Patriarcato di Venezia


Patriarcato di Venezia

Il Patriarcato di Venezia non ha un proprio stemma ufficiale, anche se in  molti stemmari gli viene attribuito uno scudo argento caricato con il leone di San Marco che, però, è l’emblema della Serenissima Repubblica di Venezia. Il campo argento, anche se scorretto dal punto di vista tecnico, distingue l’emblema diocesano da quello dell’ex Stato sovrano.

Si blasona: “d’argento al leone passante, alato e nimbato, tenente con la zampa anteriore destra il libro aperto, scritto delle parole a lettere maiuscole romane di nero PAX TIBI MARCE nella prima facciata in quattro righe, ed EVANGELISTA MEUS nella seconda facciata, similmente in quattro righe, il tutto al naturale”.

 

Di fatto è poco utilizzato, secondo l’uso italiano si preferisce usare nella comunicazione lo stemma del patriarca in carica; è stato adottato come “capo” da diversi pontefici che hanno ricoperto quell’incarico (Pio X, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo I).

In alcuni casi si usa il “sigillo” del Patriarcato: un circolo racchiudente la scena dell’Annunciazione con, nella campagna, il leone marciano.

 

Il patriarcato di Venezia (Patriarchatus Venetiarum) è una sede metropolitana della Chiesa cattolica in Italia appartenente alla regione ecclesiastica Triveneto. 

 

Oltre a gran parte del territorio della città metropolitana di Venezia, comprendendo interamente i comuni di Mira, Venezia, Quarto d’Altino, CavallinoTreporti, Jesolo, Eraclea e gran parte di quello di Caorle. A questi si aggiunge una piccola porzione del comune di Mirano (alcune vie a sud est della cittadina afferenti alla parrocchia di Marano Veneziano), la frazione di Cittanova (del comune d San Donà di Piave). Non comprende l’isola di Pellestrina (in diocesi di Chioggia), la località Ca’ Nani di Jesolo (dipendente dalla parrocchia di Santa Maria di Piave, in diocesi di Treviso) e le frazioni San Giorgio di Livenza, Brussa e Castello di Brussa, in comune di Caorle (con proprie parrocchie di cui la prima in diocesi di Vittorio Veneto e le altre due in diocesi di Concordia-Pordenone).

 

Sede patriarcale è la città di Venezia, dove si trova la basilica cattedrale di San Marco, e la basilica con cattedrale di San Pietro di Castello, già cattedrale della diocesi di Castello, e prima cattedrale del patriarcato fino al 1807.

 

Il titolo patriarcale riprende dall’8 ottobre 1451 quello del patriarcato di Grado. Quest’ultimo fu istituito nel 606 in seguito allo scisma che divise il patriarcato di Aquileia: il territorio risultò allora diviso nelle due sedi di Grado, filoromana, e di Cormons, scismatica. Dopo la ricomposizione dello scisma nel 699 il patriarcato di Grado rimase comunque indipendente e gli vennero riconosciute come suffraganee le numerose diocesi della Venetia Maritima (cioè la costa compresa tra la Laguna Veneta e l’Istria, all’epoca domini bizantini).

 

Nel 774 lo sviluppo di quella che diverrà Venezia aveva portato alla fondazione della diocesi di Olivolo (che prese il nome di Castello nell’XI secolo) e, per lo stesso motivo, anche il patriarca di Grado finì per trasferirsi nella città lagunare, nel 1105, stabilendosi presso la chiesa di San Silvestro.

 

Quando, nel corso del Medioevo, i numerosi centri insulari si unirono gradualmente dando una fisionomia urbana a Venezia, risultò che in città erano contemporaneamente presenti quattro cariche ecclesiastiche di rango episcopale, ciascuna con propria giurisdizione:

il patriarca di Grado, con sede nella chiesa di San Silvestro (che ovviamente, con le proprie dipendenze, era compresa nella diocesi gradense); il vescovo di Castello, con cattedra a San Pietro di Castello; il primicerio della Basilica di San Marco, primo canonico della cappella palatina del doge e chiesa di Stato della Repubblica di Venezia; il patriarca latino di Costantinopoli, titolo creato dai veneziani dopo la conquista crociata di quella città nel 1204 che si rifugiò in città attorno al 1268, dopo la riconquista bizantina del 1261.

 

A queste si aggiungevano diverse altre diocesi con sede in laguna: Torcello, Chioggia, Caorle, Equilio ed Eraclea.

 

Nel 1440 il papa di origine veneziana Eugenio IV univa al patriarcato di Grado la soppressa diocesi di Eraclea.

L’8 ottobre 1451, con la bolla Regis aeterni di papa Niccolò V, vennero soppressi il patriarcato di Grado e la diocesi di Castello. Con i territori e le giurisdizioni di entrambe fu eretto il patriarcato di Venezia e vi fu nominato l’ultimo vescovo castellano, Lorenzo Giustiniani. La sede patriarcale rimase nella basilica di San Pietro di Castello, essendo San Marco la “cappella” dogale.

