Sant’Agnese Segni di Montepulciano
Sant’Agnese Segni di Montepulciano
Storia e informazioni
Agnese Segni nacque a Gracciano, presso Montepulciano (secondo la tradizione) il 28 gennaio 1268 da Lorenzo Segni e da Francesca, membri entrambi di un’agiata famiglia locale.
La sua vita è raccontata dal suo biografo il beato domenicano Raimondo da Capua, che era il suo confessore, nel 1365, nel monastero in cui Agnese morì. Appena nata, per qualche ora, nella camera, apparvero misteriosamente moltissimi ceri ardenti e la bimba crebbe con una straordinaria inclinazione alla preghiera che la portò presto a desiderare la vita da monaca. A nove anni entrò nel convento delle Vergini di Montepulciano, una comunità detta delle “monache del Sacco” perché indossavano uno scapolare di ruvido panno. Tra esse si distinse subito per la pietà e per l’obbedienza, sotto la guida della maestra delle novizie, suor Margherita. Fu vista più volte sospesa per aria e, un giorno, meditando sulla Passione di Gesù, fu sollevata da una ardente amore tanto in alto da giungere ad abbracciare il crocifisso posto sull’altare. Già a quattordici anni la priora le affidò l’ufficio di Dispensiera del convento.
Qualche tempo dopo le apparve la Vergine Maria che le diede tre pietre dicendole; “Figlia mia, prima di morire costruirai un monastero in mio onore, prendi queste tre pietruzze e ricordati che il tuo edificio dovrà essere fondato sulla fede costante e la confessione dell’altissima e indivisibile Trinità“.
La sua popolarità si propagò e gli abitanti di Proceno (Viterbo) chiesero alle religiose di fondare un monastero nel loro paese. L’incarico fu affidato a Suor Margherita, ma ella accettò a condizione che le fosse data, come compagna, Agnese. I procenesi rimasero colpiti dalla personalità della ragazza che la vollero eleggere, chiedendone dispensa a papa Martino IV, badessa del nuovo monastero, benché non avesse che quindici anni.
Molte altre religiose e giovani si unirono alla comunità. Sovente Dio cosparse di fiori il luogo in cui Agnese si soffermava a pregare in ginocchio e le coprì il mantello di cristalli di manna, a forma di croce. Il giorno stesso in cui il vescovo andò a benedirle il velo e a insediarla nel suo ufficio di badessa, la manna discese straordinariamente abbondante anche su di lui, sui sacerdoti che l’accompagnavano e sulla mensa dell’altare. Meravigliati, tutti ne raccolsero a piene mani e notarono con sorpresa che ogni grano aveva la forma di croce.
Sempre secondo l’agiografia Agnese andava spesso sola a pregare nell’orto accanto ad un olivo dove il Signore, perché non interrompesse la dolcezza del colloquio, le mandò per dieci domeniche consecutive un angelo a comunicarla. In altre occasioni il celeste messaggero le portò un pugno di terra del monte Golgota di Gerusalemme, e un coccio del catino in cui la Madonna aveva lavato tutte le mattine il Bambino Gesù.
Desiderosa di vedere Gesù, la notte dell’Assunzione, le apparve la Vergine con in braccio il Figlio divino e glielo diede da baciare. Quando glielo richiese per ritornarsene in Paradiso, Agnese si rifiutò di riconsegnarglielo. Prevedendo tuttavia di non uscire vittoriosa da quella contesa, afferrò una crocettina che il Bambino Gesù portava al collo e gliela strappò. Privata di quella visione, Agnese sentì al cuore una trafitta così forte che, levando alte grida, si abbandonò in terra quasi priva di sensi. La crocettina esiste ancora e viene mostrata al popolo con le altre reliquie nell’anniversario della morte della santa.
Agnese ebbe da Dio il dono dei miracoli: più volte moltiplicò le cibarie e i denari occorrenti per pagare i lavoranti del convento. Un giorno a pranzo mancava il pane, ma Agnese volle sedersi ugualmente a tavola con le altre religiose e, dopo aver tessuto loro l’elogio della pazienza, si raccolse in preghiera, sollevò gli occhi e le mani al cielo e le ritrasse alla presenza di tutte con un grande pane freschissimo.
