Abbazia di Santa Maria della Colomba di Chiaravalle della Colomba


Abbazia di Santa Maria della Colomba di Chiaravalle della Colomba

Storia e informazioni

Abbazia di Santa Maria della Colomba di Chiaravalle della Colomba (Alseno)

 

Lo stemma di questa abbazia cistercense richiama la leggenda della sua fondazione, secondo la quale una bianca colomba avrebbe delineato con pagliuzze, dinanzi allo sguardo sorpreso dei monaci, il perimetro dell’erigendo monastero in un’area asciutta rilevata in mezzo alle paludi. Allo stemma è associato il motto “Sic Placuit Omnipotentis” (“Così piacque all’Onnipotente”), che sottolinea la volontà di Dio nell’erezione del monastero. È un classico stemma “parlante” giacché mostra una colomba in volo sopra una valle rischiarata dalla luce mattutina, una stella sopra il capo del volatile richiama la Vergine, simboleggiata dalla “Stella Matutina” delle Litanie e indicata spesso da San Bernardo di Clairvaux, co-fondatore dei Cistercensi, nella sua celebre preghiera “Respice stellam, voca Mariam” (“Guarda la stella, invoca Maria”). Si può blasonare: “campo di cielo, alla colomba d’argento in volo sulla valle formata da due montagne moventi dai lati e racchiudenti uno specchio d’acqua con erbe palustri, tenente alcune pagliuzze d’oro nel becco e sormontata dalla stella pure d’oro di otto punte”. Solitamente lo stemma è rappresentato timbrato dalla mitra e accollato ad un pastorale e ad una croce astile, si trovano anche raffigurazioni con il galero verde delle “abbazie territoriali” (“nullius dioecesis”).

Probabilmente la colomba, simbolo dello Spirito Santo che si è incarnato nella Vergine Maria, è un riferimento a quest’ultima, figura particolarmente cara alla spiritualità cistercense, in riferimento a San Bernardo di Clairvaux al quale Dante nella Divina Commedia fa pronunciare la celebre frase «Vergine Madre figlia de tuo Figlio».

Si apprende, da un documento notarile dell’11 aprile 1136 titolato «institutionis paginam», che Arduino, vescovo di Piacenza, concede al monastero di Santa Maria della Colomba (Abbatia Beatæ Maria Virginis de Clarævallis de Culumba) i primi fondi terrieri in località Careto, presso una cappella dedicata a San Michele, ai quali i marchesi Oberto di Adalberto di Busseto (detto “Pelavicino” e capostipite dei Pallavicino) e Corrado Cavalcabò ne aggiungeranno altri, poco tempo dopo. I Pallavicino saranno per lungo tempo i protettori del monastero.

Si vuole che sia una delle abbazie direttamente fondate da San Bernardo che, come aveva accolto le richieste dei milanesi, mentre si trovava loro ospite di ritorno dal Concilio di Pisa, il 22 luglio 1135, istituendo l’abbazia di Santa Maria di Roveniano (l’odierna Chiaravalle Milanese), pochi mesi dopo accolse anche quelle di Arduino, con il suo clero e il suo popolo, insediando alcuni confratelli, con a capo l’abate Giovanni (che prenderà poi il posto di Arduino sulla cattedra episcopale piacentina), nei terreni acquitrinosi di Careto, poco lontano dal piccolo centro di Alseno.

 

Il 7 febbraio 1137 papa Innocenzo II indirizza a San Bernardo stesso il primo privilegio papale riguardante il monastero piacentino che verrà accolto sotto la protezione diretta della Sede Apostolica con un atto del pontefice Lucio II, datato dal Laterano il 12 luglio 1144, facendone quindi una “abbatia nullius dioecesis” non soggetta al vescovo locale.

 

I monaci bonificheranno la zona, che coltiveranno e destineranno in parte a pascolo per i loro allevamenti, e qualche anno dopo fonderanno le abbazie figlie di Santa Maria di Fontevivo (Diocesi di Parma) nel 1142; Santa Maria di Quartazzola a Ponte Trebbia (Diocesi di Piacenza) nel 1217; Santa Maria di Brondolo (Diocesi di Chioggia) nel 1229; Santa Maria in Strada ad Anzola dell’Emilia (Diocesi di Bologna) nel 1250; Santa Maria di Valserena a San Martino de’ Bocci a Paradigna (Diocesi di Parma) nel 1298.

