Cardinale Giuseppe Siri


Cardinale Giuseppe Siri

Monsignor Giuseppe Siri nacque a Genova il 20 maggio 1906. Ricevette il battesimo il 26 maggio nella basilica di Santa Maria Immacolata in via Assarotti.

A otto anni ricevette la prima comunione e la cresima dalle mani di Tommaso Pio Boggiani, amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Genova.

Frequentò regolarmente la basilica di Santa Maria Immacolata come chierichetto e, a nove anni, manifestò la volontà di farsi prete. Entrò nel seminario minore di Genova, all’epoca in località Chiappeto, all’età di dieci anni, il 16 ottobre 1916.

Nel 1917 passò al seminario maggiore in via di Porta degli Archi, nel centro della città.

L’impostazione del seminario di Genova era ancora saldamente legata agli schemi educativi tradizionali.

Visti gli ottimi profitti, il 10 luglio 1926, il cardinale Carlo Dalmazio Minoretti, all’epoca arcivescovo di Genova, dopo l’ultimo esame in seminario gli comunicò la volontà di mandarlo a studiare a Roma, dove, ospite del Pontificio seminario lombardo, venne iscritto alla Pontificia Università Gregoriana.

Il 22 settembre 1928, nella cattedrale di San Lorenzo a Genova, Giuseppe Siri ricevette l’ordinazione sacerdotale. Il 22 giugno 1929, presso la Pontificia Università Gregoriana, si laureò summa cum laude in teologia.

Il successivo 28 giugno il cardinale Minoretti gli preannunciò la nomina a professore di teologia dogmatica nel seminario di Genova.

Quindi, tornò a Genova e iniziò a insegnare teologia dogmatica dall’ottobre 1929 fino al 1946. Nel 1929 fondò la cosiddetta “Opera delle minestre”, successivamente ribattezzata “Auxilium”, per assistere i senzatetto e distribuire pasti caldi.

In occasione di una sua conferenza a Roma, papa Pio XI lo fece convocare in Vaticano per conoscerlo di persona.

Nel 1936 il cardinale Minoretti lo nominò esaminatore prosinodale presso la curia arcivescovile, rettore del Collegio Teologico San Tommaso d’Aquino e cappellano presso il santuario di Nostra Signora delle Grazie al Molo, la chiesa di Nostra Signora Assunta e Santa Zita e l’Opera Giosuè Signori.

Nello stesso periodo collaborò come conferenziere per l’Opera San Giovanni Battista, fu vice assistente della FUCI genovese, docente per l’Azione Cattolica e relatore ai seminari di studio delle Settimane di Camaldoli.

Nel 1937 venne anche nominato insegnante di religione presso i licei D’Oria e Mazzini.

Siri espresse posizioni molto critiche nei confronti del fascismo e, durante le sue lezioni in seminario, rigettava apertamente le filosofie totalitarie e razziste proprie del regime.

A Roma, nell’aprile 1941, Siri ricevette una telefonata da monsignor Giovanni Battista Montini, all’epoca sostituto della Segreteria di Stato, nella quale lo informava che il pontefice voleva conoscerlo.

Nel 1943, a Genova, fondò l’Opera dei Cappellani del Lavoro, per portare assistenza pastorale all’interno delle fabbriche.

Siri, insieme ad altri collaboratori, provvide personalmente a fornire ai ricercati ebrei falsi documenti d’identità.

L’11 marzo 1944, dietro segnalazione del cardinale Boetto, Pio XII lo elesse vescovo titolare di Liviade, nominandolo al contempo vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Genova.

Ricevette l’ordinazione nella cattedrale di San Lorenzo, il 7 maggio.

Il 7 giugno 1944, informato che i tedeschi lo stavano cercando per arrestarlo, lasciò la città e si rifugiò a Valbrevenna e, quindi, a Ceranesi.

