Antipapa Felice V – Savoia


Antipapa Felice V – Savoia

Storia e informazioni

Amedeo VIII, duca di Savoia, figlio primogenito di Amedeo VII, conte di Savoia, e di Bona di Berry, nacque nel castello di Chambéry il 4 settembre 1383. Successe al padre nel governo dello stato alla sua morte, il 1° novembre 1391; secondo il testamento paterno, la reggenza doveva essere affidata non alla madre Bona di Berry, ma all’ava Bona di Borbone assistita da un consiglio di grandi feudatari. Ma, sospetti strani si diffusero sulla contessa Bona di Borbone e i suoi fedeli così il governo fu conteso tra i favorevoli e gli avversari. La crisi si aggravò nel 1393 quando a favore di Bona di Borbone intervennero, a nome del re di Francia, i duchi reali di Borgogna, di Berry, di Borbone: questi stabilirono che, provvisoriamente, la reggenza dovesse essere tenuta dalla vecchia contessa assistita da un consiglio comprendente anche il principe di Acaia, mentre il giovane conte sarebbe rimasto a Chambéry sotto la custodia di Aimone di Aspremont e il governo di Oddone di Villars, in attesa di celebrare al più presto le nozze con una figlia del duca di Borgogna. In attesa di provvedimenti definitivi, il Consiglio di Chambéry procedette contro i supposti avvelenatori del defunto conte, ma solo lo speziale, reo di aver dato il veleno, fu decapitato e squartato. Nell’ottobre del 1393 Amedeo VIII fu condotto, sebbene avesse appena dieci anni, a Chalon in Borgogna per celebrare formalmente il matrimonio con Maria di Borgogna. Il conte rimase affidato ai due baroni fedeli, mentre Bona di Borbone rimaneva, ufficialmente almeno, alla testa della reggenza. Presto però si decise che la madre e la nonna del conte abbandonassero lo Stato. Nel 1394, in un ambiente più sereno fu rifatto il processo e speziale e medico furono riconosciuti innocenti.

Lo Stato sabaudo rimase sotto l’influsso del duca di Borgogna e Amedeo fu fatto maggiorenne nel 1397, ma il governo rimase nelle mani dei suoi devoti tutori. Nel 1398, andò a Digione a visitare la sposa, poi si recò a Parigi per la solenne presentazione al re, ma solo nell’autunno del 1403 Maria di Borgogna fu consegnata allo sposo. Questi ebbe dalla sua unione numerosi figli, dei quali due maschi che morirono bambini, mentre una femmina, Margherita, moriva giovinetta; si susseguirono poi Maria, Amedeo, Ludovico, Bona, Margherita, Filippo. La contessa Maria morì di parto nel 1422.

Il regno di Amedeo coincide con la seconda fase della guerra dei Cento anni che fu tanto funesta per la monarchia francese da toglierle la possibilità di continuare nella penetrazione nella penisola italiana. Da questa crisi francese Amedeo seppe trarre il massimo profitto per una politica di espansione nella pianura padana e nella valle del Rodano. Tuttavia intorno ai domini sabaudi vi erano ancora delle signorie indipendenti che occorreva salvare dalla cupidigia francese. Amedeo VIII inaugurò la sua attività assorbendo definitivamente la Contea del Genevese; l’ultimo di questa dinastia era stato Roberto di Ginevra, il papa avignonese Clemente VII. Negli anni seguenti riscattò il feudo di Rumilly, poi vari altri feudi nel Vaud, assumendo poi la protezione dei signori locali contro l’invadenza dei Cantoni svizzeri confederati. Nel 1413, approfittando delle lotte dinastiche francesi, Amedeo ricorse alle armi, assediò Saluzzo e costrinse il marchese a riconoscersi per suo vassallo. Nelle Alpi Marittime, i Lascaris, signori di Tenda e Briga, diventarono suoi vassalli. Amedeo cercò di sviluppare nel Vallese un’azione di pacifica penetrazione. Nel 1412, il conte di Savoia riuscì ad avere la dedizione delle comunità di Val d’Ossola, sperando in tal modo di stringere i montanari dell’alto Vallese e obbligarli a sottomettersi, ma, nel 1418,

il possesso di Val d’Ossola veniva sottratto ad Amedeo dall’intervento delle leghe svizzere. Nel 1418, lo Stato sabaudo formò un blocco solo ed ebbe una compattezza che doveva affermarsi nella vita politica italiana con la conseguente prevalenza dell’elemento italiano su quello sabaudo.

Appena giunto alla maggiore età, il conte di Savoia chiese all’imperatore Venceslao la rituale infeudazione che l’imperatore concesse al conte, rilasciandogli una dichiarazione per cui erano nulli gli atti imposti allo Stato sabaudo da principi stranieri. Dopo la deposizione di Venceslao, riprese le relazioni cordiali con il nuovo imperatore lussemburghese Sigismondo che, nel 1412, gli concesse, con l’investitura della Contea, il vicariato imperiale di Lombardia e gli confermò la concessione della Contea di Asti. Due anni dopo, Sigismondo concesse ad Amedeo il titolo di duca di Savoia. Nel 1424, Amedeo creò il Principato di Piemonte, affidandolo al primogenito, sì che il titolo di principe di Piemonte fu poi prerogativa del principe ereditario, mentre al secondogenito spettava il titolo di conte del Genevese.

