Giovanni XXI – Julião


Giovanni XXI – Julião

Pedro Julião o Pedro Julião Rebolo, in italiano Pietro di Giuliano, nacque a Lisbona tra il 1210 e il 1220, anche se la sua vita è sufficientemente documentata soltanto a partire dal 1250.

Fu forse figlio del noto medico Julião Paes Rebolo, morto nel 1215 e seppellito nella cattedrale vecchia di Coimbra, cancelliere maggiore di Alfonso I del Portogallo, Sancho I del Portogallo e Alfonso II del Portogallo, e di sua moglie Mor Mendes e fratello più giovine di Gil Julianes Rebolo, noto come Mestre Gil, canonico tesoriere della cattedrale di Coimbra, cardinale sotto il nome di Egídio Júlio, il primo cardinale portoghese.

Pietro medico, detto Hispano, risulta in Siena come insegnante presso lo Studio comunale nel 1247.

Se il futuro papa coincide con l’autore delle opere attribuite a Pietro Hispano, il periodo di insegnamento a Siena dovrebbe rappresentare l’apice di un’intensa carriera accademica.

A partire dal 1250 possiamo tracciare con relativa certezza il percorso di Pietro di Giuliano poiché figura in decine di documenti tutti collegati con funzioni ecclesiastiche o con fatti politici nei quali è sempre denominato maestro e mai medico.

Nel primo di questi documenti datato a Guimarães, nel nord del Portogallo, l’11 giugno 1250, il maestro Pietro di Giuliano, decano di Lisbona e arcidiacono di Braga, chiamato alla fine del testo anche “Petrus yspanus”, è designato da re Alfonso III di Portogallo come suo portavoce nella disputa che il re aveva con il clero.

Fino al 1277, numerosi documenti forniscono testimonianza della movimentata carriera ecclesiastica e politica di Pietro di Giuliano e consentono di trovarlo alternativamente a Guimarães, a Leiria, a Lisbona, a Braga, a Lione, forse a Parigi e nelle città della Curia pontificia allora itinerante: Orvieto, Anagni, Viterbo. Pietro è sempre schierato a fianco del re nei suoi scontri con il clero e questa fedeltà costante spinge il re a proporlo, l’11 dicembre 1257, come priore della collegiata della chiesa di S. Maria di Guimarães, il priorato più ricco e redditizio del Portogallo peraltro non vacante. Il titolare del beneficio, invitato a cederlo, rifiutò però di farlo.

Poi avviene una separazione tra re e Pietro causato dall’opposizione di Pietro al favorito del re per il vescovato di Lisbona. Pietro contese l’elezione a Matteo, “magister” delle scuole locali, ma questi fu eletto con l’appoggio del re, di cui era un fedele sostenitore. Una fazione del Capitolo capeggiata da Pietro di Giuliano, contestò veementemente l’elezione e denunciò l’intromissione del potere secolare nel procedimento e le due parti ricorsero alla Curia romana. Fu proprio questa l’occasione che, nel 1261 o nel 1262, portò Pietro per la prima volta in Curia. Nonostante il suo appello, la scelta del Capitolo non fu cambiata. Come contropartita, Pietro divenne maestro delle scuole (“magister scholarum”) di Lisbona.

Durante la lunga e continuativa permanenza in Curia, Pietro partecipò alle attività del cardinale Ottobono Fieschi, futuro Adriano V, nellaCuria cardinalizia personale, doveva essere entrato. Sicuramente si trovava in Italia quando il Capitolo della cattedrale di Braga lo elesse unanimemente arcivescovo nel maggio del 1272.

Il 3 giugno 1273 Gregorio X lo nominò cardinale vescovo di Tuscolo e con questo titolo Pietro figurò nei lavori del II concilio di Lione. Il periodo di cardinalato non è molto noto, ma egli potrebbe aver svolto in quel lasso di tempo alcune missioni diplomatiche

Pietro di Giuliano fu eletto papa da un conclave che si riunì nel palazzo episcopale di Viterbo, probabilmente il 16 settembre 1276, per scegliere il successore di Adriano V, dove erano presenti nove membri del Collegio cardinalizio. Il principale artefice dell’elezione di Pietro di Giuliano fu Giangaetano Orsini, decano del Collegio cardinalizio e capo di una potente “familia” romana, che sarebbe stato anche il suo successore al soglio.

Il nuovo pontefice fu intronizzato nella cattedrale di S. Lorenzo a Viterbo il 20 settembre e prese il nome di Giovanni XXI, ma, per un errore di calcolo, non è mai esistito un papa Giovanni XX.

