Città di Acqui Terme – (AL)

Informazioni

  • Codice Catastale: A052
  • Codice Istat: 6001
  • CAP: 15011
  • Numero abitanti: 20552
  • Nome abitanti: acquesi o acquigiani
  • Altitudine: 156
  • Superficie: 33.42
  • Prefisso telefonico: 0
  • Distanza capoluogo: 22.1

Storia dello stemma e del comune

La città è l’erede dell’antica Aquae Statiellae o Aquae Statiellorum, città romanizzata del II-I sec. a.C. e il cui appellativo verrebbe dal nome della tribù Ligure degli Statielli, che la fondarono col nome di Carystum. Una leggenda popolare vuole che la sua nascita sia dovuta ad un insediamento di coloni greci, attirati dalla presenza di acque minerali calde (note e citate anche da Plinio il Vecchio).

La città divenne importante con la costruzione nel 109 a.C. della Via Æmilia Scauri (poi denominata Via Julia Augusta), che univa Dertona (l’attuale Tortona) con Vada Sabatia (Vado Ligure) attraverso il Passo di Cadibona.

Nel IV secolo fu popolata da genti Sarmate e divenne sede vescovile, il suo primo vescovo fu san Maggiorino. I Longobardi la inclusero nel ducato di Asti, mentre i Franchi ne fecero un centro importante della Marca Aleramica del Monferrato. Nel 978 l’imperatore Ottone II creò i vescovi conti imperiali con diritto di governo e amministrazione della giustizia sulla regione, e nel XII secolo, come tante città del nord e centro Italia, si costituì in Comune.

Con la fondazione di Alessandria, da parte dei Comuni della Lega Lombarda nel 1168, iniziarono i contrasti tra le due città per il predominio, Alessandria tentò anche di appropriarsi della sede episcopale (con l’appoggio del papa Alessandro III, dal quale prendeva nome) che in effetti vi venne trasferita nel 1180 anche se in seguito il vescovo avrebbe risieduto ad Acqui e nel 1405 furono create due diocesi distinte. Anche per questo Acqui, città da sempre filo-imperiale, non aderì alla Lega. L’aquila dell’arma civica sarebbe stata quindi adottata come simbolo di appartenenza politica.

Il 2 maggio 1278 si pose, a condizioni assai favorevoli, sotto la protezione del marchese Guglielmo VII del Monferrato, e divenne il centro principale della porzione “acquese” del territorio del Marchesato. Quando nel 1306 la dinastia aleramica si estinse nei Paleologi, seguì le sorti dei territori monferrini che nel 1533 passeranno, per via matrimoniale, ai Gonzaga di Mantova. Nel 1708 verrà annessa al Regno di Sardegna.

Lo stemma della città è stato formalmente riconosciuto con decreto del Capo del Governo del 30 maggio 1940, dove si blasona: “D’oro, all’aquila di nero, coronata dello stesso, tenente fra gli artigli una lepre al naturale, rivoltata; al capo d’argento, alla croce patente di rosso”, solitamente è rappresentato entro uno scudo gotico,cimato da corona di conte, cinto da pampini di vite con grappoli d’uva e spighe di grano, sui quali è posto un nastro azzurro con il motto: ARTE ET MARTE”.

Il motto si può tradurre “con l’ingegno e con la forza” ed è riferito alla difesa della città, ma può ben simboleggiare l’iniziativa cittadina nelle arti e nel commercio da difendere unitamente.

Secondo lo stesso Comune1 lo stemma è stato adottato alla fine del XIII secolo, la leggenda che il capo d’argento alla croce di rosso rappresenti la partecipazione dei cittadini di Acqui alle crociate, come in tutti i casi analoghi, è priva di fondamento. Ritroviamo la croce patente, «probabilmente segno del dominio temporale dei vescovi»2, sulle monete coniate durante il regno dell’imperatore Federico (non è sicuro se I o II) dalla zecca locale; l’aquila è presente sulle monete coniate durante la signoria del vescovo Oddone dei Bellingeri (1293-1313). La prima testimonianza del locale emblema, senza il capo crociato, risale al Trecento ed è riportata dal cronista Benzo di Alessandria: «Civitas hujus sigillum habet aquilae figuram unguibus sustinentem leporem et versum talem: — Lector Aquis dignum communis respice signum —, quid autem significat talis sculptura ego non novi»; anche sugli Statuta civica Aquarum del 16183 lo stemma è accompagnato dallo stesso verso leonino il cui significato è:4 O mio lettore, guarda lo stemma degno del Comune d’Acqui5; in questo secondo caso, come anche sull’Italia Sacra (1652) dell’abate Ferdinando Ughelli,6 è presente la croce (piana sugli Statuta, patente – forse solo per influenza, o per formale concessione, di quella presente sullo stemma dei regnanti Gonzaga – sull’Italia Sacra). La composizione dell’aquila che artiglia una lepre, o un altro animale, non è esclusiva di Acqui ma la ritroviamo ad esempio in un sigillo di Bobbio, anteriore al 1346, che riporta un’aquila che artiglia una volpe atterrata, sullo stemma di Treviglio (in cui vi è un’aquila tenente fra gli artigli un suino) e, al di fuori dell’ambito araldico-sigillare, presso il Castello Ursino di Catania, risalente al 1239, in cui, al di sopra dell’entrata settentrionale, vi è un gruppo scultoreo, posto in una nicchia, con un’aquila che ghermisce una lepre morta, simbolo dell’Imperatore che sottomette la volontà dei ribelli cittadini.