Nonostante il titolo altisonante, il territorio del patriarcato di Venezia era in origine molto modesto e per secoli si limitò alla sola città e ad alcune exclavi in terraferma: Gambarare, erede dell’abbazia di Sant’Ilario, e i resti del patriarcato di Grado, ovvero la stessa Grado, Latisana e il cosiddetto Campardo (sei parrocchie localizzate a est di Conegliano). Aveva tre diocesi suffraganee: Chioggia, Torcello e Caorle.

Nel 1465 la diocesi di Cittanova, che dal 1448 era stata data in commenda ai patriarchi, tornò ad avere un proprio vescovo.

Nel 1466 al patriarcato fu aggregata la soppressa diocesi di Equilio.

 

Nel 1751 fu soppresso il patriarcato di Aquileia e quello di Venezia rimase l’unico titolo patriarcale nella regione.

Nel 1807, dopo che con la caduta della Repubblica si era resa inutile la carica di primicerio della Basilica di San Marco, la cattedra venne posta nella basilica di San Marco.

 

Il 1º maggio 1818 avvenne il primo importante ampliamento dei confini con la bolla De salute dominici gregis di papa Pio VII. Al patriarcato vennero unite le soppresse diocesi di Caorle (costituita da appena due parrocchie) e di Torcello (undici parrocchie). Di contro, Grado passava all’arcidiocesi di Gorizia-Gradisca, e Latisana a quella di Udine, mentre le sei parrocchie del Campardo coneglianese andavano a Ceneda (Oggi Vittorio Veneto). Quanto alla metropolia, essa veniva estesa a tutto il Veneto e il Friuli (eccettuate Gorizia e Gradisca, e Trieste) con Udine (che nel 1847 tornerà nuovamente sede metropolitana), Padova, Vicenza, Verona, Treviso, Ceneda, Concordia, Feltre e Belluno, Adria e, in via provvisoria, Cittanova, Capodistria, Parenzo e Pola.

 

Nel 1919 fu acquisito il territorio dell’isola del Lido (con la parrocchia di Malamocco), già in diocesi di Chioggia. Nel 1927 la diocesi di Treviso in forza della bolla Ob nova di papa Pio XI cedette la gran parte della forania di Martellago, con le parrocchie di Chirignago, Mestre, Dese, Favaro, Trivignano, Zelarino, Campalto e Carpenedo, oltre che le parrocchie di Oriago, Borbiago e Mira.

 

Infine, nel 1964, venne abolito il titolo di patriarca latino di Costantinopoli.

L’ultima variazione dei confini si è avuta il 29 giugno 2018 con la cessione alla diocesi di Concordia-Pordenone delle due parrocchie delle frazioni di Brussa e Castello di Brussa, in comune di Caorle.

Al patriarca di Venezia spetterebbe storicamente il titolo di primate di Dalmazia (effettivamente in uso ancora nel XVIII secolo).

 

Attualmente il rito liturgico seguito nel patriarcato di Venezia è quello romano-gregoriano. Tuttavia, fino all’uniformazione decretata dal Concilio di Trento nel 1596, la metropolia di Venezia seguiva un particolare rito, detto patriarchino, di tradizione aquileiese ed ereditato dal patriarcato di Grado. Questo particolare rito rimase unicamente in uso nella basilica di San Marco sino al 1807 con la sua incorporazione nel patriarcato ed elevazione a chiesa cattedrale. Particolari caratteristiche del rito patriarchino erano una differente distribuzione delle feste liturgiche e il particolare tipo di canto polifonico, detto appunto canto patriarchino o aquileiese.

Ai patriarchi veneziani che non siano cardinali è concesso l’uso straordinario della romana porpora già da tempi antichi, facendo particolare attenzione alla berretta porpora che monta il fiocco come le altre dignità episcopali, in modo da non essere confusa con quella imposta dal pontefice durante il concistoro per la creazione di nuovi cardinali. Un’ulteriore differenza sta nel tipo di colore: il rosso vestito dai cardinali è “marezzato” cioè presenta delle striature nel rosso, il rosso vestito da un patriarca non cardinale è uniforme, cioè senza le striature.

 

 

Nota di Massimo Ghirardi

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


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Profilo araldico


“D’argento al leone passante, alato e nimbato, tenente con la zampa anteriore destra il libro aperto, scritto delle parole a lettere maiuscole romane di nero PAX TIBI MARCE nella prima facciata in quattro righe, ed EVANGELISTA MEUS nella seconda facciata, similmente in quattro righe, il tutto al naturale”.

Colori dello scudo:
argento, oro
Partizioni:
bordato
Oggetti dello stemma:
facciata, leone, lettere, libro, parola, riga, zampa
Attributi araldici:
alato, anteriore, aperto, destro, maiuscolo, nimbato, passante, romano, scritto, tenente
sigillo ridisegnato

Reperito da: Massimo Ghirardi

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