Nel gennaio 1945 si recò in Lombardia, presso l’allora ministro dell’agricoltura Edoardo Moroni, allo scopo di chiedere cibo per i poveri e buoni per ottenere derrate alimentari.

Nei primi giorni di aprile del 1945 i tedeschi in ritirata predisposero un piano per far saltare in aria il porto di Genova, che fu minato con 360 bombe. Siri si recò a Nervi, dove aveva sede il comando tedesco, con una lettera del cardinale Boetto nella quale il porporato pregava gli ufficiali tedeschi di abbandonare i loro progetti. La mattina del 23 aprile Berninghaus convocò Siri, lo informò che il comando germanico aveva accolto la richiesta di Boetto e che il porto non sarebbe stato distrutto, a patto che la popolazione di Genova non avesse attaccato l’esercito tedesco in ritirata. In caso contrario, le strutture portuali sarebbero state fatte saltare in aria. Siri accettò, e, nel pomeriggio dello stesso giorno, ricevette il console von Etzdorf, che chiedeva con urgenza di vederlo. Il console gli mostrò un telegramma di Rudolf Rahn, plenipotenziario di Hitler presso la Repubblica Sociale Italiana, il quale ordinava: «Consegnate Genova al vescovo Siri». Nel corso della notte fra il 23 e il 24 il Comitato di Liberazione Nazionale decise di proclamare l’immediata insurrezione armata contro i tedeschi in ritirata. Siri, la mattina del 24, assistette a un durissimo scontro a fuoco fra squadre partigiane e militari tedeschi in piazza De Ferrari, che lasciò al suolo numerosi morti.

Il comando tedesco minacciò subito di far detonare le mine del porto se i partigiani non avessero immediatamente interrotto le loro azioni. Siri, che si trovava a San Fruttuoso, contattò allora Giuseppe Machiavelli, capo dei partigiani e cessarono gli attacchi.

Secondo alcune tesi, nel periodo immediatamente successivo al termine della seconda guerra mondiale Siri sarebbe stato coinvolto nel salvataggio di alcuni esponenti del regime nazista in fuga verso il Sud America come i sacerdoti croati che appoggiarono il piano ODESSA, e si sarebbe concretizzato in una collaborazione con il vescovo Alois Hudal, che fu tra gli organizzatori delle ratline, il sistema di vie di fuga dall’Europa utilizzato dai nazisti.

La promozione di Siri ad arcivescovo fu accolta positivamente proprio dagli antifascisti, che, dalle colonne de “Il Lavoro Nuovo” elogiarono l’attività dell’arcivescovo.

Il 2 maggio, mentre si trovava a Roma per la redazione del nuovo statuto dell’Azione Cattolica, Siri venne convocato da Pio XII, il quale gli comunicò la sua elevazione ad arcivescovo di Genova. La decisione, che fu presa autonomamente da papa Pacelli, colse Siri di sorpresa.

Il 15 maggio Siri si presentò ufficialmente davanti al capitolo della cattedrale di San Lorenzo come nuovo arcivescovo. La notizia della sua elevazione venne accolta positivamente a Genova e la presa di possesso della cattedra avvenne il successivo 30 maggio.

Siri diede impulso alla ricostruzione delle chiese genovesi distrutte dai bombardamenti e promosse la realizzazione di parrocchie ex novo.

Dal 23 giugno 1946 fu promotore delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani e, nello stesso anno, divenne consulente dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti.

Nel 1947 tenne il primo congresso catechistico diocesano e iniziò la prima visita pastorale alla diocesi. Il 26 ottobre dello stesso anno Siri eresse il centro diocesano per gli studi religiosi Didascaleion.

 

In occasione delle elezioni politiche del 1948 Siri riteneva che la scomunica dei comunisti fosse inopportuna.

Dopo le elezioni Siri ebbe l’idea di proporre al papa l’istituzione di un organismo che riunisse l’episcopato italiano. Nel 1952 convinsero papa Pacelli ad acconsentire a una riunione dei vescovi presidenti delle province ecclesiastiche italiane, che ebbe luogo a Firenze. I risultati positivi di questo primo incontro persuasero Pio XII ad approvare una seconda riunione di quella che ormai era esplicitamente chiamata Conferenza Episcopale Italiana.