Tutti i progetti sabaudi di espansione nella regione rodanica furono colpiti dal risveglio nazionale francese determinato da Giovanna d’Arco. Grande fu l’emozione a Chambéry dopo la liberazione di Orléans e la spedizione a Reims. Dopo la cattura di Giovanna d’Arco il principe di Orange ed il duca di Savoia progettarono l’invasione e la spartizione del Delfinato per mettere Carlo VII di fronte al fatto compiuto, ma la sconfitta subita ad Anthon ebbe ragione di quello che fu l’ultimo tentativo sabaudo per eliminare la monarchia francese dalla regione alpina.

Nel 1434, il duca di Savoia, che aveva appena varcato i cinquant’anni, in conseguenza di una profonda crisi spirituale decise di abbandonare la vita attiva, per ritirarsi a vita eremitica, insieme con alcuni suoi intimi consiglieri e amici. Creò, in armonia con queste sue aspirazioni spirituali e con le esigenze dello Stato, un Ordine religioso-cavalleresco di san Maurizio; elesse come residenza sua e dei suoi confratelli il castello di Ripaglia sul lago di Ginevra, non lungi da Thonon. Il 16 ottobre 1434 entrò nella sua nuova residenza lasciando il governo dello Stato al figlio secondogenito Ludovico che ebbe l’ufficio di luogotenente generale ed il titolo di principe di Piemonte, come già il fratello scomparso. L’abbandono del mondo da parte di un principe così potente e così apprezzato per la sua saggezza nelle corti e nei Consigli d’Europa colpì assai i contemporanei sebbene altri casi consimili si fossero già verificati.

A lui corse il pensiero dei Padri del concilio di Basilea quando, nel 1438, il loro dissidio con il papa di Roma diventò aspro ed il concilio si avviò sulla via della lotta aperta. Nel giugno del 1439, poi, la deposizione di Eugenio IV fece sorgere a Basilea il problema di scegliere una persona degna e capace di salire al seggio papale. L’eremita principe di Ripaglia, suocero del duca di Milano, zio del duca di Borgogna, imparentato con varie case principesche di Francia e di Germania, parve ai Padri di Basilea l’uomo adatto per le loro esigenze teoriche e pratiche. La candidatura di Amedeo fece rapida strada e il 5 novembre 1439 fu eletto papa. Il duca di Savoia accettò dopo lunga esitazione. Il 6 gennaio 1440 rinunziò definitivamente alla dignità ducale a favore del figlio Ludovico e scelse come nome Felice V. A Thonon ora ricevette gli ordini minori, ma solo il 24 giugno entrò in Basilea. Qui ricevette gli ordini sacri superiori e, il 26 giugno, celebrò la prima messa. Il 24 luglio successivo fu consacrato ed incoronato papa. Così dopo vent’anni la Chiesa entrava in un nuovo scisma. Tuttavia Felice V fu riconosciuto solo nei suoi stati ed in pochi stati di Germania. Il re di Francia Carlo VII e l’imperatore Federico III rimasero esitanti in attesa di quel che potesse succedere ed anche il genero di Amedeo, Filippo Maria Visconti, si mostrò diffidente per le esigenze della sua politica. Felice V si industriò di procurarsi l’appoggio di capitani di ventura italiani per espellere Eugenio IV e impadronirsi di Roma, ma i tentativi fallirono. E neppure riuscì il tentativo di impadronirsi, nel 1443, di Avignone. Già nel 1445 incominciò a cercare la via per uscire dal ginepraio in cui si era cacciato così imprudentemente mentre appariva sempre più vittima delle monarchie europee ora fattesi apertamente sostenitrici del papa di Roma. La mediazione del re di Francia fece raggiungere, nel 1449, un accordo tra Felice V ed il nuovo papa di Roma, Niccolò V Parentucelli. Felice V, il 5 aprile 1449, dichiarò che ritirava le condanne lanciate contro i suoi avversari; così fece per conto suo Niccolò V. Il 7 aprile 1449 Felice V abdicò solennemente ed il 18 giugno Niccolò V lo riconobbe cardinale del titolo di Santa Sabina, legato e vicario apostolico nei paesi della sua obbedienza. Anche il concilio di Basilea, ridottosi a poche persone, si sciolse dopo avere formalmente eletto papa Niccolò V. Amedeo, dopo questa lunga parentesi pontificale, fu presto ripreso nelle spire della politica. Essendo, nel 1447, morto Filippo Maria Visconti duca di Milano, il duca di Savoia Ludovico si gettò nella lotta per la successione, fidando sulla sorella vedova del Visconti e sul bisogno dei Milanesi di essere aiutati contro Francesco Sforza e contro i Veneziani. L’azione militare del duca Ludovico provocò però una violenta reazione da parte dello Sforza che minacciò gravemente lo Stato sabaudo. Amedeo VIII, nell’agosto del 1449 scese in Piemonte per assistere il duca. Solo nel gennaio del 1450 ritornò a Ginevra. Qui morì il 7 gennaio 1451. Fu sepolto non ad Altacomba, come aveva stabilito, ma a Ripaglia. La tomba sua, che era oggetto della venerazione delle popolazioni, fu distrutta dai Bernesi eretici nel 1536; i resti però furono salvati e consegnati ad Emanuele Filiberto, e portati a Torino nel duomo; Carlo Alberto li rinchiuse nel grande monumento erettogli nella Cappella della Sindone.

 

Lo stemma papale di Felice V riprende in toto quello della casa di provenienza, le armi dei Savoia “Di rosso alla croce d’argento”. Già questo aveva convinto i suoi detrattori a sostenere che la sua non fosse un’accettazione del papato per via della sua conversione, ma solo uno strumento di potere politico.

 

 

Note di Bruno Fracasso

Disegnato da: Massimo Ghirardi

BLASONATURA

“Di rosso alla croce di argento…”

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