Abbazia di San Pietro di Modena


Abbazia di San Pietro di Modena

Storia e informazioni

Per antico privilegio l’abbazia benedettina di Modena, che alzava come proprio lo stemma dell’Ordine (nella versione della Congregazione Cassinese), lo insigniva con la tiara e le chiavi pontificie, come si vede nella versione scultorea posta sopra il fastigio dell’antico ingresso dell’abbazia (corrispondente all’appartamento abbaziale e al chiostro grande) e nel logo che i monaci usavano per la comunicazione e le commercializzazione dei loro prodotti nella Spezieria presso il nuovo accesso (riaperta nel 2007) fino a tempi recentissimi. A questo si univa il motto “Ora et labora et lege” ripreso dalla esortazione del fondatore san Benedetto; la cui versione completa è  “Ora et labora et lege et noli contristari in laetitia pacis!” (prega e lavora e studia e nella gioia della pace non farti prendere dalla sfiducia!).

Si blasona: “d’azzurro, a tre colli fondati in punta cimati dalla croce patriarcale, il tutto d’oro, [essa croce] caricata alla base dalla parola PAX d’argento”.

Secondo la tradizione nel luogo extraurbano dove sorgeva un tempio dedicato a Giove Capitolino, nel 93 l’ateniese Dionigi Areopagita e il vescovo Eutropio predicavano il Vangelo, riunendo la prima comunità cristiana modenese e riconsacrando il tempio all’apostolo Pietro. Nel IV secolo il vescovo Geminiano (che santificato diverrà il patrono di Modena) si recava a pregare durante la notte in questa chiesa.

Nell’anno 983 il vescovo Giovanni I Filagato (già abate di Nonantola, futuro antipapa Giovanni XVI) fondò un monastero, che nel 996 lo stesso vescovo (e cardinale) associò all’Ordine Benedettino e che nel 1148 diverrà indipendente, ma dal 1149 diverrà sede “commendataria”.

Dopo la grande crisi dell’Ordine del XV secolo, nel 1434 aderì alla riforma della Congregazione di Santa Giustina di Padova (poi detta “Cassinese” dal 1504 quando vi aderì l’arciabbazia di Monte Cassino) iniziata dall’abate Ludovico Barbo.

L’attuale chiesa abbaziale venne progettata dal 1475 e fu consacrata nel 1518; negli anni successivi fu realizzato anche il chiostro, detto delle Colonne. La chiesa è opera dell’architetto Paolo Barabani mentre la facciata nello stile del rinascimento “ferrarese” è ornata da terrecotte attribuite ai fratelli Bisogni.

All’interno e nell’attiguo museo dell’abbazia conserva varie sculture in terracotta di Antonio Begarelli, e dipinti dei maggiori artisti emiliani (Francesco Bianchi Ferrari, Niccolò dell’Abate, Jacopo Cavedone, Pellegrino Munari, Girolamo Romanino, Carlo Ricci, Giovanni Taraschi, Filippo da Verona, e altri). Il prezioso coro ligneo del 1536 è di G. F. Testi e aiuti. Oltre ai bellissimi paliotti in scagliola di tutti gli altari si segnala il monumentale organo cinquecentesco di Giovanni Battista Facchetti con tribuna dipinta da Giovanni Taraschi. In sagrestia affreschi di G. da Vignola, e preziosi arredi lignei intarsiati da G. Brennona.

La Biblioteca monastica custodisce circa 2.000 volumi antichi e 20.000 moderni (è iscritta all’Anagrafe degli Istituti Culturali Ecclesiastici Italiani della CEI e ha dato corso alla catalogazione informatizzata del patrimonio librario).

In età napoleonica il monastero fu soppresso e parte del complesso fu utilizzato come caserma di cavalleria. La chiesa rimase tuttavia aperta al culto come parrocchiale e nel 1876, assieme la nomina a priore del monaco benedettino Don Giovanni Borcesi fu avviata un’imponente campagna di restauri e nel 1911 la comunità monastica fu ristabilita. Dal 1984 al 2004 fu priore Don Gregorio Colosio, originario di Bergamo, che fece apportare modifiche ad un cortile interno riportandolo al suo stato originale. 

Il 25 novembre 2010 un gruppo di oblati benedettini aveva ridato vita all’abbazia, ma nel gennaio 2024 la comunità ridotta a soli due membri, il priore Dom Stefano de Pascalis e Dom Fabio Brancolini, è stata soppressa dall’abate di Pontida Dom Giordano Rota, proveniente proprio dall’abbazia che nel 1938 inviò alcuni monaci per riaprire il monastero modenese.

La Parrocchia è stata unita a quella vicina di San Francesco (che ha assunto la denominazione di Parrocchia di San Francesco d’Assisi e San Pietro Apostolo) il cui parroco, don Paolo Monelli, ha assunto l’incarico di Amministratore Apostolico.

 

© 2025, Massimo Ghirardi

Disegnato da: Massimo Ghirardi

BLASONATURA

“D’azzurro, a tre colli fondati in punta cimati dalla croce patriarcale, il tutto d’oro, [essa croce] caricata alla base dalla parola PAX d’argento”.

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LEGENDA

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