Comune di Viverone – (BI)

Informazioni

  • Codice Catastale: M098
  • Codice Istat: 96080
  • CAP: 0
  • Numero abitanti: 1435
  • Altitudine: 0
  • Superficie: 12.38
  • Prefisso telefonico: 0
  • Distanza capoluogo: 0.0

Storia dello stemma e del comune

Alcuni sostengono che il nome Viverone derivi dal latino “vitis” (vite), altri da “vivarium” ovvero “vivaio” per l’allevamento dei pesci, alludendo alla vicinanza del lago al quale il paese dà il nome. Lo storico Olivieri scrive, invece, che Viverone nell’XI secolo si chiamava “Veurono“, in seguito “Veuronio” ed in fine “Vevrono“. Il toponimo è attestato con i nomi di “Vevrono” e “Viverono“.

La zona è abitata fin dai tempi più remoti, nel X secolo con i Franchi si insediarono nel territorio una serie di dinastie della tribù Ancarica che contesero la supremazia ai vescovi di Vercelli. Viverone si trovava in una zona strategica tra il marchesato di Ivrea e i domini del capitolo della cattedrale di Sant’Eusebio di Vercelli, il quale rimase per lungo tempo il signore della zona e che, già dal IX secolo, aveva promosso l’insediamento di un monastero benedettino dedicato a San Martino di Tours nella zona della borgata di Comuna (del quale oggi non rimane traccia) e che ha dato la denominazione alternativa di “Lago di San Martino” che dava il pescato per la mensa monastica (e non solo). Delle dipendenze del monastero faceva parte anche la Cella di San Michele, ridenominata nel XVIII secolo Cella Grande (oggi sede polifunzionale del Comune).

Intorno al 1150 Oddone e Bongiovanni, della stirpe degli Anscarici, cedettero i loro possedimenti viveronesi ai vescovi di Vercelli.

Tra il XIII e il XIV secolo nella zona si verificarono aspri contrasti tra i “guelfi” filo vescovili, rappresentati dalla consorteria del conte Pietro Bichieri (nipote del cardinale Guala Bichieri, fondatore dell’abbazia di Sant’Andrea di Vercelli) e i “ghibellini” imperiali filo-papali che promuovevano la formazione del Libero Comune cominciato a formarsi nel 1100. Alla fine i “guelfi” ebbero il sopravvento.

L’organizzazione politica del Comune era composta da due consoli che erano assistiti da un consiglio amministrativo chiamato Credenza e dall’ Orengo formato da tutti i capi di famiglia, formalmente rispondevano al potere comitale del vescovo di Vercelli.

Nel 1350 i nuovi contendenti furono i Visconti di Milano e i Savoia-Acaja. Il capitano di ventura Facino Cane, assoldato dal marchese Teodoro II del Monferrato (alleato dei Visconti), saccheggiò il territorio di Viverone nel 1391. Nel 1404 il duca Amedeo VIII di Savoia sconfisse definitivamente i Visconti.

Carlo Emanuele I di Savoia cedette il feudo di Viverone al marchese Mercurino Arborio di Gattinara (1465-1530), cancelliere dell’imperatore Carlo V e poco dopo nominato Cardinale. Alla sua morte, i possedimenti passarono temporaneamente al nobile Francesco Dal Pozzo che li restituì a Giovanni Arborio (1480-1544). A questo periodo si ascrive la costruzione del castello sulla collina di Bertignano, sui resti dell’antico castrum dell’XI secolo, poi noto come “Ricetto” dopo la ricostruzione del 1420-1480 per renderlo adatto ad accogliere la popolazione in caso di pericolo. Oggi ne resto solo ruderi.

Il feudo appartenne nel XVIII secolo ancora agli Arborio-Gattinara, dei quali si segnalano interventi urbanistici dei marchesi Gianni-Aurelio (1620) e Dionigi (1790).

Nel XIX secolo questo importante territorio fu vivamente conteso tra D’Azeglio, Piverone, Borgo d’Ale, Alice Castello, Cavaglià, Roppolo. Persino l’amministrazione delle risorse legate al lago furono oggetto di contesa: tra la Provincia di Torino e quella di Vercelli (i torinesi denominavano ostentatamente lo specchio d’acqua “Lago di Anzasco” dal nome di una frazione di Piverone, in Provincia di Torino).

Dal 1910 al 1940 le acque del lago di Viverone e del lago di Bertignano furono utilizzate per far funzionare una centrale idroelettrica della società Alta Italia: durante la notte, l’acqua del Lago di Viverone veniva pompata nel laghetto più alto di Bertignano, mentre di giorno veniva sfruttata l’energia idrica di caduta.

Oggi Viverone è una nota località turistica baricentrica tra Canavese, Biellese, Torinese e Vercellese.

Lo stemma del Comune è stato concesso con DPR del 14 novembre 1978 e si blasona: “D’azzurro a due fasce d’oro; sul tutto una pianta di vite al naturale, fruttata di due di nero, nascente dalle punte, con i rami decussati e ridecussati. Motto: VITIS VITA”.

Il motto può tradursi con “La vita della vite” e anche come “la vita è vite”, con un collegamento fonetico con una delle origine del toponimo, e a significare l’importanza della viticoltura per l’economia locale (vi si producono ottimi vini).

Il gonfalone è invece costituito da un “Drappo partito di azzurro e di giallo…”.

Nota di Massimo Ghirardi e Bruno Fracasso

Stemma Ridisegnato


Fonte: Giovanni Giovinazzo

Reperito da: Anna Bertola

Disegnato da: Massimo Ghirardi

Stemma Ufficiale


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Profilo araldico


“D’azzurro a due fasce d’oro; sul tutto una pianta di vite al naturale, fruttata di due di nero, nascente dalle punte, con i rami decussati e ridecussati. Motto: VITIS VITA. Ornamenti esteriori da Comune”.

Colori dello scudo:
azzurro
Oggetti dello stemma:
pianta di vite, ramo
Pezze onorevoli dello scudo:
fascia
Attributi araldici:
decussato, fruttato, nascente, ridecussato

Gonfalone ridisegnato


Reperito da: Luigi Ferrara

Disegnato da: Bruno Fracasso

Gonfalone Ufficiale


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Profilo Araldico


“Drappo partito di azzurro e di giallo…”

Colori del gonfalone: azzurro, giallo
Partizioni del gonfalone: partito

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune

    Decreto del Presidente della Repubblica (DPR)
    2867
    concessione
    14 Novembre 1978