Benedetto XV – Della Chiesa


Benedetto XV – Della Chiesa

Giacomo Della Chiesa nacque a Pegli, allora comune e attualmente Municipio di Genova, il 21 novembre 1854 dal marchese Giuseppe, di antica illustre famiglia, originaria dai duchi di Spoleto, e da Giovanna Migliorati, discendente di un casato nobiliare, che aveva dato alla Chiesa il papa Innocenzo VII.

 

Entrò al seminario arcivescovile di Genova dove frequentò il liceo. Il Della Chiesa rivelò la sua vocazione allo stato ecclesiastico a un prozio, il cappuccino Giacomo da Genova. Ancora universitario, partecipò alle prime attività dell’Azione cattolica. Conseguita la laurea in legge, entrò al collegio Capranica di Roma. Seguì i corsi di teologia alla Gregoriana. Ebbe gli ordini sacri il 21 dicembre 1878. Passò, quindi, all’Accademia dei nobili ecclesiastici, presso cui si laureò nel 1880.

 

Nel 1881 conobbe Mariano Rampolla del Tindaro, elevato nel 1887 alla porpora e nominato segretario di stato. Il Della Chiesa divenne minutante alla segreteria di stato.

 

Il Della Chiesa a poco a poco divenne una delle figure più note in Vaticano, a contatto con ecclesiastici, con diplomatici, con giornalisti di tutto il mondo, dispiegando presto sensibilità giuridica e storica, maturità di giudizio politico e finezza diplomatica.

 

Nel 1914 fu promosso sostituto alla segreteria di stato.

 

Scomparso Leone XIII, fu chiamato da Pio X a succedere al cardinale Svampa come arcivescovo di Bologna e, il 25 maggio 1914 fu compreso da Pio X tra i cardinali del suo ultimo concistoro.

 

A succedere a Pio X, nel pieno della guerra, viene chiamato Giacomo Della Chiesa che prende il nome di Benedetto XV.

 

L’atteggiamento che assunse e mantenne nel corso del conflitto mondiale, e che fu origine di tante polemiche, è che la vera causa della disastrosissima guerra è la scomparsa dagli ordinamenti statali

delle pratiche della saggezza cristiana. I mali della società erano: “la mancanza di mutuo amore fra gli uomini; il disprezzo dell’autorità; i beni materiali fatti unico obbiettivo dell’attività dell’uomo, quasi non ci fossero altri beni, e molto migliori da raggiungere”.

Condanna l’egoismo nazionalistico, l’odio, di razza, la lotta di classe.

 

Non prende parte per nessuna delle parti belligeranti, ma sin dagli inizi del suo pontificato si impegna a denunciare ai capi delle potenze belligeranti e ai popoli le cause ideologiche comuni del conflitto, insistendo in maniera particolare su quell’elemento della scristianizzazione della società e del rovesciamento dei fini dell’attività dell’uomo nella pura pratica empirica del soddisfacimento personale, contro cui aveva già fatto sentire la sua voce Leone XIII.

 

In genere i cattolici in Italia aderirono alla neutralità allineandosi all’atteggiamento della Santa Sede. Alcuni però si dichiararono neutralisti ad oltranza, altri filogovernativi appoggiarono il ministero Salandra e l’Unione popolare pronta a invitare i cattolici a compiere il loro dovere se l’Italia fosse intervenuta nel conflitto, anche se non fu disposta ad assumere responsabilità per l’intervento. Non mancarono le posizioni filo-tripliciste anche tra le gerarchie ecclesiastiche. I

vescovi per lo più non si stancarono dall’invitare i cittadini alla obbedienza fiduciosa all’autorità.

 

L’azione del papa si rivolse anche al campo dell’assistenza per alleviare le sofferenze dei feriti, per aiutare le popolazioni colpite dalle devastazioni e i prigionieri di guerra.

 

Tra le sue iniziative, la proposta della tregua di Natale 1914, che non fu accolta. Imponente l’organizzazione di assistenza che la Santa Sede riuscì a realizzare nei quattro anni del conflitto. Anzitutto lo scambio dei prigionieri di guerra inabili ai servizi militari, in seguito a trattative e proposte intercorse tra i governi delle potenze in lotta; lo scambio dei detenuti civili; l’ospitalizzazione in Svizzera di feriti e di malati di tutti i paesi belligeranti; l’opera per l’ospitalizzazione nella Svizzera dei prigionieri padri di quattro figli ed in prigionia da diciotto mesi, il rimpatrio senza scambio dei tubercolotici prigionieri; l’azione dispiegata per i soccorsi materiali alle popolazioni più colpite.

 

Complessa e tenace la sua attività diplomatica che va dai passi compiuti per evitare l’intervento dell’Italia nel conflitto mondiale, al suo progetto d’una pace senza vinti e senza vincitori, senza annessioni e riparazioni. La Santa Sede si adoperò in ogni modo per mantenere aperta la possibilità di una trattativa e di un’intesa tra Roma e Vienna sino alla vigilia dell’intervento dell’Italia nel conflitto.

 

Sin dal gennaio 1915 propose all’imperatore Francesco Giuseppe la cessione del Trentino; d’altra parte, Vienna ricorse più di una volta all’autorità del papa nei contatti con il governo Salandra.

 

Ma il principale atto diplomatico, che resta al centro dell’azione di B. XV durante la prima guerra mondiale, fu senza dubbio la breve nota del 1° ag. 1917 inviata alle potenze belligeranti che propone la diminuzione simultanea e reciproca degli armamenti, l’Istituto dell’arbitrato con la sua funzione pacificatrice, la libertà di navigazione e comunanza dei mari; la reciproca condonazione dei danni e delle spese di guerra, la reciproca restituzione dei territori attualmente occupati. La nota si chiudeva con quella definizione della guerra come “inutile strage”. Le proposte erano lungimiranti tante che se accolte avrebbero evitato lo scoppio della seconda guerra mondiale vent’anni dopo.

 

L’iniziativa di Benedetto XV, che pure era nata sotto favorevoli auspici, non ebbe il risultato che la Santa Sede si attendeva. Fu affossata più dall’Intesa che da austriaci e tedeschi.

 

Importante anche l’azione diplomatica e religiosa svolta da B. XV alla fine della guerra nel settore orientale dell’Europa.

 

Nel 1918, riconobbe tra i primi il nuovo Stato della Polonia e tentò opera di mediazione tra polacchi e lituani.

 

Situazioni delicate si presentarono alla Santa Sede per quel nazionalismo che era stato indicato da Benedetto XV come il più grave ostacolo all’instaurazione di rapporti pacifici tra i popoli.

 

Con l’Italia, Benedetto XV cercò di raggiungere un accordo per risolvere la questione romana.

 

Un passo importante fu compiuto da monsignor Bonaventura Cerretti a Parigi il 1° giugno 1919dove il monsignore ebbe un colloquio con il presidente del Consiglio italiano Orlando. Il rappresentante della Santa Sede sottopose all’attenzione di Orlando un promemoria contenente le proposte per la soluzione della questione romana. Era previsto il carattere di Stato indipendente e sovrano per la Santa Sede, con un ampliamento territoriale che andava poco più di là di quello che poi venne effettivamente riconosciuto con la Conciliazione. Orlando ritenne che in linea di massima il promemoria di Gasparri offrisse un terreno sufficiente per aprire le trattative tra il governo italiano e la Santa Sede sulla base della creazione di uno stato sovrano in Vaticano. Vittorio Emanuele III si oppose confermando la sua scarsa lungimiranza politica.

 

Il papa non riuscì formalmente a risolvere la questione romana, ma ne gettò praticamente le premesse, con l’abolizione del non expedit e consentendo la formazione del Partito popolare italiano fondato da Luigi Sturzo.

 

Il pontificato di Benedetto XV fu attento allo studio dei mezzi per un adeguamento della Chiesa alle esigenze moderne dell’apostolato in tutto il mondo dando un forte impulso all’organizzazione del clero indigeno.

 

Con una sua enciclica stimolò i preti a produrre i propri mezzi di sostentamento mettendo le basi dei preti operai.

 

Il suo pontificato durò poco più di sette anni, morì il 22 gennaio 1922, ma è da considerarsi fra i più intensi e importanti nella storia contemporanea della Chiesa per diversi aspetti.

 

Lo stemma di Benedetto XV- Della Chiesa è uno stemma “parlante” poiché riporta la chiesa contenuta anche nel cognome. I Della Chiesa con l’aquila nel capo sono di provenienza del basso astigiano alessandrino o tortonese.

Si blasona: “Trinciato d’azzurro e d’oro, alla chiesa d’argento tegolata di rosso, chiusa e finestrata di nero, attraversante sul tutto, col capo d’oro caricato di un’aquila nascente di nero”.

 

 

 

 

Note di Bruno Fracasso

 

Liberamente tratte dall’Enciclopedia Treccani

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Benedetto XV – Della Chiesa c01

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Profilo araldico


“Trinciato d’azzurro e d’oro, alla chiesa d’argento tegolata di rosso, chiusa e finestrata di nero, attraversante sul tutto, col capo d’oro caricato di un’aquila nascente di nero”.

Colori dello scudo:
azzurro, oro
Partizioni:
capo, trinciato
Oggetti dello stemma:
aquila, chiesa
Attributi araldici:
attraversante, caricato, chiuso, finestrato, nascente, regolato

LEGENDA

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