Diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola


Diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola

Dall’inizio del 2024 la Diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola (Dioecesis Fanensis-Forosemproniensis-Calliensis-Pergulana) ha adottato un nuovo stemma, distinto da quello personale del Vescovo, realizzato dal noto araldista don Antonio Pompili (Vicepresidente dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano, Membro dell’Accademia Internazionale di Genealogia e Membro associato dell’Accademia Internazionale di Araldica).

Nella figurazione c’è un rimando ai santi patroni delle quattro sedi cattedrali riunite: i vescovi S. Aldebrando di Fossombrone e S. Paterniano di Fano ognuno con una mitra ornata di bianco; il vescovo martire S. Geronzio di Cagli, rappresentato da una mitra ornata di rosso e S. Secondo di Pergola simboleggiato dalla palma del martirio. L’ampiezza del territorio che, dall’entroterra arriva al mare Adriatico è rappresentato anche dalla “stella maris” che, essendo uno degli attributi della Vergine Maria, la simboleggia come celeste patrona.

Si blasona: “d’azzurro, a tre mitrie d’argento inframmezzanti un ramo di palma d’oro posto in fascia, le due in alto ornate d’oro con le infule frangiate dello stesso, quella in basso ornata di rosso con le infule frangiate dello stesso; al capo appuntato d’argento, caricato di una stella di 7 raggi d’azzurro. Lo scudo timbrato da una mitria d’argento ornata d’oro, con le infule svolazzanti del primo, foderate di rosso e frangiate del secondo”.

 

Dalla “scheda tecnica”: “Lo stemma richiama innanzitutto i titolari delle rispettive antiche sedi costituite in unità nella Chiesa diocesana. Le due mitrie d’argento ornate di rosso simboleggiano i due vescovi San Paterniano, Patrono di Fano, e Sant’Aldebrando, Patrono di Fossombrone. Il vescovo San Geronzio, venerato come martire, è invece rappresentato dalla mitria ornata di rosso. Una palma d’oro richiama invece il martirio di San Secondo, giovane romano della stirpe dell’imperatore Aureliano, messo a morte per non aver sacrificato agli idoli.

L’arma è completata da un capo appuntato caricato di una stella di sette raggi, figura in riferimento alla Beata Vergine Maria Assunta, Titolare della Basilica Cattedrale di Fano, simbolo dell’unità della Chiesa particolare.

Il capo appuntato richiamo, per la sua forma cuspidata, richiama peraltro i monti del territorio più interno della Diocesi. Mentre l’azzurro del campo principale rimanda al mare che ne delimita le coste.

Lo scudo è timbrato, secondo la consuetudine più radicata per gli stemmi di sedi diocesane, da una mitria, copricapo liturgico del vescovo, a differenziazione degli stemmi episcopali timbrati invece dal cappello prelatizio paraliturgico”.

 

L’attuale Diocesi comprende la parte meridionale della Provincia di Pesaro e Urbino e una piccola porzione della Provincia di Ancona, riunendo nella sede di Fano, nella cattedrale di Santa Maria Maggiore, i territori di quattro Diocesi già indipendenti.

 

Nel territorio sorgono anche tre basiliche minori: San Paterniano a Fano, San Lorenzo a San Lorenzo in Campo e la basilica della Santa Croce nel monastero di Fonte Avellana.

 

Secondo la tradizione l’evangelizzazione di Fano è dovuta al passaggio in città dell’apostolo san Pietro, di sant’Apollinare e di un vescovo di nome Tolomeo. Storicamente, i primi dati certi risalgono alla fine del V secolo con il vescovo san Vitale che, nel 499, fu presente al sinodo romano voluto da papa Simmaco e che firmò i decreti con il titolo di vescovo di Fano; similmente sant’Eusebio, poco più tardi, firmò quelli del sinodo del 6 novembre 502. In linea con queste fonti possiamo affermare senza dubbio che la diocesi di Fano risale almeno alla fine del V secolo, anche se la leggenda vuole che sia stata fondata nel I secolo.

La diocesi di Fano fin dall’antichità era immediatamente soggetta alla Santa Sede, status che mantenne fino al 1986, in virtù della donazione fatta nel 755 dai re franchi Pipino “il Breve” e Carlo Magno, ma pur essendo questo territorio sotto il dominio diretto dei papi, mantenne una certa autonomia.

Nel 1335 papa Benedetto XII incaricò i Malatesta di Rimini ad assumere il vicariato della città, che mantennero fino al 1463 in seguito a ribellioni popolari dei fanesi nei confronti del governo tirannico di Sigismondo Malatesta. A seguito delle rivolte la Chiesa mise a capo del territorio un governatore pontificio.

 

Diocesi di Fossombrone

 

Tradizionalmente la città di Fossombrone è stata fondata come Forum Sempronii, dal triumviro Gaio Sempronio Gracco, giunto in questi luoghi, attorno al 133 a.C., per l’attuazione della riforma agraria.

