Comune di Sala Baganza – (PR)

Informazioni

  • Codice Catastale: H682
  • Codice Istat: 34031
  • CAP: 43038
  • Numero abitanti: 5394
  • Nome abitanti: salesi
  • Altitudine: 180
  • Superficie: 30.91
  • Prefisso telefonico: 0
  • Distanza capoluogo: 15.0

Storia dello stemma e del comune

Sala Baganza si trova in un’amena posizione a 162 m s.l.m., sulle colline della bassa valle del torrente Baganza (da Flumina Vagantia, per via del regime torrentizio, corso d’acqua cantato anche dal poeta felinese Tommaso Ravasino 1665-1715), affluente del Parma.

 

Il nome di Sala, sulla cui origine sono state fatte varie ipotesi[i] è di provenienza longobarda; popolazione che si insediò nella zona nel VI secolo, in un piccolo agglomerato con fondo agricolo che denominarono Saal, toponimo molto diffuso che designa una “residenza del proprietario” o “centro importante”; presenza documentata da tombe alla cappuccina situate presso la località Chiesa Vecchia e da frammenti di un pettine d’osso risalente al VI-VII secolo.

 

L’area dove sorge oggi Sala rimase per lungo tempo poco popolata per la mancanza di vie di comunicazione importanti, carenza dovuta al fatto che la Valle del Baganza a monte non ha sbocchi verso sud e non permetteva quindi la formazione di itinerari agevoli. In epoca romana era presente una fornace di tipo verticale – unica nel settore occidentale dell’Emilia-Romagna e in uso nel I e all’inizio del II secolo – per la cottura di vasi, probabilmente parte dell’azienda agricola di un latifondo di cui si è perso completamente il ricordo.

 

Dopo lo stanziamento longobardo Sala appartenne alla corte di Vilinianum, un «sistema curtense con 54 dipendenze che si ramificavano nel Parmense, ma anche nel Reggiano e nel Modenese», forse di proprietà dei marchesi di Toscana ai quali venne sottratto, tra il 930-40, dal re d’Italia Ugo di Provenza per essere da questi donato a Sigefredo di Canossa.

 

Una pergamena del vescovo di Parma Sigefredo II (erede del precedente Sigefredo) del 20 novembre 995 cedette ai canonici della Cattedrale una Chapella de Sala dedicata a Santo Stefano protomartire e dipendente dalla Pieve di San Prospero di Collecchio.

 

Nel territorio corrispondente all’attuale Comune il centro più importante era certamente Majatico, dove era anche un ospizio per i pellegrini che percorrevano una variante della Via Francigena, citato nel 1436 e dedicato a San Nicolò papa mentre l’unica pieve della valle, e quindi l’unica fonte battesimale, era quella di San Vitale Baganza.

 

In un documento del 1141 viene citata una “torre o castello di San Lorenzo” presso l’odierna Sala. In seguito il territorio venne dato in feudo alla famiglia Franceschi e, alla morte del nobile Gherardo Franceschi senza eredi maschi, viene conteso tra le famiglie – Tebaldi, Da Palù, Draghi e Sanvitale – con lui imparentate. I Sanvitale erano una famiglia di Parma di antica nobiltà che prese il nome dalla chiesa di San Vitale di Parma, dove si trovava il nucleo delle loro case (e non da San Vitale Baganza, del quale non ebbero mai la signoria).

 

Tedisio di Guarino Sanvitale, fratello del vescovo di Parma Obizzo, ricevette dalla dote della moglie Adelmota Cornazzani (figlia di una Franceschi), parte del feudo di Sala e di Maiatico. La restante parte l’acquisterà da Bernardino Franceschi, parente della moglie, nel 1258. I coniugi si insedieranno nella Torre di San Lorenzo in Sala. Nel 1278 Tedisio diventa vicario di Carlo I d’Angiò re di Napoli a Firenze e, rimasto vedovo, si risposò con Margherita Fieschi di Codogno. Il figlio Gian Quirico, che ebbe una vita molto avventurosa, sarà spodestato da Andreasio Rossi di San Secondo (storica dinastia rivale dei Sanvitale) nel 1322.

