Abbazia della Santa Croce di Fonte Avellana
Abbazia della Santa Croce di Fonte Avellana
Storia e informazioni
Nel Comune di Serra Sant’Abbondio, in Provincia di Pesaro e Urbino, alle pendici del monte Catria si trova questa famosa abbazia, probabilmente fondata nel 980 dal nobile Lodolfo come eremo, seguì poi l’insegnamento del fondatore della Congregazione Camaldolese, San Romualdo di Ravenna.
San Pier Damiani (futuro cardinale e santo), che vi divenne monaco nel 1035, diede lustro e impulso al monastero, da quando ne divenne priore nel 1043, ampliandone le strutture e facendone un centro culturale con un rinomato scriptorium (secondo la tradizione ben 76 monaci di Fonte Avellana diverranno santi e beati) al punto che Dante Alighieri la cita nella Divina Commedia (Paradiso, canto XXI), dopo che probabilmente vi fu ospitato nel suo viaggio d’esilio mentre nel 1318 era ospite di Bosone di Gubbio, col quale visitò l’eremo.
Il monastero venne elevato al rango di abbazia nel 1325, divenendo anche molto ricco e Casa Madre della Congregazione Benedettina Avellanita, ma già nel 1392 venne data in commenda e, nel 1569, papa Pio V soppresse la Congregazione e unì l’abbazia a quella Camaldolese. Non tutti gli abati commendatari trascurarono l’abbazia, tra di loro il cardinale Giuliano della Rovere (futuro papa Giulio II) che fece importanti restauri.
Nel 1610 venne unita temporaneamente alla Congregazione Camaldolese di San Michele di Murano, alla quale rimase fino agli inizi del XX secolo.
La sua vicenda si concluse con la soppressione napoleonica del 1810, ripetuta poi dal Governo del Regno d’Italia nel 1866.
Tornata sotto la gestione dei monaci camaldolesi nel 1935, oggi Fonte Avellana ha ritrovato il suo antico splendore, e nel marzo 1982 papa Giovanni Paolo II ha elevato la chiesa abbaziale alla dignità di basilica minore.
Dal 2007 anche il pittoresco Giardino Botanico del monastero, fino ad allora riservato ai monaci, è aperto al pubblico e visitabile.
Lo stemma dell’abbazia è in uso dal XV secolo ed è un esempio di “stemma parlante” dato che mostra una fonte (a mascherone), abbinata ad un monte Calvario fiancheggiato da due rami di nocciolo avellano (Corylus Avellana). Si può blasonare: “troncato: al primo d’azzurro, alla croce latina di rosso fondata sul monte di cinque colli d’oro, fiancheggiato da due rami di avellano al naturale, il tutto movente dalla partizione; al secondo di muratura con la fonte a mascherone versante acqua in una vasca, il tutto al naturale”.
Nota di Massimo Ghirardi