Abbazia Territoriale di Subiaco


Abbazia Territoriale di Subiaco

L’abbazia territoriale di Subiaco (Abbatia Territorialis Sublacensis) è una sede della Chiesa cattolica in Italia immediatamente soggetta alla Santa Sede appartenente alla regione ecclesiastica Lazio.

Si tratta di un vasto complesso costituito essenzialmente da due monasteri: il grande cenobio di Santa Scolastica e quello di San Benedetto, meglio conosciuto come Sacro Speco.

Il monastero di Santa Scolastica di Subiaco, sede dell’abate territoriale, fu uno dei tredici monasteri fondati da san Benedetto da Norcia nella prima metà del VI secolo nel territorio sublacense.

Dopo la distruzione ad opera dei Saraceni, il monastero dei santi Benedetto e Scolastica (oggi Santa Scolastica) fu ricostruito e ottenne da papa Leone VII le prime proprietà e soprattutto, il 29 maggio 939, l’esenzione dalla giurisdizione episcopale. Un’ulteriore concessione fu quella dell’imperatore Ottone I dell’11 gennaio 967: l’abbazia sublacense ottenne l’immunitas su una serie di terre e castelli di sua proprietà, diventando così uno stato principesco autonomo nel contesto del Sacro romano impero; autonomia temporale che si protrasse fino al 1753.

 

L’età d’oro del monastero di Subiaco fu tra l’XI e il XII secolo, quando venne retto da abati di grande rilievo, tra i quali Pietro II (992-1003), oggi venerato come santo, Umberto (1051-1060), che costruì la prima cappella del “Sacro Speco”, e Giovanni VII (1068-1120).

 

Nella seconda metà del XIV secolo l’abbazia entrò in crisi, vittima e preda delle famiglie potenti dell’epoca, venne anche coinvolta nello Scisma che divideva allora la Chiesa cattolica. Papa Urbano VI nel 1388 depose l’abate Francesco da Padova e nominò al suo posto Tommaso da Celano, documentato per la prima volta come abate di Subiaco il 15 dicembre 1389. Con questa decisione, il papa tolse ai monaci la libertà di scegliere il proprio abate, e dette inizio alla serie degli abati “curiali”, nominati cioè dalla Santa Sede.

 

Qualche decennio dopo, seguendo il destino di molte altre istituzioni ecclesiastiche dell’epoca, l’abbazia fu concessa in commendam, spesso a cardinali.

 

Nel 1514, i monasteri sublacensi furono annessi alla Congregazione cassinese (già nota come Congregazione di Santa Giustina di Padova), e si venne a creare un conflitto di poteri tra i cardinali abati-commendatari, che esercitavano la giurisdizione temporale e spirituale sui territori e le chiese che dipendevano dal governo abbaziale; e gli abati claustrali, eletti dal capitolo della Congregazione cassinese, che avevano la sola funzione di amministrare la vita religiosa interna ai due monasteri di Subiaco.

 

Il primo abate commendatario è stato Juan de Torquemada, che entrò in carica il 16 gennaio 1456: durante il suo governo l’abbazia fu dotata, nel 1465, di una tipografia, la prima in Italia.

Rodrigo Borgia, futuro papa Alessandro VI e abate commendatario dal 1471 alla sua elezione al soglio pontificio, portò a termine i restauri della rocca abbaziale di Subiaco, iniziata dai suoi predecessori, che divenne da questo momento la residenza dei commendatari nei periodi in cui soggiornavano a Subiaco. Dopo Rodrigo Borgia, la commenda abbaziale passò con continuità alla famiglia dei Colonna che la mantenne per oltre un secolo, fino al 1608.

Secolari furono i contrasti con i vescovi di Tivoli per la giurisdizione spirituale sulle parrocchie contese fra le due istituzioni. La questione fu risolta nel XVII secolo quando divennero abati commendatari i Barberini che, attraverso una serie di “transazioni” con i vescovi limitrofi, definirono una volta per sempre il territorio di competenza dell’abbatia nullius sublacense.

 

Con la nascita di una vera e propria diocesi, i commendatari utilizzarono sempre più spesso la collegiata di Sant’Andrea, nel centro di Subiaco, come cattedrale “de facto”, entrando così in contrasto con i monaci, che rivendicavano per la loro chiesa abbaziale di Santa Scolastica il privilegio della sede cattedrale “de jure”. La chiesa di Sant’Andrea subì notevoli restauri e rifacimenti con il cardinale Giovanni Angelo Braschi, che mantenne il titolo di abate commendatario anche quando, il 15 febbraio 1775, venne eletto papa con il nome di Pio VI. A lui si deve anche l’istituzione del seminario diocesano, nell’edificio adiacente a Sant’Andrea, che dotò con una ricca biblioteca di oltre 5.000 volumi, che costituiscono oggi il fondo più importante della biblioteca monastica.