 

Ripresi i dominî salesi nel 1355 Bernabò Visconti concedette ai Sanvitale il titolo di “Conti di Belforte” (un importante castello posto presso Borgo Val di Taro).

Giberto III sposò nel 1454 Donella Rossi di San Secondo, figlia del grande rivale Pier Maria III, e nel 1495 riceve anche il titolo di “Conte di Sala” da Ludovico il Moro, mentre Galeazzo Maria Sforza darà nel 1477 licenza di ricostruire la Torre nelle forme sfarzose ancora parzialmente visibili.

 

Durante l’assenza di Giberto, Amuratte Torelli (congiunto dei Rossi) attacca la Rocca di Sala, ma viene ferito mortalmente dalla parente Donella, fedele al marito.

 

Nel 1545 Girolamo I Sanvitale giura fedeltà al nuovo Duca di Parma, Pier Luigi Farnese (figlio di papa Paolo III), che morirà sgozzato e defenestrato, vittima a Piacenza di una congiura di nobili, il 10 settembre 1547.

 

Il 5 settembre 1564 il conte di Sala sposò Barbara Sanseverino, erede del Marchesato di Colorno. I Sanvitale di Sala (un ramo dei quali era diventato feudatario di Fontanellato) vennero accusati di congiura contro il duca Ranuccio I e, condannati, vennero decapitati, nella cosiddetta “Gran Giustizia” di Parma, il 19 maggio 1612. Morirono Gianfrancesco e la madre Barbara (nel frattempo rimasta vedova e risposata con Orazio Simonetta, conte di Sissa) con altri nobili parmensi. Il figlio di Gian Francesco venne imprigionato a Borgo Val di Taro, dove morì di peste dopo (sembra) aver sposata Olimpia Cassio, figlia del suo carceriere.

 

I beni dei Sanvitale vennero confiscati dalla Camera Ducale e Sala diventa sede delle duchesse e dei figli cadetti di casa Farnese. Il duca Ranuccio II destinò nel 1679 parte della Rocca a sede di villeggiatura del Collegio dei Nobili e nominò Sala, che nel frattempo doveva essersi sviluppata (come dimostra l’istituzione nel 1652 della fiera di San Lorenzo), “Villa Ducale”.

 

Il principe Antonio Farnese nel 1723 fece costruire un appartamento nella Rocca, decorato da Sebastiano Galeotti, prima di diventare a sua volta Duca, alla morte del fratello Francesco. Il 26 febbraio 1731, durante i banchetti del Carnevale di Piacenza, però morì di indigestione senza lasciare eredi e il Ducato passò a Carlo di Borbone primogenito di Elisabetta Farnese (figlia di Francesco), che aveva sposato re Filippo V di Spagna.

Il 9 settembre 1732 Carlo entrò nel Ducato di Parma e Piacenza e trasformò la Rocca di Sala in sede estiva e per la caccia di corte, destinando ai nobili convittori l’ex abbazia cistercense di Fontevivo.

 

Con la pace di Acquisgrana del 1° luglio 1748, il nuovo Duca di Parma e Piacenza divenne Don Filippo, fratello di Carlo giacché quest’ultimo venne “promosso” al trono di Napoli.

 

La moglie del duca Ferdinando, detto “il Buono” e figlio di Filippo, Maria Amalia d’Austria (sorella di Maria Antonietta) fece di Sala, la cui Rocca era stata nel frattempo destinata ai pensionati della corte e della truppa, la sua residenza di caccia, cominciando a erigere all’interno della riserva un Casino palladiano in forma di villa progettato dall’architetto Ennemond Alexandre Petitot e costruito tra il 1775 e il 1779.

 

Il 23 ottobre 1802, dopo la morte del Duca Ferdinando (forse per veleno) a Fontevivo, il Ducato di Parma venne annesso allo Stato francese. Sala divenne parte del Circondario di Parma, Dipartimento del Taro, Cantone di Fornovo. L’11 aprile 1804 il Governo Napoleonico destinò la confiscata Rocca di Sala al tenente pinerolese Michele Varron, benemerito delle Campagne Napoleoniche. Quest’ultimo, trovando il castello in cattive condizioni e troppo vasto, ne fece abbattere i due terzi.