 

Coinvolta nelle lotte di potere tra le diverse signorie locali nel 1214 subisce una depredazione militare da parte dell’armata parmense e cremonese in lotta contro i piacentini, mentre il 15 giugno 1248 le armate di Federico II di Svevia, sconfitto presso Parma da Gilberto IV da Correggio, accampate a Chiaravalle saccheggiano e incendiano il monastero, trucidando diversi monaci (in una nicchia dell’angolo orientale del chiostro una lapide ricorda l’eccidio).

 

Nonostante la sua prosperità, nel 1444, papa Eugenio IV istituì la carica di “abate commendatario” di Chiaravalle della Colomba, che si faceva rappresentare in loco da un priore, l’istituto giuridico della «commenda» consiste nell’assegnazione del titolo formale di “abate” a individui, non necessariamente religiosi, i quali solitamente vivevano lontani dal monastero, incamerandone le rendite. Tuttavia non tutti gli abati commendatari trascurarono quella che, dopotutto, era la loro abbazia, tra il XVII e XVIII secolo il complesso architettonico venne ingrandito e restaurato.

 

Nel XVIII secolo la comunità si era fortemente ridotta e nel 1769 il duca di Parma decretò la soppressione del monastero, i pochi monaci vennero aggregati all’abbazia di Valserena. Tuttavia nel 1777, dietro pagamento di un riscatto, i monaci poterono ritornare nella loro abbazia, per poco tempo, perché due decreti napoleonici, nel 1805 e nel 1810, soppressero nuovamente il cenobio e confiscarono i beni. La comunità venne dispersa, tranne due monaci che, secolarizzati come presbiteri diocesani, svolsero il ruolo di parroco e di insegnante nella locale scuola pubblica, ai quali si aggiunse un converso con funzioni di sagrestano.

L’archivio, la prestigiosa biblioteca e gli arredi vennero venduti e andarono dispersi; gli oltre mille ettari di terreno e i fabbricati divennero proprietà degli Ospedali Civili di Piacenza.
Sino al 1937 la cura della parrocchia e di alcuni locali adiacenti alla chiesa furono affidati ad un sacerdote diocesano che aveva il titolo di abate-parroco, mentre il resto del fabbricato divenne abitazione e azienda agricola privata.

Mons. Guglielmo Bertuzzi, dagli inizi del XX secolo abate-parroco di Chiaravalle, iniziò a recuperare la storia e a intraprendere il recupero dei locali dell’abbazia: convinse la Sovrintendenza a realizzare delle campagne di restauro che permisero di far emergere importanti cicli pittorici medioevali (come la Crocifissione nella cappella battesimale, oggi sagrestia), e di consolidare gli altri locali. Dopo numerosi tentativi riuscì anche a convincere il vescovo di Piacenza a far tornare i monaci cistercensi attraverso un accordo del 1937, tra il vescovo e la Congregazione cistercense di Casamari (Frosinone) che tutt’ora la abita con tre monaci e della quale rappresenta un “priorato”.

Dal 1976 il complesso monastico è diventato proprietà statale e le Soprintendenze competenti hanno continuato i restauri che hanno portato l’abbazia ad essere sede di convegni e meta di visitatori.

 

I pochi monaci residenti, provenienti dalla Ciociaria (Frosinone), hanno importato anche la tradizione dell’Infiorata del Corpus Domini durante la quale viene realizzato un tappeto figurato con petali di fiori e piante, dall’ingresso al presbiterio della basilica.

 

 

Nota di Massimo Ghirardi

 

Si ringraziano Alessandro Neri, Stefano Sampaolo e Lorenzo Marmiroli per la gentile collaborazione

Disegnato da: Massimo Ghirardi

BLASONATURA

“Campo di cielo, alla colomba d’argento in volo sulla valle formata da due montagne moventi dai lati e racchiudenti uno specchio d’acqua con erbe palustri, tenente alcune pagliuzze d’oro nel becco e sormontata dalla stella pure d’oro di otto punte”.

ATTRIBUTI
SMALTI
OGGETTI
ALTRE IMMAGINI

Stemma sul portale del monastero.

Stemma sul portale della chiesa

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune