Abbazia di Santa Maria e San Nicola di Piona
Abbazia di Santa Maria e San Nicola di Piona
Storia e informazioni
Sull’estremità della penisola di Olgiasca, sul lago di Como, sorge questa abbazia (oggi Priorato) alla quale si può accedere anche via lago, attraccando nella pittoresca insenatura. La località, apparentemente isolata, si trovava lungo una rotta militare particolarmente strategica per il tempo, importanza che mantenne anche in età moderna. La strada collega tutt’ora, attraverso la Valtellina, la piana milanese con l’Europa centro-settentrionale.
Intorno al 616 sorse in questo luogo una chiesa dedicata alla martire padovana santa Giustina, da parte del vescovo Agrippino di Como (607-617), presso la quale più tardi venne fondato un priorato da parte dei monaci di Cluny, la cui più antica attestazione documentale, con il titolo di San Nicolò (San Nicola) è del 1264.
Nel corso del XII secolo, la chiesa di San Nicola fu allungata dalla parte dell’attuale facciata, modifica che andò ad incorporare un precedente protiro.
In un documento del 1277 è annotato che nel monastero vivevano otto monaci.
Il monastero di Piona, dopo l’adesione al movimento della riforma cluniacense, fu dedicato alla beata Vergine Maria anche se, un secolo dopo, veniva indicato ancora come Ecclesia sancti Nicolai de Payona. Tuttavia nel 1138 avvenne la consacrazione della nuova chiesa da parte del vescovo Ardizzone di Como (1125-159) e la dedica alla beata Vergine, un titolo molto caro all’ambiente monastico e già esclusivo per le abbazie cistercensi.
Dopo un lungo periodo di crisi, alla morte nel 1432 del priore Imblavado de’ Caimi, che era rimasto l’unico monaco in Piona, il duca di Milano Filippo Visconti, incaricò il 20 febbraio del 1432, quale economo-amministratore dei beni del priorato, un certo Stefano Castello. Dopodiché si ebbero altri due priori: Antonio Cardano di Morbegno e Pietro Birago, dopodiché Daniele Birago, nipote del secondo, diverrà il primo abate commendatario.
Nel priorato di Piona la commenda si protrasse per la durata di oltre tre secoli, attraverso una serie di ben diciannove abati commendatari, che ebbe inizio, dal 1488, con Daniele Birago (nominato successivamente arcivescovo titolare di Mitilene), ed ebbe termine con monsignor Giuseppe Bertieri, vescovo prima di Como e, poi, di Pavia. Periodo nel quale il priorato cluniacense versa in uno stato di estrema povertà e di abbandono.
Infine, la legge del 19 fiorile anno VI (8 maggio 1798) della Repubblica Cisalpina autorizzava a traslocare, a concentrare e a sopprimere le corporazioni religiose e ad avocarne i beni alla nazione. Il Direttorio, con decreto del 14 pratile (2 giugno), incamerava tutte le abbazie sia di patronato regio sia della cessata Corte di Roma.
Soppressa la commenda e incamerati i beni ecclesiastici, con atto notarile rogato nell’11 aprile 1801, al grigionese Salis Tagstein furono assegnati i fondi dell’ex priorato di Piona.
Dal Salis Tagstein la proprietà passò alla famiglia Sacchi di Gravedona, poi ai Genazzini di Bellagio, quindi ai Pezoni ed ancora ai Casati di Gravedona ed infine, nel 1904, alla signora Angela Rizzi in Secondi.
Nel corso del XIX secolo avvennero importanti lavori di restauro e il 12 novembre 1935 il proprietario, Emilio Secondi di Torino, vendeva il complesso del monastero al commendatore Pietro Rocca che, per perpetuare il ricordo del fratello Cesare e della moglie Lidia Maffioli, uccisi dagli etiopici a Mai‑Lalà nel febbraio 1936, decise di accogliere un’idea del professore Luigi Pirelli, oriundo di Varenna, reduce dall’Asmara. Questi, durante una visita nell’abbazia di Casamari, raccolse la voce che la comunità monastica da qualche anno si preparava, per incarico della santa Sede, all’impiantazione del monachesimo cattolico in Etiopia. Egli prospettò, dunque, al commendatore Rocca la possibilità di legare le due realtà e di affidare, in segno di perdono e di purificazione della memoria, il monastero di Piona alla Congregazione Cistercense di Casamari che si sarebbe impegnata all’insediamento di una comunità di monaci nell’antico priorato cluniacense.
Il 25 settembre 1937 il commendatore Pietro Rocca, assistito dalla madre faceva “ampia ed irrevocabile donazione” di tutta la tenuta di Piona alla Congregazione cistercense di Casamari al fine di “eternare la memoria dei loro congiunti, Cesare e Lidia, e perché detti Padri cistercensi, vi istituiscano una loro casa religiosa…”.
Il 13 febbraio 1938, a due anni esatti dal massacro di Mai‑Lalà, un drappello di monaci, provenienti da Casamari, accompagnati dal padre abate don Angelo Savastano, accolti dal vescovo diocesano mons. Alessandro Macchi, dalla famiglia Rocca, da una folta rappresentanza del clero dell’alto Lario, prese canonicamente possesso del priorato (al quale più tardi il commendatore Pietro Rocca unirà la villa cinquecentesca della Malpensata, per farne luogo di carità). Dal 1983 la comunità monastica – eretta già dal 1970 a priorato conventuale con larga autonomia amministrativa – ha concesso la villa al Padri Somaschi e in seguito, alla associazione “Il Gabbiano” che ne ha fatto un centro per il recupero di giovani tossico-dipendenti.
Lo stemma del priorato è timbrato dal galero prelatizio di rango abbaziale, secondo l’uso tradizionale italiano e si compone di due campi: uno con l’emblema dell’Ordine Cistercense, derivato direttamente da quello della Borgogna, regione francese nella quale si trova la casa madre di Citeaux (ma anche l’abbazia di Cluny), e dallo stemma dell’abbazia di Casamari, con il pastorale e le chiavi pontificie.
Si può blasonare: “partito: il primo d’azzurro, seminato di gigli d’oro (Francia) e caricato in cuore dallo scudetto bandato d’oro e d’azzurro alla bordura di rosso (Borgogna antica); il secondo pure d’azzurro al pastorale d’oro, accollato alle chiavi pontificie, l’uno d’argento e l’altra d’oro, poste in decusse don gli ingegni verso l’alto, legate di rosso (Casamari), e sormontato dalla mitra con le infule svolazzanti”.
Nota di Massimo Ghirardi
STEMMA RIDISEGNATO

Disegnato da: Massimo Ghirardi
STEMMA ACS

STEMMA UFFICIALE

LOGO

BLASONATURA
“Partito: il primo d’azzurro, seminato di gigli d’oro (Francia) e caricato in cuore dallo scudetto bandato d’oro e d’azzurro alla bordura di rosso (Borgogna antica); il secondo pure d’azzurro al pastorale d’oro, accollato alle chiavi pontificie, l’uno d’argento e l’altra d’oro, poste in decusse don gli ingegni verso l’alto, legate di rosso (Casamari), e sormontato dalla mitra con le infule svolazzanti”.
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