 

Il 20 marzo 1806 viene nominato primo Maire di Sala proprio il ten. cav. Michele Varron. La nipote di Maria Amalia, Maria Luigia d’Asburgo-Lorena (già seconda moglie di Napoleone e madre del “re di Roma” Napoleone II, meglio noto come Duca di Reichstadt) divenuta Duchessa di Parma dal 20 aprile 1816, restaura la villa del Casino dei Boschi nel 1819 in stile neoclassico, utilizzando il materiale dell’abbattimento della Rocca e alcune parti marmoree provenienti dai giardini della Reggia di Colorno e destinandola a sede della corte estiva. È questa la residenza che farà scrivere a Edmond Rostand: «… Madame mes respects! Au palais de Sala retournez vivre en paix ! Ce palais n’a-t-il pas deux ailes, dont une aile est un petit Théâtre, et l’autre une chapelle ? Vous allez vous sentir, habitant à milieu dans un juste équilibre entre le mond et Dieu. Mes respects ! Mes respects! Retournez à Sala!» (E. Rostand, L’aiglon, atto IV, scena VII). Poco lontano fa edificare un’altra villa, detta “del Ferlaro”, per i figli avuti dal secondo matrimonio con Adam Albert Von Neipperg (Albertina Maria “di Montenuovo”, che sposerà il conte Luigi Sanvitale di Fontanellato, e Guglielmo Aberto conte di Montenuovo).

 

Il Governo Ducale ridenominò le Mairies in Podestarie. Sala divenne parte del Distretto di Langhirano.

 

Attualmente la Rocca Sanvitale, dopo un laborioso restauro, è stata destinata a sede museale, della biblioteca e di riunione del Consiglio Comunale.

 

A seguito della promulgazione della legge sulla toponomastica, il Consiglio Comunale di Sala con deliberazione del 12 settembre 1862 propose alcune aggiunte specificative per il capoluogo. Alcuni volevano chiamarlo Sala Donella (in ricordo della coraggiosa moglie di Giberto III), altri invece proposero semplicemente di adottare il nome del torrente che scorre a fianco del paese: il decreto di Vittorio Emanuele II, re d’Italia, del 5 ottobre 1862 riconosce a Sala il determinante “Baganza”.

Con Decreto Regio, sempre di Vittorio Emanuele II, del 24 febbraio 1869, il territorio della frazione di Gajano, che affaccia sulla valle del Taro, e che non aveva una strada di collegamento diretta col capoluogo, venne distaccato dal Comune di Sala Baganza e aggregato a quello di Collecchio (unitamente a Ozzano Taro, già frazione di Fornovo).

 

Stemma e gonfalone

La prima proposta per dotare Sala di un suo segno identificativo è del 14 luglio 1925; in questa data il sindaco Marino Bandini[ii] chiede il «desiderato riconoscimento ufficiale» per lo stemma creato su sua richiesta dall’Istituto Araldico Il Blasone Italiano di Bologna, lo stemma viene così descritto: «la [parte] superiore su fondo giallo, con una conchiglia, in quanto si rinvengono nei paesi vicini al Capoluogo dei testacei fondi; e un fagiano perchè al Casino dei Boschi MARIA LUIGIA moglie di Napoleone 1º vi dava famose caccie, anzi attualmente vi si alleva selvaggina e segnatamente il fagiano», «l’inferiore sul fondo azzurro con la riproduzione del Castello di Sala, in parte ancora esistente, tolto da un’antica incisione»; lo stemma risulta timbrato da un’“anomala” corona da città a tre torri. Il sindaco richiede alla Consulta Araldica di «volervi appore il segno di approvazione e ritornarlo con cortese sollecitudine» anche se in realtà la prassi prevedeva l’emissione di un decreto reale; non risulta che questa richiesta sia mai stata presa in considerazione dagli organi statali e non ebbe quindi seguito. Dal punto di vista araldico lo stemma risulta poco indovinato, specie nella parte “paesaggistica” inferiore.