L’evangelizzazione avvenne grazie san Feliciano di Foligno, attorno al III secolo. Durante l’impero di Diocleziano si ebbero i primi martiri locali: ancora oggi le spoglie mortali dei martiri Marenzo, Fravita, Urbano, Vincenzo e Martiniano sono conservate nella cattedrale, mentre quella dei martiri Aquilino, Gemino, Gelasio, Magno, Donato e Timoteo sono conservate nella chiesa di San Filippo.

Secondo lo storico locale Augusto Vernarecci, uno di questi martiri, Timoteo, sarebbe stato il primo vescovo di Fossombrone.

Dal punto di vista storico, la diocesi di Fossombrone è attestata con certezza durante il pontificato di papa Simmaco (498-514); tra i vescovi che presero parte ai concili del 499 e del 502 figura anche Innocenzo, episcopus ecclesiae Forosemproniensis.

Nel V secolo i goti devastarono la città. Dopo la battaglia vinta dal bizantino Narsete, Fossombrone passò sotto l’Esarcato di Ravenna e fece parte della Pentapoli Annonaria insieme a Urbino, Cagli, Gubbio e Jesi.

Nell’VIII secolo la città fu distrutta dai Longobardi guidati da Liutprando ma successivamente ricostruita.

Nel 1057 papa Vittore II, distaccò dalla diocesi di Senigallia la Massa di Sorbetolo e l’attribuì alla mensa vescovile di Fossombrone con tutti i diritti ecclesiastici e feudali: così Loretello, Nidastore, Montesecco, San Pietro e Palazzo divennero parte integrante della diocesi di Fossombrone. Il vescovo di Senigallia non accettò questa ampia sottrazione della sua diocesi e le controversie con Fossombrone, durarono per quasi duecento anni.

Nel 999 l’imperatore Ottone III fece dono della città a papa Silvestro II e, verso il 1200, con papa Innocenzo III divenne un feudo di Azzo VI d’Este.

Con bolla di papa Onorio III del 19 maggio 1224 furono definiti i confini della diocesi; e con atto di infeudazione del 12 luglio 1228 Azzo VII concesse per tre anni in feudo al vescovo Monaldo II la città di Fossombrone e tutti i castelli, le ville e gli abitanti del contado. Successivamente la città passò sotto la signoria dei Malatesta. Galeazzo Malatesta la vendette per 13.000 fiorini d’oro a Federico da Montefeltro, il quale la cedette alla nobile casata dei Della Rovere.

Nella prima metà del XIII secolo la sede vescovile fu occupata da sant’Aldebrando (circa 1230-1250), canonico di Santa Maria di Porto presso Ravenna, preposito della cattedrale di Rimini, e predicatore contro i patarini riminesi; eletto vescovo di Fossombrone probabilmente verso la metà del 1230, si occupò principalmente di ricostruire la cattedrale, distrutta dai fanesi, e di riordinare la situazione patrimoniale della sua diocesi. È venerato come santo protettore di Fossombrone.

Il 4 giugno 1563 la diocesi, fino ad allora immediatamente soggetta alla Santa Sede, entrò a far parte della provincia ecclesiastica dell’arcidiocesi di Urbino.

 

Con risoluzione pontificia del 15 novembre 1632, che pose fine ad una vecchia controversia, alla diocesi di Fossombrone furono unite le parrocchie e i territori, noti come Ravignana, che fino a quel momento dipendevano dal monastero di Classe di Ravenna, ossia i castelli di Fratte Rosa, Torre San Marco, Montevecchio, Monterolo e San Vito sul Cesano. In cambio ai monaci di Classe fu donata in Fossombrone la chiesa di Santa Francesca Romana con il terreno circostante per l’edificazione di un monastero (che però non verrà mai costruito).

 

Diocesi di Cagli

 

Storicamente accertata solo dall’VIII secolo, deriva dall’antica sede di Pitinum Mergens, a 8 km. circa dall’attuale Cagli, di cui sarebbe noto un vescovo, Romano, che prese parte al concilio romano indetto da papa Simmaco nel 499.

Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente la diocesi venne tuttavia risparmiata da incendi e da distruzioni dei barbari, grazie anche all’ubicazione difficilmente raggiungibile. In seguito questo territorio fu dominato dai goti, dai bizantini e poi dai longobardi. Infine papa Stefano II (752-757), grazie all’aiuto di Pipino, re dei Franchi, riuscì a sotrarre ai longobardi il territorio cagliese.

A partire da quest’epoca sono attestati con certezza i primi vescovi di Cagli: come Gioviano, che figura tra i padri del concilio lateranense indetto da papa Stefano III nel 769 per deporre l’antipapa Costantino II.

Il 4 giugno 1563 la diocesi, fino ad allora immediatamente soggetta alla Santa Sede, divenne suffraganea dell’arcidiocesi di Urbino.

Nel corso del XVII secolo fu rifatta l’antica cattedrale cagliese; i lavori di ricostruzione, iniziati dal vescovo Trani nel 1646, furono portati a termine sotto il vescovo Andrea Tamantini, che consacrò solennemente il nuovo edificio il 10 ottobre 1677.

Dal 18 gennaio 1819 la diocesi di Cagli fu unita aeque principaliter alla diocesi di Pergola, eretta a suo tempo con territori sottratti alla sede cagliese.

Nel 1984 la diocesi acquisì le parrocchie nel comune di Apecchio fino ad allora appartenute alla diocesi di Città di Castello.

 

Diocesi di Pergola

 

Agli inizi del XIX secolo territori della erigenda diocesi di Pergola vivevano una situazione giuridica abbastanza complessa, essendo sottoposti alla giurisdizione di diversi enti ecclesiastici: la maggior parte della città di Pergola e del suo territorio appartenevano alla diocesi di Gubbio; il territorio a destra del fiume Cesano andando verso il mare, dalla sua sorgente nel Catria, la Pantana di là del Cesano e Sant’Onofrio, facevano parte della diocesi di Nocera Umbra (questi territori erano ciò che restava dell’antico gastaldato di Nocera nel ducato longobardo di Spoleto). La parrocchia di San Marco era soggetta all’abbazia modenese di Nonantola; l’abbazia di Sitria aveva giurisdizione sulla parrocchia di Santa Maria sulla Piazza Grande, mentre quella di Fonte Avellana sulla parrocchia di Sant’Andrea; infine la diocesi di Cagli si incuneava nel quartiere delle Conce con la parrocchia di San Biagio.

Papa Pio VII volle unire tutti questi territori pergolesi alla diocesi di Cagli; l’intento fu raggiunto una volta superata l’opposizione del vescovo di Gubbio (a cui concesse in cambio l’esenzione dalla giurisdizione dell’arcivescovo di Urbino) con la bolla Romani Pontifices del 31 gennaio 1818. Il 25 maggio successivo Carlo Monti, trasferito dalla diocesi di Sarsina, fu nominato vescovo dell’ampliata diocesi di Cagli.

Tuttavia, su istanza degli abitanti di Pergola, la città ed il suo antico territorio, con l’aggiunta di una porzione di territorio sottratta a Cagli, furono elevati a diocesi dal medesimo papa con la bolla Commissa tenuitati del 18 gennaio 1819; contestualmente la nuova diocesi di Pergola fu unita aeque principaliter alla diocesi di Cagli.

La diocesi ebbe la propria cattedrale nella grande chiesa di Sant’Agostino, ristrutturata con i finanziamenti di papa Gregorio XVI e portata a termine nel 1841. Gli Agostiniani furono trasferiti nell’imponente chiesa di San Francesco, abbandonata dai Francescani Conventuali; lo stesso palazzo vescovile fu ricavato nel convento di Sant’Agostino, assieme al seminario.

L’8 luglio 1836, con il breve Bonum pastorem,papa Gregorio XVI soppresse l’abbazia nullius di San Lorenzo in Campo e incorporò il suo territorio alla diocesi di Pergola.

Nel 1984 la diocesi acquisì la parrocchia di San Bartolomeo Martire di Percozzone, frazione di Pergola, fino ad allora sottomessa ai vescovi di Nocera Umbra e Gualdo Tadino.

 

Il 1º giugno 1973 Costanzo Micci fu nominato vescovo di Fano e di Fossombrone e, il 15 gennaio 1977, vescovo di Cagli e Pergola: in questo modo le diocesi si trovarono unite in persona episcopi, restando Cagli e Pergola unite aeque principaliter.

Il 30 settembre 1986, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, è stata stabilita la plena unione delle diocesi di Fano, Fossombrone, Cagli e Pergola e la nuova circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome attuale: primo vescovo della nuova diocesi, suffraganea dell’arcidiocesi di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, è stato Mario Cecchini.

Nel 1990 perde due parrocchie del comune di Piobbico (San Donato e Santa Maria) che vengono annesse all’arcidiocesi di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado.

Il 2 marzo 2000 la diocesi è entrata far parte della provincia ecclesiastica dell’arcidiocesi di Pesaro.

Il 14 dicembre 2013 è stato inaugurato, nei locali dell’ex seminario pontificio regionale marchigiano di Fano, il “Museo diocesano” costituito da due sezioni: la sezione lapidaria, costituita da una serie di reperti epigrafici, ornamentali e figurativi, nella maggior parte di ignota provenienza; e la sezione museale, con opere di notevole e vario interesse storico, artistico e liturgico.

 

Note di Massimo Ghirardi

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

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Profilo araldico


“D’azzurro, a tre mitrie d’argento inframmezzanti un ramo di palma d’oro posto in fascia, le due in alto ornate d’oro con le infule frangiate dello stesso, quella in basso ornata di rosso con le infule frangiate dello stesso; al capo appuntato d’argento, caricato di una stella di 7 raggi d’azzurro. Lo scudo timbrato da una mitria d’argento ornata d’oro, con le infule svolazzanti del primo, foderate di rosso e frangiate del secondo”.

Colori dello scudo:
argento, azzurro
Partizioni:
capo
Oggetti dello stemma:
infula, mitria, raggio, ramo di palma, stella
Attributi araldici:
appuntato, caricato, frangiato, in aolto, inframezzante, ornato, posto in fascia

LEGENDA

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  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune