Abbazia di Santa Maria di Ponza


Abbazia di Santa Maria di Ponza

Storia e informazioni

Il noto araldista don Antonio Pompili e Daniele Elpidio Iadicicco hanno ricostruito quello che doveva essere lo stemma dell’abbazia dell’isola di Ponza, riportato da diversi testi e documenti (come la “Monografia per le isole del gruppo Ponziano” di Giuseppe Tricoli del 1855) e adottato anche da alcuni vescovi nel loro emblema, già monaci nell’abbazia ponzese, noto dal XVI secolo. Non abbiamo certezza sugli smalti ma possiamo tentare un blasone verosimile: “d’azzurro a dodici api d’oro, poste 3,3,3,3 in fascia” (variante: “d’azzurro seminato di api d’oro”). La simbologia, come in altri casi analoghi, è chiaramente riferibile all’ideale monastico, dove ognuno di singoli concorre con il proprio lavoro al bene comune, e si riferisce ad una delle numerose omelie di San Bernardo di Clairvaux, il quale ha proprio le api tra i suoi attributi iconografici, proprio per il sul “bel parlare dolce come il miele” (testimoniato dalla copiosa messe dei suoi scritti). La figurazione non è svincolata molto probabilmente, attraverso un meccanismo semantico para-etimologico tipico dell’Araldica, da una funzione “parlante” con il toponimo di Ponza: assonante al latino “punctas” participio passato di passato di pungĕre cioè “pungere”, attività di difesa dell’ape.

 

Nel 503, si svolse un concilio di 119 vescovi, con lo scopo di giudicare – lontano da influenze esterne – papa Simmaco, accusato di eresia e che, al termine, fu assolto.

 

Questo episodio dimostra che l’isola era già fiorente e dotata di edifici sacri (e non) idonei, quando nel 538 vi venne fondata una prima abbazia benedettina di Santa Maria. Nel 572, a causa della discesa dei longobardi da nord, nelle isole ponziane trovarono rifugio tantissime persone della terraferma, ciononostante la primitiva abbazia andò distrutta.

 

Il 27 aprile 1202 papa Innocenzo III dei Conti di Segni autorizzò il sacerdote Gaetano Pietro Spinelli a riaprire l’abbazia di Santa Maria in Ponza, il quale vi insediò una comunità monastica di stampo cistercense, probabilmente proveniente da Fossanova.
Il papa fu certamente influenzato dalla conoscenza personale del monaco Raynerius de Pontio (Raniero da Ponza,1130-1207 ), che aveva svolto per lui l’incarico di legato pontificio e che, avanti negli anni, decise di ritornare nella sua isola natale.

In tutto l’arcipelago ponziano sorsero monasteri ed eremi: l’abbazia di Zannone, l’eremo di Ventotene, il monastero dell’isola di Palmarola (dove, nel 537, era morto papa Silverio, poi scelto come patrono di Ponza), e l’abbazia di S. Stefano.

Dal 1233 Santa Maria venne assoggettata all’abbazia romana di Santa Anastasia al Palatino per passare sotto il controllo di quella di Fossanova nel 1322 (bolla di papa Onorio III) assieme agli altri istituti religiosi isolani.

Il 23 giugno 1479 papa Sisto IV offrì a coloro che si stabilivano sull’isola condizioni di particolare favore fiscale, egli oltre a dare in enfiteusi l’isola ad alcuni cavalieri napoletani, firmò un editto che accordava agli isolani “Di poter con ogni sicurezza andare e venire dai stati pontifici, da essere trattate come persone d’abbene, commerciarvi, immettervi ed estrarne qualunque genere per uso dell’isola con l’esenzione da ogni gabella municipale, o dazio doganale, fulminando la scomunica a tutti coloro che cercavano frastornare l’adempimento”.

Soggetta alle incursioni dei pirati saraceni venne più volte attaccata, nel 1456 a seguito delle diatribe tra il papa ed il re aragonese di Napoli, quest’ultimo conquistò manu militari l’isola, da sempre dominio pontificio, intimando ai monaci di abbandonarla immediatamente.

 

La celebre Badìa di Ponza concluse la sua storia nel 1495, durante l’abbaziato di Giovanni Corriger il quale, decise di trasferire definitivamente la comunità a Mola di Gaeta dove edificarono un monastero dedicato anch’esso alla Santa Vergine e a Sant’Anastasio, dove posero la tela della “Madonna di Ponza”.

Anche questo cenobio subì diverse traversie nel corso del tempo, venne abbandonato poco dopo la sua rifondazione e nel XVI secolo fu affidato in commenda al Cardinale Alessandro Farnese (1520-1589, nipote di papa Paolo III), mentre più tardi fu trasformato in semplice beneficio e affidato alla custodia di don Carlo Castellucci da Potenza.

 

Nel 1741 la chiesa era retta da un abate-parroco ed in una carta del 1782 si legge che il Re di Napoli, su richiesta del Vescovo di Gaeta e del papa Pio VI, pose il luogo soggetto al capitolo della cattedrale di Gaeta.

L’edificio nel 1847 venne riedificato su disegno di Pasquale Mattei, ma, nel 1895, la chiesa risultava ancora aperta al culto, ma senza arredi sacri e pressoché abbandonata. Pesantemente rovinata durante la seconda guerra mondiale, nel 1978 furono intrapresi i lavori di restauro grazie all’interessamento del parroco di Mola, don Carmine Ciccolella.

Oggi è un Santuario Mariano, dedicato a Santa Maria di Ponza, sebbene non possegga più il dipinto che la rappresentava1, ma sulla facciata mostra ancora lo stemma dell’abate-commendatario Alessandro Farnese.

 

Frattanto, nel 1542, l’imperatore Carlo V aveva concesso in feudo l’isola a Pier Luigi Farnese, duca di Castro e Parma, con l’obbligo di difenderla dagli attacchi pirateschi.

Dopo un breve periodo di presidio austriaco, nel 1734, Elisabetta Farnese, ultima della sua stirpe e madre di Carlo III di Borbone, già duca di Parma e  nuovo re di Napoli, rese le isole beni privati della corona e ne avviò un’intensa colonizzazione, facendovi pervenire gente soprattutto dall’isola di Ischia. Tra i principali obiettivi borbonici vi fu ancora la difesa dagli attacchi corsari: nel 1757 una flotta di navi napoletane, cui si erano unite anche galee da guerra maltesi e pontificie, sconfissero presso l’isola di Palmarola un manipolo di navi turche, da allora l’arcipelago divenne sicuro.

 

(1): Il dipinto della “Madonna di Ponza”, antica pala d’altare dell’abbazia, fu rubato il 30 agosto del 2002 e ritrovato nel luglio del 2005 dal nucleo operativo dei Carabinieri di Caprino Veronese nel Vicentino; oggi l’opera si trova nella navata di destra della chiesa dei SS. Lorenzo e Giovanni Battista della città di Formia.

 

Nota di Massimo Ghirardi

Disegnato da: Massimo Ghirardi

BLASONATURA

“D’azzurro a dodici api d’oro, poste 3,3,3,3 in fascia”

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