Comune di Vallermosa – (SU)

Informazioni

  • Codice Catastale: L613
  • Codice Istat: 92091
  • CAP: 9010
  • Numero abitanti: 1966
  • Nome abitanti: vallermosesi
  • Altitudine: 70
  • Superficie: 61.81
  • Prefisso telefonico: 0781
  • Distanza capoluogo: 39.5

Storia dello stemma e del comune

L’abitato è di origini recenti, in quanto la sua fondazione è collocata intorno al XVII secolo. L’origine del nome (in sardo Biddaramosa), databile nel 1645 come riportato sullo stemma araldico, è certamente spagnola. Si è sempre accreditato il significato letterale di “valle bella” per l’amenità del sito; tuttavia recentemente è stata avanzata l’ipotesi che possa discendere da quello del Marchesato di Villar-hermosa, nome di una famiglia spagnola vicina agli Alagon, sotto il cui dominio il borgo passò nel 1745. Successivamente Vallermosa appartenne ai Manca, che lo mantennero fino all’abolizione dei feudi in Sardegna decretata nel 1839.

Monumenti

Nuraghe Casteddu de Fanaris
Il monumento si trova a circa quattro chilometri dal centro abitato di Vallermosa, percorrendo la strada provinciale per Decimoputzu. È stato edificato in una sommità a guardia della pianura sottostante in cui fu ritrovata la statuetta raffigurante la “Dea Madre” attualmente custodita presso il Museo nazionale di Cagliari. Il nuraghe rivela particolare interesse sotto il profilo architettonico, in quanto la sua struttura sembra anticipare con sorprendente modernità le caratteristiche strutturali di alcuni castelli medievali. Non si hanno notizie precise circa le sue vicende storico/militari; si ritiene comunque che si trattasse certamente di una fortezza. Ciò trova conferma dal fatto che la torre centrale, costituente la parte più antica del complesso, presenta muri molto spessi, della larghezza di oltre 3,50 metri, mentre nelle restanti torri e nelle cortine lo spessore è di circa 2 metri. La capienza interna risulta quindi totalmente sacrificata a vantaggio della solidità; gli ambienti sono decisamente angusti e anche la scala risulta ripida, stretta e scomoda da percorrere.

Santuario nuragico di Matzanni
Il santuario si trova nell’area archeologica di Matzanni, in prossimità del Monte Cuccurdoni Mannu a 730 metri di altezza. Nell’area archeologica sono presenti un nuraghe, tre templi a pozzo e un villaggio con dodici capanne circolari utilizzate anche nel periodo punico, oltre a un piccolo tempio punico realizzato in pietra calcarea bianca. Gli edifici nuragici risalgono alla prima Età del Ferro (1000 a. C.); dei tre pozzi sacri, i primi due si presentano purtroppo in cattive condizioni di conservazione e parzialmente coperti dalla vegetazione. Dei due, il primo è particolarmente interessante; edificato in blocchi di scisto, presenta un vano sotterraneo coperto a volta (non più esistente) con scala di accesso (parzialmente crollata) in posizione decentrata rispetto all’asse della volta. Il vano, edificato con pietre regolari, è di forma triangolare allungata. La camera è preceduta da un piccolo cortile delimitato da muri. In questo pozzo è stato rinvenuto un bronzetto nuragico, noto come Barbetta, custodito presso il Museo di Cagliari. Il terzo pozzo, scoperto dal Taramelli nel 1916, è quello meglio conservato; si trova poco più avanti a circa 300 metri di distanza dai precedenti.

Tempio punico di Matzanni
Il tempio punico si trova in un’area a breve distanza dai pozzi sacri di Matzanni. Per lungo tempo fu assimilato alle costruzioni nuragiche di cui si credeva facesse parte. Fu il Prof. Giovanni Lilliu, archeologo e pubblicista di Barumini, che classificò definitivamente il monumento come punico. L’origine del tempio risale probabilmente al III secolo a. C. poco tempo prima della fine della dominazione cartaginese in Sardegna. Una sua singolare caratteristica è rappresentata dal fatto, insolito per un tempio punico, che si trova orientato sui lati anziché sugli angoli; secondo alcuni studiosi, ciò è da mettere in relazione al fatto che si tratta di una costruzione del periodo tardo punico e che l’orientamento abbia tratto ispirazione dai modelli greci. Quanto rimane del tempio rivela una grande cura della lavorazione dei materiali, ben diversa dalla rozza tecnica adottata nella costruzione dei vicini pozzi sacri. È il caso dei megaliti attorno al nucleo centrale (di cui si mantiene buona parte del perimetro originale) squadrati e levigati con perizia e dalle dimensioni molto precise.

