Certosa di Santa Maria delle Grazie di Pavia


Certosa di Santa Maria delle Grazie di Pavia

Storia e informazioni

La maggioranza delle sedi dell’Ordine Certosino, anche se non universalmente, non hanno adottato uno stemma vero e proprio, uno scudo cioè con figure o segni, che è sempre un’arma, seppur di difesa, che per molto tempo la Chiesa (e i certosini con essa) hanno considerato come “ambitiosa decorandi arrogantia”. Molto spesso hanno preferito dei monogrammi formati dalle tre lettere iniziali “C – A – R” di “Carthusia” il nome latino della casa madre, la “Grande Chartreuse” posta tra i monti del massiccio della Chartreuse(Isère) in Francia, associate alla croce o ad altri segni.

Nel caso di Pavia l’associazione è con la sillaba “GRA-“ di “Gratiarum”, derivata dalla locuzione “GRATIARUM CARTHUSIA”, in italiano: “Certosa [di Santa Maria] delle Grazie” che è il titolo ufficiale del monastero, che venne edificato per volontà di Gian Galeazzo Visconti, primo duca di Milano, che pose la prima pietra il 27 agosto 1396 per sciogliere un voto fatto dalla moglie Caterina Visconti di Barnabò. La prima gravidanza della quale era andata male: una figlia era morta poco dopo il parto nel giugno 1385. La duchessa fece voto allora alla Vergine di dare a ogni figlio nato il secondo nome “Maria”. Nel 1388 nacque Giovanni Maria che sopravvisse. All’approssimarsi di un nuovo parto l’8 gennaio 1390 Caterina fece voto di costruire una Certosa presso Pavia se fosse sopravvissuta. Nacque un bambino che però morì, ma Caterina si salvò e mantenne il voto. Successivamente, nel 1392, nacque un nuovo figlio maschio, Filippo Maria. Gian Galeazzo intendeva fare della Certosa il mausoleo della famiglia ducale, che aveva la sede della corte nel fastoso castello di Pavia, all’estremità del parco del quale venne edificato il complesso certosino.

La costruzione durò cinquant’anni e ne ha determinato uno stile composito, dal gotico al rinascimentale, frutto del lavoro di diversi architetti e artisti: Bernardo da Venezia, Giacomo da Campione e Marco Solari, che ne furono i progettisti iniziali, ai quali seguirono Giovanni Solari, col figlio Guiniforte, Giovanni Antonio Amadeo, Cristoforo Lombardo e altri.

I certosini la abitarono fino dall’inizio, ma ne vennero espulsi 16 dicembre 1782 in ottemperanza ai decreti dall’imperatore Giuseppe II d’Asburgo, che incamerò i beni di tutti gli ordini contemplativi dei suoi possedimenti, per Pavia venne accampata la scusante della mancata devoluzione, da parte dei monaci, delle ingenti somme donate dal duca Gian Galeazzo, a favore dei poveri e dei luoghi sacri, una volta terminata la costruzione del monastero (grazie al suo ingente patrimonio fondiario e immobiliare, la Certosa era il più ricco ente ecclesiastico del ducato di Milano tra il XVI e XVII secolo).

Il complesso passò ai carmelitani nel 1798, e patì la devastazione operata dalle truppe napoleoniche, che razziarono e distrussero molti capolavori artistici. Nel 1810 venne infine chiuso e lo rimase fino al 1843 quando i certosini poterono rientrare nel monastero. Durante la prima guerra mondiale il complesso si spopolò, solo l’11 ottobre 1930 papa Pio XI decise di riaffidare il luogo ai certosini. Nel 1947 però abbandonarono la certosa, per mancanza di vocazioni, ma anche per lo scandalo del ritrovamento del corpo di Benito Mussolini conservato in una cassa di legno avvolta in sacchi di tela gommata, un anno dopo la sua fucilazione (avvenuta il 12 agosto 1946).

Il monastero venne chiuso nuovamente fino al 1949, quando vi tornarono i carmelitani, che rimasero fino al 1961. Infine, il 10 ottobre 1968 il complesso venne affidato ai cistercensi della Congregazione di Casamari, e oggi è un Priorato di quell’abbazia, dedicato alla Beata Maria Vergine della Certosa Ticinese; i monaci si occupano anche delle visite guidate e della vendita di articoli sacri e prodotti ottenuti dai materiali provenienti dai fondi agricoli di cui il monastero è ancora dotato: come riso, miele, tisane ed erbe officinali e alcuni liquori, quali le Gocce Imperiali (a base di anice) e il Nocino.

Nei locali adiacenti al monastero, che dal 1866 è monumento nazionale e proprietà del demanio, si trova il Museo della Certosa di Pavia gestito direttamente dalla Sovrintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici di Milano.

L’ordine Certosino ha un suo emblema, raramente rappresentato dentro uno scudo, attestato in documenti del XIII secolo: è costituito da un globo “crucigero” cimato da una croce sormontata da sette stelle. Il globo assomiglia a quello imperiale ed è costituito da una sfera, cinta da un anello d’oro, sulla cui cima è apposta una croce. È un simbolo usato soprattutto nel Medioevo da imperatori e re, nell’iconografia e nelle insegne regali. Esso simboleggia la supremazia di Cristo (rappresentato dalla croce) sul mondo (la sfera).

Le stelle simboleggiano san Bruno di Colonia e i suoi primi compagni, il cui arrivo sulle montagne della Chartreuse (che darà il nome all’Ordine) è annunciato da un sogno premonitore del vescovo di Grenoble, Saint Hughes, al quale sono apparse le sette stelle. Quest’emblema è solitamente associato ad un nastro recante il motto “Stat crux dum volvitur orbis” che si traduce letteralmente con “la croce rimane mentre il mondo gira”. Fino al XVII secolo non era molto usato e la forma presente è stabilizzata dal XIX, in precedenza si trova anche “Mundus mihi cruxifixus est”.

Il globo è solitamente azzurro in campo argento, ma talvolta i colori sono invertiti.

Prima di questo simbolo i Certosini utilizzavano un sigillo con una semplice croce patente (cioè “aperta”: con i bracci che si allargano verso le estremità).

 

Massimo Ghirardi

Si ringraziano Guido Magnavacchi, Jack Aliu Çelpica per la gentile collaborazione

Disegnato da: Massimo Ghirardi

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