Al diffondersi della fama di tanti prodigi, due monaci camaldolesi discesero d’inverno dai loro romitori per farle visita. Dopo un lungo intrattenimento sulla vita spirituale, Agnese li fece sedere a tavola e li invitò a cibarsi delle elemosine fatte al monastero da pii benefattori. Mentre tra un boccone e l’altro continuavano a ragionare di Dio, d’improvviso apparve sopra un piatto una freschissima rosa. Alla sorpresa dei due eremiti, la santa esclamò: “II Signore ha voluto mandare questo fiore estivo per mostrare quanto le vostre parole hanno riscaldato il mio spirito illanguidito, con il fuoco della carità”.
A Proceno Agnese rimase una ventina d’anni ma, per le penitenze che continuamente praticava, contrasse una grave malattia, da cui non guarì più. Per volere dei medici e dei superiori dovette moderare le austerità.
Nel 1306, gli abitanti di Montepulciano, entusiasmati dalle meraviglia che udivano raccontare della loro concittadina, la scongiurarono di ritornare tra di loro a fondare un monastero.
Memore delle tre pietre ricevute in visione Agnese accolse l’invito e, col permesso di Ildebrandino, vescovo di Arezzo, rilasciato a Fra Bonaventura Buonaccorsi da Pistola, all’epoca Priore dei Servi di Maria in Montepulciano, eresse il monastero di Santa Maria Novella, adottando inizialmente la regola di S. Agostino e poi quella di S. Domenico.
A Montepulciano la salute di Agnese peggiorò. Per volere dei superiori Agnese si recò ai Bagni di Chianciano dove, subito dopo l’arrivo di lei, cominciò piovere una fitta pioggia di manna che ricoprì il luogo termale. Nel luogo in cui la santa s’immerse, sgorgò una nuova polla d’acqua calda che ridonò la salute ai malati che in essa si tuffarono (la fonte a lei dedicata esiste ancora oggi). Durante il soggiorno, essendo venuto a mancare il vino, Agnese, tramutò con un segno di croce l’acqua, attinta alla fontana, in vino.
Una bambina, nell’affettare il pane sulle proprie ginocchia, si era ferita col coltello fino all’osso, Agnese andò ad immergerla nella polla sgorgata prodigiosamente pochi giorni prima e la ritrasse guarita. Un bambino, rimasto incustodito, era entrato nell’acqua e vi era affogato. Agnese lo portò in disparte, si prostrò in preghiera davanti a lui, gli tracciò sopra il segno di croce e lo restituì vispo come prima alla madre desolata.
Nonostante la popolarità, un giorno, mentre entrava nei locali delle terme, fu dileggiata da alcuni giovinastri, ma Agnese non reagì, quindi tornata alla casa che la ospitava, fece tirare il collo a certi polli, portati al monastero in considerazione della sua salute, e li fece portare ai giovani insolenti. Costoro, vinti dall’amabile cortesia di lei, andarono a chiederle scusa.
Nonostante le cure, Agnese ritornò a Montepulciano ancora più malata. Un giorno, mentre ella pregava davanti ad un’immagine della Madonna, per la pace di Montepulciano, d’un tratto vide il volto della Vergine contrarsi con spasimo, stillare gocce di sudore e trarre un respiro breve e affannoso. La santa comprese che, a causa dei peccati di molti, la città sarebbe stata sconvolta dalla guerra. Infatti, nella prima metà del secolo XIV, i fratelli Jacopo e Nicolò Della Pecora scatenarono una guerra nel vano tentativo di diventare i signori di Montepulciano.
La priora Agnese morì il 20 aprile 1317, a mezzanotte, mentre contemporaneamente apparve a molti in diverse località. Si racconta che i bambini di Montepulciano si risvegliarono gridando ai genitori stupefatti: «Suor Agnese è morta; Suor Agnese è santa! ».
Il suo corpo, deposto nella chiesa del monastero, che prese il nome di Sant’Agnese, fu canonizzata il 10 dicembre 1726 da Benedetto XIII. Il suo corpo si conservò incorrotto.
Nel 1374 Santa Caterina da Siena visitò il corpo dei Agnese per averne ispirazione e conforto. Arrivata a Montepulciano, mentre si chinava per baciarle i piedi, Agnese sollevò fino al labbro di lei il piede destro e rinnovò il prodigio della manna. Due delle nipoti di Caterina furono monache nel convento.
Lo stemma dei Segni di Siena si blasona: “D’azzurro, alla fascia d’oro accompagnata da tre rose dello stesso, due in capo e una in punta”.
©1999, Massimo Ghirardi e Roberto Pinca.
LEGENDA