Terme Romane
Le Terme Romane di Vallermosa risalgono al II secolo d. C. La struttura, che costituisce un notevole modello di tecnica muraria del periodo imperiale, si ritiene che in origine fosse coperta da una volta a botte. Il rifornimento idrico era effettuato utilizzando l’acqua di un vicino pozzo, mediante un sistema idraulico (tuttora ben conservato) dotato di scarichi in tubi di terracotta. Si riconoscono agevolmente sia l’apoditerium, vale a dire l’ambiente d’ingresso, ed il frigidarium, ossia il locale dotato di due vasche ove era contenuta l’acqua fredda. A destra della vicina chiesa di Santa Maria, si possono tuttora vedere i basamenti che sostenevano l’intercapedine per il passaggio dell’aria calda e la zona termale destinata ai bagni caldi. Si conserva inoltre l’imboccatura del forno per il riscaldamento degli ambienti. A partire dal IV secolo, le terme furono adibite a luogo di culto cristiano.

Chiesa di S. Lucifero
Edificata in stile neoclassico verso la metà del XVII secolo, la chiesa fu oggetto di ulteriori lavori tra il 1863 ed il 1955 che interessarono le cappelle, il campanile e l’altare maggiore in marmo policromo. All’interno sono custodite opere di notevole pregio, tra cui un dipinto (1751) raffigurante la Vergine con il Bambino Gesù e Santa Cecilia che rivolgono lo sguardo verso San Lucifero, opera del pittore cagliaritano Sebastiano Scaleta, ed una statua lignea di San Lucifero del ’600, custodita all’interno di una cappella vicina alla sacrestia.

Chiesa campestre di Santa Maria
Nota nel periodo medievale con il nome di Santa Maria del Paradiso, tra il 1090 e il 1094 fu donata ai monaci vittorini di Marsiglia, che la abbandonarono attorno al 1180. Dedicata poi a Santa Maria di Monserrato, la chiesa cadde più volte in rovina e fu più volte ricostruita; nel XVII secolo fu riedificata e dedicata a Nostra Signora di Monserrato. Le antiche terme e i resti delle costruzioni precedenti andarono in oblio fino al loro ritrovamento nel 1960. Nel 2000 un gruppo di archeologi e ricercatori ha compiuto scavi che hanno avviato la ricerca sulla chiesa e le sue origini. Recentemente è stato riportato alla luce un battistero a forma di conchiglia, provvisto di gradino per agevolare l’entrata in acqua dei battezzandi.

Aree naturalistiche

Parco naturale di Gutturu Mannu
A circa 5 chilometri di distanza dall’abitato di Vallermosa sorge il parco naturale di Gutturu Mannu (in sardo “grande gola”), area di notevole bellezza. Data la posizione geografica, ai piedi del massiccio del Monte Linas, accanto alla comune vegetazione della macchia mediterranea si possono trovare anche numerose piante tipiche della Sardegna. Oltre ad olivi e querce da sughero, compaiono varie essenze come il mirto selvatico (le cui bacche sono utilizzate nella preparazione del celebre liquore), il cisto, il corbezzolo, l’oleandro, il lentisco ed il rovo. Il parco è attrezzato anche per picnic e scampagnate, con tavoli, posti a sedere e spazi per il barbecue.

Note di Luigi Prato tratte dall’archivio comunale di Vallermosa

Stemma Ridisegnato


Reperito da: Luigi Prato

Disegnato da: Bruno Fracasso

Stemma Ufficiale


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Profilo araldico


“Semitroncato partito: il PRIMO, di rosso, alla lettera maiuscola V, d’oro; il SECONDO, d’oro, all’anfora doppiamente ansata, di rosso; il TERZO, di azzurro, al pero di verde, fustato al naturale, fruttato di dieci, d’oro, nodrito nella campagna diminuita, di verde. Sotto lo scudo, su lista bifida e svolazzante di rosso, la scritta, in lettere maiuscole di nero, ANNO DOMINI MDCXLV. Ornamenti esteriori da Comune”.

Colori dello scudo:
azzurro, oro, rosso
Partizioni:
semitroncato partito
Oggetti dello stemma:
anfora, campagna diminuita, lettera maiuscola, pero
Attributi araldici:
doppiamente ansato, fruttato, fustato, nodrito

Gonfalone ridisegnato


Reperito da: Luigi Ferrara

Disegnato da: Bruno Fracasso

Gonfalone Ufficiale


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Profilo Araldico


“Drappo partito di azzurro e di giallo…”

Colori del gonfalone: azzurro, giallo
Partizioni del gonfalone: partito

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune

    Decreto del Presidente della Repubblica (DPR)
    concessione
    30 Ottobre 2008