Città di Silvi – (TE)
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Informazioni
- Codice Catastale: I741
- Codice Istat: 67040
- CAP: 0
- Numero abitanti: 15766
- Altitudine: 0
- Superficie: 20.67
- Prefisso telefonico: 0
- Distanza capoluogo: 0.0
Storia dello stemma e del comune
Silvi antica (oggi Silvi Paese) si trova sui primi rilevi, prospicienti il mare Adriatico, sui quali sorgono anche le antiche città di Atri e Città Sant’Angelo.
Silvi anticamente, in età romana, era denominata Matrinum o Silva, per poi assumere il nome di Castel Belfiore e Castrum Silvi nel Medioevo. Fino al 1931 era frazione del confinante Comune di Atri, assieme alla limitrofa Pineto, la sede comunale venne posta a Silvi Marina, che diverrà una celebrata stazione balneare, nota come la “Perla dell’Adriatico”, a circa quattro chilometri di distanza dal vecchio centro abitato.
Sul toponimo attuale le opinioni sono discordi ma convergenti: secondo alcuni il nome deriva da Silvae (‘foresta’) perché anticamente la regione era coperta di fitti boschi, secondo altri dal dio Silvano, al quale erano dedicati gli ampi appezzamenti boschivi.
Il Castrum Silvae nacque all’inizio del periodo medievale con il decadere di Matrinum e lo stanziamento della popolazione sull’altura su cui sorge l’attuale centro storico di Silvi.
Per molto tempo Silvi fu la “sentinella” di Atri (Hatria Picena) e delle numerose fortificazioni erette a protezione del territorio quella oggi più nota è la torre di Cerrano (dal nome del torrente che le scorre accanto), presso Pineto, proprio a ridosso della spiaggia, dalla quale si cercava di avvistare per tempo le navi dei pirati (soprattutto turchi), e per questo venne munita di un presidio militare permanente. Per questo suo carattere strategico il Castellum Silvae, erede del romano Castrum, fu coinvolto in vari avvenimenti di carattere militare. Importante fu l’opera di Alfonso Salazar, commissario del Presidente della Regia Camera di Summaria degli Aragonesi, che nel 1568 diede il via in Abruzzo alla costruzione di 14 torri costiere di avvistamento disposte in maniera tale da potersi vedere l’una dall’altra e inviarsi segnali (tramite specchi o fumo di giorno, con il fuoco di notte) nel caso di si avvistasse del nemico dal mare. Verso l’interno il sistema comunicava con la torre di Belfiore a presidio dell’antico borgo di Silvi.
Il 2 marzo 1252 entrò a far parte della nuova diocesi di Atri e Penne, eretta da papa Innocenzo IV il 1º aprile 1251, mentre il 5 ottobre 1271 Carlo I d’Angiò di Napoli la include nel Demanium Andriae del Giustizierato di Abruzzo Ulteriore (Ultra Flumine Piscaria), uno dei due nei quali aveva diviso il territorio (l’altro era il Giustizierato di Abruzzo Citeriore, Citra Flumine Piscaria), come dipendenza dell’abbazia di San Giovanni in Venere di Fossacesia.
Un secolo dopo, nel 1393, il re di Napoli Ladislao d’Angiò-Durazzo vendette i territori di Teramo e Atri per trentacinquemila ducati al duca Antonio d’Acquaviva, che assunse il titolo di duca d’Acquaviva.
Alla fine del XV secolo la popolazione di Silvi si era così drammaticamente ridotta che il re Ferdinando d’Aragona, succeduto agli Angioini, pensò di ripopolarla con famiglie cristiane, provenienti perlopiù dalla città albanese di Ulcinj (Dulcigno in italiano), fuggite dalle loro terre invase dai musulmani. In seguito la popolazione albanese si assimilò completamente con quella autoctona adottandone usi e costumi, diversamente da altre zone del Regno. Con privilegio di Ferdinando I d’Aragona del 1471 il Castello di Silvi venne ceduto all’Università di Atri mentre il feudo venne acquistato nel 1625 dai baroni Forcella; «nel 1701 il barone Domenico Forcella si trasferisce da Atri a Silvi sistemandosi nella loggia di Silvi Alta, da questo momento ha inizio un interminabile scontro per il possesso del Castello di Silvi tra questi e la Città di Atri, la quale avviò un lungo processo alla Regia Camera di Napoli per la riconquista del territorio».
Nel 1553 uno dei quattro magistrati del Reggimento di Silvi, Rosato Rosati, redige lo Statuto del Comune di Silvi, che però continuò ad essere dipendente dal ducato di Atri.
Solo con l’arrivo delle armate napoleoniche nel 1799 i baroni Forcella perdettero i loro diritti feudali su Silvi a favore della città di Atri, e nel 1806, con l’abolizione dei feudi, Silvi divenne Mairie autonoma.
Annessa nuovamente ad Atri nel 1927 riacquistò l’autonomia due anni dopo. Nel 1931 si decise che la sede municipale fosse posta in Silvi Marina – e non più a Silvi Paese – la borgata che si era andata sviluppando intorno alla stazione ferroviaria, inaugurata nel 1863. Con D.P.R. del 4 settembre 1996 le fu concesso il titolo di “Città”.
Lo stemma comunale, concesso con D.P.R. del 19 settembre 1996, mostra un castello posto sulla riva del mare, il Castello di Silvi, fiancheggiato da due piante di liquirizia (Glycyrrhiza glabra) il cui inserimento è dovuto alla presenza di alcune importanti industrie per la lavorazione di questa nota radice nate inizialmente ad Atri ai primi dell’800 grazie alla famiglia dei baroni Forcella e alla famiglia del cav. De Rosa, che si associò all’imprenditore reggiano Aurelio Menozzi (di Cadelbosco Sopra) il quale fonderà, assieme ad Angelo Barabaschi, la SAILA S.p.A. (Società Anonima Italiana Liquirizia ed Affini) nel 1940 e proprio a Silvi Marina (il marchio appartiene ora alla multinazionale svedese Cloetta).
È gemellata, come tutta la Provincia di Teramo, con la città tedesca di Memmingen.
Nota di Massimo Ghirardi e Giovanni Giovinazzo
Bibliografia:
- AA.VV., Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, UTET, Torino 1997, p. 738.
- M.C. Mancinelli, La storia, «Città di Silvi», consultato il 4 marzo 2018.
- Archivio storico – Inventario, «Città di Silvi», a cura di A. di Giovanni, consultato il 5 marzo 2018
Stemma Ridisegnato
Reperito da: Pasquale Fiumanò
Fonte: Giovanni Giovinazzo
Disegnato da: Massimo Ghirardi
Stemma Ufficiale
Logo
Altre immagini
Stemma di Silvi – Vetrata nella Chiesa del SS. Salvatore
Reperito da: Giovanni Giovinazzo
Stemma di Silvi – Vetrata nella Chiesa del SS. Salvatore
Profilo araldico
“D’azzurro, al castello d’oro, murato di nero, il fastigio privo di merli, munito di tre torri merlate alla guelfa di quattro, la torre centrale più alta e più larga, chiuso e finestrato di cinque, due finistre sotto il fastigio, tre nelle torri, di rosso, esso castello fondato sulla pianura di verde, fluttuosa d’argento, accompagnato da due piante di liquirizia, al naturale, una a destra, l’altra a sinistra, con sette rami ciascuna, tre a destra, tre a sinistra, uno alla sommità, nodrite nella pianura. Sotto lo scudo su lista bifida e svolazzante di azzurro, il motto, in lettere maiuscole di nero, OLIM CASTRUM SILVII. Ornamenti esteriori da Città”
azzurro
Oggetti dello stemma:
castello, fastigio, finestra, pianta di liquirizia, pianura, ramo, torre
Attributi araldici:
accompagnato, al naturale, chiuso, finestrato, fluttuoso, fondato, merlato alla guelfa, munito, murato, nodrito, più alto, più largo, privo di merli
Gonfalone ridisegnato
Reperito da: Luigi Ferrara
Disegnato da: Bruno Fracasso
Gonfalone Ufficiale
Altre immagini
Profilo Araldico
“Drappo partito di rosso e di azzurro, riccamente ornato di ricami d’oro e caricato dello stemma sopra descritto con la iscrizione centrata in oro recante la denominazione della Città. Le parti di metallo ed i cordoni saranno dorati. L’asta verticale sarà ricoperta di velluto dei colori del drappo, alternati, con bullette dorate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma della Città e sul gambo inciso il nome. Cravatta con nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d’oro”
LEGENDA
- stemma
- gonfalone
- bandiera
- sigillo
- città
- altro
- motto
- istituzione nuovo comune