Cardinale Giovanni Girolamo Morone


Cardinale Giovanni Girolamo Morone

Storia e informazioni

Il cardinale Giovanni Gerolamo Morone nacque a Milano il 25 gennaio 1509 da Gerolamo Morone, gran cancelliere dell’ultimo duca di Milano. La famiglia «de Moroni» era un’antica famiglia discendende dai Celsi di Venezia. Il primo fondatore sposò Pandolfina Turriani, nobile milanese, e aveva come stemma un moro celso (un gelso detto anche morone) cosicché la famiglia prese il nome di Moroni. La leggenda vuole che il gelso sia stato portato in Italia proprio da un componente della famiglia e che, da questo, prese l’avvio della coltivazione della pianta e l’allevamento dei bachi da seta, tipico della zona. Il ramo milanese della famiglia aveva il titolo di conte e annoverava scrittori e senatori della città. Girolamo Morone, dal suo servizio a Ludovico il Moro prima e Fracesco Sforza poi ottenne i contadi di Lecco e di Terra di Ponte. Passato al servizio di Carlo V, imperatore, fu creato, nel 1528, duca di Boiano e governatore di Benevento.

Giovanni, suo figlio, il 7 aprile 1529, fu nominato vescovo di Modena da papa Clemente VII, successivamente papa Paolo III lo elevò al rango di cardinale nel concistoro del 2 giugno 1542. Fu delegato dal papa Paolo III a presenziare ai lavori della Dieta di Spira iniziata nell’aprile 1542. Dal 1552 al 1560 fu vescovo di Novara.

A Modena fu particolarmente impegnato nella lotta contro le eresie luterane, di cui la città era piena, e cercò di trovare accordi con gli eretici per evitare che fossero accusati, ma la sua opera di mediazione fu di scarso risultato. Cercò aiuto anche dal cardinale Gasparo Contarini, ma senza ottenere i risultati sperati.

Il 4 luglio 1542 Paolo III affiancò a Gian Pietro Carafa, il futuro papa Paolo IV, una commissione di cardinali per coordinare l’attività dell’inquisizione: Giovanni Morone e Tommaso Badia erano i concilianti che si opponevano agli intransigenti Carafa, Pier Paolo Parisio, Bartolomeo Guidiccioni e Dionisio Laurerio. Il 21 luglio dello stesso anno la commissione dei sei cardinali fu riequilibrata sostituendo Giovani Morone, che era direttamente coinvolto in quanto vescovo di Modena, città in cui si erano diffuse le idee riformatrici, con Juan Álvarez de Toledo.

Nel 1555 Morone fu inviato come legato pontificio alla Dieta di Augusta, ma l’improvvisa morte di Giulio III e l’elezione di Gian Piero Carafa come suo successore, lo obbligò ad un rientro in Italia. Morone era inviso al nuovo pontefice, Paolo IV. Il 31 maggio 1557, Paolo IV lo fece imprigionare dal nipote, il cardinale Carlo Carafa, in Castel Sant’Angelo (con altri, tra cui il vescovo Egidio Foscherari), con l’accusa di essere un sostenitore dell’eresia luterana. Il Collegio cardinalizio, guidato dal decano, il cardinale du Bellay, chiese il giorno dopo la convocazione di un Concistoro e il papa fu costretto a dare spiegazione di quanto accaduto. Paolo IV sostenne che vi erano stati dubbi circa l’ortodossia del cardinal Morone fin dal tempo di Paolo III, e attaccò pure il cardinal Reginald Pole.

Il papa insistette perché il cardinale rimanesse nelle mani dell’inquisizione fintanto che i cardinali avessero giudicato il caso. L’istruttoria fu affidata ad una commissione cardinalizia di cui fecero parte fra gli altri cardinale Michele Ghislieri, il futuro Papa Pio V, il cardinale Scipione Rebiba, il cardinale Reumano, e il cardinale Alessandro Farnese.

Morone fu sottoposto a un estenuante processo inquisitoriale e riottenne la libertà soltanto alla morte di Paolo IV e il suo processo fu sottoposto a revisione dal successore Pio IV. Assolto dalle accuse, fu quindi inviato, in qualità di legato papale, a dirigere le ultime sessioni del concilio di Trento nel 1563. Tornò a Modena, ancora in qualità di vescovo, nel 1567.

Fu a più riprese considerato papabile, senonché i sospetti e poi il processo d’eresia ne screditarono l’immagine e resero una sua eventuale elezione troppo problematica.

Morì a Roma il 1º dicembre 1580. Il suo corpo fu sepolto nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva. Un monumento fu eretto dai suoi nipoti, Gerolamo e Orazio.

Lo stemma della famiglia si blasona: «D’argento, al gelso moro sradicato di verde». Le blasonature variano tra le tre possibilità, celso moro, morone, gelso,che indicano la stessa pianta. Anche il gelso talvolta viene rappresentato come nodrito o come eradicato. È però sempre di smalto verde e solo una volta appare come fruttato di rosso. Lo stemma del cardinale ha uno sfondo oro e si blasona «D’oro, al gelso moro sradicato di verde sostenuto dalla pianura erbosa».

Il motto «Coelitus datum» si traduce «Donato dal cielo» e, nel libro dell’Esodo, ricorda il dono della manna dal cielo.

 

Note di Bruno Fracasso