Innocenzo XI – Odescalchi


Innocenzo XI – Odescalchi

Di nobile famiglia comasca, Benedetto Odescalchi nacque da Livio e da Paola Castelli Giovanelli di Gandino a Como il 19 maggio 1611.

Benedetto studiò nel locale collegio dei Gesuiti. Fu iscritto alla Congregazione Mariana, onore riservato agli alunni migliori. A quindici anni, dopo aver ultimato gli studi umanistici, si trasferì a Genova presso lo zio Papirio. Nel 1630 si trasferì a Cagno per sfuggire all’epidemia di peste. Nel 1636 si iscrisse ai corsi dell’Università La Sapienza di Roma e concluse gli studi a Napoli, dove si laureò in utroque iure il 21 novembre 1639.

In età adulta sentì la vocazione religiosa. A Napoli prese la tonsura il 18 febbraio 1640. Successivamente si trasferì a Roma. Grazie all’aiuto del fratello Carlo ricevette i primi incarichi ufficiali durante il pontificato di papa Urbano VIII. Il successore, Innocenzo X (1644-1655), lo nominò dapprima governatore di Macerata, poi nel 1648, di Ferrara. Le sue elevate competenze economiche si rivelarono preziose per la lotta alle frodi, la distribuzione di viveri e denaro ai poveri e il calmiere dei prezzi e ridiedero vita all’economia ferrarese.

Il 6 marzo 1645 papa Innocenzo X lo creò cardinale diacono quando Benedetto Odescalchi aveva 34 anni. Nel 1650 fu nominato vescovo di Novara. Accettò allora di essere ordinato sacerdote, divenendo presbitero il 20 novembre 1650 e poi vescovo il 30 gennaio 1651.

Il nuovo papa, Alessandro VII (1655-1667) lo richiamò a Roma (1656). Dove ottenne un cospicuo vitalizio, che decise di devolvere interamente alla diocesi di Novara per i bisogni della popolazione. Nel 1667 il suo nome fu tra quelli proposti al conclave, ma la sua elezione fu bloccata dal veto del re di Francia. Benedetto Odescalchi fu eletto al successivo conclave, il quinto cui partecipò e fu eletto papa il 21 settembre 1676 nel Palazzo Apostolico e fu incoronato il 4 ottobre dal cardinale protodiacono Francesco Maidalchini. In memoria di Innocenzo X, che lo creò cardinale, e per l’amicizia con il cardinale Alderano Cybo-Malaspina, parente di Innocenzo VIII, scelse il nome pontificale di Innocenzo XI.

Presero parte alla fase finale del conclave 63 cardinali. Subito i voti si concentrarono su due candidati: Celio Piccolomini e l’Odescalchi, sostenuto dai Chigi. Il Piccolomini ottenne dapprima molti voti, successivamente le preferenze confluirono sul cardinale Odescalchi. Ricevuta la notizia dell’elezione, egli rifiutò esortando i cardinali a scegliere un’altra persona. Ci fu una pausa dei lavori, poi si tenne un’ulteriore votazione al termine della quale l’Odescalchi risultò di nuovo vincitore con 47 voti.

Innocenzo non perse tempo nel dichiarare e manifestare nella pratica il suo zelo di riformatore dei costumi e correttore degli abusi amministrativi. La cerimonia d’incoronazione, avvenuta il 4 ottobre 1676, fu infatti singolarmente semplice e modesta, perché il nuovo papa volle che il denaro che si era risparmiato in tale occasione fosse distribuito alle chiese e ai poveri di Roma.

Presagio della volontà di ferro di papa Odescalchi era già stata, peraltro, la sua decisione di fare sottoscrivere ai cardinali una dichiarazione elettorale come condicio sine qua non per la sua accettazione del pontificato: Benedetto Odescalchi voleva avere la mano libera nell’affrontare la riforma della Chiesa e dei costumi, sia dei chierici sia dei laici.

