Beato Giuseppe Benedetto Dusmet


Beato Giuseppe Benedetto Dusmet

Storia e informazioni

Giuseppe Dusmet nacque a Palermo il 15 agosto 1818 primo di sei figli del capitano di vascello marchese Luigi Dusmet de Smours e di Maria dei marchesi Dragonetti Gorgone; fu battezzato poche ore dopo la sua nascita nella Cattedrale di Palermo coi nomi Giuseppe Maria Giacomo Filippo Lupo Domenico Antonio Rosolino Melchiorre Francesco di Paola Benedetto Gennaro. In famiglia era chiamato Melchiorre. Dopo di lui verranno la sorella Marianna, e quattro fratelli, Carlo, Tommaso, Diomede e Raffaele.

La famiglia era un ramo della famiglia Dusmet (dal francese du Smet, in fiammingo de Smedt) che, di lontane origini bavaresi si era trasferita nel XV secolo ad Alos nelle Fiandre, godeva nel titolo di Heer van Smoers nella Contea delle Fiandre, riconosciuto poi nei Regni di Napoli e di Sicilia come “Barone de Smours”, dal 1734 quando Giuseppe Dusmet, signore di Beaulieu, ed Enrico Dusmet (1704 -1786), signore di Smoours, entrambi Marescialli di Campo, seguirono Carlo di Borbone, già duca di Parma, alla conquista del Regno di Napoli.

Di animo molto pio, già all’età di 4 anni entrò come oblato nella Badia benedettina cassinese di San Martino delle Scale in Monreale, dove si trovavano già due zii materni, Don Vincenzo e Don Leopoldo Dragonetti Gorgone. Compiuti gli studi, il padre lo richiamò a Napoli, dove la famiglia si era trasferita, con l’intenzione di farlo sposare con una nobile e ricca fanciulla, ma il ragazzo si oppose fermamente e tornò nel 1833 presso i monaci di San Martino dove prese i voti monastici il 15 agosto del 1840 assumendo i nomi di Giuseppe Benedetto e, nel 1841, fu ordinato sacerdote.

Emerse subito per la brillante intelligenza e per le grandi capacità, al punto che l’abate Don Carlo Antonio Buglio lo scelse come suo segretario personale. Quando, nel 1847, Buglio fu eletto abate di Santa Flavia a Caltanissetta portò con sé il giovane segretario che ebbe notorietà tra la popolazione per la spiccata intelligenza e la profonda spiritualità. Il vescovo Monsignor Antonino Maria Stromillo, infatti, lo prese come confessore e consigliere nella gestione della diocesi.

Nel 1850, Dusmet venne inviato come priore all’abbazia napoletana dei santi Severino e Sossio, dove si era verificata una grave indisciplina e la mancata osservanza della Regola benedettina. Riuscì nell’intento riformatore e, nel 1852, su insistenza di monsignor Stromillo, fu eletto priore amministratore dell’Abbazia di santa Flavia in Caltanissetta, assumendo nel frattempo de facto la carica di vicario episcopale. Nei sei anni del suo governo il Monastero fu rinnovato sia nella struttura che nella vita spirituale e si riuscì a mantenere in tutto la Regola benedettina, nonostante vi fossero rimasti solo tre monaci (il Dusmet e i padri Don Visconte Proto e Don Placido Saugner) e un frate converso e con l’ala sud del monastero occupata da una caserma di soldati borbonici.

Durante l’epidemia di colera del 1854-1855 padre Dusmet si distinse per la grande carità, per le capacità organizzative e per la pazienza con la quale curava i malati di ogni condizione. Tra la gente comune si diceva che il “Priore Dusmet che è un santo”.

Nel 1858  Dusmet fu nominato abate del Monastero benedettino di San Nicolò l’Arena di Catania dove riportò tra i suoi confratelli la disciplina della regola benedettina, che nel tempo cominciava a essere trascurata al punto da giustificare la rappresentazione grottesca che ne avrebbe dato successivamente Federico De Roberto ne I Viceré, descrivendolo come il dorato ricettacolo di un’aristocrazia amorale, «un luogo di eterna delizia, dove la vita passava, senza cure dell’oggi e senza paure del domani, tra lauti conviti, sontuose cerimonie, gaie conversazioni e scampagnate gioconde» (da Wikipedia).

Pur non convinto sostenitore degli ideali risorgimentali nel 1860 e nel 1862 ospitò, obtorto collo, Giuseppe Garibaldi. Nel 1866 infine il monastero di San Nicolò venne espropriato dal nuovo Regno d’Italia e l’ordine benedettino soppresso.

