Diocesi di Sabina Poggio Mirteto
Diocesi di Sabina Poggio Mirteto
Storia e informazioni
Lo stemma della Diocesi di Sabina-Poggio Mirteto (Dioecesis Sabinensis-Mandelensis) ha come simbolo principale una grande stella d’oro, simbolo di Maria, che nelle Litanie della Vergine è definita “Stella Maris” e “Stella Matutina”, guida del fedele e simbolo di Speranza.
Come spiega il motto TOTA SABINA CIVITAS MARIAE (Tutta la Sabina è città di Maria) indica la particolare devozione alla Madre di Dio.
L’odierna Diocesi è piuttosto recente, nasce nel 1986 dall’ unione di due precedenti sedi episcopali: la diocesi del territorio della Sabina, attestata dal V secolo, sede cardinalizia; e la diocesi di Poggio Mirteto eretta nel 1841.
La storica regione della Sabina ebbe, almeno a partire dal V secolo, tre sedi vescovili: Forum Novum (Vescovio), Cures Sabini (Curi, oggi Passo Corese) e Nomentum (Mentana). Curi, primitiva capitale della Sabina e il cui vescovo aveva il titolo di episcopus Sabinensis, fu unita verso la fine del VI secolo a Nomento, a sua volta unita nella seconda metà del IX secolo con Vescovio (Forum Novum), che divenne così l’unica diocesi della Sabina. Da quel momento i vescovi portarono il titolo di episcopi Sabinensis e il luogo dove risedettero assunse il nome di Episcopium sabinense, da cui ha origine l’odierno toponimo di Vescovio, attuale frazione del Comune di Torri in Sabina.
La prima attestazione storica della diocesi di Forum Novum è nel Concilio Romano indetto da papa Ilario nel 465, al quale prese parte il vescovo Paolo. A partire da Giovanni I, che fu tra i padri del Concilio Lateranense del 649 voluto da papa Martino I per condannare l’eresia monotelita, i vescovi di Forum Novum assunsero il titolo di “vescovi della Sabina”.
Con la bolla Convenit apostolico moderamine del mese di maggio 944, papa Marino II confermò al vescovo Giovanni II tutti i possedimenti della sua Diocesi, stabilendone anche i confini, che arrivavano fino a Roma alle porte Pinciana e Salaria. La bolla confermava inoltre il definitivo assorbimento della diocesi di Nomento, probabilmente già soppressa da un secolo, e stabiliva la sede vescovile nella chiesa di Santa Maria Madre di Dio, oggi nota come Santa Maria della Lode, a Vescovio. La Diocesi comprendeva un territorio molto vasto, i cui confini oggi corrispondono all’incirca a quelli delle province di Rieti e di Roma. È «questa la ragione per cui il vescovo di Sabina a volte si firmava Episcopus utriusque Sabinae».
A partire dalla metà circa dell’XI secolo i vescovi di Sabina sono menzionati nei documenti coevi come cardinali, entrando così a far parte di quel gruppo ristretto di vescovi (i “vescovi suburbicari”) che collaboravano in modo stretto con i vescovi di Roma e la Curia romana per la gestione degli affari più importanti della Chiesa cattolica.
Dei quasi 60 cardinali-vescovi di Sabina con residenza a Vescovio, nel periodo compreso tra l’XI secolo e la fine del XV secolo, tre vennero eletti pontefici: Corrado della Suburra con il nome di Anastasio IV nel 1153; Goffredo da Castiglione con il nome di Celestino IV nel 1241; e Gui Foucois con il nome di Clemente IV nel 1265.
A causa dello spopolamento e della decadenza del borgo di Vescovio si rese necessario il trasferimento della sede vescovile in un luogo più consono. Così il 18 settembre 1495 con la bolla Sacrosancta Romana ecclesia, papa Alessandro VI trasferì la sede episcopale da Vescovio a Magliano Sabina poiché, come dice la bolla, l’antica sede «in loco campestri deserto et a nemine habitato est constituta». Venne eretta a nuova cattedrale la chiesa di San Liberatore.
Il card. Scipione Caffarelli-Borghese (1629-1633) ottenne da papa Urbano VIII un vescovo ausiliare per la Diocesi sabina; da questo momento saranno di fatto gli ausiliari a organizzare e gestire la pastorale ordinaria della diocesi. Niccolò Albergati-Ludovisi (1677-1681) si impegnò in particolare per la riforma dei costumi del clero diocesano e di quello regolare e per una maggiore vitalità del seminario vescovile.
Nel 1841, in occasione della fondazione della diocesi di Poggio Mirteto, furono contestualmente rivisti i confini della diocesi sabina con quelle confinanti. Il suo territorio fu notevolmente ridimensionato con la cessione di 21 centri alla nuova diocesi di Poggio Mirteto, altri 4 passarono alla diocesi di Narni e 4 alla diocesi di Tivoli. La stessa bolla unì al territorio della sede suburbicaria gli abitati di Farfa, Fara e Toffia, già appartenuti all’abbazia nullius di Farfa, e concesse ai cardinali vescovi di Sabina il titolo di “abati di Farfa“. Queste modifiche e soprattutto l’erezione della Diocesi di Poggio Mirteto incisero in modo determinante sulla configurazione territoriale della sede sabina; infatti, la nuova diocesi tagliava la sede suburbicaria in due parti non contigue tra loro, la parte meridionale in provincia di Roma, e la parte settentrionale in provincia di Rieti.
