Abbazia di San Giovanni Evangelista di Parma
Abbazia di San Giovanni Evangelista di Parma
Storia e informazioni
Nel 980 il vescovo Sigefredo II (o Sigfrido II) decise di erigere due monasteri vicino all’episcopio di Parma, allora appena fuori le vecchie mura cittadine romane: uno femminile dedicato a San Paolo Apostolo e uno maschile dedicato a San Giovanni Evangelista.
Per quest’ultimo individuò un vasto terreno dietro l’abside della cattedrale, dove era già una modesta cappella dedicata a San Colombano. Il primo abate fu Giovanni, di nobili origini (c’è chi ha sostenuto che fosse figlio del conte Gerardo da Correggio) e che era già canonico del capitolo della cattedrale. Partecipante al Capitolo Generale benedettino di Ravenna del 983, l’abate Giovanni (poi santificato come San Giovanni da Parma abate) ottenne il riconoscimento formale della nuova comunità monastica.
Il 1477 fu un anno cruciale per la comunità benedettina: un incendio devastò il complesso durante una faida tra le famiglie nobili della città, ma nel frattempo il monastero era entrato a far parte della Congregazione di Santa Giustina di Padova, casa-madre della riforma promossa dall’abate Ludovico Barbo, che puntava sul rinnovamento dell’esperienza mistica dei monaci e sulla regolarizzazione dell’economia dei monasteri, inizio della rinascita dell’Ordine benedettino tra XV e XVI secolo.
Nel 1490 si poté ricostruire la grande basilica, che verrà terminata nel 1519 secondo il progetto dell’architetto Bernardino Zaccagni, redatto nel 1510, l’abate si assicurò anche l’ingaggio del giovane Correggio (che solo pochi anni prima aveva decorato l’appartamento privato della badessa Giovanna Piacenza del monastero di San Paolo, la oggi notissima “Camera di San Paolo”).
La prima opera del pittore in San Giovanni pare sia stata la lunetta con il San Giovanni e l’aquila (del 1520 circa), alla quale seguì la cupola con l’Ascensione di Cristo. A queste seguirono anche la volta e il catino dell’abside della Cappella Maggiore, opera parzialmente distrutta nel 1586 in occasione del prolungamento del coro (della quale resta oggi il frammento centrale dell’Incoronazione della Vergine alla Galleria nazionale di Parma); quindi le pareti del coro, andate completamente distrutte con l’ampliamento successivo e, da ultimo, il fregio pittorico che corre lungo tutto il perimetro interno (ancora esistente).
Oltre alle pitture su muro, Correggio realizzò per il monastero due tele per la cappella della famiglia Del Bono (e oggi conservate anch’esse nella Galleria Nazionale di Parma): il Compianto sul Cristo morto e il Martirio di quattro santi.
Il grande complesso del monastero ruota attorno a tre chiostri: il primo, subito dopo l’entrata dell’attuale portineria, presenta uno spazio delimitato da colonne in stile ionico, il secondo mostra altre decorazioni del Correggio e nel terzo, detto chiostro di San Benedetto, sono visibili affreschi di inizio Cinquecento. Tra il primo e il secondo chiostro una scala appartata conduce alla Biblioteca Monumentale, con importanti testimonianze rinascimentali dello Scriptorium del monastero: alcuni codici che in origine si trovavano presso l’abbazia di Santa Giustina di Padova ma senza decorazioni, a Parma vennero mirabilmente ornati dagli amanuensi Damiano da Moile, Francino da Moile e, a partire dal 1492, da Michele da Genova.
Sul retro del monastero, con attualmente un accesso diretto (non d’epoca) dalla strada esterna, si trova l’antica Spezieria di San Giovanni, storica farmacia dei monaci benedettini, documentata dal 1201, ma molto più antica.
Nel 1613 venne eretto il possente campanile, su disegno di Giovanni Battista Magnani: è il più alto della città (76,00 m) dopo che il 27 gennaio del 1606 crollò l’altissima torre del palazzo comunale.
Parte integrante dell’abbazia è l’abbazia di Santa Maria della Neve di Torrechiara, che ne è una dipendenza diretta e sede estiva della comunità.
Lo stemma dell’abbazia “d’argento, all’aquila nera tenente un libro con le zampe” è presente un po’ ovunque negli edifici monastici: sulla facciata non si può non vedere una grande aquila in rame tenente con gli artigli un Evangelo aperto (presa da modello per il sigillo, ancora in uso, dell’abbazia); una bella versione dello stemma completo di galero in stile barocco si trova nella lunetta dell’ingresso del monastero, e anche altrove.
Immagini di Massimo Ghirardi
Nota di Massimo Ghirardi
LEGENDA