I primi due mesi di pontificato sono quelli di maggior attività della Cancelleria papale. Dopo l’intronizzazione G. volle dare immediata soluzione al delicato problema delle procedure per l’elezione del papa. Con la bolla Licet felicis recordationis mise per iscritto la sospensione verbale, pronunciata da Adriano V, della costituzione Ubi periculum, che stabiliva il regolamento del conclave e che era stata approvata dal II concilio di Lione ad onta della forte opposizione del Collegio dei cardinali di cui Pietro di Giuliano faceva già parte. Il papa spiegò che la costituzione era più dannosa che utile e informò che voleva riformularla. Negli stessi giorni ordinò anche l’istituzione di un tribunale canonico che appurasse le responsabilità degli abusi verificatisi nella Curia durante la “sedis vacatio”.

Nelle bolle e nelle lettere apostoliche, Giovanni XXI diede come orientamenti il consolidamento e la difesa del potere papale di fronte al potere temporale, lamediazione nei conflitti tra i Regni cristiani, l’avvicinamento e l’integrazione della Chiesa greca, ladiffusione dello spirito della crociata. Il registro papale sottolinea la capacità diplomatica con la quale si assecondarono tali orientamenti, coronata dal fatto che durante il suo pontificato non si scatenò né si consumò alcun grave conflitto. La “pax cristiana” mirava a concentrare gli sforzi dei Regni cristiani nella crociata di Gerusalemme e nel rafforzamento della supremazia del potere spirituale.

Il papa inviò a Costantinopoli i vescovi Giacomo di Ferentino e Goffredo di Torino con i domenicani Ranieri da Viterbo e Salvo da Lucca, che erano stati designati da Innocenzo V, ma non erano riusciti a partire a causa della morte di quel papa e della brevità del successivo pontificato di Adriano V. Essi dovevano proporre l’accordo di unificazione, che prevedeva il riconoscimento del primato del pontefice romano e la sottoscrizione di un simbolo di fede, anch’esso approvato dal concilio di Lione, per sottolineare l’accettazione da parte greca della dottrina trinitaria latina. Le azioni intraprese dai nunzi furono coronate da un parziale successo e l’imperatore Michele VIII Paleologo si inchinò all’autorità del papa. Furono inviati ambasciatori alla Curia, ma quando questi giunsero a Viterbo con la lettera il papa era appena morto.

Carlo d’Angiò esercitò un forte ascendente sulla Curia nel corso di vari pontificati, in quanto considerato utile a contenere l’imperatore germanico. Carlo pronunciò dinanzi al papa una promessa di sottomissione all’autorità papale

Il papa sostenne anche che la crociata era la sua grande preoccupazione. Nel corso del pontificato la predicazione della crociata si manifestò come strumento ideologico e politico centrale, con il quale si cercava di conseguire la coesione della Chiesa e l’unità tra i Regni cristiani, sotto il coordinamento del papato. La conclusione della raccolta di fondi era ancora ben lontana, ed è per questo che lungo tutto l’arco del pontificato non si registrano reali preparativi per l’avvio della crociata.

Il 14 maggio 1277 il crollo di un tetto o di una parte dell’appartamento papale coinvolse il pontefice, che, estratto dalle macerie ancora in vita, sopravvisse alle ferite solo sei giorni. Fu sepolto a Viterbo e la sua tomba fu posta nella navata sinistra della cattedrale di S. Lorenzo. I cronisti contemporanei sfruttarono la morte accidentale del papa, creando una leggenda nera intorno ad essa: la descrissero infatti come il castigo divino per non avere apprezzato i religiosi o per la magia cui si dedicava, o per la sua cattiva condotta, o per non aver rispettato le decisioni del concilio, o infine perché si vantava di aspettarsi di vivere ancora molti anni. Gli scrittori tedeschi e soprattutto i Domenicani, forse perché si consideravano colpiti dalle condanne del 1277 o perché il papa non li aveva protetti, espressero giudizi mordaci sul carattere di Giovanni XXI e sulla sua incapacità di governo e formularono ipotesi fantasiose sulle ragioni della sua morte. Di contro, la tradizione francescana gli fu ampiamente favorevole.

 

Non si hanno testimonianze coeve dello stemma di Pietro come cardinale e come papa, ma le edizioni più antiche mostrano uno scudo ovale inquartato: il quarto superiore sinistro e quello inferiore destro con tre crescenti su fondo argentato, il quarto superiore destro e l’inferiore sinistro con tre fasce verticali. Lo si blasona: «Inquartato nel primo e nel quarto d’argento ai tre crescenti montanti di rosso disposti 2,1; nel secondo e nel terzo di nero, a due pali d’oro».

 

Nota di Bruno Fracasso

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


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Profilo araldico


«Inquartato nel primo e nel quarto d’argento ai tre crescenti montanti di rosso disposti 2,1; nel secondo e nel terzo di nero, a due pali d’oro».

Colori dello scudo:
argento, nero, oro
Partizioni:
inquartato
Oggetti dello stemma:
crescente montante
Pezze onorevoli dello scudo:
palo
Attributi araldici:
disposto 2-1

LEGENDA

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