperti e di cardinali particolarmente autorevoli, come Giovanni Morone, Girolamo Sirleto o Carlo Borromeo. Questo suo costume si trasferì nelle riforme istituzionali, orientate verso il potenziamento degli organi centrali di governo, come le congregazioni cardinalizie permanenti erette dai suoi predecessori (dell’Inquisizione, del Concilio, dell’Indice e dei Vescovi) e dalla creazione di congregazioni cardinalizie temporanee.

 

Il nuovo sistema istituzionale era destinato a trovare la sua definitiva configurazione con le congregazioni di Sisto V e doveva comportare l’accentramento dei poteri decisionali nelle mani del papa sottraendo prerogative al concistoro ormai in fase di declino.

 

Furono rafforzate le nunziature apostoliche, delle quali ampliò le competenze.

 

L’attuazione della riforma postridentina attraverso la sistematica applicazione dei decreti conciliari, la lotta contro eretici e infedeli saranno, come sotto Pio V, gli obiettivi prioritari della sua azione.

 

Una delle prime preoccupazioni del papa era il mantenimento e possibilmente l’ampliamento della coalizione antiturca che aveva conseguito la vittoria di Lepanto (1571); le aspettative del pontefice si dovevano presto rivelare infondate, ma ciò non fermò la sua azione in quel campo.

 

Perno dell’alleanza cristiana non poteva che rimanere la Spagna, ma la strategia di Filippo II era però in quel momento indirizzata verso un attacco contro i Barbareschi dell’Africa settentrionale.

 

La tregua firmata il 21 marzo 1580 da Filippo II vide la severa condanna del papa.

 

Attenzione particolare fu rivolta da Gregorio XIII all’impegno militare contro gli ugonotti e il papa saluto la strage di San Bartolomeo come una vittoria dei cattolici.

 

Analogamente lottò a lungo perché non venissero concesse deroghe ai principi luterani ottenendo parziali successi per l’appoggio dell’imperatore.

 

La morte dell’imperatore trasse il papa dall’imbarazzo. Accantonando le riserve sul Báthory, G. XIII accolse la legazione inviata a Roma e riconobbe il re di Polonia. Si trattò di una scelta felice, perché, contrariamente alle previsioni, il nuovo sovrano si doveva rivelare prezioso nella lotta contro i Turchi e nell’opera di restaurazione del cattolicesimo in Polonia.

 

Nel governo dello Stato pontificio le difficoltà incontrate dall’amministrazione papale nel controllare i contrasti tra fazioni cittadine scoppiati in alcuni centri urbani indicano come il processo di rafforzamento del potere centrale fosse lungi dall’avere raggiunto la piena attuazione.

 

Il suo pontificato riveste fondamentale importanza sotto il profilo religioso. La sistematica applicazione dei decreti del concilio di Trento diede impulso al rafforzamento del centralismo romano e ciò fu possibile attraverso le congregazioni romane, le nunziature e i nuovi centri di formazione sacerdotale.

 

All’inizio del 1573, fu resa operativa la congregazione dei Vescovi. Inizialmente alla congregazione fu affidato soprattutto il compito di seguire e coordinare il programma delle visite apostoliche. Nel giro di pochi anni furono ampliate le sue attribuzioni e rientrarono progressivamente nelle sue competenze i problemi derivanti dall’attuazione dei decreti tridentini, le questioni connesse con il governo spirituale delle diocesi e, in particolare, quelle relative alle comunità religiose femminili soggette all’autorità dell’ordinario diocesano.

 

Collegata alla correzione del Martyrologium Romanum è la riforma del calendario, che doveva rimanere indissolubilmente associato al nome di Gregorio XIII. La principale ispirazione dell’iniziativa l’esigenza di far coincidere il calendario solare con il calendario ecclesiastico. Già da tempo era noto agli esperti che l’errore nella stima della durata dell’anno, in base alla quale era stato elaborato il calendario giuliano, comportava un ritardo dell’anno civile rispetto all’anno solare. Per risolvere il problema del calendario,

nominò una commissione. Alla fine del 1577, il progetto il papa inviò il progetto ai principi e alle Università del mondo cattolico, affinché a loro volta lo trasmettessero ai matematici più competenti dei rispettivi paesi. Il 24 febbraio 1582, Gregorio XIII emanò la bolla “Inter gravissimas” con la quale stabiliva che al giovedì 4 ottobre di quell’anno seguisse il venerdì 15 ottobre e che non fossero considerati bisestili gli anni centenari non multipli di 400. Nei paesi cattolici la riforma fu accolta quasi immediatamente; i paesi protestanti invece tardarono nell’adottarla, anche a motivo dei termini imperativi con i quali la bolla papale la imponeva.

 

Il 23 marzo 1585 Gregorio XIII muore e viene sepolto nelle grotte vaticane.

 

Lo stemma di papa Gregorio XIII si blasona: “Di rosso, al drago spiegato e reciso di oro”.

 

L’arma è quella della famiglia Boncompagni: “Di rosso, al drago d’oro spiegato, reciso e sanguinante”. Del resto fu proprio Gregorio XIII a rendere la famiglia potente e ricca.

Nel secolo in cui visse il papa, il drago era il simbolo degli eretici e dei musulmani. La lotta feroce e continua del papa contro l’eresia e la Porta spiegherebbe l’assunzione del simbolo del drago reciso e sanguinante come simbolo della casata.

 

 

Note di Bruno Fracasso

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

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Profilo araldico


“Di rosso, al drago spiegato e reciso di oro”.
Oggetti dello stemma:
drago
Attributi araldici:
reciso, spiegato

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