Niccolò IV – Masci


Niccolò IV – Masci

Girolamo d’Ascoli nacque probabilmente presso Lisciano (Ascoli Piceno) intorno al 1225-1230. Si ignora praticamente tutto della sua famiglia. Priva di ogni fondamento è la sua origine nobiliare; il cognome Masci gli è stato attribuito solo in età moderna; nelle fonti contemporanee, prima della sua ascesa al pontificato, compare sempre come Girolamo d’Ascoli.

 

Entrato nell’Ordine dei frati minori, vi acquisì una buona formazione culturale e teologica.

 

Nell’Ordine dovrebbe aver ricoperto diverse cariche. La prima certamente documentata è quella di ministro provinciale della Sclavonia (1272-1274), regione che comprendeva la costa dalmata, l’Istria e forse parti della Bosnia. Ebbe così modo di conoscere la realtà dei Balcani, cui rivolse un’attenzione particolare nel corso del suo pontificato, quando stabilì contatti con i principi serbi e il sovrano bulgaro. In veste di provinciale di Sclavonia gli venne affidata da Gregorio X la guida della missione incaricata di trattare con l’imperatore bizantino Michele VIII Paleologo l’unione fra la Chiesa greca e quella latina. L’imperatore voleva allontanare il pericolo di un’invasione del suo Impero da parte di Carlo d’Angiò, re di Sicilia, e ottenere un aiuto occidentale contro la sempre più minacciosa avanzata turca. La missione si scontrò contro l’ostilità del patriarca di Costantinopoli e di gran parte del clero greco. La vigilia del Natale 1273 venne sottoscritto a Costantinopoli dall’assemblea del clero greco l’impegno a rientrare nell’obbedienza romana. L’imperatore chiese comunque che la Chiesa greca potesse mantenere i suoi usi liturgici e che non fosse tenuta a includere nella recita del Credo la formula del Filioque. Al Concilio di Lione, i legati greci e quelli inviati da Roma vennero letti pubblicamente i decreti di unione, con cui la Chiesa greca accettava l’obbedienza romana e dichiarava di condividerne le verità della fede.

 

Nel frattempo Girolamo era stato eletto ministro generale dei frati minori.

 

Girolamo d’Ascoli continuò a svolgere un’intensa attività diplomatica per conto della S. Sede. Richiese ai confratelli un impegno maggiore nella cura spirituale del ramo femminile dell’Ordine e cercò di favorire un’interpretazione della povertà francescana che evitasse troppo gravi conflitti.

 

Partì per una seconda ambasceria a Costantinopoli, per perfezionare la parte politica degli accordi con Michele VIII e tra questi e Carlo d’Angiò, ma non raggiunse mai Bisanzio a causa della morte di Innocenzo V. Fu chiamato dal nuovo pontefice, Niccolò III, a far parte del Collegio cardinalizio (12 marzo 1278), pur non interrompendo la sua attività diplomatica. A Roma fece ritorno solo nel 1279 per dare il suo contributo alla redazione dell’«Exiit qui seminat» sulla regola dei frati minori. Nel maggio di quell’anno diede le dimissioni dalla carica di ministro generale.

 

Martino IV, promosse Girolamo alla sede vescovile di Palestrina, dove entrò probabilmente in contatto con i Colonna.

 

Dopo la morte di Onorio IV, nel 1287, i cardinali non riuscirono a trovare un accordo per dieci mesi. Solo all’inizio del 1288 la scelta cadde su Girolamo d’Ascoli, che assunse il nome di Niccolò IV.

 

Quale signore di Roma, chiamò a ricoprire le cariche di senatore i membri delle grandi famiglie baronali, cercando di mantenere un equilibrio tra di loro, in modo da evitare eccessive tensioni. Meno equilibrata fu la sua politica come signore dello Stato pontificio. Soprattutto nei primi anni il suo favore andò ai Colonna.

 

Alla fine del suo pontificato Niccolò sembrò aver rinunciato ad appoggiarsi in modo tanto univoco alla grande famiglia romana e alle rettorie vennero chiamati piuttosto membri dell’episcopato di sua fiducia. Sono comunque le nomine colonnesi quelle che gli hanno guadagnato la fama di papa nepotista, anche in questo caso in linea con la politica del predecessore anche se nessun rapporto di parentela lo legava ai Colonna.

Come i suoi predecessori, dovette dedicare buona parte delle sue energie al tentativo di risolvere il conflitto tra Angioini e Aragonesi per il possesso della Sicilia. In genere, la sua politica viene definita filoangioina e molto risalto viene dato alla sua decisione di incoronare Carlo II d’Angiò e la moglie Maria a Rieti il 29 maggio del 1289. In realtà, in quella fase gli Angioini erano in una posizione di grande debolezza: il nuovo re era stato per parecchi anni prigioniero degli Aragonesi e i suoi figli erano ancora ostaggi in mano al nemico. Carlo si mostrava perciò disposto a trattare anche senza l’accordo di Roma. Niccolo IV, con l’incoronazione, mirava essenzialmente a tutelare gli interessi della S. Sede che non poteva accettare si mettessero in discussione i diritti del pontefice quale signore eminente del Regno di Sicilia.

La pacificazione tra i Regni cristiani era, per Niccolò, funzionali alla realizzazione della crociata, per cui si impegnò sin dall’inizio del pontificato. Ma i sovrani europei si mostravano riluttanti a partire e Genova e Venezia sembravano più interessate a commerciare con i musulmani che ad armare flotte contro di loro.

 

Giovanni da Montecorvino fu inviato in Cina nel 1289 presso il khan dal papa e, anche grazie all’atteggiamento tollerante della corte mongola, diventò nel 1307 il primo vescovo di Pechino.

 

La preparazione culturale del pontefice lo rese particolarmente sensibile al problema dell’organizzazione degli Studia: nei pochi anni del suo pontificato alle Università di Montpellier, Bologna e Parigi fu riconosciuto il privilegio per cui i titoli da loro concessi sarebbero stati validi in tutta la cristianità («licentia ubique docendi»). Con queste disposizioni il pontefice riaffermava il ruolo centrale di Roma nella formazione delle élites culturali europee.

 

Di grande rilievo fu anche la regolarizzazione del movimento dei penitenti. Niccolò volle dare una regola unica e comuni finalità: in primo luogo difesa dell’ortodossia e obbedienza a Roma.

 

Il suo tentativo di porre ordine nelle finanze pontificie gli valse probabilmente il poco lusinghiero giudizio di un anonimo autore che lo accusò di aver «molestato» e «aggravato» molte Chiese della cristianità.

 

Fu un grande mecenate. Gli si deve la costruzione della loggia antistante l’aula maggiore del palazzo episcopale di Rieti, i restauri di  San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore.

 

Morì il 4 aprile 1292 e volle essere sepolto in Santa Maria Maggiore.

 

Lo stemma papale si blasona: “D’argento alla banda di azzurro accompagnata da due stelle dello stesso una in capo e una in punta, al capo di azzurro ai tre gigli di Francia”.

 

 

Note di Bruno Fracasso

Liberamente tratte dal Dizionario enciclopedico Treccani

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

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Profilo araldico


“D’argento alla banda di azzurro accompagnata da due stelle dello stesso una in capo e una in punta, al capo di azzurro ai tre gigli di Francia”.

Oggetti dello stemma:
giglio di Francia, stella
Pezze onorevoli dello scudo:
banda
Attributi araldici:
accompagnato, in capo, in punta

LEGENDA

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