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Info
- Codice Catastale: D825
- Codice Istat: 83028
- CAP: 0
- Numero abitanti: 3671
- Altitudine: 0
- Superficie: 13.48
- Prefisso telefonico: 0
- Distanza capoluogo: 0.0
Storia del Comune e informazioni Emblemi civici
Lo stemma del Comune di Furnari si può blasonare: “Troncato dalla fascia d’argento carica della divisa FINCHÈ VENGA in caratteri latini di nero, nel primo di rosso al levriere fermo d’argento collarinato del campo, nel secondo di nero allo scaglione d’oro accompagnato da tre rose dello stesso”.
Lo stemma è quello proprio della famiglia Furnari (come testimonia la corona di rango ducale), duchi di Fornari1, che presero il nome dalla località.
In cambio del servizio prestato verso la fine del XIV secolo, il genovese Filippo Furnari ottenne dall’imperatore Federico II, il titolo di barone di un vasto territorio dove costruì un castello, intorno al quale si sviluppò un borgo che, per oltre quattro secoli, fu governato dai suoi discendenti che ottennero il titolo ducale da re Filippo IV nel 1643.
Nel 1691, i Furnari vendettero la terra e il titolo ai principi Marziani, che ne conservarono il possesso fino all’abolizione dei feudi nel 1819 e Furnari iniziò la sua vita di Comune e mantenne lo stemma della famiglia Furnari come proprio.
Sulla figura del levriere, come stemma di famiglia, esiste una leggenda riportata anche da Ludovico Ariosto nel canto XLI, 30 dell’ “Orlando Furioso”:
«Un can d’argento aver vuole Oliviero,
che giaccia, e che la lassa abbia sul dosso,
con un motto, che dica:
fin che vegna […]»
Secondo il racconto di famiglia un avo siciliano di Filippo, Giuseppe Furnari (o Fornari), era un umile contadino che viveva in una casupola.
Durante una battuta di caccia in incognito in quella zona nel 1120 un arciere colpì inavvertitamente il levriere del re Ruggiero II d’Altavilla di Sicilia, Giuseppe corse in soccorso dell’animale e lo medicò lavando la ferita con acqua e olio e applicò un impiastro di erba curativa fasciandolo.
Purtroppo il levriero, ancorché fasciato, non riusciva a reggersi in piedi e il re disse: “Io debbo assolutamente andare e il cane non può seguirmi. Te lo lascio in consegna: abbine cura, che prima o poi, verrò io stesso a prenderlo”.
Il re se ne andò senza palesare chi in realtà fosse. Passarono i giorni, le settimane, i mesi, ma il re non faceva ritorno, come se si fosse dimenticato del suo fedele amico. Giuseppe però continuava a medicare e nutrire il cane. Si toglieva persino il pane dalla bocca per darlo a lui.
Molti incominciarono a deriderlo, ma a tutti rispondeva che avrebbe tenuto con sé il cane “Finché venga il suo padrone”.
Un giorno però re Ruggiero tornò, abbigliato in splendide vesti regali e, notando il cane guarito, scese da cavallo, si tolse la spada e, posandola sulla spalla del Furnari, pronunciò: “Giuseppe Furnari – disse – nel nome di Dio e in premio della tua fedeltà, ti creo barone di queste terre. Il tuo stemma è un cane in campo rosso con la scritta “Finché venga”.
(1): Il titolo di Principi di Furnari fu attribuito anche a un ramo della famiglia Notarbartolo, nobile famiglia palermitana.
Nota di Massimo Ghirardi