Dal 1861 dopo la morte di monsignor Felice Regano la sede dell’arcidiocesi di Catania era vacante, anche a causa della intromissione del governo liberale che intendeva intervenire nella nomina dei vescovi, pretendendo di subentrare nel regio patronato dei precedenti monarchi, ossia di godere del diritto di presentazione dei vescovi. Nel 1865 il governo propose in colloqui informali di promuovere alla sede di Catania Ludovico Ideo, vescovo di Lipari, considerato «sinceramente devoto al governo». Successivamente il governo propose il trasferimento di Giulio Arrigoni, arcivescovo di Lucca, che la Santa Sede rifiutò perché nel passato vescovi non siciliani avevano ricevuto nell’isola scarso accoglimento. Finalmente il 10 febbraio 1867 il governo comunicò il proprio gradimento per la nomina dell’abate Dusmet.

Il 22 febbraio 1867 papa Pio IX lo nominò arcivescovo di Catania e fu ordinato vescovo il 10 marzo dello stesso anno nella basilica di San Paolo fuori le Mura di Roma (che è anche un’abbazia benedettina). Continuò però a vivere la Regola pur nella dignità episcopale (vestendo l’abito benedettino).

Negli anni del suo episcopato fece costruire nove chiese, organizzò opere di assistenza e dovette anche affrontare numerose calamità (eruzioni dell’Etna, terremoti, alluvioni ed epidemie) che flagellarono la Sicilia. Si distinse sempre per il coraggio e la carità. Alla sua ferma fede venne attribuita nel 1886 la salvezza dalla colata lavica del comune di Nicolosi: tutti riconobbero che, sebbene le previsioni fossero ben diverse, la lava si fermò grazie all’intercessione di Sant’Agata e alla preghiera dell’arcivescovo.

Il papa Leone XIII nel concistoro dell’11 febbraio 1889 lo creò cardinale, primo benedettino dopo il francese Jean-Baptiste-François Pitra, e il 14 febbraio dello stesso anno ricevette il titolo presbiteriale di Santa Pudenziana.

Lo stesso Leone XIII gli diede il compito di ricostituire il Collegio di Sant’Anselmo all’Aventino e di fondare la Confederazione Benedettina, per riunire le varie Congregazioni dell’Ordine.

Al rientro a Catania fu accolto trionfalmente e, benché il cardinale Dusmet non apprezzasse le solenni manifestazioni, non si poté trattenere il popolo che riconosceva in lui un “cardinale santo” e benedetto.

Poco tempo dopo il rientro fu colpito da una malattia e morì il 4 aprile 1894, alle ore 22:30, “così povero che non si trovò nemmeno un lenzuolo per coprire il suo corpo provato dai frequenti digiuni”.

Fu inizialmente sepolto presso Cappella della Confraternita dei Bianchi al Cimitero monumentale di Catania, ma la popolazione pretese che il cardinale avesse degna sepoltura nella cattedrale. La città gli tributò i più grandi onori, gli dedicò la via Marina, una delle principali della città e vennero organizzati solenni funerali per la traslazione che si celebrarono anche a Caltanissetta, debitrice verso il santo Cardinale, e a Palermo, sua città natale.

Il 7 gennaio 1931 l’arcivescovo di Catania Carmelo Patanè iniziò la causa per la sua beatificazione.

Il 15 luglio 1965 papa Paolo VI proclamò Dusmet venerabile, firmando il decreto sull’eroicità delle virtù del Servo di Dio. infine

Il 25 settembre 1988 papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato. In quell’occasione la salma, ancora intatta, fu ricomposta in un’urna e posta sotto l’Altare della Vergine nella cattedrale catanese.

Lo stemma cardinalizio del Beato Giuseppe Dusmet unisce quello proprio dell’Ordine Bendettino a quello della famiglia di origine, la cui versione “antica” si blasona: “di nero al capriolo d’argento accompagnato da tre crescenti montanti del medesimo, due nel capo ed uno nella punta”. Nello stemma del ramo della famiglia del cardinale a questo stemma venne unito, inquartandolo, anche lo stemma “d’oro, alla banda di rosso, caricata da tre rose d’argento”.

© 2025, Massimo Ghirardi

Disegnato da: Massimo Ghirardi

ALTRE IMMAGINI
Nessun'altra immagine presente nel database

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune