Beato Gerardo Cagnoli


Beato Gerardo Cagnoli

Storia e informazioni

I Cagnoli sono una famiglia originaria della Provenza, le origini sarebbero da ricercare a Saint-Martin-Vésubie dove sono documentati dal 1605, ma residenti da molto tempo, ed ebbero vasti possedimenti nel circondario, come il feudo di Saint-Agnes. Nel 1766 i Savoia concessero loro il titolo comitale ed ebbero numerosi membri nel clero, nelle magistrature, nelle armi ma anche accademici e amministratori.

Il loro stemma si blasona: “Scaccato d’argento e di rosso, con il capo d’oro, carico di un’aquila di nero”.

Il Beao Gerardo Cagnoli nacque a Valenza Po, in provincia di Alessandria, nell’anno 1267-8 da nobili e ricchi genitori di cui però non si conoscono i nomi propri e appartenenti ad un ramo cadetto della dinastia.

Dopo la morte del padre, avvenuta quando il beato aveva dieci anni, dovette assistere alla scomparsa della madre, malata di tubercolosi nel 1280.

All’età di ventitre anni, dopo avere distribuito ai poveri quanto possedeva, ad imitazione dei santi anacoreti del deserto, abbandonò la valle del Po e si fece pellegrino a Roma e a Napoli, passando quindi in Sicilia, dove si fermò stabilendosi forse presso Erice, sul monte Giuliano, ma trasferendosi poco dopo alle pendici dell’Etna.

Fu grande ammiratore e devoto di san Ludovico d’Angiò, l’austero vescovo di Tolosa, principe ereditario del Regno di Napoli, che contro il volere del re suo padre aveva rinunciato al trono per abbracciare lo stato religioso. Nello stesso anno in cui si iniziava il processo della sua canonizzazione, nel 1307, entrò nell’Ordine dei Francescani, di cui vestì l’abito come converso.

Fu assegnato, in un primo tempo, al convento di Randazzo (presso Catania), ma in seguito, essendosi diffusa la sua fama, grazie ai miracoli compiuti, venne trasferito al convento di Palermo, dove gli furono affidate le incombenze di portinaio, e dove visse per trentacinque anni, sino alla morte, conducendo una vita di dura penitenza e di preghiera. Memore degli ideali di stretta povertà evangelica e di aspra mortificazione della primitiva regola francescana, caratteristici della corrente rigorista sostenuti dallo stesso Ludovico d’Angiò.

Godeva, già in vita, fama di taumaturgo e di santo, e si diceva che fosse dotato di spirito profetico, tanto che il convento francescano di Palermo divenne ben presto meta di pellegrini che venivano dalle diverse regioni dell’Italia, in particolare dalla Toscana e da Pisa, per chiedere al pio frate conforto e consolazione.

I sovrani aragonesi erano in rapporti di devota amicizia con lui; guarì miracolosamente Enrico degli Abati, quando questi era giustiziere del Regno (1329-1330); profetizzò ad un altro giustiziere del Regno, Pietro d’Antiochia, allora gravemente ammalato, la prossima guarigione, mentre predisse a Guglielmo Rainiondo Moncada che sarebbe rientrato in possesso del castello presso Augusta.

Particolare rilievo viene dato nelle biografie alle predizioni relative alla liberazione di Termini Imerese, assediata dagli armati di Roberto d’Angiò (1338), e alla nascita del primogenito di Pietro II d’Aragona e di Elisabetta di Carinzia (al neonato il pio frate raccomandò venisse imposto – in segno di devozione per il santo vescovo di Tolosa – il nome di Ludovico).

Gerardo morì, nel convento di San Francesco in Palermo, il 29 dicembre 1342 ma già nel 1335 (circa sette anni prima della sua morte) il suo nome appariva nel Catalogus Friburgensis dei santi dell’Ordine francescano.

Nel 1347, infatti, il suo culto era già diffuso, oltre che in Sicilia e nella Toscana, anche nelle Marche, in Liguria, in Corsica e nell’isola di Maiorca. Un francescano pisano, Bartolomeo Albizi, fu in Toscana tra i più solleciti e vivi diffusori del culto del beato: a lui si debbono sia la Legenda sancti Gerardi sia il Tractatus de miraculissulla vita e il culto del Cagnoli. Fu l’Albizi che nel 1346 organizzò i festeggiamenti per la traslazione a Pisa di una reliquia del beato (5 luglio); e già tra il 1344 e il 1345 aveva commissionato a Taddeo Gaddi un affresco che illustrasse alcuni episodi della vita del beato nella chiesa del convento francescano di Pisa.

Il processo di canonizzazione fu aperto però solo nel 1622, interrotto nel 1630, fu ripreso due secoli e mezzo dopo, il 18 giugno 1888, a Palermo e ivi si concluse il 31 maggio 1889. Ripreso nel 1905, il 31 maggio 1908 Pio X finalmente lo riconobbe come beato e ne fissò la festa al 29 dicembre.

 

 

Nota di Massimo Ghirardi, 2021

Disegnato da: Massimo Ghirardi

BLASONATURA

“Scaccato d’argento e di rosso, con il capo d’oro, carico di un’aquila di nero”.

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