Comune di Bono – (SS)
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Info
- Codice Catastale: A977
- Codice Istat: 90012
- CAP: 7011
- Numero abitanti: 3679
- Nome abitanti: bonesi
- Altitudine: 536
- Superficie: 74.47
- Prefisso telefonico: 79
- Distanza capoluogo: 78.0
- Comuni confinanti:
Bonorva, Nughedu San Nicolò, Benetutti, Bultei, Anela, Bottidda, Orotelli (NU), Oniferi (NU)
- Santo Patrono: San Michele Arcangelo (8 maggio e 29 settembre)
Storia del Comune e informazioni Emblemi civici
Il territorio di Bono fu popolato in epoca preistorica, come dimostra la presenza di alcuni notevoli reperti archeologici: diversi sono i nuraghi sparsi in varie località, tra cui si segnalano quelli di “Sas Doppias” (presso la località Puntighedda) e di “Badde Cerchi” (lungo la strada provinciale per Bitti in vicinanza del fiume Tirso). Nel Medioevo (XI secolo) fece parte della curatoria del Goceano (Giudicato del Logudoro), di cui Bono sarebbe divenuto nel corso dei tempi il centro di maggiore importanza. Nel 1255, dopo la morte di Adelasia di Torres, passò sotto il dominio dei Doria; successivamente appartenne dal 1339 ai Giudici di Arborea e dal 1410 ai Marchesi di Oristano. Durante la fase conclusiva del conflitto che opponeva Leonardo Alagon, conte di Oristano, agli Aragonesi, il borgo fu assediato ed espugnato dalle truppe di questi ultimi agli ordini del comandante Angelo Marongiu. Divenuto feudo regio unitamente alla Contea del Goceano, dal 1793 al 1796 fu uno dei centri maggiormente attivi nel corso dell’insurrezione contro i Piemontesi che si sviluppò tra le popolazioni del Logudoro ostili ai soprusi del sistema di potere feudale.
Bonesi illustri
Giovanni Maria Angioy
Giovanni Maria Angioy (Bono 1751 – Parigi 1808), giurista e uomo politico, è uno dei maggiori eroi nazionali della Sardegna. Nato da genitori appartenenti alla borghesia rurale bonese, rimase orfano di entrambi in tenera età. A Bono si prese cura della sua educazione ed istruzione uno zio materno. Dopo aver conseguito a Sassari la laurea in giurisprudenza presso la locale Università, nel 1772 dietro dispensa del re poté intraprendere la carriera accademica e l’anno successivo ottenne la cattedra di Istituzioni Civili. Nominato nel 1789 Giudice della Reale Udienza, allorché nel 1796 si estese nel Logudoro la ribellione contro il sistema feudale, egli fu colà inviato dal Governo piemontese munito di ampi poteri di secondo vicerè al fine di ripristinare l’ordine e la legalità. Finì tuttavia ben presto con il sostenere la causa dei rivoltosi, arrivando a organizzare una spedizione diretta a Cagliari. La marcia verso il capoluogo tuttavia fallì miseramente a metà strada, e all’Angioy non rimase altra scelta che quella di cercare riparo recandosi in esilio in Francia. Morì a Parigi il 22 febbraio 1808.
Monumenti
La chiesa di San Michele Arcangelo
La chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo è stata edificata tra la fine del XIII e i primi del XIV secolo. Essa rappresenta uno degli edifici di culto di maggior valore storico ed artistico della diocesi di Ozieri. Conserva la bella facciata realizzata in blocchi di trachite rosa, che la gran parte degli studiosi fa risalire al 1300. La chiesa, che nel 1420 fu sede di Sinodo dell’antica Diocesi di Castro, è stata sottoposta a lavori di ampliamento alla fine del ’500. Il portale è affiancato da snelle colonne ed concluso in alto da un timpano triangolare, al di sopra del quale corre una fila di archetti pensili. Sulla parte mediana della facciata, anch’essa conclusa da un timpano triangolare, si apre l’artistico e grande rosone munito di raggi con decorazioni floreali. All’interno, che presenta il presbiterio munito di volta a quattro vele in trachite, si conservano un’antica statua lignea (XV secolo) di San Michele Arcangelo, dell’altezza di circa due metri, ed un calice d’argento dorato del XIV secolo.
La chiesa di San Raimondo