La Diocesi di Poggio Mirteto trae la sua origine da due antiche abbazie benedettine presenti nel territorio sabino: l’abbazia di Farfa e l’abbazia di San Salvatore Maggiore. L’abbazia di Farfa risale a tempi antichi; secondo un privilegio di papa Giovanni VII (705-707) sarebbe stata fondata da Lorenzo, vescovo di Sabina, in epoca imprecisata nel VI secolo. Nel XVII secolo ottenne l’esenzione dalla giurisdizione del vescovo locale (di Sabina), diventando abbazia nullius dioecesis, con il breve Pastoralis muneris di papa Urbano VIII del 18 novembre 1627, confermato con successivi brevi del 1628 e del 1632. Tuttavia, già in precedenza gli abati commendatari si comportavano de facto come vescovi ordinari; ne sono prova, ad esempio, i sinodi celebrati dai cardinali commendatari Alessandro Farnese nel 1581 e Alessandro Peretti nel 1604. L’abbazia di San Salvatore Maggiore, eretta all’incirca nel 735, fu soppressa dallo stesso Urbano VIII il 12 settembre 1629, unendola a quella di Farfa. L’abbazia rimase sede del seminario abbaziale fino all’Ottocento.
L’attuale Diocesi di Poggio Mirteto fu eretta il 25 novembre 1841 con la bolla Studium quo impense afficimur di papa Gregorio XVI. Il territorio, suddiviso in 45 parrocchie, era formato da 15 località già sottoposte alla giurisdizione degli abati nullius di Farfa e di San Salvatore Maggiore; inoltre furono annessi alla nuova diocesi 21 centri, sottratti alla sede suburbicaria di Sabina, e Torricella in Sabina, già appartenuto alla diocesi di Rieti. Dal punto di vista territoriale, la diocesi era costituita da due entità non contigue tra loro, con una exclave all’interno della diocesi di Rieti. Ai vescovi di Poggio Mirteto fu concesso il titolo di “abati di San Salvatore Maggiore“. Sede della nuova diocesi divenne la città di Poggio Mirteto, nota in antico come Mandela (da cui il titolo ecclesiastico della diocesi Mandelensis), in cui fu eretta a cattedrale la chiesa di Santa Maria Assunta. Primo vescovo fu nominato Nicola Crispigni a Viterbo, cui seguirono altri sette prelati fino al 1924. Come diocesi indipendente, quella di Poggio Mirteto ebbe vita breve di soli 84 anni.
La divisione della sede suburbicaria in due parti non contigue fu uno dei motivi che impose una nuova revisione del territorio ecclesiastico della Sabina e portò all’unione delle due diocesi, con il nome di Sabina e Poggio Mirteto, stabilita il 3 giugno 1925 con la bolla Suburbicariae Sabinae di papa Pio XI; Poggio Mirteto mantenne tuttavia la sua cattedrale e il capitolo dei canonici. Lo stesso giorno, con la bolla In altis Sabinae montibus, Poggio Mirteto perse l’exclave in territorio reatino, corrispondente a sette parrocchie che avevano fatto parte dell’antica abbazia territoriale di San Salvatore Maggiore, a vantaggio della diocesi di Rieti, i cui vescovi assunsero anche il titolo di “abati di San Salvatore Maggiore”.
Con la riforma delle sedi suburbicarie voluta da papa Giovanni XXIII l’11 aprile 1962 in forza del motu proprio Suburbicariis sedibus, ai cardinali di Sabina e Poggio Mirteto rimase solo il titolo della sede suburbicaria, mentre il governo pastorale della diocesi venne affidato ad un vescovo residenziale pleno iure. Questa disposizione entrò in vigore con la nomina, il 23 maggio successivo, di Marco Caliaro, il primo vescovo non cardinale, di Sabina e Poggio Mirteto.
Il 30 settembre 1986 le due sedi di Sabina e Poggio Mirteto sono state unite con la formula plena unione e la nuova circoscrizione ecclesiastica sorta dall’unione ha assunto il nome attuale. Contestualmente divenne cattedrale della diocesi la chiesa dell’Assunta di Poggio Mirteto, mentre l’antica cattedrale di San Liberatore di Magliano Sabina fu nominata concattedrale; questa decisione fu favorita dalla maggiore centralità di Poggio Mirteto rispetto a Magliano nel contesto del territorio diocesano.
Il patrono della sede suburbicaria è San Gaetano Thiene 1480-1547), festeggiato il 7 agosto, cofondatore dell’Ordine dei Chierici regolari teatini; nel 1671 è stato proclamato santo da papa Clemente X ed è detto il Santo della Provvidenza.
Il palazzo vescovile di Magliano ospita, oltre agli uffici della Curia, anche il museo, la biblioteca diocesana, istituita nel 1990, e l’archivio storico diocesano, costituito nel 1999.
Nota di Massimo Ghirardi
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