Nel 1758, sui Bandi campestri e politici dell’ill.ma città di Acqui, compare per la prima volta il motto ARTE ET MARTE mentre in un opera del 1787 compare sia quest’ultimo che LECTOR AQUIS DIGNUM… che abbiamo visto prima.7

Gli eruditi seicenteschi vollero dare una spiegazione alle figure dello stemma sostenendo «che siccome l’aquila animal più perfetto e nobile di tutti gli altri vince e tieni negli artigli timido e spaventoso lepre, così la città di Acqui con perfetta costanza mantenendosi ha sempre vinto e superato ogni timore: onde degnamente se le deve quest’impresa»8, secondo altri invece rappresenterebbe la «discordia dei cittadini, interpretandola nel senso che l’uno perseguita l’altro»8, richiamando con ciò le lotte tra guelfi e ghibellini che funestarono la città; come in molti altri casi l’emblema vuole, con tutta probabilità, semplicemente indicare la forza del Comune e con ciò “avvertire” e invitare alla prudenza quanti avessero avuto nei suoi confronti intenzioni aggressive.

Nota di Massimo Ghirardi e Giovanni Giovinazzo

Note

(1) Acqui Terme, lo stemma … su comune.acquiterme.al.it, consultato il 12 gennaio 2017

(2) Cunietti-Cunietti, op. cit., p. 64

(3) Ricaldone, op. cit., p. 202

(4) Cunietti-Cunietti, op. cit., p. 78

(5) Ottolenghi, op. cit., p. 129

(6) Ricaldone, op. cit., p. 204

(7) Ricaldone, op. cit., p. 206

(8) Luca Probo Blesi, Acqui città antica del Monferrato, Tortona, 1614 citato in Cunietti-Cunietti, op. cit., p. 79

Bibliografia

Aldo di Ricaldone, L’arma della città di Acqui in «Rivista Araldica», a. LXXXIII, n. 10-11-12, ottobre-novembre-dicembre 1985, pp. 198-208

Alberto Cunietti-Cunietti, Acqui. La sua zecca, lo stemma comunale, il sigillo vescovile in «Rivista italiana di numismatica», vol. XXII, fasc. I, 1909, pp. 45-83

Raffaele Ottolenghi, Curiosità storiche: La leggenda dello stemma di Acqui in Scritti dell’Avvocato Raffaele Ottolenghi di Acqui: Raccolti dopo la sua morte ed alla sua memoria dedicati, Alessandria, Stab. Tipo-Lit. Succ. Gazzotti & C., 1919, pp. 129-130 (anche in «Rivista di Storia, Arte, Archeologia per la provincia di Alessandria», a. III (XXVIII), 1 gennaio-31 marzo 1919, fasc. IX (serie III))

Stemma Ridisegnato


Reperito da: Davide Papalini

Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


Logo


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Profilo araldico


“Scudo crociato diviso in due campi, sormontato da corona comitale. Il campo superiore in color argento recante croce patente rossa, quello inferiore color oro con raffigurata un’aquila nera con una lepre tra gli artigli. Lo scudo è cinto da foglie di vite e di grano con nastro azzurro con su scritto: Arte et Marte”.

Colori dello scudo:
argento, oro
Partizioni:
capo

Gonfalone ridisegnato


Disegnato da: Pasquale Fiumanò

Gonfalone Ufficiale


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Profilo Araldico


“Drappo di bianco bordato di giallo e di rosso…”.

Profilo Araldico

“Di giallo al bordo diminuito di rosso, al bordo dentato e controdentato di bianco e di rosso…”

bandiera ridisegnata
bandiera Ufficiale
no bandiera
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LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune

    Regio Decreto (RD)
    concessione

    Antico diritto


    Decreto del Capo del Governo (DCG)
    riconoscimento
    30 Maggio 1940

    Decreto del Presidente della Repubblica (DPR)
    concessione
    9 Ottobre 1981