Innocenzo XI decise di non assegnare cariche pubbliche ad alcun parente.

Il 20 novembre 1679 il pontefice pubblicò il motu proprio Sollicitudo pastoralis sulla regola francescana. Inoltre, il pontefice autorizzò i cristiani cinesi a partecipare alle cerimonie tradizionali, considerate non come riti religiosi ma come manifestazioni civili.

Al fine di essere tenuto al corrente sulle situazioni locali, il pontefice era solito ricevere personalmente i missionari. Ebbe quindi contezza della situazione di schiavitù in cui versavano molte popolazioni indigene. Si adoperò quindi per l’abolizione del commercio degli schiavi.

Il 30 aprile 1686 Innocenzo XI accordò la facoltà di acquistare l’indulgenza plenaria anche a coloro che nelle chiese dei francescani avessero partecipato al rito della via Crucis. All’epoca solo i francescani celebravano la via Crucis. Il provvedimento del pontefice allargò la partecipazione del rito a tutti i fedeli.

La Santa Sede fu chiamata ad intervenire anche su una nuova dottrina morale, di cui si cominciò a parlare dopo il 1680: il quietismo, ma, nel suo libro, il Molinos raccomandava la fiducia nella presenza divina come atto di pura fede e negava l’importanza della volontà dell’uomo nel suo sforzo per raggiungere la perfezione. Innocenzo XI condannò il quietismo come eretico nel 1687.

Cercò di limitare la diffusione del gioco del lotto, di controllare, se non reprimere, le rappresentazioni teatrali, meritandosi il soprannome di “papa minga. Vietò del tutto il carnevale o cercò di contenerlo. Abolì la tradizionale regata sul Tevere nel giorno di San Rocco devolvendo la cifra che per essa si spendeva a un orfanotrofio.

Innocenzo XI incoraggiò i tentativi di dialogo con i protestanti di Cristoforo Royas de Spinola, francescano spagnolo vescovo in Germania, che compilò un’esposizione dei punti di fede comuni cattolici e ai luterani in collaborazione con il luterano Gerardo Walter Molano.

Innocenzo XI era stato eletto con il consenso di re Luigi XIV, che aveva rinunciato ad usare contro di lui il veto. La disputa con il re francese verteva sull’assegnazione delle prebende appartenenti alle diocesi vacanti e di riceverne le rendite. Il papa riaffermò le prerogative della Santa Sede sulla monarchia francese e chiese al re di Francia l’annullamento del provvedimento che aveva stabilito che il diritto di regalia fosse esteso su tutti i territori della Corona francese. Luigi XIV chiamò all’assemblea il clero francese. Nel marzo 1682 il clero francese votò una dichiarazione in quattro articoli che diceva che i monarchi non sono soggetti al Papato, i concili ecclesiastici sostituiscono l’autorità papale; il Papato deve rispettare le tradizioni delle chiese locali; i decreti papali non sono vincolanti, a meno che non vengano adottati da tutta la chiesa. Il re fece immediatamente commutare in leggi dello Stato tali decisioni e ne ordinò l’osservanza ai religiosi e a tutti i professori di teologia e di diritto canonico.

Innocenzo XI dichiarò nulle le decisioni dell’assemblea del clero francese, rifiutò di riconoscere i vescovi che avevano sottoscritto i Quattro Articoli e sciolse i legami tra tali vescovi e le proprie sedi. Il risultato fu che 35 diocesi francesi rimasero senza vescovo e Luigi XIV dovette cedere poiché i vescovi rappresentavano una rete di interessi del potere reale e la loro assenza avrebbe provocato l’interruzione della trasmissione degli ordini reali alle gerarchie cattoliche. La vittoria del pontefice fu confermata dalla decisione di Luigi XIV di emanare l’Editto di Fontainebleau (1685) con il quale il re revocò l’Editto di Nantes (1598), cioè il riconoscimento della libertà di culto ai protestanti francesi.

