Comune di Alta Val Tidone – (PC)

Informazioni

  • Codice Catastale: F885
  • Codice Istat: 33029
  • CAP: 0
  • Numero abitanti: 2294
  • Altitudine: 0
  • Superficie: 44.01
  • Prefisso telefonico: 0
  • Distanza capoluogo: 0.0

Storia dello stemma e del comune

Il nuovo Comune dell’Alta Val Tidone è stato istituito con L.R. del 18 luglio 2017, n.13, che prevede la fusione dei territori dei Comuni di Caminata, Nibbiano (sede municipale) e Pecorara, tutti in Provincia di Piacenza. Il nuovo ente è esecutivo dal 1 gennaio 2018.

Prende nome dalla posizione nella parte più “alta” della valle del torrente Tidone, una zona particolarmente nota per la produzione vitivinicola.

Il nuovo stemma comunale presenta la figura del nibbio d’argento in volo (per Nibbiano), san Colombano Abate in volo nel campo d’oro (l’abito verde richiama la sua origine irlandese) per Caminata e  come richiamo al passato dominio dell’abbazia di Bobbio, e il leone d’oro in campo rosso di Pecorara.

Caminata

Non è chiara l’origine del toponimo di Caminata, localmente si fa riferimento a camminamenti segreti che collegavano le case tra loro, permettendo una migliore difesa in caso di attacco.

È un piccolissimo Comune della Val Tidone (è noto anche come Caminata in Val Tidone, per distinguersi dall’omonimo castello della Caminata di Bramaiano, frazione del Comune di Bettola).

È documentato dal 862 come Corte di San Siforiano, possesso dell’abbazia di Bobbio, e legata alla vicina Corte di Nibbiano.

Successivamente i vescovi di Bobbio, succeduti agli abati nel 1014 con la creazione della Diocesi, lo diedero in feudo ai Dal Verme nel 1387 e da allora seguì le sorti del feudo, che venne lungamente conteso anche dal vescovo e dal Comune di Piacenza.

La denominazione San Sinforiano durò fino al XV secolo, quando venne aggiunto il nome del compatrono Timoteo, mentre contemporaneamente si intensificarono le opere di difesa con l’invenzione dei camminamenti sotterranei, già adottati in altre zone del nord Italia, una rete di vie sotterranee da casa a casa,raccordate con botole e scale a pioli estraibili, dai camminamenti sembrò naturale derivarne il nome, La Caminata, in dialetto“Caminà“, Caminata.

Nel 1748, con la Pace di Aquisgrana, il territorio di Bobbio venne ceduto al Regno di Sardegna, e col trattato di Worms venne eretto in Provincia. Dopo la dominazione francese, nel 1859 il Circondario di Bobbio vene unito alla Provincia di Pavia fino al 1923, quando una parte venne aggregata alla Provincia di Piacenza, ma solo nel 1928 il Comune pavese di Caminata (che, nel frattempo assunse la denominazione Caminata Pavese) venne soppresso e unito a quello piacentino (ed emiliano) di Nibbiano, e questo fino al 1950 quando riottenne l’autonomia, pur rimanendo piacentino.

Lo stemma, liberamente adottato dal Comune, si blasona: “Tagliato: nel 1° d’azzurro, al sigillo a mandorla d’argento, raffigurante al centro San Colombano delineato in nero, ritto in maestà e reggente con la mano destra il pastorale, la spalla sinistra sormontata da una colomba volante; il sigillo attorniato dalla scritta “S. ABBATIUS SCI COUMBANI D. BOBIO”; nel secondo di rosso, alla rocca d’argento, munita di una torre, fondata sopra una catena montuosa di verde, movente dalla punta; la rocca è accompagnata in capo a sinistra da un rapace volante dal piumaggio bruno al naturale”. Allo stemma è unito il motto: AUDENTER (‘Con Audacia’).

Il motto si riferirebbe al coraggio dei caminatesi, che si ribellarono alle truppe napoleoniche allorché il generale Jean Andoche Junot intraprese la campagna per disarmare la popolazione, minacciando di bruciare interi paesi, trovò la popolazione ad attenderlo con le armi in pugno, per respingerlo.

La rocca elevata sui monti ricorda l’antico fortilizio medievale, mentre nel primo campo è raffigurato il sigillo dell’abbazia di San Colombano di Bobbio, che dominava tutto il territorio circostante. Il generico “rapace” dovrebbe essere un falco, simbolo di coraggio, nobiltà o (forse) un nibbio, in riferimento alla precedente unione con il Comune di Nibbiano (che ha quel volatile, in funzione “parlante”, nel proprio stemma).

Nibbiano

Dei tre centri Nibbiano è forse il più storicamente rilevante, essendo stato la sede della “Corte” feudale, ma già documentato nella bronzea Tabula Alimentaria di epoca augustea, ritrovata negli scavi della antica città romana di Veleja (presso Lugagnano Val d’Arda), dove è indicato come Nævianus, quini Curte Neblani, cioè da un fondo agricolo di tale Nævio.

Fu feudo dei Malaspina e dell’abbazia di Bobbio e, dal 1335, dei marchesi Malvicini-Fontana che lo tennero fino all’estinzione nel 1765, quando passò al ramo principale dei Fontana e poi agli Azara (originari di Saragozza) che lo mantennero fino alla fine del sistema feudale nel XIX secolo.