 

Nel 1753 papa Benedetto XIV, con la bolla Commendatam Nobis del 7 novembre, pose fine al potere temporale degli abati commendatari, affidando al nuovo abate Giovanni Francesco Banchieri solo la giurisdizione spirituale sull’abbazia e la sua diocesi, mentre il territorio, dal punto di vista civile, fu integrato stabilmente nello Stato Pontificio sotto l’autorità della Camera apostolica.

 

Per porre fine ai dissidi fra il capitolo abbaziale di Santa Scolastica e quello secolare di Sant’Andrea, papa Leone XIII, con il decreto Ad quaestionum germina della Congregazione concistoriale del 26 aprile 1892, stabilì che unica cattedrale dell’abbatia nullius fosse la chiesa monastica di Santa Scolastica, e concesse alla basilica di Sant’Andrea il titolo di concattedrale.

 

Papa Pio X è stato l’ultimo abate commendatario. Infatti, con la costituzione apostolica Coenobium Sublacense del 21 marzo 1915, papa Benedetto XV soppresse dopo quattro secoli la commenda e il titolo di “abate commendatario”; in un primo momento, la diocesi abbaziale fu affidata in amministrazione apostolica all’abate generale sublacense Mauro Serafini, fino alla nomina del primo abate ordinario nel 1917 nella persona di Don Simone Lorenzo Salvi, già abate claustrale dal 1909.

Negli anni Trenta del XX secolo l’abate Salvi trasferì il seminario diocesano dall’antica sede presso la concattedrale di Sant’Andrea all’interno del monastero di Santa Scolastica.

 

San Benedetto, stabilitosi a Subiaco per buona parte della sua vita, fece erigere in quest’area ben 12 monasteri, in parte usando come cava per la costruzione la villa di Nerone sui ruderi della quale venne eretto il Monastero di Santa Scolastica, il più antico monastero benedettino e inizialmente dedicato a San Silvestro.

 

Lo stemma dell’abbazia è pressoché identico a quello di Montecassino, che è la sua figlia più illustre, se ne differenzia per la strada uscente dalla torre, in questo contesto rappresentata come un fiume, per l’assenza della corona nobiliare e per la presenza dietro lo scudo della croce astile (che, a rigore, sarebbe propria dei vescovi) che differenzia lo stemma proprio del abbazia da quello dell’abate (che, regolarmente, lo accolla al pastorale), questo perché il territorio ebbe le caratteristiche di vera e propria Diocesi, retta da un cardinale-abate commendatario (di nomina pontificia) in contrapposizione all’abate claustrale, che limitava il suo governo alla comunità monastica.

Lo stemma (dell’abbazia territoriale) si blasona: “Partito: nel primo di rosso al leone d’argento; nel secondo d’azzurro ad una torre coperta e fiancheggiata da due cipressi, fondata sulla campagna, attraversato da una strada sinuosa posta in palo e conducente alla torre”.

Si tratta dello stemma tradizionalmente attribuito allo stesso San Benedetto, e risalente ad un’epoca nella quale gli stemmi, propriamente intesi… non esistevano! Benedetto nacque a Norcia nel 480, mentre i primi stemmi veri e propri non compaiono prima del XIII secolo. Il primo campo sarebbe occupato dallo stemma di Abbondanza Claudia de’ Reguardati, la madre del santo, che i documenti appellano come “contessa” di Norcia. In realtà si tratta dello stemma della stessa città, adottato dalla comunità nel corso del XIII secolo (gli Statuti cittadini datano dal 1291).

Il secondo campo è attribuito al padre del santo, il console Anicio Giustiniano Probo, membro della gensAnicia, con la torre. In seguito è stato identificato come simbolico della stessa abbazia. Il fiume uscente dalla torre, caratterizzato dalla presenza delle onde, richiama il “lago” che ha dato origine al toponimo: Sub Lacum, “al di sotto del lago”), indica l’irradiamento da una fonte comune delle varie osservanze benedettine).

L’unione dei due stemmi vorrebbe attestare l’origine genealogica nobiliare, materna e paterna, del santo fondatore di Monte Cassino. 

 

Il galero verde di rango episcopale, con dodici nappe verdi pendenti in due gruppi ai fianchi dello scudo, indica il rango di “abbazia territoriale” (in passato “Abbatia Nullius Dioecesis”), cioè non soggetta al vescovo diocesano.

Il 16 luglio 2002, con il decreto Venerabilis Abbatia Sublacensis della Congregazione per i vescovi, l’abbazia, pur conservando il privilegio della territorialità, ha ceduto la cura pastorale delle parrocchie alle diocesi vicine: Tivoli, Palestrina e Anagni-Alatri.

Attualmente la giurisdizione dell’abate è limitata alle sole pertinenze dell’abbazia: essenzialmente i monasteri di Santa Scolastica e di San Benedetto/Sacro Speco e alle proprietà del monte Taleo e del Collelungo.

 

 

 

Nota di Massimo Ghirardi

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


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“Partito: nel primo di rosso al leone d’argento; nel secondo d’azzurro ad una torre coperta e fiancheggiata da due cipressi, fondata sulla campagna, attraversato da una strada sinuosa posta in palo e conducente alla torre”.

LEGENDA

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