Virginia de Leyva


Virginia de Leyva

Marianna de Leyva, divenuta suor Virginia Maria, e divenuta nota come la “Monaca di Monza” nacque a Palazzo Marino a Milano (attuale sede del Municipio) il 4 o 5 dicembre 1575 dal nobile Martino de Leyva y de la Cueva-Cabrera, conte di Monza,  e Virginia Maria Marino (vedova di Ercole Pio di Savoia, conte di Sassuolo, e già madre di 5 figli), che a tredici anni la costrinsero ad entrare nel monastero benedettino delle Sante Margherita e Caterina di Monza (oggi ci rimane la chiesa, dedicata a San Maurizio), dove pronunciò i voti all’età di sedici anni, il 22 settembre 1591, assumendo il nome in religione di suor Virginia Maria, in omaggio alla defunta madre.

A fare scalpore fu la sua relazione (durata dal 1598 al 1608) con il conte Gian Paolo Osio, dalla quale nacquero almeno due figli, un maschio nato morto o deceduto durante il parto e una bambina, che Osio riconobbe come propria figlia, Alma Francesca Margherita (nata l’8 agosto 1604), affidata alla nonna paterna, ma seguita amorevolmente e sovente dalla madre.

L’amante di suor Virginia, che già in precedenza era stato condannato per omicidio, uccise tre persone per nascondere la tresca, ma fu scoperto e condannato a morte in contumacia, verrà poi e poi assassinato da un uomo che egli riteneva suo amico.

L’arcivescovo Federico Borromeo, messo al corrente della vicenda, ordinò un processo canonico nei confronti della badessa di Monza: al termine del procedimento suor Virginia fu condannata a essere “murata viva” nel Ritiro delle Convertite di Santa Valeria (dove veniva dato ricovero alle prostitute non più attive, per punizione e per tentare di redimerle), dove trascorse quasi quattordici anni chiusa in una stanzetta (1,50 x 3,50 mt circa) priva quasi completamente di comunicazione con l’esterno, ad eccezione di una feritoia che permetteva il ricambio di aria e la consegna dei viveri indispensabili. Sopravvissuta alla pena, venne rilasciata il 25 settembre 1622 per volere del cardinale Borromeo ma rimase a Santa Valeria. fu presa ad esempio come peccatrice pentita e incoraggiata dallo stesso cardinale a scrivere lettere che venissero in aiuto alle religiose bisognose di conforto o talora monache incerte sulla propria vocazione o vacillanti. Visse a Santa Valeria per altri ventotto anni, fino alla morte, avvenuta il 17 gennaio 1650 all’età di settantaquattro anni.

Fu contessa di Monza (1600-1607) durante il regno di Filippo III di Spagna e amministratrice del territorio (circa trenta chilometri quadrati) del monastero, insieme ai fratelli Luigi, Antonio II e Gerolamo.Un altro fratellastro di Marianna, Marco Pio di Savoia, figlio di primo letto di sua madre Virginia Marino, divenne signore di Sassuolo e morì a Modena, nel 1599, a seguito delle ferite riportate in un attentato rimasto privo di colpevoli. Dai fratelli de Leyva il titolo di “Conte di Monza” passò a don Giovanni Battista Durini nel 1648, la cui famiglia governerà il feudo di Monza e il suo territorio fino alla fine del regime feudale.

Il padre Martino de Leyva si risposò a Valencia, in Spagna, nel 1588 facendosi una nuova famiglia e dimenticandosi del tutto della figlia Marianna a Monza.

La vicenda ha ispirato Alessandro Manzoni, per il celeberrimo episodio del romanzo I promessi sposi, modificando alcuni dettagli e il nome degli amanti che diventano Egidio e suor Gertrude (la quale viene anche “promossa” al rango di badessa).

 

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