Nel 1928 vennero untiti a Nibbiamo i territori di Caminata e Trebecco (che erano stati tolti alla provincia di Pavia). Nel 1950 i Caminata riottenne l’autonomia, mentre Trebecco rimase frazione di Nibbiano.

Pur liberamente adottato il Comune di Nibbiano aveva un suo stemma, che si può blasonare: “Di azzurro, al nibbio rivoltato, volante, posto nel punto d’onore, d’argento, accompagnato in punta dalla gemella posta in fascia, d’argento, fluttuosa di nero”, la figura del nibbio è stata adottata con chiara funziona “parlante”, e simbolico (essendo rappresentato in volo) della posizione elevata. A rigore la “gemella” (ossia una coppia di fasce ristrette) dovrebbero avere i bordi rettilinei, dato che l’aggettivo “fluttuosa” è riferito ai flutti contenuti all’interno, ma in molte rappresentazioni dello stemma la si vede disegnata ondeggiante anch’essa.

Pecorara

Lo stesso nome del Comune testimonia la sua origine “rurale”, derivando il proprio nome da “pecora” e intendendo una zona dove era molto diffuso l’allevamento di ovini. La stessa conformazione di “comune sparso” costituito da bel 12 frazioni restituisce quasi un simbolico “gregge” di borgate. Il territorio di Pecorara si trova su una collina a dominio della valle del Tidoncello, dove probabilmente erano intensi allevamenti di ovini già in epoca remota. Fu una dipendenza dell’abbazia di Bobbio, i cui abati (e, in seguito, vescovi) avevano qui una grangia ancora documentata nell’883. Il feudo fu dei Malaspina nel X secolo, che costruirono il castello, ora scomparso, che sorgeva nella località di Pecorara Vecchia, dove rimase in piedi solo la cappella di San Giorgio, divenuta chiesa parrocchiale, distrutta da una frana nel XVII secolo e ricostruita più a valle, tra il 1792 e il 1797, nella località Ca’del Moro (forse per la presenza di alberi di gelso), dove sorge l’attuale sede municipale.

Passato sotto il dominio del Comune di Piacenza ebbe nel XII secolo come signori una famiglia del luogo, che prese l’agnome Da Pecorara1.

Scomparsi i Da Pecorara il feudo fu dei Landi a partire dal 1263 e nel XIV secolo affidato al veronese Jacopo dal Verme (1350-1409) che governava in nome di Gian Galeazzo Visconti duca di Milano un vasto territorio disomogeneo detto “Stato Vermesco” che arriverà a comprendere, oltre la contea di Bobbio, i territori di Voghera, Pianello (Val Tidone), Castel San Giovanni nonché la Valsassina.

Pecorara fu per lungo tempo posto di confine tra il Ducato di Parma e Piacenza e il Regno di Sardegna.

Lo stemma simboleggia la posizione del comune, e il ruolo che ebbe di controllo della via che conduceva dalla Val Tidone alla Val Trebbia, dov’era Bobbio, si blasona: Di rosso al leone d’oro, coronato dello stesso, poggiato sulla cima di un monte al naturale”.

(1): Sembra priva di fondamento la notizia che lo stemma sarebbe ripreso da quello della famiglia Da Pecorara, alla quale appartenne anche il cardinale Jacopo Da Pecorara (1170-1244), che era entrato nell’Ordine Cistercense, poi vescovo di Palestrina e ambasciatore di papa Gregorio IX presso Federico II

Nota di Bruno Fracasso, Massimo Ghirardi e Giovanni Giovinazzo.

Si ringrazia Gabriele Valorosi per la gentile collaborazione.

Bibliografia:

AA.VV. DIZIONARIO DI TOPONOMASTICA Storia e significato dei nomi geografici italiani. UTET, Torino 1997.

AA.VV. STEMMI DEI COMUNI E DELLE PROVINCE DELL’EMILIA-ROMAGNA, a cura del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna. Editrice Compositori, Bologna 2003.

Romolotti (Giuseppe) a cura di. STORIA E GUIDA AI COMUNI EMILIANI. Il Quadrato, Milano 1972.

Cafferini L. PIACENZA E LA SUA PROVINCIA. Provincia di Piacenza, Piacenza 2005.

Clerici Costa (Elvy), Montalbano (Paolo). CAMINATA VAL TIDONE. Ieri e oggi. Pro Loco Caminata 2010.

Stemma Ridisegnato


Reperito da: Giancarlo Scarpitta

Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


Logo


Altre immagini




Profilo Araldico


Non ancora una blasonatura

Colori dello scudo:
azzurro, oro, rosso
Partizioni:
capo, partito

Gonfalone ridisegnato


Disegnato da: Bruno Fracasso

Reperito da: Giancarlo Scarpitta

Gonfalone Ufficiale


Altre immagini



Profilo Araldico


“Drappo di bianco bordato di azzurro…”

Colori del gonfalone: azzurro, bianco
Partizioni del gonfalone: bordato

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune

    Decreto del Presidente della Repubblica (DPR)
    concessione
    1 Agosto 2019