Chiesa Valdese


Chiesa Valdese

La Chiesa evangelica valdese è una chiesa cristiana riformata, con un’organizzazione di tipo presbiteriano, presente da quasi un millennio in Italia, soprattutto nelle cosiddette “Valli Valdesi” del Piemonte, e in alcune comunità di lingua italiana nelle maggiori città della Svizzera. Con l’emigrazione si sono sviluppate comunità valdesi di una certa rilevanza in Uruguay e in Argentina. 

 

La Chiesa evangelica valdese è membro della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, dell’Alleanza mondiale delle Chiese riformate e del Consiglio ecumenico delle Chiese. Nel 1975 si è unita alla Chiesa metodista italiana, dando vita all’Unione delle Chiese metodiste e valdesi.

 

Il nome deriva dal nome del ricco mercante lionese Pietro Valdo o Valdesio, noto anche coma Valdo di Lione (1140-1206), che diede tutte le sue ricchezze ai poveri e si mise a predicare il Vangelo, che conobbe grazie alla traduzione dal latino che egli stesso finanziò. Intorno al 1177 «iniziò ad avere compagni che, seguendo il suo esempio, elargendo ogni loro proprietà ai poveri, professarono spontaneamente la povertà. Poi, poco a poco, iniziarono a confessare, con ammonizioni pubbliche e private, i propri e gli altrui peccati» (Chronica di Laon del 1220). 

 

Inizialmente l’iniziativa dei “Poveri di Lione” (in riferimento ai “poveri di spirito” del Discorso della Montagna di Gesù, come narrato nel Vangelo di Matteo 5:3) venne approvata dal Terzo Concilio Lateranese del 1179, e Valdo firmò senza problemi una “Professione di Fede” davanti al sinodo di Lione davanti al Legato Pontificio Enrico di Marcy e all’arcivescovo Guichard (già abate cistercense di Pontigny).

 

Fu il successore di Guichard, Jean des Bellesmains, che non autorizzò più Valdo e i suoi seguaci a predicare e ad accusarli di eresia. Dato che però essi non smisero di predicare (tra i predicatori, cosa scandalosa, erano diverse donne) vennero scomunicati. Dopodiché di Valdo non si hanno più notizie, e si presume morto intorno al 1206, ma una leggenda lo vuole profugo in Boemia dove avrebbe incontrato il riformatore Jan Hus.

 

Da allora i valdesi vennero perseguitati, condividendo la sorte con gli altri eretici delle regioni provenzali, i Càtari, anche con inaudita ferocia. Tra le tante campagne di sterminio condotte nei loro confronti sono tristemente famose le “Pasque Piemontesi” del 1655, quando il duca Carlo Emanuele II di Savoia accusò i valdesi dell’incendio del convento di Villar Pellice e scatenò contro di loro una feroce repressione ripetuta nel 1685.

 

La libertà di culto e i diritti civili vennero concesso ai valdesi da Carlo Alberto, re di Sardegna, nel 1848.

 

 

Le chiese valdesi hanno oggi come stemma un candeliere con una candela accesa, attorno alla quale sono disposte sette stelle e la scritta latina LUX LUCET IN TENEBRIS.

 

Nel tempo l’emblema valdese ha subito molte trasformazioni, secondo l’epoca, l’estro e le intenzioni del disegnatore di turno, causando a volte dibattiti e polemiche alla vana ricerca della sua forma originale o di quella considerata più appropriata.

 

Quello attualmente in uso, con le sue varianti, è apparso per la prima volta nel 1640 sul frontespizio di un libro del rev. Valerio Grosso, pastore di Torre Pellice, e una trentina di anni più tardi lo si trova nel volume di Jean Léger “Histoire des Vaudois des Alpes”.

 

Di origine incerta, è probabilmente da mettere in relazione con lo stemma dei conti di Luserna (che avevano una “lucerna” d’oro, in funzione parlante con il loro agnome e che ha originato l’attuale stemma del comune di Luserna San Giovanni), antichi feudatari della Val Pellice (già Val Liserna) che è la regione di massima espansione della confessione valdese.

 

La candela (o la fiamma) sul candeliere associata al motto “lux lucet in tenebris” è chiaro riferimento al testo evangelico di Giovanni 1,5 dove Gesù è detto “luce che risplende nelle tenebre”.

 

Le stelle sono quasi sicuramente un riferimento alla visione descritta nel Libro dell’Apocalisse (cap. 1, 16) dove Gesù è presentato come un sacerdote nella cui mano destra stanno sette stelle che rappresentano le chiese dell’Asia allora perseguitate. Con questa immagine le chiese valdesi intendevano comunicare un messaggio preciso: siamo come una lampada che regge la luce dell’Evangelo e siamo come le sette chiese perseguitate dell’Apocalisse.

 

 

Un altro emblema usato (anche) dai Valdesi fu la cosiddetta “Croce Ugonotta” una croce a otto punte (analoga a quella dei Cavalieri di Malta), accantonata da quattro gigli d’oro, dalla quale pendeva la colomba dello Spirito Santo. Si tratta di un simbolo della Fede Riformata, adottata in particolare dai protestanti francesi (“Ugonotti”) e perciò simbolo oggi della Chiesa Riformata di Francia.

 

Secondo la tradizione la prima croce ugonotta sarebbe stata realizzata come gioiello dall’orafo Mystre di Nîmes nel 1688. Permetteva a chi la portava di affermare la sua fedeltà alla corona francese (richiamata dai gigli) come “cittadini fedeli e, al tempo stesso, testimoni di una fede autenticamente evangelica”.

 

Durante le persecuzioni la colomba era spesso sostituita da una perla, simbolo fin dall’antichità delle lacrime di dolore.

 

 

 

Nota di Massimo Ghirardi

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Disegnato da: Massimo Ghirardi

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