L’edificio, di semplice architettura e notevole interesse storico, sorge nel centro abitato di Bono sull’omonimo colle. Ai primi del XVIII secolo, la chiesa era intitolata alla Vergine Assunta e verso il 1737 fu ricostruita e dedicata a N.S. della Mercede. Fu poi donata ai religiosi dell’ordine dei Mercedari che vi istituirono un convento e una scuola di lettere e di latino. Dopo la chiusura del convento, decretata dal Ministro Giovanni Battista Lorenzo Bogino nel 1776, la chiesa fu intitolata a San Raimondo. La facciata è a unico ingresso con piccolo rosone circolare. L’interno è a una navata, priva di cappelle laterali e retta unicamente da due archi di sostegno, mentre il presbiterio è separato da una balaustra. La statua di San Raimondo, raffigurata in abiti cardinalizi e con l’ostensorio in mano, è posta in una nicchia; in altre due nicchie laterali sono contenute le statue di Santa Lucia e di S. Francesco di Assisi. Nel mese di agosto vi si celebra una solenne festività religiosa con grande partecipazione di fedeli, in occasione della quale si ricordano i moti antifeudali della fine del XVIII secolo, che videro i bonesi impegnati vittoriosamente in una dura lotta contro i Piemontesi. A ricordo delle cannonate sparate durante la battaglia, a conclusione della sfilata dei costumi e dei cavalieri, si fanno rotolare giù dal colle dove è posta la chiesa alcune delle migliori zucche degli orti bonesi, selezionate e tenute appositamente in serbo per l’occasione.
La chiesa campestre di Santa Restituta
La chiesa di Santa Restituta sorge in caratteristica posizione sulla sommità di una piccola altura, da cui si vede il profilo della Serra di Orotelli, a circa una diecina di chilometri di distanza a sud est dell’abitato di Bono. La chiesa, che presenta semplice facciata ed è circondata da vegetazione rupestre, è dotata di annessa sacrestia e casa di abitazione per il Rettore, oltre che delle caratteristiche “cumbessias”, ossia i locali destinati ad accogliere i pellegrini, muniti di soppalco in legno. Le reliquie di Santa Restituta sono custodite a Bono; furono portate in dono alla comunità religiosa bonese da Monsignor Ottorino Alberti, arcivescovo di Cagliari.
Bellezze naturalistiche
Il territorio di Bono, di grande interesse naturalistico, si caratterizza per la molteplice varietà di paesaggi, estendendosi dalla valle del Tirso a sud fino alla mole del Monte Rasu a nord dell’abitato, la cui caratteristica sommità arrotondata, nota localmente con il nome di “Sa Punta Manna” e riprodotta nello stemma araldico comunale, è con i suoi 1259 metri la cima più alta dell’area del Marghine/Goceano. Di rilevante importanza naturalistica è l’area di “Sos Nibberos”, posta alle pendici nord occidentali del Monte Rasu, che si estende su una superficie di circa 7 ettari. In essa è compresa una foresta formata da rari esemplari di tasso (Taxus baccata), la quale è stata dichiarata monumento naturale con Decreto n° 24 del 29 gennaio 1994 dall’Assessorato all’Ambiente della Regione Autonoma della Sardegna; essa è la più grande in Italia di tale varietà di albero ed annovera alcuni esemplari millenari che superano i 10 metri d’altezza e raggiungono un diametro di oltre un metro; il maggiore di questi si trova in località Ucca ‘e Grile. Tra le altre specie arboree figurano anche roverelle e preziosi esemplari di agrifoglio (Ilex aquifolium). Per la bellezza dei suoi ambienti, l’area montana di Bono è frequentata da numerosi turisti, attratti anche dalla presenza di numerosi punti di accoglienza.
Note di Gavino Nurra
Il toponimo deriva probabilmente dal personale latino “Bonus”. Secondo la tradizione locale, gli abitanti dell’antico villaggio di “Lorthia”, in pianura, si trasferirono in un luogo denominato “Bidda sana” alle falde di una montagna. Siccome nel periodo invernale vi cadeva molta neve, le persone furono entusiaste di questo fatto, dunque dissero: “Bonum est”. Da qui l’origine del toponimo “Bono”.
Il comune di Bono fa parte della Comunità Montana del Goceano.
STEMMA RIDISEGNATO

Reperito da: Luigi Prato
Disegnato da: Massimo Ghirardi
STEMMA ACS

STEMMA UFFICIALE

LOGO

BLASONATURA
“D’argento, alle tre montagne di verde, fondate in punta, la montagna centrale più alta e più larga, con i declivi intieramente visibili, quelle laterali, uscenti dai fianchi e con i declivi in banda e in sbarra parzialmente celati dalla montagna centrale, esse montagne accompagnate in capo dal grappolo d’uva, di porpora, pampinoso di due, di verde. Ornamenti esteriori da Comune”.
D.P.R. 13 maggio 2003
ATTRIBUTI
SMALTI
OGGETTI
ALTRE IMMAGINI
LEGENDA
- stemma
- gonfalone
- bandiera
- sigillo
- città
- altro
- motto
- istituzione nuovo comune