Abbazia di Chiaravalle Milanese


Abbazia di Chiaravalle Milanese

L’abbazia di Chiaravalle (Sanctæ Mariæ Clarævallis Mediolanensis), conosciuta anche come Santa Maria di Roveniano è un complesso monastico cistercense, tutt’ora fiorente, situato nel Parco agricolo Sud di Milano, tra il quartiere Vigentino e il quartiere Rogoredo.

È stata fondata nel XII secolo da san Bernardo di Chiaravalle (saint Bernad de Clairvaux) come filiazione di quella casa madre in Borgogna, attorno a essa si sviluppò un borgo agricolo che divenne Comune, con la denominazione di Chiaravalle Milanese, indipendente fino al 1923, quando venne annesso al Comune di Milano.

La chiesa costituisce un precoce esempio di architettura gotica in Italia e la vasta struttura ospitava una comunità di monaci e conversi che intraprese la bonifica del territorio paludoso circostante, sfruttò il terreno con la tecnica delle risorgive e fece fiorire l’allevamento e l’arte casearia. La tradizione vuole che furono proprio i cistercensi di Chiaravalle a “inventare” il formaggio Grana Padano, avendo mezzi e tempo a disposizione per produrlo.

Lo stemma dell’abbazia, noto dal XV secolo, mostra una cicogna che sostiene un pastorale abbaziale, la cui livrea di piume ha gli stessi colori del saio cistercense, è allusiva al terreno acquitrinoso di Roveniano. Da ciò nacque la leggenda che le cicogne che si fermano in questa zona non ripartono più vedendo dei loro “simili” tranquillamente impegnati nei lavori della campagna.

La vicenda incominciò all’inizio del 1135, allorché un gruppo di cistercensi di Clairvaux giunse a Milano, ospitati inizialmente dai benedettini di Sant’Ambrogio di Milano, essi sostenevano papa Innocenzo II contro l’antipapa Anacleto II, uno scisma che divideva non solo la Lombardia. Poco dopo giunse anche Bernardo di Fontaines, abate di Clairvaux (san Bernardo di Chiaravalle) che convinse i milanesi a sostenere papa Innocenzo II, mettendo fine alla disputa papale e alla lunga guerra che aveva contrapposto Milano al resto della Lombardia. Le autorità milanesi per riconoscenza al santo abate si impegnarono a costruire per l’Ordine un grande monastero.

San Bernardo scelse un terreno a cinque chilometri da Porta Romana, in una zona paludosa, poi bonificata dai monaci, a sud della città chiamata Roveniano o Rovegnano. Lasciò quindi sul posto un gruppo di confratelli con lo scopo di raccogliere fondi utili alla costruzione del cenobio. Le prime costruzioni, realizzate dai religiosi con l’aiuto della popolazione locale, furono in legno e provvisorie; solo tra il 1150 e il 1160 venne incominciata la costruzione della chiesa, che si protrasse fino al 1221.

Il 2 maggio 1221 l’arcivescovo di Milano, Enrico I da Settala, consacrò la chiesa a santa Maria Vergine.

Durante il XIII secolo i lavori proseguirono con la realizzazione del primo Chiostro, situato a sud della chiesa. In seguito, nel XIV secolo, vennero realizzati il refettorio (aula di cinque navate caratterizzate da volte a crociera) e il caratteristico tiburio, noto come “Ciribiciaccola”.

Nel 1442 l’abbazia venne mutata In commendam affidata all’abate Gerardo Landriani, per passare nel 1465 sotto la guida del card. Ascanio Maria Sforza Visconti, fratello di Ludovico il Moro. Nel 1490, il Bramante e Giovanni Antonio Amadeo su commissione del cardinale Ascanio, incominciarono a costruire il Chiostro Grande e il capitolo: nel periodo rinascimentale molti pittori e artisti lavorarono all’abbazia; a questo periodo risalgono anche le opere di Bernardino Luini.

La storia dell’abbazia ebbe una svolta con la cacciata dei monaci da parte della Repubblica Cisalpina nell’anno 1798 per diventare la parrocchiale del paese vicino. I beni dell’abbazia vennero venduti, e vennero avviati i lavori di demolizione del monastero: rimasero intatti soltanto la chiesa, una parte del chiostro piccolo, il refettorio e gli edifici dell’ingresso.

Nel 1861, per far spazio alla linea ferroviaria Milano-Pavia-Genova, il chiostro grande del Bramante, pur incompleto (essendo stato costruito solo su un lato), venne distrutto.

È solo nel 1893 che l’Ufficio per la Conservazione dei Monumenti rilevò l’abbazia dai vari privati che l’abitavano e incominciò il restauro del complesso, prima affidandolo a Luca Beltrami, poi nel 1905 a Gaetano Moretti, a cui si deve il restauro della torre nolare, il ripristino della facciata “originaria” eliminando le superfetazioni barocche e, nel 1945, la ricollocazione del Coro Ligneo nella navata centrale, che era stato smontato e spostato alla Certosa di Pavia per precauzione.

Nel 1952, grazie all’interessamento dell’arcivescovo (ex abate benedettino di San Paolo Fuori Le Mura di Roma) card. Alfredo Ildefonso Schuster, i cistercensi fecero ritorno nell’abbazia, riprendendo il possesso del monastero, ottenendo l’uso dei fabbricati storici e delle terre adiacenti con contratto rinnovabile per i successivi ventinove anni.

 

Nota di Massimo Ghirardi

 

Bibliografia e Sitografia:

Tomea (Paolo). Chiaravalle. Arte e storia di un’abbazia cistercense. Electa, Milano 1992.

Perazzi (Mario). Abbazia di Chiaravalle. Reina, Milano 1971.

https://www.monasterochiaravalle.it/it-it/storia-e-arte.aspx

https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Chiaravalle

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