 

L’iter per dotare Sala Baganza di uno stemma riprese con la delibera del podestà Ugo Ponzi del 22 maggio 1929; il documento, avente oggetto Adozione di stemma comunale e del gonfalone, riporta che:

 

Visto il R.D. 27-II-1890 N. 7282 e l’art. 2 del R.D. 27 marzo 1927 Nº 1048, nonché la circolare prefettizia 29 aprile 1927 Nº 1219 e 17 dicembre scorso anno N. 3881;

         Ritenuta l’opportunità di deliberare ad ogni effetto, previa la necessaria approvazione, lo stemma e il gonfalone del Comune, poiché essi mancano ancora;

         Considerato che Sala Baganza ebbe due importanti fasi storiche, quella che va dal 1250 al 1611, in cui fu feudo dei conti di San Vitale [sic], e quello successivo che va dal 1611 al 1731 in cui passò sotto i Farnesi [sic];

         Nell’intento di richiamare tali periodi storici

DELIBERA

1º) di assumere pel Comune di Sala Baganza, lo stemma così formato:

         Scudo bipartito sormontato dalla corona muraria delle comunità italiche, dal quale si staccano due nastri col motto “In labore Nobilitas” in onore di questa laboriosissima popolazione.

         Sezione di sinistra: fascia rossa trasversale in campo d’argento dei San Vitale;

         a destra i sei gigli d’oro in campo azzurro dei Farnesi;

2º) di assumere il Gonfalone del Comune con le seguenti caratteristiche:

  1. asta terminante col fascio littorio entro una corona sormontata da aquila ad ali spiegate;
  2. drappo di seta intessuta con fili d’oro a due sezioni [divise orizzontalmente], quella superiore in giallo, quella inferiore in azzurro con richiamo cioè dei due colori dello stemma farnesiano.

 

Alla delibera furono allegati i bozzetti a colori di stemma e gonfalone; sull’emblema proposto troviamo dunque l’arme Sanvitale (d’argento alla banda di rosso) unita tramite un partito a quella Farnese (d’oro ai sei gigli di azzurro 3, 2, 1); al di sopra dello scudo troviamo la stessa corona presente nel disegno del 1925.

 

Questa prima richiesta viene respinta con la nota del 10 gennaio 1930 a firma del Commissario del Re aggiunto presso la Consulta Araldica marchese Luigi Rangoni Machiavelli: «Non potendosi concedere ai Comuni stemmi appartenenti a famiglie nobili quali quelli dei Farnesi e San Vitale, nè potendosi concedere motti» raccomanda al podestà di «chiederne un’altro [sic] diverso da quello attualmente richiesto»; questo comunque non scoraggiò Ponzi il quale il 13 marzo ribatté che le famiglie in questione erano entrambe “estinte” e che lo stemma Farnese era già stato concesso all’amministrazione provinciale parmense. Il Rangoni, nel frattempo divenuto Commissario del Re titolare, propose allora il 27 marzo seguente che «si potrebbe concedergli uno stemma che assomigli a quello richiesto, cambiando nel 1º partito l’argento in oro, ed aumentando i gigli del secondo portandoli a 9 e togliendo il motto non provato»; questo “scudo d’armi” venne concesso con decreto del  re Vittorio Emanuele III del 16 febbraio 1931: partito: nel 1º d’oro, alla banda di rosso; nel 2º di azzurro, a nove gigli d’oro, posti 3,3,3. Ornamenti esteriori da Comune.

 

Il podestà non era però soddisfatto della concessione e il 10 marzo 1931, nel trasmettere la ricevuta di 120 lire richiesta per l’esecuzione del decreto, faceva notare la non corrispondenza con quanto dal lui proposto «con tutta probabilità per errore di trascrizione» chiedendone la modifica, cosa che, essendo stato il decreto già emesso, era in pratica impossibile ottenere; il 9 aprile vi era l’ultimo tentativo da parte del podestà Ponzi di modificare lo stemma in quanto «… in un piccolo stemma 9 gigli mi sembrano troppi, e quindi non riuscirebbero nell’incisione e nei timbri ben chiari; perciò desidererei tre gigli soltanto, due superiormente, ed uno sotto, e così differenziandosi dallo stemma farnesiano, si avrebbe uno stemma più chiaro e più elegante», aggiornamento richiesto con urgenza in quanto «… pare che nel venturo maggio Parma avrà l’onore di ospitare l’Augusto nostro Sovrano, e non si potrebbe desiderare occasione migliore per uscire la prima volta in pubblico col nuovo gonfalone recante il nuovo stemma comunale»[iii], anche quest’ultima richiesta rimase inascoltata, il decreto, immutato, fu registrato alla Corte dei Conti il 28 aprile e trascritto nel Registro Araldico dell’Archivio Centrale dello Stato il 3 giugno; le relative lettere patenti riportano la data del 14 gennaio 1932.

 

Il decreto del 1931 riguarda il solo stemma mentre non fu concesso il gonfalone troncato di giallo e di azzurrorichiesto dal podestà Ponzi; il drappo municipale fu infine regolarizzato con decreto del Presidente della Repubblica del 28 maggio 2013, per iniziativa del sindaco Cristina Merusi. Il vessillo di azzurro, in uso in precedenza, venne quindi sostituito da un drappo partito di azzurro e di giallo sul quale venne riportato lo stemma regolarmente concesso, il relativo bozzetto (su nostra proposta) è stato realizzato dalla miniaturista Elisabetta Bucci di Corciano (PG).

 

Dal 2020 Sala Baganza è gemellata con il comune francese di Pujols (Lot-et-Garonne).

 

Nota a cura di Massimo Ghirardi e Giovanni Giovinazzo

Si ringraziano Anna Longhi, Franca Orlandini, Rodolfo Ghiretti e Fabio Piazza per la gentile collaborazione.

Bibliografia

  • vv. (1997), Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, UTET, Torino.
  • Bonardi P. (1979), Sala Baganza. Cronache del passato, AVIS, Sala Baganza.
  • Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna (a cura di) (2003), Stemmi dei Comuni e delle Provincie dell’Emilia Romagna, Editrice Compositori, Bologna.
  • Dall’Acqua M., Cirillo G. (testi di) (1999), Sala Baganza, Franco Maria Ricci, Milano.
  • Romolotti G. (a cura di) (1972), Storia e guida ai Comuni emiliani, Il Quadrato, Milano.
  • Archivio Centrale dello Stato, Ufficio araldico, Fascicoli comunali, Sala Baganza, b. 37, f. 6268

[i] Alcune anche molto fantasiose: « … deriva … da Zal=6, ad indicare che è posta a 6 miglia etrusche da Parma? (È da notare che miglio etrusco corrisponde a 1750 metri). Così Sala Baganza corrisponderebbe al toponimo itinerario romano ad Sextum». Dall’Acqua M., Cirillo G., op. cit., p. 7

[ii] Dal 1923 al 1928 amministratore municipale nelle varie vesti di commissario prefettizio, sindaco e podestà. La carica di “podestà”, istituita dal regime fascista, riuniva i poteri di sindaco, giunta e consiglio comunale.

[iii] Il re Vittorio Emanuele III fu a Parma in occasione della mostra sul Correggio tenutasi tra il 21 aprile e il 28 ottobre 1935 presso il Palazzo della Pilotta. Mavilla A., Storia di ieri. Le arti figurative a Parma tra fascismo e guerra (http://www.parmaelasuastoria.it/ita/Le arti figurative.aspx?idMostra=49&idNode=379), consultato il 26 marzo 2017

Stemma Ridisegnato


Stemma Ufficiale


Logo


Altre immagini




Profilo araldico


“Partito, nel primo d’oro alla banda di rosso ; nel secondo d’azzurro ai 9 gigli d’oro disposti 3:3:3”

Colori dello scudo:
azzurro, oro

Gonfalone ridisegnato


Disegnato da: Pasquale Fiumanò

Reperito da: Cristina Merusi
sindaco di Sala Baganza

Gonfalone Ufficiale


Altre immagini




Profilo Araldico


“Drappo partito di azzurro e di giallo, riccamente ornato di ricami d’argento e caricato dallo stemma sopra descritto con la iscrizione centrata in argento, recante la denominazione del Comune. Le parti di metallo ed i cordoni saranno argentati. L’asta verticale sarà ricoperta di velluto azzurro con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta con nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d’argento”.

Colori del gonfalone: azzurro, giallo
Partizioni del gonfalone: partito

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune

    Decreto del Presidente della Repubblica (DPR)
    concessione
    28 Maggio 2013

    Regio Decreto (RD)
    concessione
    16 Febbraio 1931