Benché il cardinale Adeodato Piazza avesse fatto presente a papa Pio XII che l’età di Siri, appena 47 anni, fosse troppo precoce per il cardinalato, e che la Segreteria di Stato della Santa Sede avesse posto l’accento sull’inopportunità di creare, nello stesso concistoro, due cardinali genovesi, l’altro era l’arcivescovo di Bologna Giacomo Lercaro, nato a Quinto al Mare, il 29 novembre 1952 Siri ricevette il biglietto della sua elevazione alla porpora.

Fu creato cardinale da Pio XII nel concistoro del 12 gennaio 1953 con il titolo di cardinale presbitero di Santa Maria della Vittoria.

Il 22 maggio 1956 padre Damaso informò Siri che l’ambasciata dell’Unione Sovietica a Roma aveva manifestato il desiderio di avviare con un alto ecclesiastico un dialogo riservato al fine di migliorare i rapporti fra Unione Sovietica e Chiesa cattolica. L’ambasciatore sovietico Aleksandr Bogomolov scelse Siri sia perché l’arcivescovo di Genova, dieci anni prima, si era attivato presso un noto pediatra dell’Istituto Giannina Gaslini per curare il figlio di Nikolaj Timofeev, all’epoca console generale dell’URSS a Genova, sia perché Siri, considerato da molti come il “delfino” di Pio XII, rappresentava un modo sicuro per fare in modo che le istanze presentate arrivassero al pontefice.

Nel gennaio 1957 l’arcivescovo di Genova ricevette una lettera da Timofeev nella quale il console, nel frattempo trasferitosi a Roma, chiedeva a quali condizioni la Santa Sede sarebbe stata disposta a dar vita a un dialogo con l’Unione Sovietica. Siri elencò alcuni punti, fra i quali il riconoscimento dell’autorità ecclesiastica in Russia, la libertà di culto e di propagazione della fede per i cattolici e l’istituzione di regolari relazioni diplomatiche. I contatti ripresero con regolarità nel 1959, gettando le basi per una futura distensione dei rapporti fra Santa Sede e Unione Sovietica.

Durante il pontificato di Pio XII, Siri fu sempre molto vicino al pontefice, che lo considerava un suo fidato consigliere e che, implicitamente, lo designò come suo possibile successore. Dopo la morte del papa molti cardinali criticarono la gestione fortemente accentratrice di Pio XII, che il cardinale Siri, uomo dalle riconosciute capacità direttive, avrebbe probabilmente perpetuato. Siri stesso dichiarò infatti di aver percepito, nei giorni del conclave del 1958, una sensazione «di ritrosia e di fastidio» da parte di alcuni cardinali.

 

L’arcivescovo di Genova era infastidito dal fatto di essere ritenuto il “delfino” di Pio XII e rifiutò la candidatura a pontefice. La maggior parte del collegio cardinalizio, inoltre, dopo il quasi ventennale pontificato di Pio XII, propendeva verso l’elezione di un papa anziano, mentre Siri aveva solo 52 anni.

Giovanni XXIII tenne sempre in grande considerazione il cardinale Siri, convocandolo spesso a Roma per ascoltarne il parere.

Il 12 ottobre 1959 lo nominò primo presidente della Conferenza Episcopale Italiana, carica che mantenne fino al 31 agosto 1965, quando papa Paolo VI lo sostituì con un comitato di cardinali in presidenza collettiva formato dall’arcivescovo di Milano Giovanni Colombo, l’arcivescovo di Firenze Ermenegildo Florit e il patriarca di Venezia Giovanni Urbani.

Il 23 giugno 1960, Siri informò Giovanni XXIII sui rapporti che perduravano da alcuni anni fra Genova e l’Unione Sovietica, spiegandogli i dettagli. Papa Roncalli approvò l’azione dell’arcivescovo, esprimendo la speranza che quelle attività potessero aprire la strada a un nuovo corso per la Chiesa cattolica nell’Europa orientale.

Siri, quando Aldo Moro iniziò a mostrarsi favorevole a un ingresso dei socialisti al governo, venne convocato il 21 gennaio 1962 da Giovanni XXIII, il quale voleva che la CEI, che l’arcivescovo di Genova presiedeva, prendesse posizione contro i progetti di Moro. Siri ideò una proposta, che venne inviata al congresso della Democrazia Cristiana che si stava svolgendo a Napoli in quei giorni, secondo la quale i vescovi italiani non avrebbero posto veti, a patto che la DC avesse precisato pubblicamente i punti sui quali sarebbero avvenute le intese con il PSI.

L’avvio del nuovo corso politico addolorò l’arcivescovo di Genova, il quale non tolse né diminuì il suo appoggio alla DC, né revocò la sua stima verso Moro, ma manifestò il suo disappunto in una lettera pastorale nella quale metteva in guardia dai rischi che la dottrina cristiana avrebbe corso.

Il 6 settembre 1962 Giovanni XXIII lo elesse membro del segretariato per gli affari straordinari e, il 22 settembre, lo confermò presidente della CEI.

Siri, che durante le quattro sessioni dell’assise ecumenica intervenne attivamente undici volte, fu vicino alle posizioni del Coetus Internationalis Patrum, una sorta di alleanza fra i vescovi conservatori.

Dopo la sua chiusura, il giudizio complessivo di Siri sull’assise ecumenica fu positivo: tornato a Genova disse che il Concilio aveva rinfrescato l’idea di una Chiesa davvero universale, in grado di essere vicina a tutti gli uomini per incontrarsi con le varie culture.

L’arcivescovo di Genova avversò le teorie di Karl Rahner e di Hans Küng, che aprivano la strada a una visione antropocentrica della religione.

Il 3 giugno 1963 morì papa Giovanni XXIII e, il successivo 14 giugno, Siri partì da Genova, trattenendosi a Roma soltanto per un giorno. La candidatura di Giovanni Battista Montini trovò in

Siri ricevette anche questa volta l’offerta di candidarsi a pontefice, ma Siri declinò l’invito.

Rientrato a Genova, Siri tornò a Roma solamente il 18 giugno, alla vigilia dell’apertura del conclave, quando si era già formato un vasto schieramento a favore di Montini.

Nel 1966, in contrapposizione alla pubblicazione progressista Concilium, Siri diede vita alla rivista teologica Renovatio. La rivista divenne ben presto punto di riferimento per i cattolici di orientamento tradizionale.

Siri proibì per decreto gli altari mobili posticci, sottolineò la necessità che ci fossero sempre i candelieri, incoraggiò l’uso del paliotto, impose ai preti di indossare l’abito talare.

Benché avesse una visione tradizionale della Chiesa, Siri prese le distanze dalle posizioni tradizionaliste estreme.

Nonostante l’iniziale avversità, Siri fu sempre fedele a Paolo VI, divenendone uno dei collaboratori più fidati. Nel 1968 papa Montini lo nominò membro della commissione per la revisione del codice di diritto canonico.

Nel 1965 viene inaugurato il nuovo seminario maggiore in località Righi. Siri si pronunciò più volte in difesa dell’indissolubilità del matrimonio, ma non prese parte in alcun modo nel promuovere il referendum abrogativo sul divorzio.

Siri aveva ammirato Lefebvre per i suoi interventi, durante il Concilio, mirati a difendere la tradizione della Chiesa. Tuttavia ne disapprovò la condotta oltranzista, che portò Lefebvre a disobbedire pubblicamente al papa.

Il 6 agosto 1978 morì Paolo VI e Siri partì per Roma il successivo 10 agosto, partecipando alle esequie del pontefice e a tutte le congregazioni preparatorie del conclave. A Siri, subito indicato fra i papabili, venne chiesto di esprimersi in merito a una sua eventuale candidatura e non dichiarò che avrebbe rifiutato l’elezione.

Giuseppe Siri, Giovanni Benelli e Albino Luciani apparivano come candidati favoriti sui principali quotidiani. Al quarto scrutinio, nel pomeriggio del 26 agosto, Albino Luciani venne eletto papa e assunse il nome di Giovanni Paolo I. La sua morte improvvisa dopo un mese di pontificato, però, costrinse il collegio cardinalizio alla convocazione di un nuovo conclave.

In questa seconda occasione l’elezione di Siri, sostenuta anche dall’immagine di vigore e di salute che lo aveva sempre contraddistinto, apparve quasi certa e molti cardinali erano convinti che sarebbe stato eletto. Nell’ottobre 1978, tuttavia, gli venne preferito il cardinale polacco Karol Wojtyła.

Nel 1979 e nel 1982 prese parte alle riunioni plenarie del collegio cardinalizio di cui, dal 18 settembre 1982, divenne protopresbitero, cioè il porporato dell’ordine dei presbiteri più anziano per data di creazione.

Il 20 maggio 1981, al compimento del 75º anno di età, Siri diede le proprie dimissioni dalla carica di arcivescovo. Papa Giovanni Paolo II decise tuttavia di prorogare il suo mandato, confermandolo in carica.

Il 29 luglio 1985, a seguito di regolare processo canonico, Siri emanò l’unica condanna dei suoi 41 anni di episcopato, sospendendo a divinis don Gianni Baget Bozzo, colpevole di essersi candidato nelle file del Partito Socialista Italiano.

Il 20 maggio 1986, al compimento del suo 80º compleanno, perse il diritto di entrare in conclave.

Il 23 maggio 1987 il cardinale Bernardin Gantin gli comunicò che Giovanni Paolo II aveva accettato le sue dimissioni dall’arcidiocesi di Genova-Bobbio, nominando come suo successore l’allora arcivescovo di Cagliari Giovanni Canestri.

La notizia delle dimissioni fu resa nota il 6 luglio, allo scadere del segreto pontificio. Siri, tuttavia, si occupò ancora del governo dell’arcidiocesi fino all’ottobre dello stesso anno come arcivescovo emerito e amministratore apostolico.

 

Dopo l’insediamento di monsignor Canestri, il 24 ottobre 1987, Siri si trasferì ad Albaro in una palazzina messa a sua disposizione dal lascito testamentario dell’anziana proprietaria, la contessa Carmela Matarazzo-Campostano.

Giuseppe Siri morì nella villa di Albaro alle 18:20 del 2 maggio 1989, diciotto giorni prima del suo ottantatreesimo compleanno, per un improvviso peggioramento delle sue condizioni cardiocircolatorie. La camera ardente, allestita il 3 maggio nella cattedrale di San Lorenzo, venne visitata da oltre centomila persone e la salma del cardinale venne sepolta all’interno della cattedrale, nella navata di destra, vicino all’altare della Madonna del Soccorso.

Lo stemma del cardinale si blasona: “Di rosso, alla croce accantonata nel 1° e 4° cantone da una stella, nel 2° e 3° cantone da un giglio, il tutto d’oro”. Si tratta dello stemma della famiglia Siri, mentre come motto scelse le parole “Non nobis Domine”, incipit del salmo 115 (“Non a noi, Signore”).

 

Note di Bruno Fracasso

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Bruno Fracasso

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Profilo araldico


“Di rosso, alla croce accantonata nel 1° e 4° cantone da una stella, nel 2° e 3° cantone da un giglio, il tutto d’oro”.

Colori dello scudo:
oro, rosso
Partizioni:
crociato
Oggetti dello stemma:
croce, giglio, stella
Attributi araldici:
accantonato

LEGENDA

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