Un’altra questione fu il regolamento del diritto d’asilo per i rappresentanti degli stati stranieri domiciliati a Roma che era stato esteso ai quartieri vicini alle ambasciate. Il 7 maggio 1685 il pontefice sospese tale estensione del diritto di asilo. Tutti gli Stati europei si adattarono, tranne la Francia.

Innocenzo XI rifiutò la nomina ad ambasciatore di Francia di Henri Charles de Beaumanoir-Lavardin che occupò militarmente l’ambasciata. Il papa considerò come scomunicati non solo l’ambasciatore, ma anche il re ed i ministri. Luigi XIV minacciò l’intervento armato contro lo Stato pontificio senza che Innocenzo recedesse dalle sue determinazioni.

Nel 1685 divenne re d’Inghilterra un cattolico, Giacomo II Stuart che nominò un inviato presso la Santa Sede. Nel 1687 re Giacomo emanò la Dichiarazione di Indulgenza, primo passo verso la concessione della libertà di culto ai cattolici inglesi. Però l’anno seguente fu spodestato da Guglielmo d’Orange, protestante, che successivamente annullò le sue decisioni.

Nel 1683 l’esercito ottomano varcò il confine con l’Ungheria puntando su Vienna. La Santa Sede decise di formare una coalizione internazionale anti-turca. Il 31 marzo il papa concluse un’alleanza con l’imperatore Leopoldo d’Asburgo e con il re di Polonia Giovanni III Sobieski; quindi ordinò pubbliche preghiere a Roma e indisse un giubileo straordinario (11 agosto 1683). All’imperatore inviò 100.000 scudi e altrettanti ne mandò al re di Polonia.

L’11-12 settembre 1683 la coalizione di eserciti cristiani sconfisse i Turchi a Vienna segnando il definitivo arresto dell’espansione ottomana in Europa. Innocenzo XI, riconoscente alla Madonna di Loreto per la storica vittoria, inviò al Santuario della Santa Casa la bandiera tolta ai Turchi. Il vessillo si conserva ancora nella Sala del Tesoro. Inoltre istituì la ricorrenza del Santo Nome di Maria.

Innocenzo XI si ammalò gravemente il 6 giugno 1689 e morì il 12 agosto, a Roma. Fu sepolto nella Basilica Vaticana.

La causa di beatificazione di Innocenzo XI iniziò l’11 aprile 1691. Nel 1698 furono confermati i risultati della prima fase del processo. La pubblicazione di documenti a opera del domenicano Joachim Joseph Berthier, nel 1944, rivitalizzò il processo, la cui ripresa fu disposta da Pio XII. Il pontefice beatificò Innocenzo XI il 7 ottobre 1956 e ne dispose la memoria liturgica il 12 agosto. Pio XII fece d’Innocenzo XI un simbolo della resistenza cristiana ai nemici della Chiesa.

Lo stemma dei Innocenzo XI riprende esattamente quello della famiglia Odescalchi e si blasona: “D’argento, a tre burelle di rosso accompagnate da un leone passante sulla prima e da sei navicelle di incenso, tre sostenute dalla seconda, due dalla terza e una posta nella punta, il tutto di rosso, col capo d’oro caricato di un’aquila spiegata di nero, coronata del campo”.

 

 

 

Note di Bruno Fracasso

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


Logo


Altre immagini


Nessun'altra immagine presente nel database

Profilo araldico


“D’argento, a tre burelle di rosso accompagnate da un leone passante sulla prima e da sei navicelle di incenso, tre sostenute dalla seconda, due dalla terza e una posta nella punta, il tutto di rosso, col capo d’oro caricato di un’aquila spiegata di nero, coronata del campo”.

Colori dello scudo:
argento, oro
Partizioni:
capo
Oggetti dello stemma:
aquila, leone, navicella di incenso
Pezze onorevoli dello scudo:
burella
Attributi araldici:
accompagnato, caricato, coronato, passante, posto nella punta, sostenuto, spiegato

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune