Giulio II – Della Rovere


Giulio II – Della Rovere

Giuliano Della Rovere nacque ad Albisola, presso Savona, il 5 dicembre 1443, dalla modesta famiglia di Raffaello e di Teodora di Giovanni Manirola.

 

Entrò nell’Ordine francescano e, sotto la protezione dello zio Francesco Della Rovere, venne inviato a Perugia perché conducesse studi di diritto all’università. Dopo l’elezione pontificia dello zio con il nome di Sisto IV (1471) compì una rapida carriera ecclesiastica: il 16 ottobre fu nominato arcivescovo di Carpentras e legato d’Avignone, cardinale di S. Pietro in Vincoli, vescovo di Losanna, arcivescovo di Avignone e di altre diocesi francesi. Dal 1483 al 1502 fu vescovo di Bologna e dal 1502 al 1503 di Vercelli; fu inoltre protettore dell’Ordine francescano dal 1474.

 

Nominato legato della Marca d’Ancona nel 1473, fu posto dal papa a capo di una spedizione militare per ricondurre le ribelli Todi e Spoleto all’obbedienza dello Stato della Chiesa e cinse d’assedio Città di Castello che aveva appoggiato la sollevazione, riuscendo a ottenerne la resa.

 

Il prudente comportamento gli consentì di guadagnare l’appoggio del re di Francia nell’esercizio delle sue funzioni di legato: poté quindi conseguire numerosissimi benefici in terra francese. Gli anni successivi furono impiegati dal Della Rovere per crearsi un vero e proprio dominio personale attorno al monastero di Grottaferrata, nei colli Albani, che fece fortificare da Giuliano da Sangallo. Allo stesso architetto commissionò una roccaforte a Ostia, presso la foce del Tevere.

 

La morte di Sisto IV, nel 1484, lo portò a fortificare la propria abitazione e a riempirla di armati.

 

Nel conclave che portò all’elezione di Innocenzo VIII, il Della Rovere ebbe una parte fondamentale, cedendo al futuro eletto, Giovanni Battista Cibo, di cui già aveva favorito a suo tempo la nomina cardinalizia, i voti dei quali avrebbe disposto per sé. All’inizio del pontificato il suo ruolo fu perciò della massima rilevanza.

 

Nell’agosto 1487 il Della Rovere si ritirò nella sua sede episcopale di Bologna, da cui tornò a Roma e mantenne un ruolo defilato sino alla morte di Innocenzo VIII, avvenuta il 25 luglio 1492.

 

Dal conclave il Della Rovere uscì sconfitto in seguito all’elezione di Rodrigo Borgia.

 

Agli inizi del 1494 giunse per il Della Rovere il momento di mettere a frutto i suoi precedenti e intensi rapporti con la Francia, appoggiando e favorendo la spedizione d’Italia di Carlo VIII. Quando il re francese varcò la frontiera verso l’Italia, il Della Rovere era al suo fianco e lo accompagnò sino a Roma, dove essi entrarono il 31 dicembre. La speranza del Della Rovere era che il sovrano convocasse un concilio per deporre il pontefice, ma ciò non accadde e il Della Rovere si dovette accontentare della restituzione della rocca di Ostia.

 

Il Della Rovere seguì a Napoli Carlo VIII, che lo ricompensò con l’assegnazione dell’abbazia di Montecassino.

 

Il 28 ott. 1498, in un periodo di momentanea rappacificazione con la famiglia Borgia che comportò la restituzione dei benefici perduti, il Della Rovere accolse solennemente in Avignone Cesare Borgia sulla via della Francia, dove questi intendeva prendere possesso del ducato di Valentinois. Nel corso dell’inverno addirittura il Della Rovere si impegnò nelle trattative per il matrimonio tra il Borgia e Carlotta d’Albret e nella stipulazione dell’accordo tra Venezia e Luigi XII per la spedizione contro il Ducato di Milano.

Agli inizi del 1500 il Della Rovere era a Roma per assistere alle cerimonie d’inaugurazione dell’anno santo. Nei mesi successivi ricevette dal papa la concessione dell’abbazia di Chiaravalle, presso Milano, in cambio del suo appoggio alla politica del Valentino, che si stava costituendo uno Stato nell’Italia centrale. La posizione del Della Rovere divenne però improvvisamente difficile con la conquista, da parte di Cesare Borgia, del Ducato di Urbino.

 

Nel 1503 il Della Rovere tornò a Roma per il conclave dal quale, il 22 settembre, uscì papa Pio III Piccolomini e il 1° nov. 1503, poche settimane dopo la morte di Pio III, il Della Rovere fu finalmente eletto papa con l’appoggio dei cardinali spagnoli fedeli ai Borgia, grazie a una capitolazione elettorale in cui, tra l’altro, prometteva di mantenere il Valentino nei suoi possedimenti.

 

I buoni rapporti con Cesare Borgia durarono assai poco.

 

L’obiettivo di G. era ora il recupero delle terre delle Romagne conquistate dai Veneziani, tra cui Faenza e Rimini, occupate nei giorni della sua incoronazione e lo ottenne con la pace di Blois.

 

Creò una nuova moneta (il giulio) e sostenne l’ampliamento della vendita degli uffici ecclesiastici; era inoltre utilizzata la pratica delle indulgenze per raccogliere i fondi necessari alle sue innumerevoli imprese militari. Fece anche sposare alcuni giovani della sua famiglia con membri delle famiglie romane degli Orsini e dei Colonna, i cui interessi venivano in tal modo legati al papato. Per diminuire il potere feudale fece concessioni ai coloni.

 

Agli inizi del 1506 il pontefice provvide a rafforzare le capacità militari dello Stato della Chiesa, fu creata una guardia di palazzo con milizie svizzere alle quali si aggiunsero altre truppe della stessa origine.

 

Il 26 ag. 1506 G. si allontanava da Roma accompagnato da nove cardinali e oltre duemila uomini armati, tra cui cinquecento cavalieri riprendendosi Perugia, Gubbio, Urbino, Forlì, Castelbolognese, Castel San Pietro, Imola e Castelguelfo.

 

Entrò poi in Bologna sottomettendola al potere della Chiesa. Quindi rientro a Roma e si trasferì nel suo palazzo con un corteo trionfale.

 

Con la Lega di Cambrai contro Venezia, stretta alla fine del 1508, il papa lanciava la scomunica e l’interdetto su Venezia e cercava di recuperare i possessi romagnoli allo Stato pontificio. Con la battaglia dell’Agnadello riebbe tutte le sue terre.

 

Nei mesi successivi Giulio II si dedicò al consolidamento del potere pontificio nei suoi territori. Nel marzo ottenne dai Cantoni svizzeri un accordo quinquennale, nel quale si prometteva di fornire al papa le milizie necessarie.

 

Successivamente, il papa si ammalò gravemente, facendo temere per la sua vita. Il 17 ottobre gli giunse notizia che un gruppo di cardinali filofrancesi si era recato a Milano per preparare un concilio scismatico. Nel frattempo, l’esercito francese, si trovava ormai nei pressi di Bologna, ma la mancanza di approvvigionamenti, l’avvicinarsi delle milizie veneziane e spagnole e la reazione del popolo bolognese lo spinsero a retrocedere.

Convoca quindi un concilio a Roma con obiettivo il mantenimento dell’unità ecclesiastica e scomunica Pisa, Firenze e i cardinali francesi.

 

I progetti del pontefice, malgrado malattie e sconfitte, rimasero antifrancesi. In appoggio al papa affluivano in Italia le milizie dei cantoni svizzeri, e contemporaneamente aumentavano le difficoltà dell’esercito francese. Il papa poté così recuperare Ravenna, Faenza, Imola e Forlì; Bologna.

 

I Francesi erano costretti a ritirarsi e alla fine del mese varcavano nuovamente le Alpi. Nel settembre i Medici erano rientrati a Firenze grazie al peso, fattosi ormai determinante, della forza militare della Chiesa e soprattutto della Spagna.

 

Ma le condizioni fisiche del pontefice andavano irrimediabilmente declinando. Il 21 febbraio 1513 muore. Fu sepolto in S. Pietro nella cappella di Sisto IV.

 

Giulio II fu, a tutti gli effetti, un principe dell’Italia rinascimentale, incapace di comprendere la crisi religiosa che andava maturando in Europa. Seppe inserirsi con capacità direttive negli intrecci della politica europea, controllando con abilità i rapporti interni allo Stato della Chiesa.

 

Dopo la sua assunzione al pontificato, il papa poté manifestare appieno la grandiosità delle sue scelte con un progetto urbanistico che prevedeva l’apertura di una nuova via, la via Giulia, interrotta da una grande piazza su cui sarebbe stato eretto un nuovo palazzo destinato all’esercizio della giustizia, e che in tal modo avrebbe spostato il centro della città verso la zona dei palazzi vaticani e con la decisione di ricostruire la basilica di S. Pietro.

 

Affidò a Michelangelo, nel 1508, l’affresco del soffitto della cappella Sistina. Nel 1508, Giulio II li allontanò affidando a Raffaello la decorazione del suo appartamento, probabilmente secondo progetti da lui stesso elaborati. A Raffaello affidò anche il proprio ritratto.

Lo stemma del Pontefice “D’azzurro, alla pianta di rovere sradicata d’oro ai quattro rami passanti a doppia croce di S. Andrea con foglie e frutti del medesimo” è lo stesso della famiglia Della Rovere che adottava questo stemma parlante.

 

 

Note di Fracasso Bruno liberamente tratte dall’Enciclopedia Treccani

Stemma Ridisegnato


Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


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Profilo araldico


“D’azzurro, alla pianta di rovere sradicata d’oro ai quattro rami passanti a doppia croce di S. Andrea con foglie e frutti del medesimo”.

Oggetti dello stemma:
foglia, frutto, pianta di rovere, ramo
Attributi araldici:
in doppia croce di sant'Andrea, passante, sradicato

LEGENDA

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