Beato Alberto Besozzo


Beato Alberto Besozzo

Storia e informazioni

Alberto nacque ad Arolo, dalla nobile famiglia dei conti di Besozzo (poi Besozzi), ma rimase orfano di padre in tenera età. Pur avendo una condizione sociale agiata, l’avidità lo portò a praticare l’usura e commerci illeciti fino a quando, intorno al 1170, un incidente diede una svolta alla sua vita.

Mentre commerciava tra la sponda occidentale e quella orientale del lago, venne sorpreso dalla tempesta mentre si trovava con alcuni compagni sulla barca, di ritorno dal mercato di Lesa (il più antico della zona). Impaurito, invocò l’aiuto divino e di Santa Caterina d’Alessandria e promise di cambiar vita. Tutti i suoi compagni perirono, mentre lui approdò su una piccola insenatura nei pressi di Leggiuno, tra Ispra e Laveno, dov’era un sasso attaccato alla costa chiamato “Bàllaro”, quasi a indicarne l’instabilità.

Alberto, profondamente turbato, ne parlò con parenti e amici: voleva mantenere il voto e iniziò col porre rimedio alle sue malefatte: decise di ritirarsi, povero e solo, dove le onde durante la tempesta l’avevano gettato.

La moglie, anch’essa una nobile milanese molto pia, non solo l’assecondò, ma, di comune accordo, entrò anch’essa in un monastero.

 

Alberto, imitando Giovanni Battista, si sarebbe cibato di quanto la natura gli offriva e del pane che i naviganti portavano ponendolo nel cesto che calava dall’alto. A poco a poco crebbe la fama di santità dell’eremita “dalla lunga barba e dai capelli bianchi”. In molti si recavano fino alla sua grotta per riceverne consiglio. Persino una rappresentanza ufficiale dei vari paesi vicini, nel 1195, gli chiese di intercedere per la fine di una terribile pestilenza. Alberto, dopo otto giorni di ardenti orazioni, ottenne la grazia e, come segno di gratitudine, disse di costruire a fianco della grotta un piccolo tempio a modello di quello che era dedicato a Santa Caterina sul Monte Sinai.

Alla sua morte, nel 1205, ebbe sepoltura nella chiesetta e fu acclamato beato da tutti gli abitanti del Verbano, anche se il culto non fu mai ufficialmente approvato. Il piccolo monastero divenne noto come “Eremo di Santa Caterina del Sasso Ballaro”.

 

Intorno al 1250 i domenicani giunsero al Sasso Bàllaro per assistere i pellegrini che in numero sempre maggiore visitavano la tomba di Alberto. Il corpo fu trovato incorrotto dopo circa un secolo e ancora oggi così si conserva nella cappella, entro un’urna di vetro.

 

Nel 1270 venne costruita dai nobili di Ispra la cappella di Santa Maria Nova dopo che la zona fu liberata, per intercessione del beato, da branchi di lupi.

Gli abitanti di Intra, nel 1310, costruirono la Chiesa di San Nicolò, impreziosita da un ciclo di affreschi.

Nel 1379 ai domenicani subentrarono gli Eremitani di Sant’Agostino, poi arrivarono i religiosi di Sant’Ambrogio ad Nemus di Milano. Verso la metà del ‘400 i tre edifici furono conglobati in un solo Santuario, al quale venne affiancato un piccolo chiostro.

 

Nel 1574 però una frana interruppe il sentiero che portava al vicino villaggio di Reno

 

Intorno al 1640 avvenne un fatto straordinario che ne accrebbe la fama: alcuni massi caddero dalla parete rocciosa, sfondando la volta della cappella del Besozzi, restando sospesi però a breve distanza dalla tomba (verranno rimossi solo nel 1910). Nonostante ciò, Papa Urbano VIII nel 1643 emise una bolla con la quale l’eremo venne soppresso, ma dal 1670, grazie ai Carmelitani di Mantova, vi fu una rinascita fino a quando, nel 1770, gli Asburgo ne ordinarono la chiusura, essendovi pochi religiosi.

Per Santa Caterina del Sasso iniziò la fase di decadenza e il complesso fu ceduto alla parrocchia di Leggiuno (l’eremo compare come emblema sulla stemma di questa località). Infine il complesso di edifici nel 1914 fu dichiarato monumento nazionale, nel 1970 venne acquistato dalla Provincia di Varese che lo restaurò.

Dal 1986 al 1996 venne riaffidato ad una comunità domenicana che, sino al 2018, lo cedette ad un gruppo di oblati benedettini; dalla primavera 2019 la gestione religiosa dell’Eremo è affidata alla Fraternità Francescana di Betania.

 

Oggi è un’oasi di pace e preghiera, raggiungibile in battello o attraverso una lunga scalinata (o un comodo ascensore), il monastero, aggrappato a un costone di roccia alto circa sessanta metri a strapiombo a 15 metri dall’acqua, offre una vista sul lago di straordinaria bellezza che ne fa una delle attrazioni turistiche più note di tutto il comprensorio del Verbano.

 

I Besozzi sono fra le più nobili ed antiche famiglie milanesi, e la tradizione assegna a questa casata il beato Alberto, anche se non ci sono prove documetali. Dal ramo principale si sono originati:

– i Besozzi, conti di Mombello,

– i Castelbesozzo, marchesi di Besozzo,

– i Besozzi conti di Cormanno.

 

L’arma di famiglia si blasona: “di rosso all’aquila coronata d’oro”.

 

 

 

© 2025, Massimo Ghirardi

Si ringraziano Nina Mihaly e Jack Aliu Çelpica per la gentile collaborazione.

BLASONATURA

“Di rosso all’aquila d’oro coronata dello stesso”.

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